Geopolitica
Tregua di sei mesi tra il governo colombiano e i guerriglieri dell’ELN prodotti dalla Teologia della Liberazione

Gustavo Petro, il primo presidente di sinistra della Colombia, si è candidato alle elezioni su una piattaforma per invertire molte delle politiche più odiate del Paese, inclusa la guerra decennale contro i gruppi ribelli marxisti che ha provocato centinaia di migliaia di morti.
Giovedì è iniziata una tregua di sei mesi tra il governo colombiano e l’organizzazione di guerriglia insurrezionale rivoluzionaria marxista-leninista chiamata Ejército de Liberación Nacional (Esercito di liberazione nazionale ELN) che potrebbe portare a un accordo di pace più permanente. L’accordo consente al gruppo di difendersi se attaccato.
Il ministro della Difesa colombiano Ivan Velasquez ha dichiarato mercoledì che l’accordo proteggerà la «popolazione civile che è stata così colpita dalle azioni delle organizzazioni armate illegali».
«Speriamo che dia i suoi frutti», ha detto Petro, lui stesso un ex guerrigliero dell’ormai defunta milizia del Movimento del 19 aprile. «Dipenderà più da loro che da noi».
Il massimo comandante dell’ELN Antonio García ha esortato i suoi circa 5.800 combattenti a rispettare il cessate il fuoco in un video diffuso all’inizio di questa settimana, spiegando che ulteriori discussioni con la «partecipazione della società» porterebbero avanti, con l’obiettivo di «rendere la Colombia un Paese più equo e democratico e inclusivo».
L’ELN è il secondo gruppo ribelle più grande del Paese dopo le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC), che sono in corso i colloqui di pace con Bogotà. È designato come gruppo terroristico dagli Stati Uniti, che è uno stretto alleato del governo colombiano e ha sostenuto i suoi sforzi di controinsurrezione.
L’ELN marxista-leninista e le FARC sono state entrambe fondate nel 1964, parte della continua ricaduta del periodo di violenza politica noto nella storia colombiana come La Violencia. Da allora sono scoppiati decenni di guerre, non solo tra i gruppi comunisti e il governo, ma anche tra una pletora di milizie di destra.
Uno sforzo colombiano per registrare le vittime di questa guerra civile aveva registrato 9,2 milioni ad aprile 2022, inclusi 220.000 morti: 177.307 civili e 40.787 combattenti. Secondo le Nazioni Unite, solo il 12% delle morti civili è attribuito alle FARC e all’ELN, mentre l’80% è stato causato da gruppi paramilitari di destra; il restante 8% è attribuito ai militari e ai corpi di polizia colombiani, questi ultimi anch’essi paramilitarizzati.
Nel corso degli anni sono stati tentati vari sforzi per colloqui di pace e smobilitazioni, con vari gradi di successo. Un tentativo di raggiungere un accordo con l’ELN è fallito nel 2018 dopo che il neoeletto presidente Ivan Duque ha rifiutato gli sforzi del suo predecessore, Juan Manuel Santos, e ha annullato i colloqui ospitati da Cuba.
Dopo la ripresa della guerra, la delegazione dell’ELN è rimasta all’Avana per timori sulla loro capacità di tornare in sicurezza in Colombia, e gli Stati Uniti hanno sfruttato l’opportunità per affermare che Cuba ospitava terroristi e hanno inserito lo Stato socialista nell’elenco degli sponsor statali del terrorismo del Dipartimento di Stato.
Dopo che Petro ha vinto le elezioni presidenziali del 2022 e Duque ha lasciato l’incarico all’inizio del 2023, i colloqui di pace sono stati rilanciati, con Brasile, Cile, Messico, Cuba, Venezuela e Norvegia che hanno agito come paesi garanti nei negoziati.
L’ELN conta meno membri (tra 3.500 e 5.000 combattenti) ed è meno famosa delle FARC e a differenza di queste, che si richiamano esclusivamente al marxismo e alla figura di Simon Bolívar, l’ELN, almeno inizialmente, è stata influenzata significativamente anche dalla teologia della liberazione: il gruppo ebbe per comandante Gregorio Manuel Pérez Martínez, detto anche «Poliarco» o «El Cura Pérez», che era un sacerdote cattolico pioniere della Teologia della Liberazione, un caso interessante di prete-guerrigliero che operò al vertice.
