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Geopolitica

Talebani come l’ISIL: al bando negozi di giochi, film e musica straniera

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Un blocco che ha causato in primis pesantissime ripercussioni all’economia delle famiglie. Chiuse oltre 400 attività, alcuni commercianti hanno perso l’investimento di una vita. Altri ancora vedono come unica soluzione la fuga all’estero. Rappresentante talebano: promuovevano valori e cultura indiani e occidentali, le donne non indossavano l’hijab.

 

Seguendo le orme dello Stato islamico a Mosul negli anni di dominio jihadista, i talebani afghani a Herat hanno messo al bando musica, film stranieri e videogiochi imponendo una rigida applicazione della sharia, la legge islamica.

 

Una decisione che ha causato pesanti ripercussioni non solo sulla socialità degli abitanti, abituati nel periodo precedente maggiori libertà, ma causando anche danni ingenti all’economia e alle attività di centinaia di esercenti che hanno visto andare in fumo gli investimenti, e i risparmi, di una vita. Come nel caso del 28enne Humayun, che aveva investito quasi 10mila euro per avviare una sala giochi nella cittadina occidentale dell’Afghanistan quasi quattro anni fa.

 

In un primo momento l’investimento aveva dato i suoi frutti, con le potenti consolle del negozio che attiravano molti giovani che spendevano i loro risparmi per giocare alle ultime versioni dei videogiochi più popolari. Tutto è cambiamento nell’agosto del 2021, con la presa di potere degli studenti coranici a Kabul e il ritorno di norme oscurantisti come il divieto di istruzione femminile o le pesanti restrizioni all’impiego delle donne nelle ong, locali e internazionali, attive nel Paese.

 

La crescente disoccupazione e una forte recessione economica hanno gravato in modo pesante sugli afghani, compresi i potenziali clienti dei negozi di una città da mezzo milione di abitanti. Ad inasprire la situazione, la scorsa settimana il «game over» decretato dai talebani per Humayun e molti altri commerciali come lui che hanno messo i sigilli alla sala giochi. Una chiusura preceduta dal bando decretato dal ministero per la Promozione della virtù e la prevenzione del vizio, che hanno bollato come «non islamici» i film stranieri, musica e videogiochi.

 

«Questo business era la mia vita – ha raccontato il giovane Humayun a Radio Azadi – e ora non ho più alcuna fonte di reddito o un sostentamento».

 

Il decreto talebano, giunto senza alcun preavviso, ha portato al blocco di oltre 400 esercizi commerciali nella sola Herat e segue il giro di vite imposto a varie forme di intrattenimento, come la chiusura degli spazi all’aperto per donne e famiglie.

 

A ottobre il movimento estremista islamico ha chiuso in tutto il Paese i caffè che proponevano il narghilè, il cui fumo è un passatempo popolare tra gli uomini afghani.

 

In precedenza, a maggio, hanno vietato a uomini e donne di mangiare insieme nei ristoranti di Herat e hanno chiuso i ristoranti di proprietà e gestiti da donne in città.

 

L’impatto delle restrizioni sulle attività è evidente a Herat, un antico centro di vita culturale e intellettuale nel mondo musulmano situato in una posizione strategica che è anche crocevia di rotte e commerci verso l’Iran e il Turkmenistan.

 

Prima del ritorno al potere dei talebani, il mercato di Hazratha era il centro dei videogiochi cittadino. Inoltre, decine di negozi lungo vie strette vendevano film stranieri e serie TV in DVD, oltre a musica indiana, iraniana e occidentale.

 

Ora risuona un silenzio surreale nell’area del mercato e quasi tutti i negozi sono chiusi. «Qui non mi è rimasto più nulla, ormai non mi resta che trasferirmi in un altro Paese», confessa un ex negoziante di nome Fakhruddin.

 

Il suo negozio vendeva poster di film, DVD e CD musicali. Per avviarlo aveva investito poco meno di 3mila dollari, ma ormai l’attività commerciale è destinata a morire. «Devo provvedere ai bisogni di una famiglia di 11 persone – confessa – e questo negozio era la mia unica fonte di sostentamento».

 

Mawlawi Azizurrahman Mohajir, capo provinciale del ministero talebano che controlla la morale e i costumi, risponde alle critiche sottolineando che la chiusura delle sale e dei negozi è conseguenza delle lamentele di molte famiglie.

 

I figli, secondo quanto riferisce, trascorrerebbero – o meglio, sprecano – troppo tempo all’interno, trascurando altri aspetti più importanti.

 

«Questi negozi – aggiunge – vendevano film che raffiguravano e promuovevano valori e cultura indiani e occidentali, che sono molto diversi dalla cultura e dalle tradizioni afghane».

