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Gender

Volgari ma veritieri messaggi di salvezza planetaria a Venezia

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Un volgare, ma potente e veritiero messaggio è recentemente tornato alla luce grazie al sito Dagospia, che lo ha ripubblicato nel suo profilo Instagram.

 

Il messaggio arriva sottoforma di immagine fotografica, che riprende una protesta inscenata presso il Ponte di Rialto da un ragazzo. Per coincidenza, l’uomo dispone di lunghe trecce e di un improbabile impermeabile colorato che lo rendono simigliante alla Greta Thunberg prima maniera.

 

Secondo alcuni la manifestazione e la relativa documentazione visiva risalgono almeno al 2019, ma non abbiamo certezza della cosa.

 

 

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Nonostante il messaggio soteriologico arrivi forte e chiaro, poco o nulla si sa della misteriosa protesta qui immortalata.

 

Notiamo innanzitutto, che il ragazzo potrebbe non essere autoctono, in quanto la lingua veneta per la questione descritta ha un’altra parola, che inizia con la emme e finisce con la a, quattro lettere.

 

Tuttavia tale rilievo potrebbe essere del tutto inutile, vuoi perché l’uomo in rivolta vuole raggiungere il mondo italofono tutto e pure oltre, vuoi perché, dinanzi ad una materia così delicata e ad una spinta umanitaria così impellente, non viene in mente la parola che – pure nella variazione consonantica /c/ e /g/, a seconda della latitudine della Penisola – è universalmente e immediatamente comprensibile per riferirsi alla materia (parola che viene dal latino mater, quindi potrebbe proprio essere la parola giusta qui per descrivere l’origine della vita, anzi, come la chiamava Gustave Courbet, L’origine du monde).

 

Certi uomini, del resto, sentono il bisogno di inneggiare alla questione pure prendendosi grandi rischi. Chi scrive ricorda un’enorme scritta, ancora visibile tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila, poco oltre i binari della stazione centrale di Milano, sul muro che si creava quando il treno si inabissava in una curva che lo portava sottoterra verso Como: «VIVA LA …» vi era scritto, e non con una semplice bomboletta da writer qualunquista, ma con un pennello e vernice, come testimoniato dalle lettere gocciolanti.

 

Era allora interessante meditare su cosa può muovere un uomo a sfidare la legge e pure i pericoli del traffico ferroviario in modo così programmatico e determinato: quanto si è preparato? Non è andato a dormire per farlo? Ha comprato apposta la vernice e il pennello? Quale percorso ha seguito? Quanto ha studiato le circostanze prima? Ha individuato telecamere etc.? Ha consultato gli orari dei treni per aver certezza di non essere travolto? Come calcola il fatto che se lo prendono finisce in tribunale e financo in galera? E se una locomotiva lo avesse investito, sarebbe morto per scrivere quelle tre parole, e quindi, secondo il suo sistema di pensiero, da eroe? E ancora, davvero: cosa spinge una persona a uno sforzo del genere? La pura celebrazione della biologia femminile?

 

Domande a cui né lo scrivente, né la scienza, ha delle risposte.

 

Ma torniamo a Rialto.

 

Bisogna dire che il messaggio veneziano contiene tanta, tantissima verità: la materia è in pericolo, attaccata dalla teoria del gender per cui gli uomini possono considerarsi donne, e viceversa, e le conseguenti, allucinanti operazioni chirurgiche, per cui un uomo può rovesciarsi il pene e trasformarlo in un finto orifizio (cioè una ferita, che vuole chiudersi) e una donna pure può alterarsi i genitali in modo indicibile (cosa che non potete vedere nell’emoji dell’«uomo incinto»), per non parlare dei transgender che sognano di farsi impiantare l’utero solo per poter abortire.

 

Come riportato da Renovatio 21, il linguaggio stesso riguardo la materia è sotto attacco: ecco politici condannati per aver detto che il 100% delle donne non ha il pene, e quindi per aver difeso, forse indirettamente, forse involontariamente, l’unicità e la necessità della materia.

