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Quanti soldati ha Hamas?

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Hamas – che è e un’organizzazione militante e un partito politico – è stato fondata nel 1987 durante la Prima Intifada, una rivolta palestinese contro gli insediamenti israeliani sulle terre occupate dopo la Guerra dei Sei Giorni.

 

Hamas, con sede principalmente nella Striscia di Gaza, è emersa come contendente a un altro partito politico palestinese, il movimento Fatah, prevalentemente laico.

 

Fatah esercita la sua influenza sull’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), con un focus primario sul conflitto israelo-palestinese.

 

Al centro del potere di Hamas c’è la sua ala militare, conosciuta come Brigate Izz ad-Din al-Qassam. Questa ala militare è uno dei principali strumenti di Hamas per raggiungere il suo obiettivo dichiarato, vale a dire la creazione di uno Stato arabo islamico in tutto Israele.

 

Hamas è stata costantemente coinvolta in vari scontri, anche armati, sfidando sia le forze israeliane che le istituzioni politiche palestinesi. Questa traiettoria ha preso una svolta significativa nel 2006, quando ha conquistato la maggioranza nel Consiglio legislativo palestinese attraverso il trionfo elettorale.

 

Nel 2007, Hamas ha preso il controllo della Striscia di Gaza, estromettendo i sostenitori di Fatah dall’enclave. L’evento segnò un momento di svolta, consolidando il governo de facto del movimento, che dura ancora oggi.

 

La forza militare e politica di Hamas gioca un ruolo centrale e in continua evoluzione nel conflitto israelo-palestinese, influenzando in modo significativo le relazioni tra israeliani e palestinesi, nonché gli sforzi globali per raggiungere una soluzione. Un articolo apparso sulla testata governativa russa Sputnik descrive le capacità militari del gruppo.

 

La potenza delle forze di combattimento di Hamas si basa sulle sue unità di artiglieria, che comprendono razzi e mortai, che guidano le capacità offensive del movimento.

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In secondo luogo ci sono le forze di terra, che comprendono regolari e riservisti, accompagnati da brigate da combattimento ed elementi supplementari, che costituiscono il fondamento delle capacità difensive di Gaza. Il loro mandato principale è proteggere il territorio di Gaza, e soprattutto proteggere i leader di Hamas. Tali forze operano una copertura essenziale alle forze missilistiche per svolgere le loro operazioni tattiche.

 

Le unità di artiglieria e le forze di terra formano le Brigate Izz ad-Din al-Qassam. Questo braccio armato dispone anche di una distinta divisione di commando marini, integrata da un’unità d’élite ben preparata per le incursioni sotterranee nel territorio israeliano.

 

L’esatto numero delle truppe di Hamas non è specificato, ma varie stime collocano la forza numerica dei suoi membri in servizio a circa 30.000 militanti, se i membri non-core vengono convocati in caso di emergenza.

 

Le Brigate al-Qassam sono organizzate in sei gruppi. Ogni gruppo ha molti gruppi più piccoli e ogni gruppo più piccolo ha parti ancora più piccole. Tre di questi gruppi rimangono nella parte settentrionale della Striscia di Gaza. Uno è a nord di Gaza City, uno a est di Gaza City e uno a sud di Gaza City. C’è un gruppo nel centro di Gaza e due nel sud, che sovrintendono a Khan Yunis e Rafah.

 

Le forze combattenti di Hamas sarebbero disperse anche in Cisgiordania e nei Paesi vicini.

 

Queste brigate comprendono un’ampia gamma di forze di combattimento, tra cui armi antiaeree, cecchini, artiglieria, ingegneri, capacità anticarro e fanteria.

 

Inoltre, le Brigate Qassam incorporano unità di personale specializzate per funzioni di comunicazione, Intelligence, contrabbando, produzione di armi, logistica e affari pubblici.

 

Tale composizione diversificata consente ad Hamas di adattarsi all’evoluzione degli scenari politici e di affrontare diverse minacce.