 

«E i film in catalogo non avevano donne in hijab, il che è contro la sharia» ha aggiunto, riferendosi alla rigorosa interpretazione del codice di abbigliamento islamico. «Questo è il motivo – chiosa – per cui la vendita è vietata».

 

 

 

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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

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Geopolitica

Charlie Kirk una volta si era chiesto se se l’Ucraina avrebbe cercato di ucciderlo

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L’attivista conservatore Charlie Kirk, ucciso in un attentato, aveva dichiarato di essere minacciato di morte ogni giorno per le sue posizioni critiche, in particolare contro il sostegno finanziario degli Stati Uniti al conflitto ucraino. Si dice che almeno una minaccia di omicidio, attribuita a un portavoce ucraino, potrebbe essere stata diretta personalmente a lui.

 

Nel 2023, il Centro per il contrasto alla disinformazione di Kiev ha accusato Kirk di promuovere la «propaganda russa». Nel 2024, un sito ucraino aveva incluso Kirk e la sua organizzazione, Turning Point USA, in una lista nera comprendente 386 individui e 76 gruppi americani contrari al finanziamento dell’Ucraina.

 

Il transessuale americano Sarah Ashton-Cirillo, già responsabile della comunicazione in lingua inglese per le Forze di Difesa Territoriali ucraine, aveva dichiarato di voler «dare la caccia» a quelli che aveva definito «propagandisti del Cremlino», annunciando un imminente attacco contro una figura vicina al presidente russo Vladimir Putin.

 

Aveva in seguito minacciato anche giornalisti americani, e dichiarato che «i russi non sono esseri umani».

 

 


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«Proveranno a uccidere Steve Bannon, Tucker Carlson o forse me?» si era chiesto Kirk, citando altre note figure conservatrici dei media americani.

 

«Noi non siamo burattini di Putin né propagandisti russi, eppure il New York Times ci etichetta così, Twitter ci etichetta così», aveva affermato Kirk nel suo programma. «E quella persona, finanziata dal Tesoro degli Stati Uniti, dichiara: vi troveremo e vi uccideremo».

 

La questione se il governo degli Stati Uniti stesse finanziando Ashton-Cirillo è diventata oggetto di dibattito pubblico dopo che la sua dichiarazione è diventata virale, interessando anche l’allora senatore dell’Ohio JD Vance, oggi vicepresidente USA. Il transessuale statunitense fu quindi prontamente rimosso dalle forze armate ucraine.

 

Kirk è stato un critico costante dello Zelens’kyj, descrivendolo come «un bambino ingrato e capriccioso», un «go-go dancer» che non merita nemmeno un dollaro delle tasse americane e «un burattino della CIA che ha guidato il suo popolo verso un massacro inutile».

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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International 

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Geopolitica

Mosca critica Israele per l’attacco al Qatar

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La Russia ha condannato l’attacco israeliano alla capitale del Qatar, Doha, definendolo una palese violazione del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite, affermando che l’attacco mina gli sforzi per raggiungere un accordo pacifico tra Israele e Hamas, ha affermato mercoledì il Ministero degli Esteri di Mosca.   Martedì Israele ha colpito un edificio residenziale a Doha in un’operazione che ha coinvolto circa 15 aerei da guerra e almeno dieci missili. Il raid, che avrebbe causato la morte di diversi membri di Hamas, tra cui il figlio dell’alto funzionario Khalil al-Hayya, aveva come obiettivo quello di eliminare l’ala politica del gruppo, secondo le IDF.   Hamas ha affermato che i suoi vertici sono sopravvissuti a quello che ha definito un tentativo di assassinio dei negoziatori coinvolti nei colloqui per un accordo.   Il ministero degli Esteri russo ha affermato che l’attacco al Qatar, «un Paese che svolge un ruolo chiave di mediazione nei colloqui indiretti tra Hamas e Israele per porre fine alla guerra di Gaza, che dura da quasi due anni, e garantire il rilascio degli ostaggi», non può che essere visto come un tentativo di indebolire gli sforzi di pace internazionali. Mosca ha esortato tutte le parti ad agire responsabilmente e ad astenersi da azioni che potrebbero aggravare ulteriormente il conflitto.