 

Un antico romanzo italiano chiamato Il mondo senza donne (1936), analizzava una situazione post-apocalittica dove l’apocalisse era appunto la sparizione della femmina. La storia raccontata da Virgilio Martini, censurato sia in era fascista che in era repubblicana, lascia sgomenti, soprattutto per un particolare oggi impubblicabile: a provocare la sparizione delle donne sole tramite una pandemia era stato un gruppo di omofili, i quali furono condannati ad essere impalati, ma poi per certe ragioni le autorità cambiavano idea e li giustiziavano in altro modo. Lo sconvolgimento di un mondo fatto di soli maschi è tale che, ad un certo punto del romanzo, un generale africano riesce ad impadronirsi del mondo intero, mentre si scopre, in realtà, che una ragazza potrebbe essere rimasta…

 

Inutile dire che si tratta di vera fantascienza horror. Perché un mondo senza donne – cosa a breve possibile grazie al combinato disposto di ectogenesi (utero artificiale) e gametogenesi (creazione di cellule sessuali a partire da cellule somatiche qualsiasi) – non lo vogliamo vivere.

 

Eppure, tra transessualizzazione anche violenta della società (e della medicina, della politica, della religione, dello sport, tutto) ed esperimenti scientifici (passo sempre più breve), è proprio lì che ci vogliono portare, con buona pace delle femministe, che davvero non hanno capito nulla, ma proprio nulla, e stanno passando alla Necrocultura i cerini che verranno usati nel rogo per estinguere anche loro.

 

No, il femminismo proprio non può capirlo: la Necrocultura vuole distruggere la donna. E quindi, la materia.

 

Per chiudere, allietiamo il lettore con un’altra immagine del luogo, ma di secoli fa: l’acqua alta a Venezia, così come la vedeva il pittore vedutista Vincenzo Chilone (1758-1839).

 

 

Il global warming antropico nella serenissima è quindi un vecchio problema, che possiamo anche mettere da parte ad un certo punto, per concentrarci, più che sulla minaccia ecologica, sulla minaccia ginecologica.

 

 

 

 

 

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Religioso canadese arrestato per essersi rifiutato di scrivere delle scuse al bibliotecario della «Drag Queen Story Hour»

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Un pastore protestante canadese è stato arrestato per essersi rifiutato di scusarsi con una bibliotecaria che aveva organizzato un’ora di racconti drag queen per bambini. Lo riporta LifeSite.

 

Nel pomeriggio del 3 dicembre, la polizia di Calgary ha arrestato il pastore cristiano Derek Reimer per essersi rifiutato di ottemperare a un’ordinanza del tribunale che gli imponeva di scrivere delle scuse formali al direttore della biblioteca pubblica di Calgary, da lui criticato per aver promosso un’ora di racconti drag queen per bambini nel 2023.

 

«Sapete perché lo state arrestando? Non si pentirà delle sue convinzioni», ha chiesto alla polizia un giornalista canadese indipendente con lo pseudonimo di Dacey Media durante l’arresto.

 

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All’arresto erano presenti il ​​pastore Artur Pawlowski – già noto per le sue azioni di disobbedienza in pandemia – e il figlio di Reimer. I video dell’arresto sono rapidamente circolati sui social media, con molti attivisti canadesi che lo hanno condannato, in quanto considerato un attacco ai valori cristiani e pro-famiglia.

 

Al momento dell’arresto, Reimer stava scontando un anno di arresti domiciliari, contro i quali aveva già presentato ricorso e si è presentato in tribunale per discutere le condizioni della sua condanna. Nel 2023, l’avvocato di Reimer, Andrew MacKenzie, della Mission 7 Ministries, ha presentato ricorso contro la condanna a un anno di arresti domiciliari e due anni di libertà vigilata inflitta al pastore prima di Natale per aver protestato contro un evento «drag queen story hour» rivolto ai bambini presso la Saddletown Library di Calgary nella primavera del 2023. Gli avvocati del governo avevano cercato di condannare Reimer al carcere per la sua protesta contro il piano di indottrinamento omotransessualista.

 

Reimer aveva chiesto a Shannon Slater, la direttrice della biblioteca, perché la biblioteca stesse organizzando un evento del genere. Non avendo ricevuto risposta, Slater disse a Reimer di andarsene.

 

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Tuttavia, Reimer aveva pubblicato la sua interazione con Slater sui social media. Gli era stato ordinato di scrivere una lettera di scuse a Slater, che doveva essere consegnata entro la fine della settimana scorsa. Reimer ha dichiarato ai media locali che non avrebbe consegnato la lettera, poiché per «dispiacere» bisogna «ammettere la colpa», ovvero «aver sbagliato», sottolineando come questo equivalga ad ammettere di aver commesso un «errore» e che questo è ciò che significa «chiedere scusa».

