Guerra cibernetica
Toyota ferma la produzione di auto e nega si sia trattato di un attacco hacker

Il colosso automobilistico giapponese Toyota ha annunciato che riprenderà le operazioni negli stabilimenti di assemblaggio nazionali mercoledì dopo un’interruzione di 24 ore causata da un problema tecnico.
L’azienda continua a indagare sulle cause dell’interruzione, iniziata lunedì che ha impedito a Toyota di evadere gli ordini di componenti.
Si prevede che la produzione ritornerà alla normalità in ciascuno dei suoi 14 stabilimenti in Giappone dall’inizio del secondo turno mercoledì, ha affermato la società.
Secondo i calcoli dell’agenzia Reuters, gli stabilimenti insieme rappresentano circa un terzo della produzione globale della casa automobilistica. Lo scorso anno Toyota ha consegnato quasi 10,5 milioni di automobili in tutto il mondo.
«A quanto ci risulta, il malfunzionamento del sistema non è stato causato da un attacco informatico. Tuttavia, continueremo a indagare sulle cause», ha affermato Toyota. «Ci scusiamo ancora una volta con i nostri clienti, fornitori e parti correlate per eventuali disagi causati dalla sospensione delle operazioni».
Nonostante la smentita, pare che un’offensiva cibernetica sia alla base del problema: le operazioni di Toyota sono state sospese per un giorno nel 2022 quando un fornitore, Kojima Industries, era stato colpito da un attacco informatico, causando problemi con l’ordinazione di componenti.
«È vero, abbiamo subito un attacco informatico. Stiamo ancora analizzando il danno e stiamo facendo in fretta a dare risposta, con la priorità assoluta di far ripartire il sistema produttivo Toyota il più presto possibile», ha detto alla testata economica nipponica Nikkei una fonte vicino a Kojima.
Il colosso automobilistico ha quindi ripreso le operazioni utilizzando una rete di riserva. Sarebbero fermi, in Giappone, 12 impianti su 14, tra cui le filiali Toyota Hino Motors e Daihatsu Motors.
La scelta dello stop, che impedirà la produzione di 10.000 veicoli (il 5% della produzione mensile) sarebbe stata presa dall’azienda al fine di ripristinare la perfetta funzionalità dei processi industriali.
L’attacco hacker risalirebbe allo scorso 28 febbraio. È stato sottolineato dai siti di cyber-security come sia anomalo il fatto che nel Dark Web pare non vi siano rivendicazioni per l’operazione da parte di gruppi hacker, facendo sospettare alcuni che potrebbe trattarsi, se non di un attacco ransomware opportunistico, di una manovra di guerra cibernetica di uno Stato-nazione.
Come riportato da Renovatio 21, la Repubblica Popolare Cinese ha dichiarato negli scorsi mesi la sua ira per il fatto che Tokyo ha aderito come primo Stato membro asiatico del Centro di eccellenza per la difesa informatica cooperativa (CCDCOE) della NATO, ossia il ramo del Patto Atlantico relativo alla guerra cibernetica. Seoul ha fatto la medesima scelta.
Anche il Nord Corea, come dimostrato più volte anche negli scorsi giorni, ha la possibilità di compiere grandi attacchi hacker. L’attacco alla major cinematografica Sony Pictures nel 2017, fu attribuito a Pyongyang come rappresaglia contro il film The Interview, dove Kim Jong-un veniva canzonato e pure ucciso brutalmente. Sull’origine nordcoreana dell’attacco permangono dei dubbi – il danno fatto all’azienda nippo-americana fu tuttavia immane.
La Toyota è stata per anni il più grande produttore di automobili al mondo, strappando il primato ai gruppi americani e tedeschi. Tuttavia, a livello di capitalizzazione, anche la grande azienda giapponese è stata in questi anni superata da Tesla, la cui crescita inarrestabile l’ha resa molto valevole in Borsa.
Colpire Toyota, azienda-simbolo del Paese, oltre che grande fattore per l’economia nazionale giapponese, avrebbe quindi una possibile motivazione geopolitica.
