Cina
Mafia cinese, la polizia italiana arresta 13 persone
La Polizia italiana ha condotto una grande operazione contro la cosiddetta «mafia cinese». Sono state fermate 13 persone, denunciate 31 e sequestrati oltre 22.000 euro in un’ampia operazione di polizia condotta in tutta Italia per contrastare i crimini legati alla comunità cinese.
Coordinata dal Servizio centrale operativo (SCO) della Polizia di Stato, l’operazione si è conclusa ieri dopo giorni di indagini e controlli mirati in 26 città, con il coinvolgimento di numerose squadre mobili. L’intervento ha preso di mira reati come immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione e del lavoro, contraffazione, spaccio di stupefacenti e detenzione abusiva di armi.
L’operazione, definita ad «alto impatto», ha visto la partecipazione delle Squadre mobili di città come Ancona, Bergamo, Bologna, Brescia, Cagliari, Catania, Cosenza, Firenze, Forlì Cesena, Genova, Latina, Mantova, Milano, Padova, Parma, Perugia, Pistoia, Prato, Reggio Emilia, Roma, Siena, Treviso, Udine, Verona e Vicenza, con il supporto dei Reparti prevenzione crimine.
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I supposti gruppi criminali, diffusi su tutto il territorio nazionale, opererebbero autonomamente ma mantengono contatti tra loro, soprattutto nelle regioni con una forte presenza di cittadini cinesi, come la Toscana, dove è radicatissima la presenza sinica nell’area di Prato. Secondo quanto riportato, i mafiosi cinesi, spesso legati da vincoli familiari, tendono a colpire principalmente connazionali.
Le indagini hanno rivelato un forte senso di appartenenza a questi gruppi, caratterizzato da vendette che possono sfociare in faide. Simili alle mafie tradizionali, utilizzano intimidazione e violenza per controllare il territorio, imponendo l’omertà. È stata documentata la presenza di un’«ala armata» incaricata di azioni violente, con un frequente uso di armi da fuoco per affermare il potere. Le attività investigative hanno confermato che la criminalità cinese collabora con altri gruppi criminali, anche italiani, per spartire affari e territori.
Tra le pratiche illecite più comuni c’è l’hawala, termine arabo che descrive un sistema clandestino di trasferimento di denaro basato sulla parola che facilita il riciclaggio e il pagamento di traffici illeciti, come stupefacenti o migranti.
I risultati dell’operazione includono l’arresto di 13 persone, la denuncia di 31, l’identificazione di 1942 soggetti e il controllo di 305 esercizi commerciali, di cui 2 sequestrati. Sono stati controllati 248 veicoli in 52 posti di controllo. La Polizia ha sequestrato 550 grammi di shaboo (un eccitante sintetico fatto di cristalli di metanfetamina da fumare, molto diffuso tra filippini e cinesi), circa 5.500 dosi, 29 sanzioni amministrative per 73.382 euro e 22.825 euro in contanti.
A Bergamo, la Squadra Mobile ha denunciato una persona per violazione del foglio di via, controllato 13 esercizi e sequestrato 60 grammi di cannabinoidi, identificando 50 persone, di cui 11 con precedenti. L’operazione, coinvolgendo centinaia di agenti, rappresenta un passo significativo nel contrasto alla criminalità cinese in Italia.
La collaborazione tra squadre mobili e SCO ha permesso di colpire attività illecite, mantenendo alta l’attenzione per garantire sicurezza e legalità. Il fenomeno della criminalità cinese in Italia è radicato, specialmente in regioni con una forte presenza di cittadini cinesi. Questi gruppi, spesso familiari, operano in modo organizzato, dedicandosi a traffici di droga, contraffazione, sfruttamento, immigrazione clandestina, detenzione di armi e riciclaggio, adottando metodi mafiosi come intimidazione, violenza e omertà. Il contrasto richiede un’azione coordinata a livello nazionale e internazionale, soprattutto per sistemi come l’hawala, che coinvolgono più Paesi.
L’operazione dimostra la necessità di una cooperazione globale. La Polizia ha mappato diversi gruppi delinquenziali cinesi, spesso provenienti dalla stessa area della Repubblica popolare cinese.
