Spirito
Perché il cardinale Ravasi parla di dimissioni del papa?

Nel momento in cui le condizioni di salute di Giorgio Mario Bergoglio si fanno sempre più misteriose, con comunicati del Sacro Palazzo che non sembrano esaustivi, si fa largo l’ipotesi che anche questo papato potrebbe terminare a breve proprio come il precedente con le dimissioni del romano pontefice.
A trattarne apertis verbis è il cardinale Gianfranco Ravasi, che ha concesso un’intervista al Corriere della Sera in cui il porporato, scrive il vaticanista Gian Guido Vecchi, riguardo le dimissioni del papa «parla con altrettanta tranquillità anche se l’argomento, nonostante Benedetto XVI, tende a essere ancora un tabù».
«Io credo di sì» risponde secco il Ravasi alla domanda sulla possibilità che Bergoglio si dimetta. «Se dovesse avere delle difficoltà gravi a svolgere il suo servizio, farà la sua scelta. Sarà lui a decidere, com’è ovvio, magari chiederà consiglio ma l’ultima parola la valuterà da sé, in coscienza. Fermo restando che il suo grande desiderio è quello di compiere almeno il Giubileo, l’anno santo dedicato alla speranza che sente come il suo grande momento».
Il cardinale milanese ricorda che «lo stesso Francesco ha spiegato di aver già firmato una lettera di dimissioni all’inizio del pontificato, come già Paolo VI», poi passa a dettagliare la situazione clinica: «a quello che si è saputo, ora subentra una difficoltà strutturale che riguarda una funzione vitale fondamentale come il respiro. Una cosa è il ginocchio, ma se uno sente che il corpo intero è in difficoltà è diverso».
Ravasi sottolinea entusiasta la rivoluzione della trasparenza biomedica in Vaticano: «tra l’altro, è notevole che le sue condizioni siano state spiegate con chiarezza. Una volta nei confronti delle autorità supreme c’era la tendenza a nascondere, come i bollettini sovietici nei quali il segretario aveva il raffreddore finché moriva. Adesso si entra nel dettaglio: l’”infezione polimicrobica”, la “polmonite bilaterale”. Indicazioni molto precise».
Insomma, parlare di malattie papali può essere contrario alla tradizione della Chiesa e pure al galateo, ma va bene così: questi sono i grandi vantaggi del Vaticano modernista. Cartelle cliniche in open data (eccerto! Si è visto), e nessun più segreto, da nessuna parte. Eccertissimo.
Nell’intervista ravasiana è interessante anche il passaggio in cui rivela di aver saputo delle dimissioni di Ratzinger dieci giorni in anticipo per bocca dello stesso Benedetto XVI.
«Ricordo quando Benedetto XVI me lo disse, una decina di giorni prima di dare l’annuncio (…) Con grande semplicità, mi disse che la mente andava bene ma era il corpo a non farcela più. Un Papa deve sostenere un’agenda fitta di incontri, di viaggi, e lui sentiva di non essere più in grado».
Anche qui, massima trasparenza vaticana: ma quali complotti, ma quali intercettazioni di Shanghai, quali storie sul programma di eleggere Scola (come Leone XIV), quali oscuri complotti, lobby omomassoniche, CIA, etc. ma va, non è successo nulla, il papa era solo stufo degli impegni, e voleva andare in pensione – ai giardinetti, vaticani, in effetti. Niente da vedere qui: circolare.
Curioso che ora questo messaggio di assoluta normalità rispetto alle dimissioni di Benedetto arrivi quando gruppi di cattolici americani tornano a far girare la lettera in cui ancora nel 2017 chiedevano di sapere sei le agenzie di Intelligence di Obama avevano attivato quella sorta di « «primavera della Chiesa» (cioè una «rivoluzione colorata» in Vaticano) della quale si parla in alcune mail intercettate tra John Podesta e Hillary Clinton, con la detronizzazione del pontefice considerato conservatore e l’intronizzazione di un gesuita sottomesso all’agenda del mondialismo più bieco, tra immigrazione di massa, distruzione della morale cristiana, vaccini. È tornato a sottolinearlo, in questi giorni, monsignor Viganò.