La Toyota è nota nel mondo per il sistema di organizzazione di produzione chiamato Kaizen (da 改 kai, cambiamento, e 善 zen, migliorìa), detto anche «Toyotismo», una sorta di metodo di miglioramento continuo che avrebbe consentito al progressivo perfezionamento dell’industria a partire dai suoi dipendenti, di modo da consentire una «qualità totale» del prodotto, una forza lavoro più ordinata e rilassata, e quindi la possibilità di riprogettare i processi e pure di operare sui prezzi delle auto.
Il Kaizen è ammirato e studiato in tutto il mondo, e anche in Italia si organizzano viaggi-studio per industriali che vanno ad apprenderne il funzionamento in Giappone; talvolta è capitato anche che qualche maestro cintura nera di Kaizen venga in Italia, certe volte con aria di oceanica saggezza un po’ annoiata, per cicli di incontri e conferenze con i capitani d’impresa che vogliono riformattare in senso nipponico l’operaio italiota.
Epperò tale operazione, qualcuno dice, potrebbe risultare talvolta di difficile attuazione.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Guerra cibernetica
Spyware israeliani, arrestato l’ex ministro della Giustizia polacco

L’ex ministro della Giustizia polacco Zbigniew Ziobro è stato arrestato lunedì all’aeroporto Chopin di Varsavia e condotto davanti a una commissione parlamentare che indaga sull’uso dello spyware Pegasus, di origine israeliana, durante il suo mandato.
Ziobro, che è stato ministro della Giustizia e procuratore generale sotto il governo Diritto e Giustizia (PiS) dal 2015 al 2023, si è ripetutamente rifiutato di comparire davanti alla commissione, sostenendo che sia incostituzionale e motivata politicamente.
A inizio anno, un tribunale di Varsavia ha autorizzato la detenzione e la comparizione forzata di Ziobro, citando nove assenze precedenti. Tuttavia, la Corte Costituzionale polacca, presieduta da Bogdan Świeczkowski, alleato del PiS, ha dichiarato la commissione illegittima e ha vietato qualsiasi azione contro di lui.
Ciononostante, lunedì la polizia ha fermato Ziobro mentre scendeva da un volo in ritardo da Bruxelles, scortandolo al Sejm, il parlamento polacco. Lo Ziobro ha denunciato l’illegalità dell’azione, avvertendo gli agenti che avrebbero risposto delle loro azioni in tribunale.
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Durante l’udienza, lo Ziobro ha criticato la commissione, definendola arrogante, aggressiva e in violazione delle norme giuridiche, richiedendo la rimozione di tutti i membri, in particolare della presidente Magdalena Sroka, accusandola di pregiudizi politici. Le sue mozioni sono state respinte e sostenendo che l’inchiesta «non ha nulla a che fare con una ragionevole ricerca della verità».
Lo Ziobro ha ammesso di aver avviato l’acquisto di Pegasus, dichiarando di aver incoraggiato l’allora capo della sicurezza Mariusz Kaminski a procurarsi il software per tracciare comunicazioni online crittografate. «Pegasus serviva a perseguire i criminali, non gli oppositori politici. È stata una buona decisione basata su un’analisi della situazione», ha detto ai legislatori.
Il governo del primo ministro Donald Tusk, però, ha affermato che lo spyware è stato usato per monitorare quasi 600 persone tra il 2017 e il 2022, inclusi politici dell’opposizione e i loro staff elettorali. La commissione sta indagando su chi abbia autorizzato l’acquisto per l’Ufficio Centrale Anticorruzione nel 2017 e su come il software sia stato impiegato dalle istituzioni statali.
Il PiS ha governato la Polonia dal 2015 fino alla fine del 2023, quando la coalizione guidata dalla Piattaforma Civica di Tusk ha preso il potere. La nuova amministrazione ha avviato diverse indagini su presunti abusi del predecessore, incluse accuse di aver speso ingenti somme per finanziare la sorveglianza segreta di rivali politici.
Come riportato da Renovatio 21, il gruppo di difesa dei diritti umani Amnesty International aveva segnalato di aver scoperto la presenza di Pegasus, spyware altamente invasivo sviluppato dalla società israeliana NSO Group, sugli iPhone di importanti giornalisti indiani. Pegasus è stato sospettato di essere utilizzato anche contro una giornalista russa residente in Lituania, e di aver spiato lo stesso Benjamin Netanyahu.