La polizia italiana ha arrestato 13 persone in un’operazione nazionale contro i gruppi criminali organizzati cinesi, infliggendo quello che le autorità hanno definito un «doppio colpo» alle reti criminali accusate di traffico di droga, sfruttamento lavorativo e sessuale e riciclaggio di denaro.
Secondo una dichiarazione del Ministero dell’Interno e le dichiarazioni del funzionario della polizia anti-crimine organizzato Andrea Olivadese, sono state condotte molteplici operazioni coordinate in 25 province, tra cui Milano, Roma, Firenze, Prato e Catania, che hanno preso di mira clan cinesi che operavano con intimidazioni di stampo mafioso e controllo del territorio.
Il ministero degli Interni in una nota scrive anche che, in un’operazione congiunta, «la Guardia di Finanza con il sequestro di 741 milioni di euro, la chiusura di 266 società “cartiere” e il blocco di 400 conti correnti, ha smantellato un sistema di frode fiscale da 3,4 miliardi di euro e 596 milioni di IVA evasa».
«La risposta dello Stato oggi è stata netta, con indagini di altissimo livello e determinazione a tutela dei cittadini onesti e dell’economia sana del Paese», ha dichiarato il ministro degli Interni Matteo Piantedosi. Resta da vedere se i fermati staranno in galera o, come visto altre volte pure con mafie straniere, tornano a piede libero dopo una manciata di giorni di carcere.
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Il colpo contro le mafie avviene in un contesto di crescente attenzione all’influenza cinese in Italia, comprese le indagini sulle «stazioni di polizia all’estero» gestite dalle autorità cinesi. L’organizzazione per i diritti umani Safeguard Defenders ha riferito nel 2022 che l’Italia ospita il numero più alto di questi centri clandestini – 11 in totale – in città come Roma, Milano, Venezia, Firenze, Sicilia e Prato. Il fenomeno, come noto, riguarda anche altri Paesi, come la Germania.
I funzionari italiani hanno negato l’autorizzazione dei centri e hanno promesso un maggiore monitoraggio. Piantedosi aveva dichiarato nel dicembre 2022 che sarebbero state applicate sanzioni in caso di conferma di eventuali irregolarità. L’Italia aveva precedentemente partecipato a pattugliamenti congiunti con la polizia cinese, ma questi sono stati interrotti nel 2022 a causa delle preoccupazioni relative alla situazione dei diritti umani a Pechino e al potenziale uso improprio di tali strutture per sorvegliare i dissidenti del regime cinese.
La Commissione Antimafia del Parlamento italiano ha inoltre ampliato il proprio mandato per indagare sulla criminalità organizzata cinese e sui presunti legami con il Partito Comunista Cinese (PCC) . Gli analisti, tra cui l’ex direttore della NATO Defense College Foundation, Giuseppe Morabito, hanno avvertito che le bande cinesi in Europa operano spesso in simbiosi con attori legati allo Stato, rendendo meno netta la linea di demarcazione tra criminalità organizzata e influenza straniera.
La stampa internazionale ha evidenziato la portata della criminalità organizzata cinese oltre l’Europa. Un’indagine congiunta di ProPublica e The Frontier del 2024 ha descritto i legami tra diplomatici cinesi e personaggi della criminalità organizzata negli Stati Uniti, mentre altri studi hanno tracciato il ruolo delle triadi cinesi nel fornire ai cartelli messicani i precursori chimici del fentanil.
Il popolare giornalista americano Tucker Carlson ha di recente lanciato sul suo network un documentario sulle mafie cinesi che stanno comprando enormi appezzamenti di terreno in USA e installando reti di spaccio sempre più profonde.
La mafia cinese è spesso connessa alle organizzazioni chiamate «triadi».
Le triadi cinesi, nate nel XVII secolo come società segrete, avevano inizialmente scopi patriottici e religiosi, opponendosi alla dinastia Qing. Con radici nella dinastia Ming, si ispiravano a ideali di giustizia e fratellanza, organizzandosi in strutture gerarchiche con rituali complessi.
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Nel XIX secolo, con l’instabilità politica e sociale in Cina, le triadi si trasformarono in organizzazioni criminali, dedicandosi a estorsione, traffico di oppio e gioco d’azzardo. A Hong Kong, negli anni Cinquanta e Sessanta, raggiunsero l’apice, controllando attività illecite come prostituzione e narcotraffico.
