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Pechino vuole bloccare la serie Netflix «Il problema dei tre corpi» per richiami alla Rivoluzione culturale

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Nel mirino «Three Body Problem», adattamento televisivo dell’omonimo romanzo dello scrittore cinese Liu Cixin. La produzione statunitense tocca punti sensibili per l’attuale leadership e Xi Jinping. Intanto il Partito comunista sta assumendo in prima persona un ruolo crescente nella gestione delle università del Paese.
Pechino vuole bloccare la diffusione in Cina di una nuova serie tv in uscita su Netflix tratta da un’opera di uno scrittore cinese, per alcune scene che evocano la Rivoluzione culturale. In alcuni passaggi della versione statunitense di «Three Body Problem» (Il problema dei 3 corpi, i cui primi episodi saranno trasmessi da marzo) sarebbero infatti contenute scene emblematiche della gogna inflitta nella furia ideologica degli anni Settanta nei confronti degli intellettuali accusati di «vagabondaggio».
Le immagini presenti anche nel trailer già in onda su Netflix Japan sono finite nel mirino della censura del Partito comunista cinese proprio mentre le autorità centrali stanno rafforzando le maglie del controllo sulle università, con un grado che non si era registrano nemmeno al tempo di Mao Zedong.
Per quanto concerne la serie tv, la rete cinese Dazhong ha diffuso la notizia che il Dipartimento centrale della propaganda e l’Ufficio dell’informazione su internet hanno ordinato il blocco completo in rete della versione USA, proprio per le critiche alla Rivoluzione Culturale.
La produzione, infatti, toccherebbe alcuni punti sensibili per l’attuale leadership e per lo stesso Xi Jinping. Del resto già nel 2013 il quotidiano ufficiale People’s Daily aveva pubblicato un articolo in cui veniva rilanciato il pensiero del presidente che affermava: «Non possiamo negare i primi 30 anni con gli ultimi 30 anni».
«Il problema dei 3 corpi» è un adattamento televisivo dell’omonimo romanzo dello scrittore cinese Liu Cixin, primo capitolo della serie «Memoria del passato della Terra» e opera di quello che viene considerato il più importante autore di fantascienza del Paese. E fra i creatori della serie americana vi è anche Alexander Woo, un produttore statunitense figlio di genitori nati a Hong Kong.
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La serie non è la sola ad essere incappata nella censura, perché analogo trattamento era stato riservato in passato al regista cinese Hu Xueyang, attualmente vive in Francia, che nel 2007 ha girato il film «Shanghai 1976» sulla Rivoluzione culturale. La pellicola è stata bloccata dal Partito Comunista, come spiega l’autore, con motivazioni «assurde e pretestuose». Il regista si è anche espresso sull’ultimo episodio di censura, plaudendo questa volta all’industria cinematografica americana che per troppo tempo si era «inginocchiata» a Pechino per soddisfare mercato e guadagni, ma questa volta ha “finalmente aderito sino in fondo” alle direttive degli autori.
Il regista di Hong Kong Tsang Kwok-cheung, che ha partecipato ai primi due episodi della serie, ha dichiarato a Radio Free Asia (RFA): «Oggi è sempre più difficile rappresentare quel periodo [la storia della Rivoluzione Culturale e, in particolare, il suo periodo più buio e violento] in qualche modo. Ma è una parte molto importante della storia e, se siamo onesti, possiamo tutti imparare da essa. È molto importante – conclude – mostrare a tutti quanto fosse ridicolo quel periodo».
Intanto la leadership comunista sta assumendo un ruolo crescente nella gestione delle università del Paese, grazie alla fusione dei comitati di partito con gli uffici dei presidenti. Sebbene il partito al potere abbia già sedi e comitati incorporati nelle università e in altre istituzioni accademiche, secondo analisti ed esperti non si è mai fuso con le strutture amministrative prima d’ora, nemmeno durante le turbolenze politiche della Rivoluzione culturale.
Il 14 gennaio il comitato di partito dell’università Tsinghua di Pechino ha pubblicato un avviso secondo cui il proprio ufficio si è fuso con quello del presidente dell’università per formare un nuovo ufficio chiamato a gestire l’ateneo.
Il sito web della Tsinghua è stato recentemente aggiornato per riflettere i cambiamenti, in una pagina intitolata «Panoramica dei dipartimenti». Modifiche che non riguardano solo l’università della capitale, ma abbracciano tutta una serie di sedi sparse nel Paese secondo un movimento nazionale identificato con il motto «una istituzione, due marchi».
Fra le realtà coinvolte l’università Jiaotong di Shanghai, l’università Jiaotong del Sud-ovest, l’università di Sichuan e l’università di Nanchino, l’università di Aeronautica e Astronautica di Pechino, l’università di Ingegneria di Harbin, quella di Scienza e Tecnologia di Nanchino e l’università di Fuzhou.
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Mons. Viganò offre la sua preghiera per il pittore Gasparro

