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Geopolitica

Mosca dice che Kiev ha perso più di 80.000 soldati da gennaio. E che la NATO è de facto parte del conflitto

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Le forze ucraine hanno perso più di 80.000 soldati dall’inizio dell’anno, ha detto martedì il ministro della Difesa russo Sergej Shoigu, aggiungendo che l’esercito russo continua a ridurre «il potenziale di combattimento del nemico». Lo riporta RT.

 

Da gennaio sono stati distrutti dalle forze russe anche oltre 14.000 pezzi di equipaggiamento militare, tra cui 1.200 carri armati e altri veicoli corazzati da combattimento. Nello stesso periodo, Mosca ha liberato circa 403 chilometri quadrati dei nuovi territori russi, ha detto Shoigu in una teleconferenza con la leadership militare del Paese.

 

Nonostante l’insuccesso di Kiev sul campo di battaglia, la leadership ucraina «sta ancora cercando di convincere i suoi sponsor occidentali della sua capacità di resistere all’esercito russo», ha detto. Per fare ciò, Kiev ha fatto ricorso al terrorismo e ad attacchi a lungo raggio sui territori russi, prendendo di mira la popolazione civile, ha aggiunto il ministro.

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«Le nostre forze armate reagiscono in modo asimmetrico a tali crimini da parte dei militanti ucraini», ha detto il ministro della Difesa. Solo nel mese di marzo, l’esercito russo ha effettuato 190 attacchi di gruppo e due massicci assalti contro l’Ucraina utilizzando armi di precisione e veicoli aerei senza pilota, che hanno preso di mira le infrastrutture militari ed energetiche del Paese, ha aggiunto.

 

Il mese scorso, il ministero della Difesa russo ha riferito che l’esercito ucraino aveva perso un totale di 444.000 effettivi dallo scoppio del conflitto nel febbraio 2022, di cui 166.000 durante la fallita controffensiva estiva dello scorso anno.

 

Tuttavia, il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj ha affermato a febbraio che solo 31.000 soldati erano stati uccisi dall’inizio del conflitto. Non ha rivelato quanti siano stati feriti o dispersi in azione.

 

Nel frattempo, i comandanti militari ucraini si sono ripetutamente lamentati di una significativa carenza di manodopera, spingendo Kiev a cercare nuovi modi per ricostituire le proprie forze combattenti. Ciò include chiedere ai sostenitori occidentali dell’Ucraina di rimandare indietro gli evasori alla leva che si nascondono all’estero e di abbassare la soglia per il reclutamento dei cittadini nel servizio militare.

 

Mosca ha ripetutamente descritto il conflitto ucraino come una guerra per procura condotta contro la Russia dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, e ha accusato l’Occidente di usare gli ucraini come «carne da cannone» per perseguire i propri interessi.

 

Ieri il segretario del Consiglio di sicurezza russo, Nikolaj Patrushev ha dichiarato in un’intervista che la NATO mira a mantenere il controllo sull’Ucraina e a trasformarla in un paese «anti-russo».

 

L’Alleanza Atlantica è da tempo parte «de facto» del conflitto tra Kiev e Mosca, poiché controlla le forniture di armi ucraine e aiuta a pianificare attacchi contro la Russia, ha detto Patrushev al quotidiano russo AiF.

 

Washington e i suoi alleati hanno militarizzato attivamente l’Ucraina sin dal colpo di stato di Maidan del 2014 a Kiev, ha detto il funzionario in un’intervista sul blocco militare guidato dagli Stati Uniti, in vista del suo 75° anniversario. La NATO ora cerca di «mantenere l’Ucraina, o almeno una parte di essa, come territorio anti-russo completamente controllato», ha affermato.

 

La NATO decide collettivamente sulla quantità e sul tipo di armi che i suoi membri forniscono alle truppe ucraine, ha osservato l’alto funzionario della sicurezza russa, aggiungendo che la portata e le caratteristiche tecniche di tali armi sono in costante aumento.

 

Gli istruttori del blocco «addestrano anche mercenari e unità di sabotaggio sui territori di diverse nazioni da utilizzare in operazioni anti-russe», ha detto Patrushev al giornale. In tali circostanze, l’obiettivo del Cremlino di realizzare la «smilitarizzazione» dell’Ucraina rimane una priorità, ha affermato il segretario del Consiglio di Sicurezza.

