Spirito
«Per me, cattolico, è qualcosa che non è umano». Intervista alla guardia svizzera che ha rifiutato il vaccino obbligatorio in Vaticano
Dopo la lettera aperta pubblicata da Renovatio 21, intervistiamo il suo autore, Pierre-André Udressy, ex guardia svizzera che ha rifiutato di sottoporsi al vaccino in Vaticano e che ora lascia quindi Roma.
Allora signor Udressy, di dove è lei?
Sono ovviamente svizzero. Del Canton Vallese.
Quanti anni ha?
Sono del ‘97. Ho 24 anni.
Come è entrato nella Guardia svizzera pontificia?
Sono entrato il 3 gennaio 2020, ma era un interesse che avevo già da dieci anni. Prima avevo lavorato cinque anni come falegname. Avendo tutti i requisiti (essere cattolico, aver fatto il militare…), ad un certo punto mi sono detto perché non provare ad entrare nella Guardia.
E cosa la attraeva?
È un privilegio. Un’esperienza unica. È una bella cosa. È bello poter essere al centro della situazione della Chiesa, a fianco al Santo Padre. Non ci sono altre occasioni del genere.
Lei ha già avuto il COVID?
Sì. L’ho preso durante le vacanze di Natale 2020. Mi sono sentito affaticato, dolori muscolari, febbre. Qualche giorno dopo ho perso l’odorato.
E cosa ha fatto?
Ho preso solo dei medicinali per la febbre. È durata due giorni. L’olfatto è tornato dopo una settimana. Dopo la quarantena, ho fatto il test ed era negativo.
Quindi, signor Udressy: negli ultimi giorni cosa è successo?
Ci era stata data la possibilità di iscriverci per il programma di vaccinazione verso il Natale 2020. Ma nessuno nella Guardia si era iscritto, perché tutti dubitavano del vaccino. Per questo sono state fatte delle conferenze per convincere le guardie a vaccinarsi.
Cosa dicevano in queste conferenze?
C’era un medico del Vaticano che spiegava il vaccino e i suoi princìpi. Poi rispondeva poi a tutte le domande sulla responsabilità del vaccino. Diceva che non era facile ammalarsi di COVID più d’una volta. La conferenza era per persuaderci, tuttavia c’erano delle cose che mi facevano rimanere in dubbio.
Quindi cosa hanno detto?
C’erano dei punti che mi dicevano che non era efficace. Dicevano che anche da vaccinati si trasmetteva il virus. Dicevano anche che nonostante il vaccino le restrizioni come le mascherine e il distanziamento sociale non sarebbero sparite. Era duro comprendere l’efficacia del vaccino e la sua utilità.
Nella conferenza a cui ha assistito si è parlato del tema delle linee cellulari di feto abortito usate per la produzione del vaccino?
Ne hanno solo accennato rapidamente, dicendo che la Congregazione per la Dottrina della Fede ne aveva già parlato e dato il suo assenso.
Le è sembrato strano?
Sì, sono uscito dalla conferenza stranito. La conferenza mi ha dato più dubbi sul vaccino che altri. Mi ha convinto a non farlo. Ho messo in dubbio tante cose.
Quanti colleghi l’hanno pensato come lei?
Quando è arrivata l’estate la maggioranza si era iscritta alle vaccinazioni. Altri avevano ancora dubbi.
E poi?
In agosto è uscito un documento che ha scaturito una pressione maggiore. A questo punto, molti altri si sono convinti a iscriversi e a vaccinarsi.
Cosa diceva il documento?
Ho ricevuto il documento il 20 agosto. Bisognava dare una risposta per il 15 settembre: o si presentava un’esenzione medica, o bisognava iscriversi per la vaccinazione.
Cosa ha pensato?
In quel momento ho cominciato a scrivere la lettera che avete pubblicato. Perché né l’una opzione o l’altra mi riguardavano. Ho capito in quel momento che ero obbligato a fare il vaccino.