L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha scritto su X un messaggio di solidarietà per l’artista Giovanni Gasparro, che ora rischia sei mesi di carcere per aver dipinto un quadro che ritrae il martirio di San Simonino, il bambino secondo la tradizione cattolica (che, fino al Concilio Vaticano II, lo venerava come beato) trucidato dagli ebrei di Trento in un atto di omicidio rituale.
«La rappresentazione del martirio di San Simone di Trento risponde alla narrazione riportata negli atti processuali ed è confermata dagli studi di Ariele Toaff, in particolare da “Pasque di sangue”, pubblicato nel 2007» scrive monsignor Viganò, ricordando il famoso caso editoriale che oramai quasi due decenni fa sconvolse l’Italia e il mondo.
«Quanti accusano di antisemitismo i Cattolici che venerano come Martire il piccolo Simonino sono più preoccupati dei carnefici che della vittima, verso cui continuano a vomitare il loro odio».
La rappresentazione del martirio di San Simone di Trento risponde alla narrazione riportata negli atti processuali ed è confermata dagli studi di Ariele Toaff, in particolare da “Pasque di sangue”, pubblicato nel 2007.
Quanti accusano di antisemitismo i Cattolici che venerano… https://t.co/RQOVzgxvsI
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) September 25, 2025
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«Questa narrazione non incanta più nessuno» dichiara l’arcivescovo, che offre «Tutta la mia preghiera e solidarietà per Giovanni Gasparro».
Simonino di Trento, noto da tutti come San Simonino (1472-1475), bambino di due anni e mezzo, fu trovato morto durante la Pasqua del 1475, venerato come beato dalla Chiesa cattolica sino al Concilio Vaticano II. A seguito del ritrovamento in una roggia del corpo (che, secondo voci, da qualche parte ancora dovrebbe esserci…), quindici ebrei di Trento furono interrogati con la tortura, e confessarono. Furono messi a morte. Il culto di Simonino divenne nei secoli, e non solo per il mondo cattolico, la prova dell’esistenza dell’omicidio rituale ebraico.
Lo studio storico Pasque di Sangue, edito per i tipi prodiani de Il Mulino esamina il contesto storico e culturale dell’ebraismo ashkenazita medievale in diaspora, dove nacque l’accusa agli ebrei di compiere omicidi rituali di bambini cristiani durante la Pasqua, utilizzando il loro sangue per presunti riti anticristiani.
Nel saggio, da un lato Toaff rigetta l’idea di omicidi rituali come mito cristiano, in linea con la storiografia tradizionale che considera tali accuse una montatura delle autorità cristiane, dall’altro suggerisce che, pur mancando prove dell’uso magico o superstizioso del sangue, non si può escludere che singoli individui, forse legati a gruppi estremisti ashkenaziti, possano aver compiuto tali pratiche. In particolare, vi sarebbero elementi che farebbero pensare a collegamenti con culti cabalistici dell’ebraismo dell’Europa orientale.
Il libro fu precipitosamente ritirato dalle librerie poche ore dopo l’uscita, mentre sui giornali impazzava la polemica.
Toaff, va ricordato, è figlio del già rabbino capo di Roma Elio Toaff, la cui «amicizia» con Giovanni Paolo II è stata spesso raccontata ai media. Ariel, professore universitario che insegna storia medievale ad Haifa, ha recentemente pubblicato un post in lingua italiana sui social in cui condanna senza appello quanto Israele sta facendo a donne e bambini palestinesi.
Una smentita alle storie sull’omicidio di bambini è giunta la scorsa settimana per bocca dello stesso premier israeliano Beniamino Netanyahu in un suo intervento alla TV americana per negare che Israele abbia ucciso Charlie Kirk.
🚨🇮🇱🇺🇸 BREAKING: NETANYAHU claims “ISRAEL did NOT ASSASSINATE Charlie Kirk”
What an odd thing for a world leader who is busy bombing 7 countries to say… pic.twitter.com/Nc6WMWENif
— Jackson Hinkle 🇺🇸 (@jacksonhinklle) September 12, 2025
«Nei secoli, specialmente nel Medio Evo, sono state dette le peggiori cose che si potevano dire riguardo agli ebrei: avvelenavamo i pozzi, noi bevevamo il sangue dei bambini cristiani… di tutto e di più… ciò è continuato sino all’Olocausto, i nazisti hanno detto le stesse cose» ha spiegato Netanyahu al canale della destra americana Newsmax, raccontando che ogni volta che queste cose sono state creduto ciò a portato a massacri, «culminando con il più grande massacro di tutti, l’Olocausto».
Nel frattempo, nel mondo impazzano le accuse per l’uccisione di migliaia di bambini, per bombe o per fame, nella campagna militare israeliana a Gaza.
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Quadro su San Simonino da Trento, chiesti sei mesi di carcere per il pittore Gasparro

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