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Papa Francesco al clero: decidete voi se «benedire» le unioni omosessuali

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Papa Francesco ha effettivamente detto al clero che possono decidere da soli se «benedire» le unioni omosessuali.

 

Rispondendo a una domanda dei dubia posta da cinque cardinali, sulla questione se la Chiesa possa mai accettare come «bene possibile» situazioni oggettivamente peccaminose, come le unioni omosessuali, Papa Francesco ha affermato che «la prudenza pastorale deve discernere adeguatamente se esistono forme di benedizione, richieste da una o più persone, che non trasmettano una concezione errata del matrimonio».

 

Il 2 ottobre cinque cardinali hanno reso pubbliche una serie di lettere che hanno inviato a papa Francesco, esprimendo seri dubbi e preoccupazioni sul Sinodo sulla sinodalità e sui recenti commenti papali.

 

I firmatari dei dubia sono: i cardinali Walter Brandmüller, già prefetto del Pontificio Comitato di Scienze Storiche; Raymond Leo Burke, già prefetto della Segnatura Apostolica; Juan Sandoval Íñiguez, già arcivescovo di Guadalajara; Robert Sarah, già prefetto del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; e Joseph Zen, ex vescovo di Hong Kong.

 

I cinque cardinali avevano scritto al Papa il 10 luglio, e avevano ricevuto risposta da lui il 13 luglio, con una lettera datata 11 luglio.

 

È nella lettera dell’11 luglio che il Papa ha risposto alle cinque preoccupazioni espresse dai cardinali: cioè sui possibili attacchi alle dottrine della Chiesa, sulla possibilità di «benedizioni» omosessuali, sul peso dell’insegnamento dato al Sinodo, sull’ordinazione femminile e sulla la necessità del pentimento nella Confessione sacramentale.

 

La lettera del Papa era così «vaga» che i cinque cardinali gli scrissero nuovamente il 21 agosto, ma questa volta non hanno ricevuto risposta.

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Per quanto riguarda le «benedizioni» delle persone dello stesso sesso, i cardinali avevano  chiesto nella loro lettera del 10 luglio si chiede se la Divina Rivelazione debba essere reinterpretata secondo i cambiamenti della cultura del tempo e secondo la novella prospettiva antropologica che tali cambiamenti inducono, oppure se la Divina Rivelazione sia vincolante e immutabile, non in grado di contraddire, secondo pure il Concilio Vaticano II, che a Dio che rivela è dovuta «l’obbedienza della fede» (Dei Verbum, 5) e che ciò che è stato rivelato per la salvezza deve rimanere «per sempre integro» ed essere «trasmesso a tutte le generazioni», poiché la fede è stata «trasmessa una volta per sempre», e il Magistero non può essere superiore alla parola di Dio, ma diffonde solo ciò che è stato trasmesso.

 

La lettera che hanno ricevuto da Francesco era di sette pagine in totale, di cui una pagina e mezza dedicata alla risposta alla questione delle «benedizioni» per le persone dello stesso sesso.

 

«La Chiesa ha una concezione molto chiara del matrimonio: un’unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a generare figli» scrive Bergoglio. «Solo questa unione si può chiamare “matrimonio”. Altre forme di unione lo realizzano solo «in modo parziale e analogico» (Amoris laetitia, 292), per cui non possono essere chiamate strettamente “matrimonio”».

 

Tuttavia, subito di seguito ecco l’apertura alla benedizione agli omosessuali: «nel rapporto con le persone, non si deve perdere la carità pastorale, che deve permeare tutte le nostre decisioni e atteggiamenti. La difesa della verità oggettiva non è l’unica espressione di questa carità, che è anche fatta di gentilezza, pazienza, comprensione, tenerezza e incoraggiamento. Pertanto, non possiamo essere giudici che solo negano, respingono, escludono».

 

«Pertanto, la prudenza pastorale deve discernere adeguatamente se ci sono forme di benedizione, richieste da una o più persone, che non trasmettano un concetto errato del matrimonio. Perché quando si chiede una benedizione, si sta esprimendo una richiesta di aiuto a Dio, una supplica per poter vivere meglio, una fiducia in un Padre che può aiutarci a vivere meglio».