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«Hamas è favorevole all’uso di bombe stradali, cecchini e piccoli UAV portatili [veicoli aerei senza pilota] per combattere in stile guerriglia che utilizza il paesaggio urbano per fornire ai suoi combattenti la massima copertura, aumentando al contempo i costi per gli israeliani», dice Michael Stevens, membro associato del Royal United Services Institute. In pratica Hamas gravita verso una strategia di guerriglia.

 

Le Brigate Izz ad-Din al-Qassam vantano un vasto arsenale che comprende un assortimento di armi convenzionali, ordigni esplosivi improvvisati (IED) realizzati con perizia, componenti critici di razzi e una rete segreta di tunnel e bunker a Gaza. Questa scorta completa dà loro un vantaggio strategico negli scontri con le forze di difesa israeliane.

 

Un recente rapporto del Washington Institute for Near East Policy ha fatto luce sul programma di artiglieria di Hamas, identificando quattro componenti cruciali che ne modellano la capacità operativa:

 

  • Produzione di razzi Qassam: al centro del loro arsenale c’è la produzione di razzi Qassam, progettati per raggiungere distanze fino a 10 chilometri.
  • Progressi nella tecnologia missilistica: ciò comprende l’integrazione di testate più grandi e potenti e sistemi di propulsione potenziati, estendendo sia la portata che la longevità.
  • Dispiegamento strategico di razzi a lungo raggio: ciò comporta l’importazione di razzi a lungo raggio a Gaza, dove vengono assemblati per il dispiegamento.
  • Produzione di mortai a lungo raggio: con un occhio agli obiettivi delle forze di difesa israeliane, Hamas si concentra sulla produzione di mortai a lungo raggio, dimostrando un chiaro intento di espandere la propria sfera operativa.

 

Le principali armi nell’arsenale di Hamas possono essere riassunte in questo specchietto

Categoria Costituente
Mortai 81 mm, 120 mm
Razzi a corto raggio

 

 

 

 

Qassam da 90 mm

Qassam da 107 mm

Qassam da 115 mm

122 mm Grad

Quds 101

Razzi a corto e medio raggio Grado/WS-1E/Sejil 55
Razzi a lungo raggio M-75 (75 km), Fajr/J-80 (100 km), R-160 (120 km), M-302 (200 km)
Armi anticarro

 

Tipi RPG-7, SAGGER AT-3, ATGM (missili guidati anticarro)
Miniere Antiuomo, anticarro
IEDS (ordigni esplosivi improvvisati) Vari tipi
IEDS con EFPS (proiettili formati in modo esplosivo) Shawaz

 

Armi di fanteria leggera Fucili d’assalto, mitragliatrici leggere, fucili di precisione

 
Altre armi includono un numero imprecisato di veicoli aerei senza pilota e droni e diverse centinaia di missili guidati anticarro Kornet.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’ex presidente Medvedev ha commentato un video circolante in rete dichiarando che Hamas starebbe utilizzando anche armi fornite all’Ucraina. Sulla questione si è espresso anche lo stesso Putin.

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Immagine di Fars Media Corporation via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

 

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La Germania riceve un sistema missilistico israeliano

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Israele ha trasferito alle forze di difesa tedesche della Bundeswehr il primo impianto del sistema missilistico Arrow 3, in occasione di una solenne cerimonia svoltasi presso una base aerea nei dintorni di Berlino.   Tale consegna si colloca nel contesto dell’impegno crescente della Germania nella promozione dell’armamento europeo, motivato dal presunto «pericolo russo» – una narrazione che Mosca ha rigettato con fermezza, ribadendo l’assenza di qualsivoglia intento aggressivo nei confronti dell’Unione Europea o della NATO.   Tbilisi e Berlino hanno sottoscritto l’accordo intergovernativo poco più di due anni or sono, in un’intesa che Israele ha qualificato come il più rilevante contratto di esportazione bellica della sua storia, per un importo superiore ai 3,6 miliardi di euro.   Secondo le autorità israeliane, la transazione segna la prima occasione in cui un altro Stato otterrà un’autonomia operativa su questa tecnologia militare di vertice.