E i suoi superiori?
Mi hanno convocato. Il comandante nel suo ufficio mi ha spiegato deluso ed afflitto che era una cosa definitiva, le guardie non vaccinate dovevano partire. In pratica le guardie non vaccinate potevano essere licenziate. Mi ha comunicato che la decisione veniva non solo dalla Segreteria di Stato, ma dall’autorità del Vaticano.
Vuole dire… dal papa?
È così. È stato anche spiegato che non c’era nessun altra possibilità, nemmeno aspettare un mese in più per un tipo di vaccino tradizionale. Mi è stato spiegato che prendere tempo per discutere era impossibile. La decisione era presa.
E i suoi colleghi?
Molti giovani hanno deciso di continuare la propria carriera e hanno accettato di vaccinarsi. Altri hanno fatto la terribile scelta lo hanno fatto per la loro funzione, non avendo veramente scelta. Tre si sono dimessi e tre sono stati licenziati.
Ha parlato con i suoi colleghi che hanno rifiutato come lei?
Sì. Non capiscono cosa succede.
Ha già ricevuto la lettera di licenziamento?
Ho avuto una lettera che mi diceva che avevo tempo fino al 6 ottobre per licenziarmi o per fare il vaccino. Dopo quella data, ci sarebbe il licenziamento.
Come funziona il green pass vaticano?
La cosa più particolare è che per entrare nel Paese stesso ci vuole il green pass. Serve per entrare in ogni ufficio. In ogni servizio c’è un controllo. Chi non ha il green pass deve fare il tampone, ogni due giorni. Dal primo ottobre, per tutti.
E cosa ne pensa?
In teoria tutti dovrebbero farlo: il rischio è lo stesso tra vaccinati e non vaccinati.
Per le messe in Vaticano ci vuole il green pass?
Il decreto spiega che per le cerimonie liturgiche e l’udienze c’è eccezione. C’è il paradosso che un non vaccinato che abita in vaticano non può tornare a casa ma migliaia di persone da tutto il mondo possono andare alle udienze senza controlli.
Sa per caso quale vaccino è inoculato in Vaticano?
Il vaccino proposto a inizio anno era il Pfizer. Ma alla fine dell’estate in Vaticano hanno finito di vaccinare.
Perché?
Interessante… hanno detto che la maggior parte era vaccinata. I migranti e i bisognosi in ultima hanno potuto chiedere di essere vaccinati tramite l’elemosiniere.
Quindi se lei decidesse di vaccinarsi dovrebbe farlo in Italia?
Sì, è così. Dovrei organizzare la vaccinazione in Italia.
Dove avvengono le inoculazioni?
Erano organizzate in Aula Paolo VI. E poi al Braccio di Carlo Magno. Credo per liberare l’aula delle udienze.
I membri del clero, dai sacerdoti ai cardinali, sono tutti vaccinati?
No. Qualcuno non è vaccinato e non vuole esserlo. Ho ricevuto i complimenti per la lettera che avete pubblicato da alcuni di essi.
Come fanno a stare in Vaticano?
Fanno il tampone. Loro hanno ancora l’opzione. Secondo il decreto vaticano, il tampone dovrebbe essere tollerato per tutti. Ma non è il caso della Guardia svizzera.
Che, al contrario, è stata obbligata al vaccino…
Sì. Hanno cominciato con la Guardia, offrendo l’argomento che siamo una forza di polizia, e siamo vicini al Santo Padre: quindi dovevamo vaccinarci. Per la Guardia è facile: basta dare un ordine, visto che si tratta di un corpo militare.
Esiste dentro lo Stato della Città del Vaticano una resistenza a tutto questo?
Con la pressione fatta, come per tutti, è difficile per le persone che resistono di manifestare il proprio pensiero pubblicamente. Alcuni approfittano del fatto che stanno finendo la loro funzione per partire, altri provano discretamente di continuare, ma nessuna resistenza attiva è realizzata.