L’ELN respinge il modello sovietico e favorisce un approccio economico e politico di origine locale, rifiutando, a quanto riportato, anche finanziamenti dall’estero e dipende dal supporto della popolazione e dalle tasse raccolte nei territori sotto il suo controllo. Nonostante il suo statuto preveda il rifiuto di coinvolgimento nel narcotraffico, in pratica alcune fazioni per auto-finanziarsi sarebbero essere operanti nel commercio della cocaina.
Immagine di TV San Jorge via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
Otto Paesi arabi accolgono con favore il piano di Trump per Gaza

Il «Piano globale per porre fine al conflitto di Gaza» in 20 punti, reso pubblico dalla Casa Bianca il 29 settembre a seguito dell’incontro tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, è stato accolto positivamente dai ministri degli Esteri di Qatar, Egitto, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Indonesia, Turchia e Pakistan. Questi ultimi avevano partecipato a una riunione con Trump e il suo inviato speciale Steve Witkoff il 23 settembre, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, contribuendo significativamente alla stesura del piano, secondo quanto annunciato da Trump.
La dichiarazione congiunta dei ministri degli Esteri recita: «I ministri accolgono con favore l’annuncio del presidente Trump in merito alla sua proposta di porre fine alla guerra, ricostruire Gaza, impedire lo sfollamento del popolo palestinese e promuovere una pace globale, nonché il suo annuncio che non consentirà l’annessione della Cisgiordania». I ministri si sono detti pronti a «impegnarsi in modo positivo e costruttivo» con gli Stati Uniti e altre parti per finalizzare e attuare l’accordo, riaffermando il loro impegno a collaborare con gli Stati Uniti per porre fine al conflitto a Gaza.
L’obiettivo è un accordo che garantisca «la fornitura illimitata di aiuti umanitari sufficienti a Gaza, nessun sfollamento di palestinesi, il rilascio degli ostaggi, un meccanismo di sicurezza che garantisca la sicurezza di tutte le parti, il completo ritiro israeliano, la ricostruzione di Gaza e la creazione di un percorso per una pace giusta sulla base della soluzione dei due Stati, in base alla quale Gaza sarà pienamente integrata con la Cisgiordania in uno Stato palestinese, in conformità con il diritto internazionale, come chiave per il raggiungimento della stabilità e della sicurezza regionale».
Nell’annuncio odierno, Trump ha confermato l’approvazione di Netanyahu al piano, lodando i leader dei paesi coinvolti come «molto capaci e intelligenti» e indicando che il «Consiglio per la Pace», da lui presieduto, includerà questi leader. Il piano è ora nelle mani dei negoziatori di Hamas per ottenere il loro consenso.
Secondo l’emittente statunitense ABC News, un funzionario ha riferito che, subito dopo l’annuncio di Trump, il primo ministro del Qatar e il capo dell’Intelligence egiziana hanno incontrato i negoziatori di Hamas, presentando loro il piano per la prima volta. I negoziatori di Hamas avrebbero dichiarato di volerlo esaminare «in buona fede» e di essere pronti a fornire una risposta.
Nel suo discorso pomeridiano, Trump ha espresso fiducia nell’impegno di Qatar, Egitto e altri paesi per ottenere l’approvazione di Hamas.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Ecco il piano di Trump per Gaza

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Geopolitica
La flottiglia Sumudda sequestrata dalla marina Israeliana. Greta arrestata, Vespa dice parolacce contro un rappresentante della protesta marittima

La marina israeliana ha fermato una flottiglia che trasportava attivisti e aiuti umanitari diretti a Gaza.
La Global Sumud Flotilla, salpata dalla Spagna un mese fa, trasportava persone di 44 nazionalità intenzionate a sfidare il blocco navale imposto da Israele sull’enclave palestinese.
Giovedì, le forze navali israeliane hanno abbordato diverse imbarcazioni dopo che gli attivisti hanno rifiutato di cambiare rotta come ordinato. I passeggeri hanno riferito di essere stati colpiti con idranti.