 

Incitare la russofobia e fomentare la percepita «minaccia russa» si è trasformato in una «politica importante» per l’Occidente, ha detto il funzionario, sostenendo che tali tattiche consentono agli Stati Uniti e ai loro alleati di distogliere l’attenzione pubblica dalle questioni economiche interne.

 

L’isteria anti-russa alla fine va a vantaggio del complesso industriale militare statunitense, ha affermato il Patrushev.

«Gli Stati Uniti stanno ottenendo profitti (…) dettando condizioni molto specifiche per l’acquisto di armi ai propri alleati», ha detto il funzionario ad AiF, aggiungendo che quelle armi vengono poi prodotte da produttori americani, e tali contratti possono diventare catene economiche per altri membri della NATO.

 

Le osservazioni di Patrushev arrivano nel momento in cui le relazioni Russia-NATO toccano il minimo storico. Oggi la situazione è peggiore che durante la Guerra Fredda, ha riconosciuto lunedì il capo della delegazione di Mosca ai colloqui di Vienna sulla sicurezza militare e il controllo degli armamenti, Konstantin Gavrilov.

 

Gavrilov ha affermato che i continui discorsi dei politici occidentali sui presunti piani della Russia di attaccare la NATO dopo aver sconfitto l’Ucraina hanno lo scopo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dai propri governi «pompando (…) denaro nel ‘buco nero della corruzione” ucraino».

 

Mosca ha ripetutamente affermato di non avere intenzione di impegnarsi in uno scontro militare con la NATO o con nessuno dei suoi membri. Il presidente Vladimiro Putin ha dichiarato all’inizio di quest’anno che la Russia «non ha alcun interesse (…) geopolitico, economico o militare (…) a dichiarare guerra alla NATO».

 

Come riportato da Renovatio 21, Patrushev pochi giorni fa si è detto sicuro che dietro al massacro del Crocus City Hall ci sia il regime di Kiev.

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Geopolitica

Trump e Putin si telefonano: «può portare alla pace»

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Giovedì il presidente russo Vladimir Putin ha avuto una conversazione telefonica con il presidente statunitense Donald Trump, come confermato dal portavoce del Cremlino Demetrio Peskov.   Circa 40 minuti prima della conferma russa, Trump aveva annunciato sulla sua piattaforma Truth Social di essere impegnato in una chiamata «in corso» e «prolungata» con Putin.   Il colloquio tra i due leader si è tenuto in un contesto di crescenti tensioni tra Mosca e Washington, a seguito della proposta di Trump di fornire all’Ucraina missili Tomahawk a lungo raggio, in grado di colpire in profondità il territorio russo, in vista del suo incontro programmato con Volodymyr Zelens’kyj per venerdì.   Mosca ha criticato duramente questa possibile decisione, avvertendo che annullerebbe la fiducia diplomatica costruita tra Russia e Stati Uniti senza alterare la situazione sul campo.   Fornire tali armi a Kiev spingerebbe Mosca ad adottare contromisure necessarie, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Peskov.   La telefonata rappresenta il primo contatto tra Putin e Trump dal loro incontro di persona ad Anchorage, in Alaska, a metà agosto. Mosca ha riferito che, dopo il vertice, le comunicazioni con Washington si sono notevolmente ridotte. Tuttavia, i funzionari russi hanno sottolineato che il processo avviato in Alaska «non è terminato» e che lo «spirito di Anchorage» rimane «vivo».