Pegasus, che di fatto si impadronisce dello smartphone attaccato senza bisogno che l’utente clicchi alcunché, è al centro di polemiche internazionali e pure nazionali interne allo Stato ebraico.
Come riportato da Renovatio 21, Israele a inizio 2022 ha rifiutato la vendita di armi cibernetiche all’Ucraina o a Stati, come l’Estonia, che potrebbero poi rivenderle al regime Zelens’kyj.
Come riportato da Renovatio 21, a febbraio la popolare piattaforma di messaggistica WhatsApp, di proprietà di Meta-Facebook, ha avvisato circa 100 giornalisti e membri della società civile di possibili violazioni dei dispositivi che coinvolgono spyware della società israeliana Paragon Solutions. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando un funzionario dell’azienda.
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Guerra cibernetica
I principali aeroporti europei colpiti dagli hacker. Cosa può esserci dietro?

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Guerra cibernetica
La repressione della pirateria provoca diffuse interruzioni di Internet in tutta la Spagna

LaLiga, il principale campionato di calcio spagnolo, è al centro di dure critiche per aver celebrato un aumento del 142% nelle notifiche di rimozione antipirateria nel 2025, causando però gravi danni collaterali al funzionamento di Internet. Lo riporta Reclaim The Net.
Con l’avvio della stagione 2025/2026, il 15 agosto, LaLiga ha intensificato la sua campagna di controllo, provocando interruzioni diffuse di siti web, servizi e piattaforme legali.
Il programma antipirateria, gestito con Telefónica e supportato dai tribunali spagnoli, permette a LaLiga di ordinare ai principali provider Internet, come Movistar, Vodafone, Orange e DIGI, di bloccare indirizzi IP sospettati di ospitare streaming non autorizzati. Questo approccio colpisce interi intervalli IP, spesso condivisi da migliaia di domini legittimi, causando l’oscuramento di ampie porzioni di Internet per gli utenti spagnoli, soprattutto durante le partite.
Piattaforme come Amazon, Cloudflare, GitHub, Twitch e Google Fonts sono state coinvolte nei blocchi. TorrentFreak ha segnalato interruzioni settimanali di servizi come Vercel, mentre anche il registro dei domini .cat ha subito disservizi. iXsystems, sviluppatore di TrueNAS, ha dovuto modificare il proprio sistema di distribuzione, passando a BitTorrent per garantire agli utenti l’accesso agli aggiornamenti di sicurezza, resi inaccessibili dai blocchi in Spagna.
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Utenti in Spagna, Italia e Francia hanno lamentato problemi di connettività nei forum di TrueNAS, con alcuni costretti a usare VPN, sebbene anche servizi come WARP di Cloudflare siano stati bloccati durante le partite.
LaLiga, nel frattempo, ha riportato l’invio di oltre 26 milioni di notifiche di rimozione nella prima metà del 2025, più del doppio rispetto al 2024, ma solo l’11% degli streaming segnalati è stato disattivato.
Le contestazioni legali contro questa strategia crescono, con Cloudflare e RootedCON che si sono appellati alla Corte Costituzionale spagnola. Tuttavia, non ci sono segnali di un’interruzione dei blocchi, e con la nuova stagione gli utenti temono un aumento della censura.
Gli oppositori chiedono riforme, sostenendo che il sistema punisca gli utenti legittimi senza contrastare efficacemente la pirateria, sostenendo che la campagna di LaLiga, confondendo protezione con abuso di potere, minaccia il web aperto.
Non si tratta dell’unico problema telematico avutosi in Ispagna in questi mesi.
Come riportato da Renovatio 21, a maggio la Spagna era stata colpita da una diffusa interruzione delle comunicazioni interessando regioni come Madrid, Catalogna, Valencia, Andalusia, Aragona e Paesi Baschi. In diverse zone, l’accesso al numero di emergenza 112 è stato interrotto, costringendo le autorità locali a fornire numeri di contatto alternativi per i servizi di emergenza.
Il guasto nazionale arrivata poche settimane dopo che un enorme blackout elettrico aveva colpito l’intera penisola iberica.
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