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L’Arrow 3 è concepito per neutralizzare vettori balistici extra-atmosferici, agendo a quote eccedenti i 100 km  e con un raggio d’azione di circa 2.400 km. L’apparato stazionario integra i presidi aerei a breve gittata veicolari, come Patriot e IRIS-T.   «Come figlio di sopravvissuti all’Olocausto, mi trovo qui profondamente emozionato: un sistema di difesa balistica, forgiato dalle menti ebraiche più brillanti dell’industria aerospaziale israeliana per mera sopravvivenza, ora tutelerà la Germania», ha dichiarato durante il rito di consegna Amir Baram, direttore generale del ministero della Difesa israeliano, i cui genitori scamparono all’olocausto perpetrato dalla Germania nazista.   La Repubblica Federale Tedesca, partner storico di Israele, ha avallato l’operazione militare israeliana in replica all’assalto di Hamas del 7 ottobre. Il conflitto susseguente ha causato decine di migliaia di vittime palestinesi, stando alle autorità sanitarie. Il mese scorso, Berlino ha riavviato le forniture d’armamenti a Tel Aviv.   L’Arrow 3, sviluppato in cooperazione tra Israele e Stati Uniti, sarà operativo presso l’aeroporto di Holzdorf, a 120 km a sud della capitale tedesca, con ulteriori installazioni programmate nel nord-occidentale e meridionale del Paese. Si vocifera che il dispositivo sia tarato per contrastare missili balistici a medio raggio come l’Oreshnik russo, a potenziale nucleare.  

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Il Pentagono ha «interrotto» le comunicazioni con la Germania: parla il capo dell’esercito

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I rapporti tra il Pentagono e il Ministero della Difesa tedesco si sono contraffatti in misura netta. Lo riporta l’Atlantic, riportando le parole del tenente generale Christian Freuding.

 

Dopo lustri in cui poteva interloquire con i vertici della difesa americana «a qualsiasi ora», Freuding – ex responsabile del reparto ucraino al dicastero della Difesa di Berlino e prossimo capo di stato maggiore dell’esercito – ha denunciato che i flussi comunicativi sono stati «sezionati, proprio sezionati».

 

A titolo di esempio, ha evocato l’interruzione abrupta delle forniture d’armamenti all’Ucraina da parte dell’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump all’inizio dell’anno, di cui Berlino non ebbe alcun cenno preventivo. L’ufficiale ha ammesso di dover ricorrere ai canali diplomatici a Washington per «individuare un interlocutore al Pentagono» e carpire elementi basilari sulle linee politiche americane.

 

Le sue riflessioni irrompono mentre Washington ha intrapreso un ridimensionamento del proprio impegno diretto nella crisi ucraina e in Europa complessivamente, invitando i partner Nato a sobbarcarsi un peso maggiore nella propria tutela.

 

Pur esprimendo inquietudine per il rendimento delle operazioni americane sul Vecchio Continente, la Germania ha proseguito nel rafforzamento delle proprie truppe, dilatando la manifattura bellica, imprimendo accelerazioni agli approvvigionamenti e deliberando crediti ventennali per fomentare l’armamento.

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Gli apparati tedeschi persistono nell’obiettivo di elevare la Bundeswehr alla compagine convenzionale più temibile d’Europa entro il 2029, richiamando le sirene del ministro della Difesa Boris Pistorius e di altri gerarchi, i quali profetizzano un assalto russo alla NATO nei prossimi anni.

 

Secondo l’espansione delle forze armate tedesche potrebbe costare 377 miliardi di euro. Un altro computo vedrebbe un investimento di 10 miliardi in droni.