Cosa avrebbe potuto fare la Guardia?
Avremmo potuto riunire le persone interessate e fare una manifestazione. Avremmo potuto porre questioni prima, avremmo potuto anche domandare giustizia, perché molte cose implicate, sul pretesto dell’urgenza, erano ingiuste. Potevamo fare più rumore, anche sui media, ma siamo stati, alla fine, molto docili.
E nel suo caso?
Ho preferito scrivere una lettera con la mia posizione, invece che creare problemi. Ho subito tutto il resto.
Tornando in aereo dal suo viaggio Centro Europa, il papa ha detto che c’era in Vaticano «un piccolo gruppetto» che non voleva vaccinarsi. A chi si riferiva in particolare?
Si riferiva a tutti quelli che non vogliono vaccinarsi. Non solo alle guardie e non solo ai cardinali.
Perché tanti suoi colleghi si sono vaccinati?
Molti che hanno deciso di farlo lo hanno fatto per salvare il loro servizio nella Guardia. La maggioranza, tuttavia, credo l’abbia fatto per fuggire a questa pressione, per poter uscire, andare al ristorante. Non per motivi medici. Per delle false libertà.
Quanti nutrivano dubbi etici sui vaccini?
La questione etica è stata posta prima di Natale. Dopo il documento della Congregazione della Fede nessuno ne ha più parlato. Il problema non era etico. Il problema era solo di politica del vaccino.
Il problema delle linee cellulari da feto abortito era sentito?
No. E io stesso non avevo studiato questo problema prima. Ero più preoccupato dal resto dei problemi. È solo alla fine che ho rilevato questo problema etico. Per me è fondamentalmente un problema di ragione: perché accettare qualcosa che non è per me ragionevole? Poi c’è il problema politico: c’è attorno a questa cosa una pressione che non è normale. Poi c’è il problema etico.
Come reputa quello che le è successo?
In generale, trovo scandaloso che sia imposta questa cosa in questo modo per un fatto politico, quando dovrebbe essere qualcosa fatto con coscienza con un medico. È estremamente grave che questo obbligo sia esteso a tutto il mondo. Soprattutto la soppressione della libertà… ed è ancora più grave che ciò accada in Vaticano, in maniera ancora più forte che in altri Paesi. Il Vaticano è il centro della Chiesa, dovrebbe difendere la libertà di coscienza, la libertà in generale. Per me, cattolico, è qualcosa che non è umano.
Perché secondo lei il Vaticano ha implementato con questa ferocia la vaccinazione obbligatoria?
È un piccolo Paese. Credo che abbiamo provato a farne un modello.
Come Israele?
Sì, effettivamente.
Cosa c’è all’origine di questo male in Vaticano?
I medici hanno preso il potere con l’emergenza, e hanno cominciato a decidere loro. Ma non solo, c’è anche un’altra cosa. C’è il fatto che non si cerca più a difendere la verità, ma si cerca di adattarsi a quello che accade fuori, e addirittura essere i primi a applicare i cambiamenti.
Cosa farà adesso?
Tornerò in Svizzera. Dovrò riadattarmi alla vita di laggiù. Riprenderò il lavoro di falegname. In tranquillità. Senza green pass – per il momento.
Spirito
La scommessa di Leone XIV
Nell’ultimo mese, Leone XIV ha annunciato la sua intenzione di visitare, come il suo predecessore, l’isola di Lampedusa, porta d’accesso per l’immigrazione clandestina in Italia. Ha autorizzato la pubblicazione di un libro-intervista con la giornalista Elise Ann Allen e ha risposto alle domande di un reporter di EWTN News nei giardini di Castel Gandolfo.
