Bioetica
Trovato un feto nel cestino del bagno dell’ospedale. E i «rifiuti» degli aborti?
Ennesimo shock sui giornali per l’ennesimo caso di «feto vagante».
A Piacenza, i carabinieri stanno conducendo indagini su un inquietante ritrovamento avvenuto all’alba nell’ospedale cittadino. Un feto, quasi a termine, è stato rinvenuto in un cestino dei rifiuti nei bagni del pronto soccorso da un’addetta alle pulizie intorno alle 7.
Sul posto sono intervenuti i militari del Nucleo investigativo per eseguire rilievi scientifici e interrogare eventuali testimoni.
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Dalle prime verifiche, scrive la stampa, sembra che il feto sia stato abbandonato nel cestino durante la notte. Le telecamere di sorveglianza dell’ospedale e della zona saranno analizzate per raccogliere indizi.
Sono state rilevate macchie di sangue, non una scia vera e propria, sia all’interno che all’esterno del bagno, notate dopo il ritrovamento. Queste tracce potrebbero aiutare a ricostruire il percorso e fornire informazioni sull’identità della persona coinvolta. Le analisi sulle tracce ematiche sono in corso.
I giornalisti fremono per raccontarci l’accaduto, come la microstoria della donna delle pulizie che sposta il cestino notando che è più pesante del solito: ecco che scopre il bambino chiuso in una busta in mezzo alla spazzatura – di per sé un’evoluzione, una specie nuova rispetto al feto scagliato nel cassonetto sic et simpliciter, fenomeno un tempo notissimo. Il fatto che il feto sia qui «imbustato» – secondo quanto riportato, con alcuni panni sporchi di sangue» potrebbe far scattare taluni interrogativi.
«Mentre l’addetta vuotava il sacco del cestino della spazzatura nel bagno riservato al pubblico e ai pazienti del pronto soccorso, ha notato che era un po’ pesante e scrupolosamente lo ha aperto, trovando materiale abortivo espulsivo» ha detto un dirigente medico a Today. In quell’istante «passavano un medico e un infermiere che hanno subito fatto intervenire un ginecologo e un pediatra dai reparti al piano superiore, per verificare se questo feto avesse ancora segni vitali, ma purtroppo era morto». Scatta la chiamata ai militari dell’Arma.
Il bambino è un «maschio di carnagione bianca»: dettaglio che la stampa sente di doverci dare: non dobbiamo pensare che si tratti, insomma, di un’altra brutta storia di immigrazione. Da quanto si è ricostruito, il parto non può essere avvenuto in bagno «perché risulta inverosimile che se una donna è in travaglio nel bagno di un ospedale con utenti che entrano ed escono nessuno se ne accorga», e ci sarebbe pure una traccia di sangue che porta fuori dal nosocomio.
Si fa largo quindi «il dubbio più atroce»: il bambino «potrebbe essere nato vivo»?
Considerazioni che dovrebbe fare il lettore di Renovatio 21: primo, possibile che i casi di feti vaganti capitino tutti da quelle parti? Non è troppo lontano Traversetolo, il comune teatro del tremendo caso recente della ragazza che avrebbe partorito i figli per seppellirli in giardino.
Secondo, al lettore dovrebbero attivarsi tutta una serie di connessioni rispetto ad un tema che qui portiamo avanti con decisione: quello della disseminazione dei feti in giro per l’Italia e il mondo, in particolare con i casi, spalmati nei decenni, dei feti in barattolo trovati piantati in terra tra parchi e campagne. Abbiamo spesso sottolineato che questa sequela di cronache, macabre quanto enigmatiche, forse potrebbero nascondere dietro un disegno enorme ed oscuro, una regia precisa nella società – ultra-satanica, post-satanica – attuata da gruppi di cui nulla sappiamo.
In realtà qui vorremmo concentrarci su altro. Vorremmo dire, ancora una vola, quanto troviamo grottesco questo ennesimo episodio di scandalismo fetale con i suoi titoloni sui giornali e la macchina dell’indignazione ben avviata
Dicono: orrore! Hanno messo un feto, forse perfino vivo, in un cestino dell’ospedale! Noi però restiamo un po’ interdetti: non sappiamo nel caso di Piacenza, ma in tanti ospedali d’Italia, non lontani dai bagni del primo piano (dove scrivono essersi consumato il crimine…) ci sono magari sale operatorie dove i feti vengono ammazzati vivi ogni giorno, e gettati tra i rifiuti. Tipo che questa cosa si chiama aborto. Avete presente?