In effetti, questa cosa dei cattolici americani inquieti è trattata dallo stesso Ravasi nell’intervista: «soprattutto in Rete e nei siti americani c’è una forte corrente anti-Bergoglio: anche se non è mai esplicita, si mostra evidente un’attesa di mutamento che si esprime anche attraverso le fake news. C’è una polarizzazione forte».
Ecco, preventivamente non crediamo agli americani: qualsiasi cosa esca dall’amministrazione Trump, dal DOGE di Musk, da Kash Patel da ieri al vertice dell’FBI, dai cattolici americani incazzati neri.
Quindi, si chiede il lettore: perché il cardinale Ravasi ha scelto di uscire con un’intervista simile?
Non lo sappiamo, tuttavia non chiudiamo l’articolo prima di aver unito brevemente alcuni puntini intorno al mondo dell’insigne biblista, al di là del programma televisivo religioso che andava in onda sulla TV berlusconiana la domenica mattina, Frontiere dello Spirito e delle illazioni ancora circolanti in rete fatte da certi tradizionalisti riguardo alla storia di Putin, Bergoglio e la consacrazione della Russia al cuore immacolato di Nostra Signora di Fatima.
Vogliamo rammentare, ad esempio, del convegno a porte chiuse tenutosi all’Ambrosianeum di Milano, il 16 febbraio 2024, dove si sono incontrati senza troppo pudore diversi prelati e massoni di alto rango. Il titolo dell’evento era davvero poco sibillino: ««Chiesa cattolica e Massoneria». Vi hanno partecipato, per parte «cattolica» l’arcivescovo di Milano a Delpini, il presidente della Pontifica Accademia di Teologia vescovo Antonio Staglianò, il celebre (e talvolta sfiorato da controversie su suoi collaboratori) cardinale Francesco Coccopalmerio, nonché il teologo francescano, considerato esperto di massoneria, padre Zbigniew Suchecki. La massoneria era presente con il Gotha delle sue sigle nazionali, che per la prima volta schieravano insieme i tre Grandi Maestri delle tre grandi logge italiane: il Grande Oriente d’Italia (GOI), la Gran Loggia d’Italia degli ALAM e la Gran Loggia Regolare d’Italia.
L’evento è stato visto da vari commentatori come la continuazione di un solco tracciato nel 2016 da Ravasi, per coincidenza per 18 anni prefetto della Biblioteca Ambrosiana: si tratta dell’articolo a firma del cardinale pubblicato su un’edizione domenicale del Sole 24 ore dal titolo «Cari fratelli massoni», ora reperibile sul sito della loggia del Grande Oriente.
Tra Chiesa e Loggia, scriveva il porporato meneghino, «bisogna andare oltre “ostilità, oltraggi, pregiudizi” reciproci, perché “rispetto ai secoli passati sono migliorati e mutati il tono, il livello e il modo di manifestare le differenze” che pure continuano a permanere in modo netto». È il famoso «dialogo», parola che alcuni ritengono già di per sé come massonica (un po’ come, volendo, lo è anche la parla «fratelli»).
Il «dialogo» deve proseguire nonostante le decine e decine di documenti papali di condanna della massoneria, una serie ininterrotta iniziata quasi trecento anni fa.
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«Queste varie dichiarazioni di incompatibilità tra le due appartenenze alla Chiesa e alla massoneria non impediscono, però, il dialogo, come è esplicitamente affermato nel documento dei vescovi tedeschi che già allora elencavano ambiti specifici di confronto come la dimensione comunitaria, la beneficenza, la lotta al materialismo, la dignità umana, la conoscenza reciproca» scriveva Ravasi nello storico articolo pubblicato dal Sole.
«Si deve, inoltre, superare quell’atteggiamento di certi ambienti integralistici cattolici che – per colpire alcuni esponenti anche gerarchici della Chiesa a loro sgraditi – ricorrevano all’arma dell’accusa apodittica di una loro appartenenza massonica». Anche qui, un’azione preventiva: non credete a chi punterà il dito e dirà che questo o quel monsignore è massone.