In queste due interviste, le sue dichiarazioni rivelano una stretta continuità con il pontificato precedente, se non nella forma, almeno nella sostanza. Riaffiorano infatti diversi temi di Papa Francesco: immigrazione, sinodalità, dialogo interreligioso… È comprensibile che molte delle speranze sollevate al momento della sua elezione si stiano gradualmente trasformando in dubbio, persino in preoccupazione.
Uno dei motivi di speranza è stato il nome che ha scelto: Leone XIV, nella tradizione di Leone XIII. Certamente, papa Pravost ha conservato poco di questo pontefice in termini di antiliberalismo, lotta antimassonica o ripristino degli studi tomistici; piuttosto, ha rivendicato una discendenza dalla Rerum novarum e dalla dottrina sociale della Chiesa, ma una dottrina sociale interpretata alla luce del Vaticano II.
Ecco cosa spiegava il 17 maggio 2025, nove giorni dopo la sua elezione, in una riunione della Fondazione Centesimus Annus: «la dottrina sociale della Chiesa, con la sua prospettiva antropologica, mira a favorire un accesso autentico alle questioni sociali: non pretende di possedere una verità assoluta, né nell’analisi dei problemi né nella loro risoluzione. […] L’obiettivo è imparare ad affrontare i problemi, che sono sempre diversi, perché ogni generazione è nuova, con nuove sfide, nuovi sogni e nuovi interrogativi».
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E per chiarire, nello spirito della libertà religiosa conciliare, continua: «l’indottrinamento è immorale; ostacola il giudizio critico, viola la sacra libertà del rispetto della coscienza – anche erronea – e si chiude a nuove riflessioni perché rifiuta il movimento, il cambiamento o l’evoluzione delle idee di fronte a nuovi problemi».
La preoccupazione essenziale di Leone XIV, uomo di conciliazione, è l’unità e la pace, ma a quale prezzo? Nel suo desiderio di mitigare le «polarizzazioni», egli concepisce la dottrina sociale della Chiesa come un dialogo sinodale, capace di allentare le tensioni nel mondo e nella Chiesa, perché «non pretende di possedere una verità assoluta».
In definitiva, il Papa intende rileggere Leone XIII alla luce del Vaticano II: dottrina sociale a rischio di sinodalità. È una scommessa che ha l’aria di una sfida. Una sfida alla logica, una sfida al semplice buon senso.
Potremmo dirci, per rassicurarci, che è meno pericoloso sfidare il principio logico di non contraddizione che la legge fisica di gravità. Eppure il risultato è lo stesso: un ritorno brutale alla realtà, con un atterraggio spesso doloroso.
Don Alain Lorans
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Spirito
«Rimarrà solo la Chiesa Trionfante su Satana»: omelia di mons. Viganò
Qui legit intelligat
Omelia nella Prima Domenica di Avvento
Terra vestra deserta; civitates vestræ succensæ igni: regionem vestram coram vobis alieni devorant, et desolabitur sicut in vastitate hostili.
Il vostro paese è desolato, le vostre città consumate dal fuoco, i vostri campi li divorano gli stranieri, sotto i vostri occhi; tutto è devastato, come per un sovvertimento di barbari.
Is 1, 7
Intervenendo all’Assemblea Generale della CEI ad Assisi (1), il card. Matteo Zuppi ha detto che «la Cristianità è finita», e che questo fatto dev’essere considerato positivamente, come un’occasione, un καιρός. Non vi sfuggirà l’uso del lessico globalista, secondo il quale ogni crisi indotta dal Sistema è anche un’opportunità: la cosiddetta pandemia COVID, la guerra in Ucraina, la transizione ecologica, l’islamizzazione delle nazioni occidentali. Zuppi – uno dei principali esponenti della chiesa sinodale – si guarda bene però dal riconoscere che la distruzione dell’edificio cattolico e la cancellazione della presenza cattolica nella società siano l’effetto logico e necessario dell’azione eversiva del Concilio Vaticano II e dei suoi sviluppi remoti e recenti, ostinatamente imposta dalla Gerarchia stessa. D’altra parte, nel momento in cui viene spodestato Cristo Re e Pontefice sostituendolo con la volontà della base – prima la collegialità, oggi la sinodalità – non poteva che accadere nella Chiesa Cattolica ciò che duecento anni prima era accaduto nella cosa pubblica.Sostieni Renovatio 21
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Spirito
Il cardinale Zen mette in guardia dalla sinodalità: «Non è forse questo il suicidio della Chiesa cattolica?»