Il ministero degli Esteri israeliano ha comunicato che gli attivisti, tra cui l’attivista svedese per il clima Greta Thunberg (ora in versione He-Man pro-pal), sono stati arrestati e condotti in un porto israeliano. «Greta e i suoi amici sono sani e salvi», ha scritto il Ministero su X.
Already several vessels of the Hamas-Sumud flotilla have been safely stopped and their passengers are being transferred to an Israeli port.
Greta and her friends are safe and healthy. pic.twitter.com/PA1ezier9s— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 1, 2025
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In precedenza, il ministero aveva definito la missione della Sumudda una «provocazione» anziché un’iniziativa umanitaria, sottolineando che agli attivisti era stata proposta un’opzione per consegnare aiuti a Gaza in modo «pacifico». Tuttavia, secondo il ministero, essi avrebbero scelto di dirigersi verso «una zona di combattimento attiva», violando un «legittimo blocco navale».
Israeli naval forces have illegally intercepted and boarded the Global Sumud Flotilla’s vessel Alma (and other boats) in international waters.
Live streams and communications have been cut. The status of the unarmed participants and crew is unconfirmed. pic.twitter.com/EDHeGGzeYB— Global Sumud Flotilla Commentary (@GlobalSumudF) October 1, 2025
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Saif Abukeshek, portavoce della flottiglia, ha dichiarato che 13 imbarcazioni sono state intercettate e oltre 200 persone arrestate. Ha aggiunto che circa 30 imbarcazioni stanno ancora navigando verso Gaza, cercando di sfuggire alle pattuglie israeliane. Israele aveva già bloccato tentativi simili di violare il blocco navale a giugno e luglio.
Sul fronte mediatico italiano si segnala invece la curiosa scena in cui il giornalista e conduttore TV 81enne Bruno Vespa, già alfiere dell’informazione dell’era democristiana, ha detto una parolaccia parlando con un rappresentante italiano della flottiglia Sumudda.
BRUNO VESPA
“Posso dire che non ve ne fotte niente di aiutare le persone?”
Dal signor Vespa uno sdeng così non me lo aspettavo.
D’altronde l’interlocutore sti stava arrampicano di brutto sugli specchi⬇️ pic.twitter.com/ATkCaKWmqv— Virna (@Virna25marzo) October 1, 2025
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«Farci dare degli irresponsabili da chi in questo momento sta al governo ed è alleato di Israele e non si è mosso neanche per proporre un embargo, per fermare l’invio di armi, di tecnologie militari, di accordi commerciali con un paese che muove un genocidio da due anni, non ho proprio voglia di accettarlo e di sentirlo» aveva detto il rappresentante della Sumudda.
Il Vespa quindi incalza con una domanda riguardante la proposta del cardinale Pizzaballa di portare gli aiuti a Cipro e poi lasciare che ad occuparsene sia il Patriarcato Latino di Gerusalemme: «mi scusi, posso chiederle: voi vi fidate di Pizzaballa o no? E allora, se vi fidate, perché non gli avete dato gli aiuti?!».
«Era una proposta non conforme alla natura della missione» dice il rappresentante della flottiglia. La natura della missione è l’apertura di un canale umanitario diretto, senza mediatori…»
«Non ve ne fotte niente di dare gli aiuti ai palestinesi» interrompe Vespa. «Voi volete stabilire un canale diretto che, come sapevate già, Israele non vi permetterà mai di aprire» sbotta indomabile il decano del giornalismo RAI, che una improbabile quanto bonaria leggenda metropolitana sostiene essere figlio biologico di Benito Mussolini. Sentire Vespa che dice parolacce è uno spettacolo non piacevole per lo spettatore sincero-democratico, post-democristiano italiano.
«Contavamo sul rispetto del diritto internazionale e sull’intervento degli Stati che si dicono civili» ribatte il marinaio della Flottilla.
«Certo, va bene, perfetto. Grazie, sappiamo che lei ha altri impegni, buona navigazione» taglia corto quello che Dagospia chiama cattivamente Bruneo.
Si tratta di un siparietto eccezionale, rivelatore su ambo le parti, possibile solo nell’era terminale della questione israeliana, dove tutti coloro che non hanno mai affrontato il tema secondo la sua vera cifra – che è, come sa il governo Netanyahu, metafisica, messianica – vivono in istato di disperante confusione.
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Immagine screenshot da Twitter
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