Oggi, le triadi, come la 14K e la Sun Yee On, operano globalmente, infiltrate in comunità cinesi all’estero, Italia inclusa. Si occupano di riciclaggio, traffico di droga, immigrazione clandestina e sfruttamento, usando metodi mafiosi come l’hawala e la violenza.
Un caso significativo è l’esecuzione di Zhang Dayong, detto Asheng, avvenuta a Roma nell’aprile 2025, con un colpo alla testa e tre al petto. Era un figura chiave della criminalità cinese in Europa, legato a usura e gioco d’azzardo illegale, e avrebbe avuto un quasi monopolio sull’importazione di determinati prodotti.
È stato affermato che gli omicidi potrebbero essere collegati alla cosiddetta «Guerra delle grucce», una violenta lotta tra fazioni criminali cinesi originariamente concentrate nella città settentrionale di Prato, per il redditizio mercato della logistica della moda.
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Immagine di or Maya-Anaïs Yataghène via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Cina
Prima vendita di armi a Taiwan sotto Trump
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Cina
Apple elimina le app di incontri gay dal mercato cinese
Le principali app di incontri gay in Cina, Blued e Finka, sono state eliminate dall’Apple Store locale su ordine dell’autorità di regolamentazione internet di Pechino. Lo riporta Wired. Nel contesto è tuttavia utile ricordare che sino a qualche anno fa la Cina controllava l’app di incontri gay più diffusa al mondo.
Lanciata nel 2012, Blued è la più grande app di incontri gay in Cina, che in passato contava oltre 60 milioni di utenti nel mondo, prima che i controlli statali più rigidi ne riducessero la portata globale. Finka, concorrente più recente e popolare tra i giovani, è diventata una delle piattaforme LGBT in più rapida crescita in Cina grazie alle funzioni di social networking e all’interfaccia in stile gaming.
Secondo Wired, Apple ha rimosso entrambe le app dal suo App Store cinese su disposizione della Cyberspace Administration of China (CAC), che supervisiona i contenuti online e la sicurezza dei dati.
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L’articolo della rivista statunitense non specifica quando o perché sia stato emesso l’ordine, ma utenti dei social cinesi hanno notato la scomparsa delle app dagli store online durante il fine settimana. Le app, secondo quanto riferito, restano funzionanti per gli utenti esistenti, ma non sono più scaricabili per nuovi utenti.
Apple ha confermato la rimozione in una dichiarazione rilasciata lunedì.
«Rispettiamo le leggi dei Paesi in cui operiamo. In base a un ordine del CAC, abbiamo rimosso queste due app solo dallo store cinese», ha dichiarato un portavoce di Apple in un’e-mail alla testata. L’azienda ha aggiunto che entrambe le app erano già state ritirate da altri mercati. Né Blued né Finka hanno risposto alle richieste di commento.
La Cina ha depenalizzato l’omosessualità negli anni ’90, ma continua a vietare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Sotto la presidenza di Xi Jinping, le autorità hanno intensificato gli sforzi per promuovere i valori familiari tradizionali e contrastare quella che definiscono «influenza occidentale». La campagna mira ad aumentare i tassi di natalità, rafforzare i ruoli di genere e scoraggiare stili di vita ritenuti incompatibili con i valori tradizionali. Gli attivisti LGBTQ+ cinesi affermano che la campagna ha alimentato censura e sorveglianza, con la chiusura di molti gruppi gay, il divieto di eventi Pride, la rimozione di contenuti omosessuali dai media e lo scioglimento di associazioni universitarie.
La maggior parte delle app di incontri LGBT è già bloccata in Cina. Grindr, con sede negli Stati Uniti, è stata rimossa dall’App Store cinese di Apple nel 2022 dopo l’inasprimento delle norme sulla sicurezza informatica e sulla privacy dei dati, che impongono l’archiviazione locale dei dati degli utenti. ZANK, un tempo tra le principali app di incontri gay in Cina, è stata chiusa nel 2017 per «diffusione di contenuti pornografici».
