Spirito
Ulteriori sviluppi sull’«autocefalia» della Chiesa Ortodossa Ucraina

In un nostro precedente articolo avevamo reso conto delle decisioni del Concilio locale tenuto dalla Chiesa Ortodossa Ucraina il 27 maggio, nel quale essa ha proclamato la propria completa autonomia dal Patriarcato di Mosca.
Nei dieci giorni che ci hanno separato da questa notizia, ulteriori sviluppi hanno contribuito a chiarire la delicata situazione: anzitutto, non sono ancora state rese note le modifiche allo Statuto della Chiesa autonoma dell’Ucraina annunziate dal Sinodo, e quindi non è ancora possibile verificare se essa si sia effettivamente resa autocefala oppure no.
In compenso, durante la liturgia di domenica 29 maggio, Sua Beatitudine il Metropolita Onofrio di Kiev e di tutta l’Ucraina, durante il Grande Ingresso, non ha commemorato – secondo la consuetudine delle Chiese autonome – il proprio superiore, cioè il Patriarca Cirillo, ma ha commemorato tutti i primati delle Chiese ortodosse locali, secondo la prassi delle Chiese autocefale.
Tra questi, ha commemorato anche Cirillo come Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’; non ha invece commemorato né Bartolomeo di Costantinopoli, né Teodoro di Alessandria, né Girolamo di Atene, né Crisostomo di Cipro, confermando dunque il netto rifiuto dello scisma della pseudo-chiesa ucraina di Epifanio, cui hanno aderito le chiese ellenofone succitate, e in ciò mantenendosi conforme alla posizione di Mosca.
Nel frattempo, le diocesi delle aree russofone dell’Ucraina, quelle attualmente oggetto dell’operazione militare speciale, hanno dichiarato la loro contrarietà all’interruzione dei rapporti di subordinazione al Patriarcato di Mosca.
In particolare, i vescovi delle regioni di Lugansk, Donetsk, Kherson, Zaporozhe e della Crimea hanno espresso un netto rifiuto; il vescovo di Rovenky, diocesi nel territorio della Repubblica autonoma di Lugansk, ha inoltre annunciato che cesserà di commemorare il metropolita Onofrio (commemorando solo il Patriarca Cirillo) a causa di questa sua anticanonica decisione.
Il Patriarcato di Mosca, infine, nella giornata di oggi si è espresso ufficialmente, come emerge dai verbali della riunione del Santo Sinodo tenutasi questa mattina al Monastero di S. Daniele di Mosca, sede ufficiale del Patriarcato e del Sinodo.
Il Santo Sinodo ha anzitutto espresso il proprio dispiacere per le minacce e le pressioni che gli ortodossi ucraini continuano a ricevere dalle autorità statali e dai movimenti estremisti ucraini; ha poi espresso gratitudine e supporto a tutto il clero e il laicato ucraino che, in osservanza delle procedure canoniche, ha deciso di perseguire nell’adesione alla Chiesa Russa e a commemorare il Patriarca nei servizi liturgici
Infine, ha esortato tutti all’unità, ricordando che per modificare lo status della Chiesa Ucraina è necessario seguire le procedure canoniche, quindi passando per il Sinodo e il Concilio della Chiesa Russa, e non proseguire iniziative unilaterali che rischiano di creare un nuovo scisma.
Nello stesso verbale, tuttavia, poco dopo è riportata una petizione giunta al Sinodo da parte dei vescovi della Crimea, i quali, considerate le necessità pastorali attuali della Chiesa Ucraina, diverse da quelle della Crimea che si trova in territorio della Federazione Russa dal 2014, e le difficoltà di comunicazione tra la Crimea e Kiev, nonché valendosi del diritto di prendere decisioni autonome sulla gestione diocesana conferito loro dal Sinodo Ucraino medesimo, hanno richiesto che le loro diocesi siano trasferite sotto il diretto controllo della Chiesa Russa.
Il Sinodo ha accolto benignamente la richiesta, istituendo la Metropolia di Crimea, con sede principale nell’Arcidiocesi Metropolitana di Sinferopoli e reggente il suo metropolita Lazzaro, alla quale si aggregano le diocesi di Feodosia e di Džankoj, che dunque escono dalla giurisdizione della Chiesa Ortodossa autonoma di Kiev.
Nella medesima decisione, considerando le operazioni belliche attualmente in corso, il Sinodo ha infine optato per restaurare la carica del protopresbitero del clero militare e navale, che esisteva nell’Impero Russo ed era stata soppressa nel 1918.
A tale posizione è stato destinato il sacerdote Oleg Ovcharov, già responsabile della cooperazione tra Chiesa e Forze Armate.
Nicolò Ghigi
Spirito
In Messico la Chiesa celebra 500 anni di evangelizzazione

