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Geopolitica

Putin definisce l’esercito ucraino come un’organizzazione terroristica e i neonazisti come «feccia»

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Le forze armate ucraine si sono trasformate in un’organizzazione terroristica che attacca intenzionalmente le ambulanze, ha dichiarato venerdì il presidente russo Vladimir Putin al forum «Tutto per la vittoria» nella città russa di Tula. Lo riporta RT.

 

Putin ha commentato gli attacchi compiuti dall’esercito ucraino contro i quartieri residenziali delle città russe nella Repubblica popolare di Donetsk (DPR), che hanno provocato numerose vittime civili.

 

In uno di questi attacchi, il 20 gennaio, un paramedico che lavorava nella città di Gorlovka è rimasto ferito mentre cercava di fornire assistenza alle vittime a seguito di un precedente round di bombardamenti. Il 12 gennaio, anche un altro paramedico è stato ucciso durante un attacco ucraino contro una squadra di ambulanze nella stessa città.

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«Quelle che vengono chiamate le forze armate dell’ucraina si sono trasformate in un’organizzazione terroristica che attacca le ambulanze», ha detto Putin.

 

Il presidente ha ricordato una storia ascoltata l’anno scorso su come le forze russe avevano intercettato le comunicazioni tra due operatori di carri armati ucraini che stavano cercando di entrare a Donetsk. Uno dei militari aveva appena ucciso un uomo che era uscito di casa, ha detto Putin, quando l’altro ufficiale gli ha chiesto «Perché l’hai fatto? Era solo un ragazzo che indossava una tuta da ginnastica. Aveva una famiglia, puoi sentire i suoi figli correre per casa». La risposta, secondo Putin, è stata: «qui sono tutti terroristi».

 

«Cos’è questo se non neonazismo? Per non parlare degli applausi per i veri ufficiali delle SS nel parlamento canadese e degli attacchi palesi contro gli operatori sanitari e le ambulanze», ha aggiunto il presidente, definendo i neonazisti ucraini come «feccia».

 

Durante l’evento, Putin ha affermato che le azioni dell’esercito ucraino mostrano chiaramente che Mosca sta effettivamente combattendo i moderni nazisti, usati dai loro «padroni» occidentali semplicemente come «strumento per combattere la Russia». Il presidente ha ricordato, tra le altre cose, le atrocità commesse dalle forze ucraine contro la popolazione locale dopo l’offensiva nella regione di Kharkov e il successivo ritiro alla fine del 2022.

 

«Mi addolora parlarne adesso, ma lo dirò comunque. Quando le nostre unità hanno lasciato la regione di Kharkov, sapevamo cosa stava succedendo lì, cosa stavano facendo questa feccia. Solo i neonazisti possono farlo. Ecco di cosa si tratta, ecco di cosa abbiamo a che fare», ha dichiarato il presidente.

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Sebbene Putin non abbia fornito alcun esempio, nella regione si sarebbe verificata una diffusa persecuzione dei civili ucraini locali ritenuti «collaborazionisti» con la Russia. Secondo tale vulgata, i militanti neonazisti ucraini sarebbero, secondo i russi, implicati in presunti omicidi di massa di civili locali poco dopo aver ripreso il controllo su parti della regione di Kharkov conquistate da Mosca all’inizio del conflitto.

 

RT scrive che oltre i presunti massacri extragiudiziali, il servizio di sicurezza interna di Kiev, il servizio di sicurezza interna ucraina SBU avrebbe ampiamente preso di mira presunti «collaborazionisti». Secondo quanto riferito, la persecuzione avrebbe colpito gli insegnanti che continuavano a lavorare negli insediamenti sotto il controllo militare russo, i funzionari locali e persino coloro che si limitavano a distribuire gli aiuti umanitari ricevuti dalle truppe russe.

 

La Russia è consapevole dell’enorme stress a cui è sottoposto il personale medico che lavora nel territorio della DPR e in altre regioni, ha aggiunto, promettendo di continuare a sostenerlo. Si lavorerà per fornire un’indennità di rischio agli autisti delle ambulanze, ha affermato il presidente.

 

All’inizio di questa settimana, Putin ha affermato che è necessario creare una «zona smilitarizzata» più ampia in Ucraina, per garantire che le pacifiche città russe non siano più prese di mira dalle armi a lungo raggio di fabbricazione straniera di Kiev.

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0);

 

 

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Geopolitica

Riconsegna degli ostaggi, la folla israeliana fischia Netanyahu e inneggia a Trump

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Durante un raduno per il ritorno degli ostaggi israeliani a Tel Aviv, la folla ha interrotto l’inviato americano Steve Witkoff per fischiare il premier dello Stato Ebraico Beniamino Netanyahu e inneggiare al presidente statunitense Donald Trump.   Il pubblico più di una volta ha fermato tra urla e fischi lo Witkoff mentre cercava di dire che Netanyahu era stato con lui «nelle trincee». L’americano, con evidenza non abituato a trattare con le folle, ha chiesto che lo lasciassero parlare, ma i «boo» e i fischi soverchiavano quanto diceva, specie quando faceva il nome di Netanyahu.   Quando è stato nominato il presidente Trump la folla è esplosa con un canto roboante: «Thank You Trump».     Alle spalle dello Witkoff sono visibili la figlia di Trump Ivanka e il marito Jared Kushner.   Ivanka, per sposare l’ebreo Kushner, si è convertita al giudaismo. Il padre del Jared, Charles Kushner, immobiliarista del Nuova Jersey finito in galera per una sordida storia di ricatti infrafamigliari, figurava come uno dei primi sostenitori americani di Netanyahu, al punto che si diceva che Bibi dormisse nella cameretta del Jared quando si trovava a Nuova York.     Ora il Kushner senior è stato fatto ambasciatore a Parigi, dove ha già sollevato ulteriori controversie riguardo le sue posizioni sioniste. Jared aveva fatto pesanti commenti sul valore immobiliare di Gaza.   Come riportato da Renovatio 21, parenti e genitori degli ostaggi israeliani hanno in questi anni organizzato proteste massive in cui hanno accusato il governo dello Stato Giudaico di aver dimenticato i propri figli.  