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Trump ha dichiarato che il colloquio con Putin potrebbe condurre a un accordo di pace per il conflitto ucraino. Le tensioni tra Stati Uniti e Russia si sono intensificate a causa delle possibili forniture di missili Tomahawk all’Ucraina, e i negoziati di pace sono rimasti in stallo. Trump ha descritto la conversazione, durata due ore e mezza, come «molto produttiva», suggerendo che un accordo di pace potrebbe essere imminente.   «Ho trovato che fosse una chiamata eccellente, molto produttiva… Pensiamo di poter fermare [il conflitto]», ha detto. «Questa potrebbe essere una chiamata così fruttuosa che alla fine… vogliamo raggiungere la pace».   In precedenza, Trump aveva scritto su Truth Social che durante la telefonata erano stati compiuti «grandi progressi» e aveva annunciato che lui e Putin avevano concordato di organizzare un vertice bilaterale a Budapest, in Ungheria.   Il presidente USA ha riferito ai giornalisti che l’incontro si terrà probabilmente entro due settimane, dopo i colloqui tra il Segretario di Stato americano Marco Rubio e il ministro degli Esteri russo Sergio Lavrov, oltre all’incontro di Trump con il leader ucraino Volodymyr Zelens’kyj a Washington, previsto per venerdì. L’ultimo vertice Putin-Trump, svoltosi ad Anchorage, in Alaska, ad agosto, non aveva prodotto risultati concreti, ma giovedì Trump ha dichiarato di aver «posto le basi» per un processo di pace più ampio.   Riguardo alle possibili consegne di missili Tomahawk a Kiev, Trump non ha né confermato né smentito i piani, sottolineando però che, pur disponendo di «molti» missili, gli Stati Uniti ne hanno bisogno per la propria sicurezza e «non possono esaurire» il loro arsenale.   Secondo Yury Ushakov, consigliere di Putin per la politica estera, durante la telefonata il presidente russo ha avvertito Trump che l’invio di Tomahawk a Kiev non cambierebbe l’andamento del conflitto, ma potrebbe «compromettere gravemente le prospettive di una soluzione pacifica» e danneggiare le relazioni tra Russia e Stati Uniti.   Ushakov ha sottolineato che Putin ha riaffermato l’impegno di Mosca per una «risoluzione politico-diplomatica pacifica», descrivendo la discussione come «molto concreta ed estremamente franca», aggiungendo che i preparativi per il prossimo vertice Putin-Trump inizieranno immediatamente, con Budapest in fase di valutazione come sede.   Il primo ministro ungherese Vittorio Orban ha poi scritto su X di aver discusso con Trump, confermando che i preparativi sono già in corso.  

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Budapest si prepara ad ospitare il vertice Putin-Trump

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L’Ungheria e la Russia hanno avviato discussioni sui preparativi per il vertice tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, previsto a Budapest, ha annunciato il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto.

 

In un post su Facebook pubblicato venerdì, Szijjarto ha riferito di aver avuto una conversazione telefonica con Yury Ushakov, principale consigliere di Putin per la politica estera, confermando che «i preparativi sono in pieno svolgimento».

 

Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha dichiarato di aver parlato al telefono con Putin venerdì. Szijjártó ha aggiunto che il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e il Segretario di Stato americano Marco Rubio si incontreranno più tardi nella stessa giornata.

 

Szijjarto ha sottolineato che l’Ungheria è pronta a garantire la sicurezza dei colloqui tra Russia e Stati Uniti, che si concentreranno sul conflitto ucraino, e che Budapest accoglierà Putin con rispetto, assicurandogli libertà di movimento da e per il Paese.

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Giovedì Orban aveva annunciato che Budapest è pronta a ospitare l’incontro tra i due presidenti, definendolo «una grande notizia per i popoli amanti della pace nel mondo» e descrivendo l’Ungheria come «un’isola di pace».

 

L’incontro tra Trump e Putin è stato annunciato per la prima volta dal presidente statunitense giovedì, dopo una telefonata tra i due leader, la prima in quasi due mesi, durata oltre due ore secondo il Cremlino e la Casa Bianca. Trump ha definito la conversazione «molto produttiva», sottolineando che «sono stati compiuti grandi progressi».

 

Anche il Cremlino ha confermato il vertice programmato, con Ushakov che ha dichiarato che i preparativi sarebbero iniziati «senza indugio». Ha precisato che Budapest era stata proposta come sede dell’incontro da Trump e che Putin aveva subito appoggiato l’idea.

 

L’ultimo incontro tra Putin e Trump si era tenuto a metà agosto in Alaska, incentrato sul conflitto in Ucraina e sul rilancio delle relazioni tra Russia e Stati Uniti. È stato il loro primo faccia a faccia dal 2019. Entrambi i leader avevano definito il vertice produttivo, pur senza registrare progressi significativi.

 

Sebbene i contatti tra Mosca e Washington siano successivamente diminuiti, Lavrov ha dichiarato all’inizio di questa settimana che il processo avviato in Alaska «non è concluso» e che le due nazioni hanno ancora «molto da fare».