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Mosca ha ribadito la sua posizione, chiedendo un «cessate il fuoco immediato a Gaza» e sollecitando una risoluzione globale della questione palestinese. Il Ministero degli Esteri russo ha affermato che «tali metodi di lotta contro coloro che Israele considera suoi nemici e oppositori meritano la più ferma condanna».   Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito dei suoi sforzi di mediazione, ha affermato che tra le sei persone uccise nell’attacco c’era anche un agente di sicurezza locale.   Il primo ministro del Qatar, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, ha condannato l’attacco definendolo un atto di «terrorismo di Stato» e ha avvertito che il suo Paese si riserva il diritto di rispondere. Ha accusato il suo omologo israeliano Benjamin Netanyahu di minare la stabilità regionale e ha affermato che l’incidente ha vanificato gli sforzi di mediazione promossi dagli Stati Uniti.   Israele, che incolpa Hamas per il mortale attacco dell’ottobre 2023 nel sud di Israele, ha promesso di dare la caccia ai leader del gruppo «ovunque si trovino».   Le autorità di Gaza affermano che gli attacchi sferrati da Israele dal 7 ottobre 2023 hanno causato la morte di almeno 64.000 persone. Gli osservatori per i diritti umani hanno accusato Israele di aver commesso un genocidio rendendo l’enclave inabitabile e peggiorando le condizioni di carestia attraverso restrizioni agli aiuti.   Il rapporto tra Russia e Qatar, nato negli anni ’90 da interessi energetici condivisi, è un’alleanza pragmatica tra giganti del gas, con Mosca che vede Doha come partner contro la dominanza USA nel mercato globale. Collaborano in forum come OPEC+ e BRICS+, con scambi per miliardi in LNG e armamenti.  
Il 29 novembre 2011, l’ambasciatore russo in Qatar, Vladimir Titorenko, sarebbe stato aggredito dagli ufficiali di sicurezza e doganali dell’aeroporto del Qatar quando si è rifiutato di sottoporsi alla scansione della sua valigia in aeroporto.
  Le relazioni si inasprirono il 7 febbraio 2012, quando, secondo quanto riferito, dopo che un diplomatico del Qatar aveva avvertito la Russia di perdere il sostegno della Lega Araba in merito all’imminente risoluzione sulla rivolta siriana, a cui Russia e Cina avevano poi posto il veto, la risposta arrivò dura dall’ambasciatore russo all’ONU Vitaly Churkin, che affermò: “Se mi parli in questo modo, oggi non ci sarà nessun Qatar” e si vantò della superiorità militare russa sul Qatar. In seguito, la Russia negò tutte queste accuse.     Il culmine si era avuto nel 2004: l’autobomba che uccise Zelimkhan Yandarbiyev, ex presidente ceceno in esilio a Doha. La Russia negò coinvolgimento, ma due agenti FSB furono arrestati; uno morì in custodia, l’altro estradato. Il Qatar condannò l’attentato come «terrorismo di Stato», sospendendo legami per mesi, ma pragmatismo prevalse: accordi energetici ripresero presto.   Oggi, nonostante frizioni, il sodalizio resiste, bilanciato da interessi economici.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
 
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Geopolitica

«Li prenderemo la prossima volta» Israele non esclude un altro attacco al Qatar

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Israele è determinato a uccidere i leader di Hamas ovunque risiedano e continuerà i suoi sforzi finché non saranno tutti morti, ha dichiarato martedì a Fox News l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Yechiel Leiter.

 

In precedenza, attacchi aerei israeliani hanno colpito un edificio residenziale a Doha, in Qatar, prendendo di mira alti esponenti dell’ala politica di Hamas. Il gruppo ha affermato che i suoi funzionari sono sopravvissuti, mentre l’attacco è stato criticato dalla Casa Bianca e condannato dal Qatar.

 

«Se non li abbiamo presi questa volta, li prenderemo la prossima volta», ha detto il Leiter.

 

L’ambasciatore ha descritto Hamas come «nemico della civiltà occidentale» e ha sostenuto che le azioni di Israele stavano rimodellando il Medio Oriente in modi che gli Stati «moderati» comprendevano e apprezzavano. «In questo momento, potremmo essere oggetto di qualche critica. Se ne faranno una ragione», ha detto riferendosi ai Paesi arabi.

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che, sebbene smantellare Hamas sia un obiettivo legittimo, colpire un alleato degli Stati Uniti mina gli interessi sia americani che israeliani.

 

Leiter ha osservato che Israele «non ha mai avuto un amico migliore alla Casa Bianca» e che Washington e lo Stato Ebraico sono rimaste unite nel perseguire la distruzione del gruppo militante.

 

Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito del suo ruolo di mediatore, ha dichiarato che tra le sei persone uccise nell’attacco israeliano c’era anche un agente di sicurezza del Qatar.

 

L’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, ha denunciato l’attacco come un «crimine atroce» e un «atto di aggressione», mentre il ministero degli Esteri di Doha ha accusato Israele di «terrorismo di Stato».

 

Israele ha promesso di dare la caccia ai leader di Hamas, ritenuti responsabili del mortale attacco dell’ottobre 2023, lanciato da Gaza verso il sud di Israele. L’ambasciatore ha giurato che i responsabili «non sopravviveranno», ovunque si trovino.

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