Tanto più che, come sa il lettore di Renovatio 21, ad un certo grado della massoneria si può accedere solo con un rito che giura odio immortale per il papato e per il cattolicesimo, con, riportava l’Enciclopedia cattolica nel 1928, il calpestamento da parte dell’iniziando della tiara papale.
Ma stiamo divagando.
No?
Roberto Dal Bosco
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Ci siamo: ecco l’arcivescova di Canterbury. Pro-aborto e pro-LGBT

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Spirito
Viganò: «Leone ambisce al ruolo di Presidente del Pantheon ecumenico della Nuova Religione Globale di matrice massonica»

L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha scritto su X un breve testo in cui accusa papa Leone XIV di voler divenire leader di una religione globalista uscita dalle logge massoniche.
«È evidente che Leone ambisce al ruolo di Presidente del Pantheon ecumenico della Nuova Religione Globale di matrice massonica» scrive sua eccellenza. «Prevost non si discosta minimamente dal “nuovo corso” sinodale inaugurato da Bergoglio, nel tradimento del Mandato petrino e nell’abdicazione al ruolo di Vicario di Cristo».
Il prelato lombardo commenta così un videomessaggio con intenzione di preghiera di papa Prevost diffuso con immagini di eventi «ecumenici» dei passati pontificati come Assisi (1986) con Giovanni Paolo II , la visita in Sinagoga di Benedetto XVI in sinagoga e il famoso incontro con l’islam di papa Francesco ad Abu Dhabi.
«Preghiamo perché noi credenti di diverse tradizioni religiose lavoriamo insieme per difendere e promuovere la pace, la giustizia e la fratellanza umana» dice il testo del messaggio.
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Monsignor Viganò da anni parla del disegno soggiacente alla sovversione degli Stati e della Chiesa. Al cambio del paradigma politico corrisponde un cambio di paradigma teologico.
«Il Great Reset prevede l’instaurazione di una Religione Universale, ecumenica, ecologica e malthusiana, che vede in Bergoglio il suo naturale leader, come riconosciuto recentemente dalla Massoneria» aveva scritto in un intervento del marzo 2021 monsignore. «L’adorazione della pachamama in Vaticano, l’accordo di Abu Dhabi, l’Enciclica Fratelli tutti e il prossimo sabba di Astana vanno tutti in questa direzione, compiendo quell’inesorabile processo dissolutorio della Chiesa iniziato con il Concilio Vaticano II» .
In un’intervista di mesi fa, ricordando la figura del pontefice precedente, Viganò dichiarava che come «papa della chiesa sinodale», Bergoglio «si sentiva autorizzato a predicare il verbo globalista, l’ideologia woke, l’omosessualismo arcobaleno, la frode climatica e pandemica, l’immigrazionismo sfrenato, la morale situazionale e via dicendo».
Ciò, elaborava Viganò, corrispondeva ad un disegno di ingegneria spirituale precisa, architettata dagli incappucciati: «considerandosi un monarca assoluto, sciolto cioè da ogni vincolo con l’autorità di Cristo, Bergoglio ha svolto il compito assegnatogli dai suoi padroni: dare corpo a una chiesa dell’umanità – auspicata dalla massoneria – totalmente desacralizzata ed orizzontale, globalista, ecumenica e sincretista, green, gender fluid e gay friendly».
«Se Bergoglio è riuscito ad ottenere tanta ammirazione da chi detesta la Chiesa Cattolica e il papato è perché l’élite lo considera «uno di loro», altrettanto rivoluzionario, altrettanto imbevuto di filantropismo massonico, altrettanto ecumenico, sincretista, inclusivo, green e woke» aveva dichiarato ancora l’arcivescovo in un’intervista dello scorso maggio con Steve Bannon.
Come riportato da Renovatio 21, Viganò considera «Prevost in evidente e inquietante continuità con Bergoglio».
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