Geopolitica
Nuove vittime israelo-palestinesi, raid di coloni: i timori di una ‘guerra civile’
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Dopo l’attacco all’insediamento di Eli tre palestinesi sono morti nella loro auto, centrata da missili esplosi da un drone secondo uno stile già visto di «esecuzioni mirate». Attivista palestinese: l’occupazione militare uccide le speranze di pace. Almeno 400 coloni assaltano un villaggio, case e auto bruciate. Quattro le vittime israeliane. Giustizia e misericordia: il richiamo del papa alla Roaco.
Ancora vittime, nuovo sangue versato di israeliani e palestinesi in una spirale che non sembra avere fine, alimentata dai vertici dei due Paesi che in mancanza di una vera leadership ripiegano sull’uso della forza per cercare – invano – di annientare la controparte in un conflitto infinito.
Le ultime in ordine di tempo sono tre palestinesi armati, morti all’interno della loro automobile nei pressi di Jenin colpita da uno o più missili lanciati da un drone.
Le modalità ricordano quelle delle esecuzioni «mirate» del passato, invocate a più riprese nei giorni scorsi da diversi esponenti del governo israeliano, mentre altri affermano che il trio di stava preparando per attaccare una postazione militare.
Adel Misk, medico neurologo e attivista palestinese, già portavoce di The Parents Circle, associazione che riunisce circa 250 israeliani e 250 palestinesi familiari di vittime del conflitto, vede nell’occupazione militare il nodo attorno al quale si dipana tutta la matassa del conflitto.
«Oggi Jenin, prima ancora Nablus, Betlemme – spiega ad AsiaNews – dove emerge un fuoco di resistenza, vi è un intervento militare per soffocarlo». «Una aggressione – afferma – che tiene sotto scacco 3,5 milioni di palestinesi e altri due milioni a gaza. E questa oppressione genera ulteriore violenza», sommata al fatto che ora i coloni «si sentono più liberi di agire e di colpire, come avvenuto ieri con 400 di loro che hanno aggredito e incendiato case e macchine, a viso scoperto perché non devono temere di nascondere la loro identità e con le armi in pugno».
Sul piano internazionale, conclude, vi è “grande disinteresse” ma proseguendo in questa direzione si andrà «verso la guerra civile».
Un’escalation di violenze e sangue certificata dai numeri diffusi dalle Nazioni Unite: almeno 27 israeliani sono stati uccisi dai palestinesi dall’inizio del 2023. Nello stesso periodo, le forze armate di Israele e i coloni hanno ammazzato 156 palestinesi, fra i quali si contano anche 26 bambini.
Sugli attacchi, e le vittime, in Terra santa resta alta «l’attenzione» di papa Francesco, come lui stesso ha confermato stamane ricevendo in udienza i partecipanti alla 96ma Assemblea plenaria Roaco (Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali) e alla Youth Conference.
Il pontefice ha ricordato i «progetti di pace di Dio» nella Bibbia, che ci mostra però, sin dall’inizio, la «violenza del fratello sul fratello: Caino e Abele, l’uccisione dell’innocente» come avviene da tempo anche fra israeliani e palestinesi. Il papa sottolinea però che il criterio non è quello della vendetta con l’uccisione di Caino, la cui vita risparmiata è «il primo atto di giustizia e di misericordia».
Parole di pace, che stridono con quanto avviene sul terreno. L’operazione coi droni è solo l’ultimo atto di una lunga serie di attacchi e scontri degli ultimi giorni, oltre alle azioni di rappresaglia dei militari con la stella di David contro i villaggi palestinesi, in risposta all’uccisione in Cisgiordania di quattro coloni israeliani presso l’insediamento di Eli. I palestinesi riferiscono dell’uccisione nel fuoco incrociato fra israeliani e palestinesi di un giovane di 27 anni, Omar Qatin, durante un raid contro un villaggio nei pressi di Ramallah compiuto da almeno 400 coloni ebraici. Gli assalitori hanno dato alle fiamme o cercato di appiccare il fuoco ad almeno 60 automobili e 30 edifici. Altri tre palestinesi sono rimasti feriti.
Altri attacchi opera di coloni israeliani legati all’estrema destra religiosa hanno colpito poi Huwara, Luban Sharqia e altri villaggi palestinesi, con un bilancio di decine di feriti. Secondo una stima sommaria sarebbero state incendiate anche 120 auto palestinesi.
Sempre ieri si è registrata la morte in un letto di ospedale della 15enne palestinese Sadil Naghnegha, ferita gravemente alla testa da un proiettile vagante mentre si trovava nella propria abitazione, durante una incursione avvenuta due giorni prima di soldati dell’esercito israeliano a Jenin.
Nelle stesse ore Israele celebrava i funerali di Nachman Mordoff, Elisha Anteman, entrambi di 17 anni, del 21enne Harel Masood e del 64enne Ofer Fayerman, i coloni uccisi nell’attacco armato in Cisgiordania. In risposta alla sparatoria e ai morti, il governo israeliano ha dato il via libera alla costruzione di mille nuove case nell’insediamento di Eli. Il premier Benjamin Netanyahu e il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich «hanno concordato di andare avanti immediatamente» con la pianificazione, pur non fornendo alcun altro calendario.
«La nostra risposta al terrore – ha detto il primo ministro – è colpirlo duramente e costruire nella nostra terra». Non è chiaro se le nuove unità provengano dalle 4.560 già proposte in tutta la Cisgiordania occupata o se siano separate, come ipotizza il Jerusalem Post.
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Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.
Secondo la stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.
Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».
Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior.
In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW
— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.
I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.
La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.
Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.
Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.
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Immagine screenshot da Twitter; modificata
Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
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Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.
Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.
Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA.
President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.
Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.
Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.
Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.
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Immagine da Twitter
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