 

Pare di capire: se i gay si presentano in coppia, ma non vogliono sembrare sposati, si può valutare il caso, di modo che possano supplicare Dio di «vivere meglio».

 

«D’altra parte, sebbene ci siano situazioni che dal punto di vista oggettivo non sono moralmente accettabili, la stessa carità pastorale ci impone di non trattare semplicemente come “peccatori” altre persone la cui colpa o responsabilità può essere attenuata da vari fattori che influenzano l’imputabilità soggettiva (cfr. san Giovanni Paolo II, Reconciliatio et Paenitentia, 17)».

 

Il Papa ha aggiunto che tali decisioni, che «possono far parte della prudenza pastorale, non devono necessariamente diventare una norma».

 

Vale a dire che un Conferenza Episcopale o una diocesi potrebbero ritenere «pastoralmente prudente» il «benedire» le coppie omosessuali, mentre altre no.

 

«Il Diritto Canonico non deve né può coprire tutto, e nemmeno le Conferenze Episcopali con i loro documenti e protocolli variati dovrebbero pretenderlo, poiché la vita della Chiesa scorre attraverso molti canali oltre a quelli normativi»: il papa pampero esalta la vita nella chiesa fuorilegge – cioè un Vaticano che non rispetta nemmeno le sue regole forgiate in millenni di esperienza.

 

Ci sta: è, di fatto, quello che sta accadendo. Nessuna regola, vale tutto. Che il mese del Sinodo sia iniziato così è un segno forte.

 

In seguito alla ricezione di questa lettera del Papa i cinque cardinali dubia avrebbero risposto – nella corrispondenza datata 21 agosto – scrivendo che le risposte papali non hanno risolto i dubbi che avevano, ma semmai li hanno approfonditi.

 

Ma oramai, a chi importa? La Marcia di Roma verso Sodoma sembra inevitabile. 99 su 137 dei cardinali che voteranno il successore di Bergoglio sono stati nominati dall’attuale pontefice.

 

Un cambiamento che non sia radicale, quindi, non è possibile prevederlo. Con buona pace dei porporati dubitatori.

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Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)

 

 

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Papa Leone ribadisce la condanna della Chiesa contro l’usura: «corruzione del cuore umano»

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Papa Leone XIV ha ribadito la condanna dell’usura da parte della Chiesa durante l’incontro con i membri della Consulta Nazionale Antiusura, tenutosi sabato.   Nel discorso del 18 ottobre al Consiglio anti-usura, il pontefice ha condannato fermamente la pratica dell’usura come un peccato «molto grave» che “«rimanda al tema della corruzione del cuore umano», sottolineando che in ultima analisi schiavizza i più vulnerabili della popolazione. L’usura, ovvero la pratica di applicare tassi di interesse eccessivi sui prestiti, è stata costantemente condannata dalla Chiesa.   «Il fenomeno dell’usura rimanda al tema della corruzione del cuore umano. È una storia dolorosa e antica, già attestata nella Bibbia» ha continuato il romano pontefice. «I profeti, infatti, hanno denunciato l’usura, insieme allo sfruttamento e ad ogni forma di ingiustizia nei riguardi dei poveri. Il profeta Isaia, a nome del Signore, pone questa domanda: “Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo?” (Is 58,6)».   «Quanto è lontano da Dio l’atteggiamento di chi schiaccia le persone fino a renderle schiave! Si tratta di un peccato grave, a volte molto grave, perché non è riducibile a mera questione di contabilità; l’usura può portare crisi nelle famiglie, può logorare la mente e il cuore al punto da indurre a pensare al suicidio come unica via d’uscita».