Aggiungiamo un dettaglio: i resti di questi feti, vivi e genericamente sanissimi, vengono trucidati (fatti a pezzi, letteralmente, nel grembo della loro madre) possono finire, non diversamente dal bambino dello scandalo, esattamente tra i rifiuti ospedalieri. Sappiamo che le battaglie che alcuni soggetti fanno per dare sepoltura a questi resti sono spesso osteggiate nei modi più duri: l’idea da trasmettere è che il feto non è un essere umano, non è vita, è solo un «grumo di cellule», indi per cui può finire nella spazzatura come rifiuto. Punto.
Andiamo pure oltre: in passato è emerso che da certe parti i feti, assieme ad altri rifiuti ospedalieri, venissero utilizzati da termovalorizzatori ospedalieri per produrre energia per la struttura. Medici, infermieri e pazienti riscaldati anche dai corpicini bruciati dei bimbi uccisi e gettati nella rumenta.
La Luna è piena, e rosso sangue. Loro neanche vi dicono di guardare il dito, guardate il gomito, la spalla, il piede. Anche perché se guardate la Luna di sangue, è facile che capiate che macchia anche voi – che convivete tranquilli con lo Stato moderno, e gli versate le tasse affinché la strage dei feti vivi continui per legem.
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Bambini nel cesso: abbiamo visto altri casi così, veri e propri parti nel water, anche lì con pavloviana indignazione pubblica tra giornali e società: noi però sappiamo che con l’aborto chimico, ora sempre più liberalizzato ovunque, i bambini finiscono direttamente nel cesso dopo che la donna ha assunto la pasticca della morte RU486. Espulsione, tirata di sciaquone. Il feto umano viaggia per le tubature fino alle fogne, dove sarà – viste le sue carni prelibate ricchissime di staminali – divorato da topi, pesci, insetti, rane e altre creature infere.
Abbiamo dinanzi a noi il tempio di Moloch, e loro ci parlano dei cessi. Guarda caso, pure lì, nei pressi della tazza e della turca, sacrificano i bambini. Orrore, scandalo vero.
La questione è che il tempio di Moloch è grande quanto lo Stato moderno, reale Stato-Moloch genocida del suo stesso popolo, che può considerare scarto da eliminare: realizzatelo che se vale per i bambini, vale anche per voi cittadini. E lo sapete.
Roberto Dal Bosco
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«Estrema irrazionalità bioetica al servizio della biopolitica»: vescovo spagnolo denuncia la «tragedia dei 73 milioni di aborti» all’anno
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Bioetica
In Nuova Zelanda i bambini vengono lasciati morire se nascono vivi dopo gli aborti
I dati governativi hanno confermato che in Nuova Zelanda i bambini nascono vivi dopo un tentativo di aborto almeno una volta al mese e, come prassi, muoiono senza ricevere assistenza medica. Lo riporta LifeSite.
L’aborto in terra neozelandese è legale su richiesta fino alla 20ª settimana di gravidanza e viene spesso praticato anche oltre, se un medico ne autorizza la necessità per motivi di «salute».
«Family First New Zealand ha riferito di aver ottenuto dati governativi dopo una richiesta ufficiale, scoprendo che i feti sopravvivono regolarmente ai tentativi di aborto», ha riportato Live Action News. «Dal 2020, 80 tentativi di aborto hanno portato a nascite vive, anche se il numero reale potrebbe essere superiore, poiché alcuni distretti non hanno fornito queste informazioni. Le sopravvissute all’aborto avevano una gestazione compresa tra le 20 e le 30 settimane e non hanno ricevuto cure salvavita».
Il rapporto ha inoltre rilevato che l’assistenza medica veniva concessa solo ai neonati desiderati dai genitori: «È preoccupante che il distretto di Te Tai Tokerau abbia affermato che l’assistenza di sostegno vitale è presa in considerazione solo per i “neonati desiderati a 22 settimane + 5 giorni”. A Waikato, c’è la discrezionalità dei genitori di accettare o meno la rianimazione». Canterbury aveva precedentemente consigliato che il «neonato venga avvolto in una coperta e tenuto in braccio fino al decesso».
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Casi specifici di questo protocollo sono emersi in passato. Nel 2021, Gript ha riferito che «un bambino sano sarebbe nato vivo dopo un aborto tardivo fallito ed è stato lasciato morire in un ospedale neozelandese», aggiungendo che «il bambino è stato lasciato ansimare per due ore mentre gli operatori sanitari si rifiutavano di intervenire, prima di morire». Uno studente di medicina, profondamente traumatizzato dall’aver assistito alla morte del bambino, ha affermato che la madre era incinta da oltre 21 settimane.