Per celebrare il 500° anniversario della sua fondazione, la diocesi di Tlaxcala ha organizzato 500 Ore Sante dal 12 settembre al 3 ottobre 2025 nelle sue diverse parrocchie. Si tratta di un’occasione per rivisitare l’evangelizzazione di questo Paese centroamericano avvenuta mezzo millennio fa, un fatto trascurato dalla maggior parte dei media europei, salvo considerarlo un presunto misfatto della colonizzazione spagnola.
Dal 12 settembre al 3 ottobre 2025, le 93 parrocchie dei sette decanati che compongono la diocesi di Tlaxcala si sono alternate nel rendere grazie a Dio per l’arrivo dei missionari nella loro terra 500 anni fa e nel prepararsi spiritualmente alla celebrazione giubilare che culminerà con una messa solenne il 12 ottobre 2025.
La storia della diocesi di Tlaxcala è strettamente legata all’evangelizzazione del Messico. Fondata nel 1525, rappresenta uno dei primi bastioni del cattolicesimo nel Nuovo Mondo. Sebbene la sua sede sia stata successivamente trasferita a Puebla, Tlaxcala conserva una grande importanza storica, rafforzata dalla sua restaurazione ufficiale nel 1959, per decisione di Papa Giovanni XXIII.
Questa celebrazione mette in luce non solo il vigore della fede cattolica in questo Paese centroamericano, ma anche il suo ruolo nel plasmare l’identità culturale messicana. Circa l’83% della popolazione messicana si identifica ancora come cattolica, sebbene questa percentuale sia in leggero calo, soprattutto a causa dell’ascesa dei cosiddetti protestanti «evangelici», che hanno sapientemente colmato il vuoto creatosi nel catechismo, nella morale e nella liturgia a partire dal periodo post-conciliare.
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Queste 500 ore sante rappresentano anche un approccio che si inserisce nel contesto del rinnovamento eucaristico ispirato da iniziative come il National Eucharistic Revival nei vicini Stati Uniti, con l’obiettivo di rafforzare la devozione eucaristica di fronte al declino della fede nella presenza reale di Cristo.
L’evangelizzazione del Messico, iniziata con l’arrivo dei missionari spagnoli all’inizio del XVI secolo e che ha permesso l’ascesa di una regione minata da un paganesimo sanguinario, è oggi messa in discussione dall’ideologia decolonizzante, che denuncia un intervento brutale, segnato dalla distruzione delle culture indigene e dall’imposizione di nuove strutture sociali e religiose: una visione che ignora il carattere sanguinario del culto azteco.
Nel 2025, la celebrazione dei 500 anni di evangelizzazione si svolge in un contesto politico teso. I rapporti tra la Chiesa cattolica e il governo messicano sono stati segnati da attriti per molti anni, in particolare sotto l’amministrazione di Andrés Manuel López Obrador, noto come «AMLO» (2018-2024), che ha scelto pastori evangelici come suoi interlocutori, mantenendo una distanza dalla gerarchia cattolica.
Le prospettive non sono migliorate con l’arrivo della presidente Claudia Sheinbaum nel 2024: beneficiando di una schiacciante maggioranza al Congresso, la nuova donna forte del Paese può portare avanti le sue riforme progressiste senza timore di alcuna opposizione.
Inoltre, con l’avvicinarsi del 500° anniversario dell’evangelizzazione del Messico, Claudia Sheinbaum ha ripetutamente chiesto alla Chiesa e alla Spagna di scusarsi per le presunte «atrocità» della conquista spagnola, ricordando che Cortés fece giustiziare Cuauhtémoc, l’ultimo imperatore azteco, nel 1525. Una considerazione anacronistica per un pagano sanguinario.
Nonostante ciò, la Chiesa cattolica messicana continua a svolgere un ruolo attivo nella società: nel 2025, mentre il Messico è scosso da un’ondata di violenza, che include l’assassinio di alti funzionari, la Chiesa raddoppia i suoi sforzi per promuovere la pace, l’unità e la giustizia sociale. Resta da sperare che le 500 ore di adorazione eucaristica ispirino un rinnovamento morale in tutti – persone e pastori – nella terra di Nostra Signora di Guadalupe.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Juan Carlos Fonseca Mata via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Spirito
Il cardinale Sarah afferma che papa Leone è «consapevole della battaglia» sulle restrizioni alla messa in latino

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Spirito
Messi in vendita gli effetti personali di Pio XII

Il 28 giugno 2025, presso la Galleria Moenius di Berna, saranno messi all’asta oggetti appartenuti a Papa Pio XII, il Venerabile Eugenio Pacelli (1890-1958). La vendita, ha annunciato la galleria svizzera, comprendeva autografi, libri, oggetti devozionali, abiti, scarpe e oggetti personali.
La maggior parte di questi oggetti fu tramandata da Suor Pascalina Lehnert (1894-1983). Suora tedesca delle Suore della Santa Croce, fu governante e assistente di Papa Pio XII, che servì anche quando questi fu Nunzio Apostolico in Baviera dalla fine del 1918.
Tra questi oggetti c’erano delle scarpe da cerimonia, probabilmente indossate raramente perché in ottime condizioni. Decorate con una raffinata bordatura in argento e oro lungo i bordi, le scarpe presentavano lo stemma dei Pacelli con la colomba bianca e il ramoscello d’ulivo ricamato sul collo del piede. Attorno allo stemma sono presenti la croce di San Giovanni e il cappello rosso cardinalizio con le sue tradizionali nappe.
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Se Pio XII fosse stato canonizzato, gli oggetti venduti a Berna sarebbero stati classificati come reliquie di seconda classe e quindi proibiti alla vendita. La Chiesa cattolica riconosce tre classi di reliquie. Le reliquie di prima classe sono i resti mortali terreni dei santi; sono sacre. Questi resti possono essere qualsiasi parte del corpo, comprese ossa, carne e persino capelli.
Una reliquia di seconda classe è un oggetto appartenuto o utilizzato da un santo durante la sua vita. Può includere abiti, gioielli, Bibbie o libri di preghiere e altri oggetti di uso quotidiano.
Una reliquia di terza classe è qualsiasi oggetto, nuovo o vecchio, che sia entrato in contatto con i resti di un santo o ne abbia toccato la tomba o il reliquiario. Queste sono anche chiamate reliquie di contatto.
Nella Chiesa cattolica, il commercio di reliquie di prima e seconda classe è proibito. Tuttavia, con l’autorizzazione della Sede Apostolica, possono essere trasferite, scambiate o donate. Le reliquie di terza classe possono essere vendute, ma il loro valore è molto limitato.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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