Renovatio 21 ha spesse volte parlato di Grindr, l’applicazione usata dalla comunità omosessuale. La possibilità che i suoi dati fossero usati per fini di ricatto verso migliaia (milioni…) di persone con lavori sensibili per il governo spinse Trump, allora presidente, a chiedere ai cinesi, che l’avevano comprata, di averla indietro. I cinesi, incredibilmente, obbedirono, ma non è chiaro se possano essersi sbarazzati dei dati.
Grindr, che ad un certo punto pareva potesse essere comperata dall’apparentemente inarrestabile azienda italiana Bending Spoons, già coinvolta nell’app governativa di tracciamento COVID «Immuni» e partecipata da grandi famiglie del capitalismo nazionale, sarebbe subentrata anche in alcuni scandali che riguardavano la politica e pure il mondo religioso.
Renovatio 21 ha ipotizzato che parte del rapporto tra Santa Sede e Repubblica Popolare Cinese, sbocciata negli accordi sino-vaticani, potrebbe essere dovuta al kompromat da Grindr che i comunisti cinesi detengono su tanti consacrati segretamente omosessuali.
Su Grindr infatti si dice che siano presenti quantità massive di sacerdoti. Il fatto è tornato alla ribalta di recente con il caso di un sacerdote USA, noto per le posizioni intransigenti verso lo sdoganamento cattolico di Sodoma, beccato sulla piattaforma. Ma anche in Italia sarebbero stati trovati consacrati di un certo spessore. Di uno in particolare, scriveva il Giornale, che raccoglieva il sussurro di Dagospia: «nella sua seconda vita si dava alle droghe (ecstasy, ma anche crack, Ghb e chetamina) e alla conquista di amanti (rigorosamente di sesso maschile) su Grindr». Una storia con parole che sembrano riemergere anche ora.
L’uso intensivo della app di incontri gay da parte perfino dei seminaristi è raccontato da un recente libro del sociologo Marco Marzano, La casta dei casti.
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Nata a Los Angeles nel 2009, Grindr per un periodo finì nelle mani dei cinesi, che acquistarono la società. Nel 2016 la società aveva venduto una quota del 60% nella società per 93 di dollari milioni a un gruppo di sviluppo di videogiochi cinese, Kunlun Tech Co.
L’acquisizione di una tale massa di dati sensibili non passò inosservata. Nel 2019 governo Trump chiese alla Cina di farla tornare in mano americana, perché i servizi USA paventavano che le informazioni contenute in quella app mettessero a rischio la sicurezza nazionale: quante persone, nell’esercito e nella pubblica amministrazione, nel governo e nelle grandi aziende, potevano essere ricattate? Quanti funzionari, generali, ministri, soldati, uomini delle pulizie hanno una doppia vita e quindi possono essere manipolati?
I cinesi, piuttosto incredibilmente, accettarono l’ordine di Trump. Il gruppo Kunlun cercò un compratore per liberarsi dell’applicazione. Nel marzo 2020, Kunlun annunciò che avrebbe venduto la sua quota del 98,59% in Grindr alla San Vicente Acquisition LLC con sede negli Stati Uniti per 608,5 milioni di dollari. Il lead investor, Raymond Zage, viene dall’Illinois ma ha base ora a Singapore – un luogo dove gli interessi della Cina Popolare non sono sconosciuti.
All’altezza del 2018, Grindr indicava perfino se l’utente fosse sieropositivo o meno: la feature venne ritirata, perché i giornali sinceri e democratici rabbrividirono per mancanza di privacy sanitaria (cosa che adesso fa ridere…), senza capire che probabilmente dietro a questa nuova spunta poteva schiudersi il mondo dei bugchasers e dei giftgivers, coloro che volontariamente contagiano o si fanno contagiare con l’HIV.
Da Grindr deriva Tinder, la app di incontri usata dagli eterosessuali: anche quella è sicuramente stata causa di migliaia di disastri famigliari, perché può esporre la doppia vita di «cacciatore» di appuntamenti di un coniuge. Tuttavia Tinder, nonostante la disperazione che produce la promiscuità della hook-up culture («cultura del rimorchio») che ha generato, non è stato in grado di impensierire i servizi di Intelligence USA. Grindr, invece, sì.
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Cina
Test dimostrano che i veicoli elettrici possono essere manipolati a distanza da un produttore cinese
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