 

Reimer ha anche sottolineato di aver detto alla corte di aver «fatto leva sulla mia libertà di coscienza, su uno studio approfondito e sulla mia comprensione di essa, unita alla libertà di espressione e di religione», e che «ciò ha spiegato e stabilito che devi esprimere alla corte le tue profonde opinioni religiose sul perché questa è una violazione della tua coscienza e perché non puoi farlo».

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Le femministe britanniche espungono i membri transgender (nel senso, agli affiliati transessuali)

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Due tra le più importanti organizzazioni britanniche riservate a donne e ragazze, il Girlguiding (l’equivalente delle Girl Scout) e il Women’s Institute, hanno deciso di chiudere le porte ai membri transgender, nel senso degli affiliati transessuali.   Martedì il Girlguiding ha reso noto che «le ragazze e le giovani donne trans non potranno più iscriversi» come nuove socie. Il giorno successivo, mercoledì, il Women’s Institute, fondato oltre 110 anni fa, ha annunciato che «l’iscrizione sarà riservata esclusivamente alle persone di sesso femminile alla nascita».   Entrambe le associazioni hanno sottolineato che la scelta non era quella auspicata, ma è diventata inevitabile per evitare possibili contenziosi legali dopo la sentenza emessa ad aprile dalla Corte Suprema del Regno Unito. I giudici hanno stabilito che, ai sensi dell’Equality Act 2010, i termini «donna» e «sesso» si riferiscono esclusivamente al sesso biologico e non all’identità di genere.

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La pronuncia era arrivata al termine di un ricorso presentato da For Women Scotland contro una norma del governo scozzese che includeva i transgenderri (munite di certificato di riconoscimento del genere) nel calcolo delle quote femminili nei consigli di amministrazione pubblici.   Un sondaggio realizzato subito dopo la sentenza ha mostrato che il 59% dei britannici concorda sul fatto che una persona transgender non sia legalmente una donna (dati Electoral Calculus). Tra chi ha accolto favorevolmente la decisione c’è anche J.K. Rowling, da tempo sostenitrice di For Women Scotland.   Sempre quest’anno, la Federazione calcistica inglese (FA) e British Rowing (l’ente per il canottaggio) hanno adottato politiche analoghe: dal 1º giugno 2025 i transgender non potranno più competere nelle categorie femminili del calcio in Inghilterra, mentre nel canottaggio britannico l’accesso alla gara femminile è limitato a chi è «assegnato di sesso femminile alla nascita»; per tutti gli altri resta aperta la categoria Open.   Secondo le ultime indiscrezioni, anche il Comitato Olimpico Internazionale starebbe valutando di escludere i transessuali dalle competizioni femminili olimpiche.

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La battaglia tra femministe e transessuali va avanti oramai da un pezzo, al punto che il mondo transessualista ha trovato un acronimo per definire le femministe che non accettano il dogma transgenderro imposto ora all’intera società occidentale: le chiamano TERF, trans-exclusionary radical feminists ossia femministe radicalo trans-escludenti.   Il caso più celebre di persona definita TERF per aver espresso dubbi sul fatto che maschi biologici possano essere definiti «donne» è stata la scrittrice di Harry Potter JK Rowling, che è peraltro la donna più ricca del Regno Unito.   In Europa si era avuto il caso della norvegese Christina Ellingsen, dell’organizzazione femminista globale Women’s Declaration International (WDI), è sotto indagine della polizia per aver fatto la denuncia in un tweet in cui ha criticato il gruppo di attivismo trans FRI. «Perché insegna ai giovani che i maschi possono essere lesbiche? Non è una terapia di conversione?» avrebbe twittato la Ellingsen.   Il caso si replicò in Norvegia con l’attrice e cineasta Tonje Gjevjon, una lesbica nota nella cultura popolare del Paese, che osò scrivere su Facebook che «è semplicemente impossibile per gli uomini diventare lesbiche quanto lo è per gli uomini rimanere incinti. Gli uomini sono uomini indipendentemente dai loro feticci sessuali». L’attrice fu quindi informata di essere sotto indagine e di rischiare tre anni di carcere per l’espressione delle sue opinioni.   Come riportato da Renovatio 21, a fine 2020 la Norvegia ha adottato una nuova legge penale che punisce le persone per aver detto qualcosa di considerabile come incitamento all’odio nei confronti di persone transgender anche nel contesto della propria casa o conversazioni private.   Più recente il caso dell’attivista brasiliana per i diritti delle donne Isabella Cepa, la quale ha ottenuto lo status di rifugiata in un Paese europeo non specificato, dopo essere stata accusata di reati penali in Brasile per aver definito un politico transgender da uomo a donna come un uomo.  