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Geopolitica

Record di matrimoni con le ucraine in Polonia

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Secondo uno studio recente riportato da diversi media, nel 2024 la Polonia ha registrato un numero record di matrimoni tra cittadini polacchi e immigrate ucraine.   Una ricerca dell’Università di Łódź, basata sui dati dell’Ufficio centrale di statistica (GUS), ha rilevato che lo scorso anno si sono celebrati 2.556 matrimoni tra polacchi e ucraini, con un incremento del 22% rispetto al 2022 e quasi il triplo rispetto a dieci anni fa.   Questo aumento ha generato malcontento in alcune fasce della società polacca. Uno studio dell’Università di Varsavia, citato da Onet.pl, ha mostrato che quasi la metà delle giovani donne polacche ha un’opinione negativa sulle rifugiate ucraine, con un’avversione più marcata tra le donne di età compresa tra i 20 e i 29 anni.   Il risentimento verso gli ucraini è stato alimentato anche da accuse secondo cui questi ultimi approfitterebbero dei sussidi familiari, avrebbero un accesso privilegiato ai servizi pubblici e contribuirebbero all’aumento della criminalità, ha scritto il quotidiano francese Le Monde il mese scorso.   La Polonia è una delle principali destinazioni per i rifugiati ucraini dall’inizio dell’escalation del conflitto tra Kiev e Mosca nel febbraio 2022. Attualmente, oltre 1,5 milioni di cittadini ucraini, prevalentemente donne, risiedono nel Paese, con circa un milione di persone che beneficiano dello status di protezione temporanea, secondo il rapporto. La legge polacca consente a chi ha la protezione temporanea e sposa un cittadino polacco di richiedere un permesso di soggiorno temporaneo come familiare.

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Gli uomini polacchi sono molto più propensi a sposare donne ucraine – con 2.021 matrimoni – rispetto alle donne polacche che sposano uomini ucraini, che hanno rappresentato 535 unioni. Tuttavia, Onet ha evidenziato che i matrimoni con ucraini costituiscono solo circa il 2% del totale nazionale.   Il mese scorso, il presidente polacco Karol Nawrocki ha firmato una legge che inasprisce le condizioni per i rifugiati ucraini che ricevono sussidi statali. Pur garantendo agli ucraini la possibilità di rimanere in Polonia almeno fino a marzo 2026, la normativa lega l’accesso ai sussidi alla dimostrazione di un’occupazione per almeno un genitore e all’iscrizione scolastica dei figli.   Il Nawrocki ha inoltre sottoposto al parlamento due ulteriori proposte di legge sui rifugiati: una che rende più severe le regole per ottenere la cittadinanza e un’altra che criminalizza la promozione di movimenti nazionalisti ucraini estremisti.   Come riportato da Renovatio 21, nelle polemiche tra Varsavia e Kiev si inserisce anche la storia della Seconda Guerra Mondiale, con i polacchi che vogliono siano riconosciute le violenze genocide dei collaborazionisti hitleriani ucraini, che sono epperò ora gli eroi del regime di Kiev.   Varsavia si era opposta ancora negli anni 2000 al montante sdoganamento delle forze dei nazionalisti integralisti ucraini: in particolare vi fu la protesta quando l’allora premier ucraino Viktor Yushenko celebrò pubblicamente nel 2010 Stepan Bandera, leader dei collaborazionisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Varsavia all’epoca si era espressa contro la glorificazione degli ucronazisti assieme alla comunità ebraica internazionale, che ora invece non proferisce parola, a partire dall’ambasciatore israeliano a Kiev.   La Polonia ha a più riprese annunciato il suo rifiuto a mandare truppe in Ucraina – almeno ufficialmente.   Due anni fa la lite sul grano tra i due Paesi, tracimata nel discorso di Zelens’kyj all’Assemblea Generale ONU, portò a frizioni tra i due Paesi era «titanicamente danneggiato».   Con il cambio di governo è tornata l’aria filo-ucrainista a Varsavia, arrivando nelle scorse ore a vedere la Polonia chiedere alla Germania di lasciar perdere le indagini sulla distruzione del gasdotto Nord Stream e a negare l’estradizione di un sospettato – un atto che ha fatto sbottare il ministro degli Esteri ungheresi Pietro Szijjarto, che ha accusato il presidente polacco Tusk di «difendere i terroristi».  

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