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Geopolitica

Lukashenko: l’Ucraina potrebbe cessare di esistere

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Il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko ha avvertito che l’Ucraina rischia di scomparire come Stato se non si troverà una soluzione diplomatica al conflitto con la Russia e se le truppe russe continueranno la loro avanzata.

 

All’inizio di ottobre, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che le forze russe stanno progredendo su quasi tutto il fronte, liberando dall’inizio dell’anno circa 5.000 km² di territorio e assumendo il controllo di oltre 210 insediamenti precedentemente occupati dall’esercito ucraino.

 

In un’intervista di domenica con il giornalista russo Pavel Zarubin, Lukashenko ha sottolineato l’urgenza di avviare «immediatamente» negoziati seri per risolvere il conflitto. «La Russia sta avanzando sul fronte… e questo potrebbe portare alla dissoluzione dell’Ucraina come Stato», ha dichiarato.

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Lukashenko ha aggiunto che i «folli» vicini occidentali dell’Ucraina «si vedono già nell’Ucraina occidentale» e sono pronti a «strappare una parte del territorio ucraino», senza specificare quali Paesi.

 

Il leader bielorusso ha indicato il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj come il principale ostacolo alla pace, più degli Stati Uniti, della Russia o dei leader dell’Europa occidentale. «Il problema risiede soprattutto in Zelensky. Credo sia necessaria una forte pressione esterna» per costringerlo a impegnarsi nei negoziati, ha detto Lukashenko. «E sotto questa pressione, verranno prese le decisioni appropriate».

 

A fine settembre, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha dichiarato che i colloqui diretti tra Russia e Ucraina sono fermi a causa della riluttanza di Kiev a rispettare l’accordo sulla creazione di gruppi di lavoro per discutere aspetti specifici di una possibile soluzione. Nel 2025, le parti hanno tenuto tre round di negoziati a Istanbul, l’ultimo a luglio.

 

All’inizio di questa settimana, Putin ha evidenziato che Mosca e Washington condividono una visione comune sulla direzione da seguire per una soluzione pacifica del conflitto ucraino, ma ha sottolineato che rimangono ancora diverse «questioni complesse» da risolvere per raggiungere questo obiettivo.

 

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Immagine di Belta by via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported

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Geopolitica

La Cina accoglie con favore la prima fase dell’accordo Israele-Hamas

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Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha dichiarato che «la Cina sostiene ogni iniziativa volta a ristabilire la pace e salvare vite umane». Lo riporta il quotidiano del Partito Comunista Cinese in lingua inglese Global Times.   Le parole del ministro sono state pronunciate durante una conferenza stampa congiunta con il Consigliere Federale e ministro degli Esteri svizzero Ignazio Cassis a Bellinzona, Svizzera. Lo Wang ha definito il disastro umanitario a Gaza «una vergogna per il XXI secolo», sottolineando la necessità di «risvegliare la coscienza dell’umanità», avanzando tre proposte: primo, lavorare insieme per un cessate il fuoco autentico, globale e duraturo, per alleviare la crisi umanitaria e stabilizzare la regione; secondo, rispettare il consenso internazionale secondo cui «i palestinesi devono governare la Palestina», garantendo che ogni accordo sul futuro di Gaza rifletta la volontà del popolo palestinese; terzo, perseguire senza esitazioni la «soluzione dei due Stati».

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Nella sua conferenza stampa del 10 ottobre, il portavoce del ministero degli Esteri cinese Guo Jiakun ha aggiunto che «la Cina spera in un cessate il fuoco completo e permanente a Gaza al più presto, per attenuare la crisi umanitaria e ridurre le tensioni regionali», ribadendo l’opposizione della Cina agli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati, definiti una violazione del diritto internazionale dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, invitando Israele a evitare azioni provocatorie in un momento di fragile cessate il fuoco.   Un editoriale del China Daily del 9 ottobre ha espresso un cauto ottimismo sul piano di pace mediato dal Presidente degli Stati Uniti, definendolo «un momento significativo nel conflitto di Gaza», ma sottolineando la necessità di valutarlo con «cauto ottimismo e uno sguardo critico». Pur rappresentando un possibile passo verso la fine del conflitto, il piano non risolve le cause profonde del conflitto israelo-palestinese. Per i palestinesi, il successo del piano si misurerà attraverso miglioramenti concreti nella loro vita quotidiana e il riconoscimento dei loro diritti.   L’editoriale ha evidenziato l’urgenza di «sforzi costanti per ricostruire Gaza e sostenere la sua popolazione», anziché offrire solo un sollievo temporaneo, e ha sottolineato che la pace richiede di affrontare le cause profonde, incluso il riconoscimento dello Stato palestinese.   Il China Daily ha concluso con una nota di prudente ottimismo, osservando che «è evidente che il piano di pace non funzionerà senza che gli Stati Uniti ne garantiscano il rispetto da parte di Israele», ricordando che Washington ha bloccato più volte, negli ultimi due anni, risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che chiedevano la cessazione delle ostilità, la riapertura dei corridoi umanitari e la ripresa dei negoziati. La riluttanza di Israele a ritirarsi da Gaza solleva dubbi sulla fattibilità della seconda fase del piano, anche in caso di completamento della prima.

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
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