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Il Santo Padre ha sottolineato che uno degli aspetti peggiori dell’usura è che spesso i creditori pretendono di aiutare le persone più vulnerabili, ma poi l’aumento del debito peggiora il loro peso soffocante.   «C’è un’usura che apparentemente sembra voler aiutare chi è in difficoltà economiche, ma che ben presto si rivela per quello che è: un macigno che soffoca. Ne pagano le conseguenze soprattutto le persone fragili, come chi è vittima del gioco d’azzardo. Essa colpisce però anche chi deve affrontare momenti difficili, come ad esempio cure mediche straordinarie, spese impreviste oltre le possibilità proprie e della famiglia. Ciò che dapprima si presenta come un aiuto, in realtà, a lungo andare, diventa un tormento».     «Questo capita anche a livello di Paesi nel mondo. Purtroppo, sistemi finanziari usurari possono mettere in ginocchio interi popoli. Ugualmente, non si possono trascurare «quanti nei commerci usano pratiche usurarie e mercantili che provocano la fame e la morte dei loro fratelli in umanità» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2269): le loro responsabilità sono gravi e alimentano strutture di peccato inique».   La Chiesa cattolica ha costantemente insegnato che l’usura è un peccato mortale. Oltre al Catechismo , come citato da Papa Leone, diversi santi hanno fatto dichiarazioni forti sull’usura.   San Tommaso d’Aquino sosteneva nella Summa Theologica che applicare interessi equivaleva a vendere l’uso del denaro separatamente dal denaro stesso. Sosteneva che il denaro, in quanto parte dell’ordine inanimato e improduttivo, non dovesse generare ulteriore denaro attraverso gli interessi, ma piuttosto essere utilizzato solo per scopi produttivi.   Il pensatore cattolico distributista Hilaire Belloc definiva analogamente l’usura come «qualsiasi interesse, per quanto basso, richiesto per un prestito improduttivo».   «Quando prevale la ricerca del guadagno, gli altri non sono più persone, non hanno più volto, sono solo oggetti da sfruttare; e così si finisce per perdere anche sé stessi e la propria anima» ha continuato Leone citando la storia di Zaccheo, capo dei pubblicani di Gerico (Lc 19,1-10). «La conversione di chi si macchia di usura è altrettanto importante della vicinanza a chi soffre per l’usura subìta».  

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  Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)
 
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La sinodalità come sovversione. Mons. Viganò con i Figli del Santissimo Redentore

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Renovatio 21 pubblica questa dichiarazione dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò. La lettera di ripudio della chiesa sinodale da parte della comunità dei Figli del Santissimo Rendentore è stata pubblicata pochi giorni fa.

 

«Tolle Missam, tolle Ecclesiam»

Dichiarazione dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò a proposito della Comunità religiosa dei Figli del Santissimo Redentore

 

 

Verrà il giorno,
in cui non si sopporterà più la sana dottrina,
ma, per il prurito di udire qualcosa di nuovo,
gli uomini si circonderanno di maestri
secondo le proprie voglie,
rifiutando di dare ascolto alla verità.

2 Tim 4, 3

 

Pochi giorni or sono, dopo diciassette anni di tensioni con il Vaticano e con il vescovo di Christchurch in Nuova Zelanda, culminate con un ordine di espulsione dalla Diocesi confermato con un decreto dalla Santa Sede, la Comunità dei Redentoristi Transalpini ha diramato una Lettera Aperta nella quale denuncia i principali errori della chiesa conciliare-sinodale, la sua aperta ostilità nei riguardi della Messa Apostolica e le malversazioni di cui i Figli del Santissimo Redentore sono stati oggetto. Nella Lettera Aperta i padri Redentoristi affermano che «si è spezzata la catena di comando» all’interno della Gerarchia: «Quando un superiore si allontana dalla propria obbedienza a Cristo Re, il suo comando non è più il braccio di Cristo, ma il gesto di un uomo. (IIa IIæ, q. 104, a. 5)».

 

La crisi dell’Autorità nella Chiesa Cattolica è ormai palese. Nel piano degli eversori, essa deve condurre alla dissoluzione del corpo ecclesiale, per sostituire la Chiesa Cattolica Apostolica Romana con un surrogato di origine umana e di ispirazione massonica. Strumento principale di questo sovvertimento è la sinodalità, ossia l’applicazione dei principi rivoluzionari della democrazia e della rappresentatività popolare ad una istituzione di origine divina che il suo Fondatore Gesù Cristo ha voluto monarchica e gerarchica. In questo modo, spezzato il vincolo di obbedienza a Dio, l’Autorità diventa assoluta e tirannica, non dovendo rispondere delle proprie decisioni né a Nostro Signore Gesù Cristo né al popolo cristiano.

 

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Questa rivoluzione permette di manipolare i fedeli e far loro credere che le innovazioni e le eresie introdotte dalla Gerarchia siano richieste dalla base, mentre in realtà sono imposte da una lobby di deviati nella Fede e nella Morale.