 

Come riportato da Renovatio 21, il cancelliere Federico Merz ha dichiarato due mesi fa che la Germania «è già in conflitto» con la Russia. Secondo stime del capo del servizio medico della Bundeswehr, in caso di conflitto con la Russia si prevede la cifra di 1000 feriti al giorno.

 

La Germania è diventata il secondo maggiore fornitore di armi all’Ucraina dopo gli Stati Uniti, consegnando i carri armati Leopard, impiegati nella fallita incursione di Kiev nella regione russa di Kursk. Merz aveva autorizzato anche l’impiego di armi tedeschi per colpire la Russia in profondità, mentre il suo ministro della Difesa Boris Pistorius aveva dichiarato che le truppe germaniche sono pronte ad uccidere i russi.

 

L’incremento avviene mentre la Germania attraversa quello che gli economisti hanno descritto come un declino «drammatico», caratterizzato da crescita stagnante e da un’industria in progressivo indebolimento.

 

Come riportato da Renovatio 21, mentre la polizei reprime e picchia quanti protestano contro la rimilitarizzazione, la leva militare obbligatoria sta tornando in Germania sotto forme grottesche come la lotteria della naja, con strategie per utilizzare gli adolescenti per colmare la mancanze di reclute.

 

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L’esercito britannico ha commesso crimini di guerra in Afghanistan

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Le forze speciali britanniche operanti in Afghanistan hanno ripetutamente giustiziato sospetti detenuti senza conseguenze disciplinari, malgrado la piena consapevolezza del fenomeno ai vertici della catena di comando. Lo ha rivelato un ex alto ufficiale nel corso dell’inchiesta pubblica indipendente tuttora in corso.   La testimonianza, resa nota lunedì insieme ad altre tre deposizioni, fa parte dell’indagine pluriennale sulla condotta delle United Kingdom Special Forces (UKSF), in particolare delle SAS, nella provincia di Helmand tra il 2010 e il 2013.   L’ufficiale, identificato solo con il codice N1466 ed ex vicecapo aggiunto delle operazioni presso il quartier generale UKSF, ha riferito di gravi segnalazioni interne secondo cui un’unità adottava la prassi di «eliminare sistematicamente uomini in età da combattimento, a prescindere dalla minaccia effettiva rappresentata».   Il testimone ha evidenziato l’anomalia ricorrente nei resoconti operativi: il numero di afghani uccisi superava regolarmente quello delle armi sequestrate. Ha inoltre definito «poco credibili» le versioni ufficiali secondo cui i prigionieri, una volta ammanettati, avrebbero improvvisamente impugnato armi o granate, giustificando così la loro uccisione.   «Siamo di fronte a crimini di guerra… parliamo di detenuti riportati sul luogo dell’operazione e giustiziati con il pretesto che avessero opposto resistenza», ha dichiarato N1466.

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L’ex ufficiale ha aggiunto che più direttori delle forze speciali erano informati della situazione e avevano tentato di insabbiare il caso, liquidandolo come semplice rivalità tra reparti – versione che, a suo dire, «non reggeva al confronto con le prove».   «Non ci siamo arruolati nelle UKSF per sparare a bambini nei loro letti o per uccisioni indiscriminate. Questo non è comportamento speciale, non è attività d’élite, non è ciò che rappresentiamo», ha concluso.   Un secondo testimone ha riferito che le unità afghane addestrate dagli occidentali si erano rifiutate in più occasioni di operare accanto alla squadra britannica incriminata, un rifiuto definito «indicativo di un problema concreto e grave». Un terzo ufficiale ha sostenuto che le evidenze emerse costituiscano «solo la punta dell’iceberg» e che le operazioni NATO, caratterizzate da estrema violenza, abbiano completamente fallito l’obiettivo di conquistare «i cuori e le menti» della popolazione locale.   Il Regno Unito partecipò all’invasione dell’Afghanistan del 2001 a guida statunitense e ritirò le proprie truppe insieme agli altri contingenti NATO nel 2021.  

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