«Non faremmo mai una cosa del genere a un animale. Ero inorridita», ha detto la studentessa, che usa lo pseudonimo Nicola. «Non abbiamo dato potere a questa donna lasciando che suo figlio soffrisse e morisse in quel modo. Quando ha lasciato l’ospedale, aveva ancora bisogno di sostegno e aiuto per la sua situazione. Tutto quello che abbiamo fatto è stato porre fine alla vita del suo bambino in modo prolungato e crudele. È davvero vile e disgustoso che un essere umano venga trattato in quel modo».
L’anno precedente, il parlamentare Simon O’Connor aveva proposto un emendamento al disegno di legge sull’aborto del Primo Ministro Jacinda Ardern, che imponeva l’obbligo di assistenza ai bambini sopravvissuti a un tentativo di aborto. Il governo, inclusa la stessa Ardern, si oppose all’emendamento. «Ci è stato detto che il mio emendamento non era necessario, eppure eccoci qui in una situazione con un bambino nato vivo, lasciato morire da solo – ed è semplicemente orribile», ha detto O’Connor.
«Non siamo sorpresi da questi dati [del governo], ma sono comunque davvero scioccanti. Che il nascituro sia alla 15ª, 20ª, 30ª o 40ª settimana di gravidanza, lotterà naturalmente per la propria vita», ha affermato Bob McCoskrie, CEO di Family First New Zealand. «Questo è il nostro istinto umano. Dovremmo proteggere la vita dei bambini innocenti che sopravvivono ai tentativi di aborto. Dovremmo chiarire con estrema chiarezza che questo è un obbligo per i professionisti sanitari». McCroskie ha osservato che ora ci sono dati governativi che confermano ciò che i pro-life sostengono da tempo: che a volte i bambini sopravvivono agli aborti.
Il ministro della Salute e del Lavoro Andrew Little aveva precedentemente respinto queste affermazioni, affermando: «vorrei vedere i dati scientifici sulla nascita di un bambino dopo un aborto». McCroskie ha risposto: «Ecco le prove. Non si tratta di politica, si tratta di avere un cuore». Ha ragione. Ci sono persino alcune sopravvissute all’aborto che sono sopravvissute per raccontare le loro storie, per l’industria dell’aborto, quelle che se l’erano cavata».
Il caso che viene in mente a tutti è quello di Gianna Jessen, abortita ma sopravvissuta anche se con una vita con la paralisi cerebrale. Si tratta con probabilità di una delle migliori speaker pro-life al mondo.
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Il segreto più orribile dell’industria dell’aborto, scrive LSN, è che i bambini nascono regolarmente vivi dopo tentativi di aborto e vengono lasciati morire dai medici che hanno appena tentato di ucciderli. Ci sono esempi frequenti e documentati di questo tipo solo negli ultimi anni in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, in Canada e in Irlanda, dove l’aborto è legale solo dal 2019.
Come riportato da Renovatio21, a inizio anno la Camera USA aveva approvato la legge per proteggere i bambini nativi vivi dopo l’aborto.
Come riportato da Renovatio 21, anche l’eutanasia galoppa alla grande in Nuova Zelanda, dove è stata approvata per referendum. In un impeto di creatività, tre anni fa si cominciò a parlare nel Paese di possibilità di eutanatizzare i pazienti COVID.
Ricordiamo che si tratta del Paese dei lockdown draconiani, inflitti anche per un solo caso di positività, sotto l’imperio della premier Jacinda Andern, allevata dal World Economic Forum e pronta a progettare una «società a due livelli» (vaccinati e non vaccinati), a chiedere ai propri cittadini di non chiacchierare col vicino (per evitare i contagi), a istigare la delazione dei dissidenti politici ora etichettati come «terroristi», a proibire del tutto il tabacco, e a garantire in lockdown il diritto di fare orge da 25 persone a chi avesse acquisito il diritto pandemico ad uscire di casa.
Come riportato da Renovatio 21, il Parlamento neozelandese ha concesso lo status di persona a una montagna, proprio come in precedenza lo aveva concesso ad un fiume e a un pezzo di terra: cose che sono quindi tecnicamente più protette dallo Stato di un feto umano.
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Bioetica
JD Vance paragona l’aborto al sacrificio dei bambini. C’è molto più da dire e fare contro la Necrocultura
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