In un contributo apparso questa settimana sul suo blog personale, il cardinale Joseph Zen, 93enne porporato cinese in quiescenza, ha formulato un’ulteriore aspra reprimenda al Sinodo sulla sinodalità e al compianto pontefice Francesco.
Francesco ha lasciato in eredità «caos e disgregazione», ha asserito Sua Eminenza. «La nostra aspirazione più profonda è che papa Leone XIV ricompatti la Chiesa sulle basi della verità, radunando tutti noi nella missione evangelizzatrice. Offriamo le nostre invocazioni e le nostre rinunce per papa Leone».
Zen non ha mai celato le sue apprensioni sul cammino sinodale. In seguito alla scomparsa di Francesco, il cardinale aveva ammonito i porporati convocati al conclave che la Chiesa si trova di fronte a un «dilemma esistenziale» nel confronto con esso. In un’analisi divulgata a febbraio 2024, Sua Eminenza aveva espresso l’auspicio che «questo Sinodo sulla ‘sinodalità’ possa giungere a una conclusione dignitosa».
Nel testo odierno, Zen ha manifestato timore che la Chiesa cattolica si stia «trasformando nella Chiesa anglicana» e che stia «commettendo un suicidio assimilandosi» al mondo secolare.
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«Senza dubbio… i fedeli debbono contribuire agli indirizzi ecclesiali, ma il primato dei vescovi non può essere eluso», ha precisato in merito al sinodo. Tuttavia, «l’assemblea del 2024 sulla sinodalità non ha più costituito un Sinodo nella accezione classica… ha inaugurato un’ibrida “assemblea consultiva dei battezzati”».
Il porporato cinese ha quindi censurato il documento conclusivo del sinodo, bollandolo come «vago e innovativo», attribuendo alla Fiducia supplicans – che autorizza la benedizione delle «coppie» omosessuali – il merito di aver generato «turbamenti marcati e fratture profonde» nell’ambito della Chiesa.
Sua Eminenza ha pure confidato che, qualora Dio lo convocasse al martirio, lo accoglierebbe come una «grazia immensa», e ha deplorato la difficoltà, in quest’epoca, di discernere e diffondere la verità e la sapienza per le anime. La verità, ha soggiunto, non risiede nelle opinioni individuali, bensì nella consapevolezza di «essere figli di Dio» e nel sacrificio redentore di Cristo per i nostri falli.
Per lustri, Zen ha redarguito la Santa Sede per la sua linea conciliante verso il Partito Comunista Cinese sulla designazione dei vescovi. Nondimeno, ha chiuso il suo intervento ribadendo la propria fedeltà alla Cattedra di Pietro.
«La mia contestazione a taluni atti pontifici scaturisce proprio dalla mia devozione profonda al papa», ha chiarito, evocando passi evangelici quali Matteo 14 e Luca 22: il primo, in cui san Pietro – non ancora Pontefice – vacilla sulla superficie dell’acqua dubitando del Signore; il secondo, in cui Cristo preannuncia il triplice rinnegamento di Pietro.
A ottobre, il cardinale aveva condannato il pellegrinaggio LGBT ospitato nella Basilica di San Pietro. «Il Vaticano era al corrente dell’iniziativa con anticipo, ma non ha elevato alcuna protesta successiva. Lo riteniamo del tutto inspiegabile!», aveva esclamato, invitando a pratiche di penitenza quali preghiera e astinenza.
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