 

Non posso che lodare il coraggio di questi Redentoristi, la cui denuncia si aggiunge alle altre che con sempre maggiore frequenza mostrano lo scandalo e il grande malessere del Clero e del popolo di Dio nei riguardi di una Gerarchia ribelle e apostata. Non siamo più all’ecumenismo conciliare verso le sette acattoliche (pur condannato dai Pontefici fino a Pio XII), ma all’accettazione e alla legittimazione di tutte le false religioni e idolatrie, e dei punti programmatici dell’Agenda globalista (pansessualismo LGBTQ+, immigrazionismo, ecologismo), ai quali la «chiesa sinodale» è totalmente allineata.

 

Questa crisi ha è di natura teologica e non canonica. Essa riguarda lo smantellamento sistematico della perenne Tradizione della Chiesa Cattolica Apostolica Romana e la dissoluzione del Depositum Fidei: è dunque con argomenti teologici che può essere affrontata. Giudicare i singoli casi individualmente alla luce del Diritto Canonico, senza correlarli tra loro nel contesto più vasto di un’azione eversiva pianificata da decenni e attuata con la cooperazione attiva e consapevole di gran parte dell’Episcopato, non fa che dare riconoscimento ufficiale ad un’Autorità deviata e deviante, a usurpatori che si avvalgono del potere di cui si sono impadroniti contro la volontà di Nostro Signore Gesù Cristo, Capo del Corpo Mistico, ai danni dei Fedeli, per scopi opposti a quelli che Nostro Signore ha stabilito per la Sua Chiesa.

 

Esorto i Figli del Santissimo Redentore e i loro fedeli con le parole di San Pietro: Resistete forti nella fede, sapendo che le medesime sofferenze affliggono i vostri fratelli sparsi nel mondo (Pt 5, 9). La Fondazione Exsurge Domine – con la quale i Redentoristi Transalpini hanno già relazioni di fraterna amicizia – io stesso come arcivescovo e successore degli Apostoli; insieme ai Chierici della Fraternità della Familia Christi, anch’essi perseguitati e «cancellati» dalla «chiesa bergogliana»; insieme ai tanti Sacerdoti e Religiosi sparsi nel mondo che seguo stabilmente, assicuriamo loro il nostro pieno sostegno, nella latitanza e nel silenzio complice dei Pastori pavidi e codardi.

 

Poiché sta scritto: Se questi taceranno, grideranno le pietre (Lc 19, 40).

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

17 Ottobre MMXXV
S.ctæ Margaritæ Mariæ Virg.

 

NOTE

1) Togliete la Messa, distruggete la Chiesa. È una citazione di Martin Lutero tratta dal suo libello De abroganda missa privata Martini Lutheri sententia del 1522.

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Papa Leone XIII sarebbe pronto a sciogliere l’Opus Dei

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Papa Leone XIV sarebbe in procinto di dividere l’Opus Dei in parti indipendenti. Lo riporta InfoVaticana, un organo di stampa spagnolo legato alla prelatura personale.   Sono state completate le riforme che «comporterebbero la rottura definitiva della struttura originaria», hanno dichiarato due fonti indipendenti. Le fonti affermano che la rottura sarà avviata dal papa entro poche settimane.   Secondo quanto riferito, i nuovi statuti dividerebbero l’Opus Dei in tre parti distinte: una Prelatura Clericale, composta solo da sacerdoti incardinati dell’Opus Dei, ora «significativamente ridotta»; la Società Sacerdotale della Santa Croce, composta da sacerdoti diocesani che desiderano partecipare al carisma dell’Opus Dei, ora non è più affiliata alla prelatura; un’Associazione di fedeli laici, un’associazione ora completamente indipendente per tutti i membri laici, compresi numerari, associati, soprannumerari e cooperatori, che in precedenza erano inclusi nella prelatura.   Pertanto, l’Opus Dei «cesserà di esistere come entità giuridica e spirituale».   Bergoglio aveva già avviato una riforma strutturale dell’Opus Dei, emanando un motu proprio nel 2022, in cui stabiliva che non sarebbe più stata guidata da un vescovo, affermando che «è necessaria una forma di governo basata più sul carisma che sull’autorità gerarchica».

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  Immagine di Edgar Beltrán via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International 
 
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