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Immagine: The Girl Guides Association in Britain 1914-1918; un gruppo di Guide posa per una fotografia nel Regno Unito durante la Prima Guerra Mondiale. Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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La donna più forte del mondo in realtà era un uomo

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Jammie Booker, vincitrice del torneo «La donna più forte del mondo» 2025, è stata privata del titolo dopo che gli organizzatori hanno accertato che l’atleta di Philadelphia era nata maschio. La squalifica, l’ultima di una serie crescente di polemiche sui maschi biologici che gareggiano nelle categorie femminili, è arrivata a pochi giorni dalla competizione.

 

Il caso è esploso durante i Cerberus Strength Official Strongman Games in Texas lo scorso fine settimana, dove Booker ha dominato la categoria Women’s Open. Gli organizzatori hanno precisato di non essere stati informati in anticipo del background biologico dell’atleta e, a seguito di un’indagine urgente, l’hanno esclusa dalla classifica. «Abbiamo la responsabilità di garantire equità, assegnando gli atleti alle divisioni maschile o femminile in base al sesso alla nascita», si legge in un comunicato diffuso sui social da Official Strongman, che ha aggiornato i punteggi e incoronato la britannica Andrea Thompson come nuova campionessa.

 

La partecipazione di atlete transgender a competizioni sportive continua a generare dibattiti accesi. A luglio, il Comitato Olimpico e Paralimpico degli Stati Uniti (USOPC) ha vietato alle donne transgender di gareggiare nelle categorie femminili alle Olimpiadi, in linea con un ordine esecutivo del presidente Donald Trump che esclude le trans dalle squadre femminili e minaccia di tagliare i fondi alle istituzioni che lo violano.

 

Casi emblematici come quello della nuotatrice statunitense Lia Thomas e della sollevatrice neozelandese Laurel Hubbard hanno riacceso il confronto su eventuali vantaggi fisici persistenti per le atlete transgender rispetto alle donne biologiche, nonostante il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) abbia affermato nel 2021 che non si debba presumere un «vantaggio automatico» e abbia demandato le regole di idoneità alle singole federazioni sportive.

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La questione è tornata d’attualità alle Olimpiadi di Parigi 2024, quando la pugile algerina Imane Khelif – squalificata l’anno prima ai Mondiali per presunti motivi di genere – ha conquistato l’oro, spingendo l’ex presidente del CIO Thomas Bach a negare l’esistenza di un «sistema scientificamente solido» per distinguere uomini e donne nello sport.

 

Ora il CIO è orientato a escludere le donne transgender dalle categorie femminili alle prossime Olimpiadi, sulla base di una nuova politica di ammissibilità prevista per il 2026, come riportato dal Times all’inizio di novembre citando fonti interne. La revisione si fonda su una valutazione scientifica che conferma come i vantaggi acquisiti durante la pubertà maschile possano perdurare anche dopo trattamenti farmacologici per ridurre i livelli di testosterone.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’ex presidente del CIO Thomas Bach sosteneva all’epoca che non esisteva «un sistema scientificamente solido» per distinguere tra uomini e donne nello sport.

 

Come riportato da Renovatio 21, il sollevamento pesi, come ogni altra disciplina (il nuoto, la maratona, il ciclismo, la BMX, l’hockey, il sollevamento pesi, il basket, il ju jitsu, etc.), era già stato colpito dal transessualismo sportivo. Lo è stato persino il biliardo in un’episodio noto, Alexandra Cunha, 49 anni, capitano della squadra nazionale femminile portoghese, si è ritirata dal torneo International Rules Pool Tour, incolpando i recenti cambiamenti alle regole da parte dell’autorità governativa dello sport, la World Eightball Pool Federation.

 

Come riportato da Renovatio 21, alle Olimpiadi di Tokyo vi fu il caso del sollevatore di pesi supermassimi transessuale Laurel Hubbard, 43 anni, che rappresentò la Nuova Zelanda a Giochi e riuscì, incredibilmente, a non vincere.

 

Due anni fa il pesista transessuale «Anne» Andres aveva stabilito il record nazionale durante un campionato durante il Campionato del Canada Occidentale 2023.

 

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