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L’Irlanda chiede sanzioni contro Israele

Il vice primo ministro irlandese Simon Harris sta contattando i ministri degli esteri dell’Unione Europea per sollecitare l’adozione di sanzioni contro Israele a causa del conflitto a Gaza. Lo ha riferito l’emittente pubblica irlandese RTE.
Secondo quanto riportato da RTE lunedì, Harris sta esortando i suoi omologhi dell’UE, che stanno valutando mosse unilaterali sulle misure commerciali, a cofirmare una lettera indirizzata all’Alto rappresentante per la politica estera dell’UE, Kaja Kallas. La lettera chiede una rapida decisione sull’imposizione di sanzioni contro Israele.
Nella lettera si legge: «Come Stati membri, siamo pronti a collaborare immediatamente con voi per superare gli attuali ostacoli e garantire che venga esercitata una pressione sufficiente sul governo israeliano affinché cambi rotta e rispetti i propri obblighi secondo il diritto internazionale».
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La settimana scorsa, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha definito la situazione a Gaza «inaccettabile» e ha esortato gli Stati membri a «intensificare» gli sforzi, proponendo sanzioni mirate contro i «ministri estremisti e i coloni violenti» di Israele.
Von der Leyen ha dichiarato in un discorso a Strasburgo: «Innanzitutto, la Commissione farà tutto il possibile da sola. Metteremo in pausa il nostro sostegno bilaterale a Israele». Ha inoltre suggerito di congelare parzialmente l’accordo di libero scambio tra l’UE e Israele.
Diversi Stati membri, tra cui Irlanda, Spagna, Svezia, Danimarca e Paesi Bassi, hanno chiesto la sospensione dell’accordo di libero scambio con Israele. Tuttavia, altri Paesi, guidati da Germania, Ungheria e Repubblica Ceca, si sono opposti all’adozione di sanzioni contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, l’Irlanda con Spagna e Norvegia si coordinano da tempo per il riconoscimento dello Stato palestinese. La questione ha provocato da parte di Israele il richiamo degli ambasciatori. Sono oramai molti i Paesi uniti nella richiesta di uno Stato palestinese riconosciuto.
Due anni fa il partito Sinn Fein chiese l’espulsione dell’ambasciatrice israeliane dall’Irlanda.
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Immagine di Ara Ferrero via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-SA 2.0
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Charlie Kirk aveva rifiutato fondi offerti da Netanyahu. Gli amici: aveva «paura» delle forze Israele

Charlie Kirk, fondatore di Turning Point USA e influente figura conservatrice assassinata il 10 settembre, aveva rifiutato un’offerta di finanziamento massiccia da parte del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, secondo rivelazioni di un amico stretto e insider trumpiano riportate dal sito di giornalismo di inchiesta statunitense The Grayzone.
L’episodio, emerso nei giorni scorsi, ha alimentato speculazioni su un presunto «cambiamento di rotta» di Kirk riguardo all’influenza israeliana sulla politica USA, che lo avrebbe lasciato «arrabbiato e spaventato» dalle reazioni delle lobby pro-israeliane.
L’offerta, che sarebbe stata avanzata all’inizio dell’anno, mirava a iniettare ingenti donazioni filosioniste nell’organizzazione giovanile conservatrice Turning Point USA, la più grande negli Stati Uniti. Kirk, che inizialmente era un sostenitore accanito di Israele per motivi di fede evangelica cristiana, avrebbe percepito il gesto come un tentativo di «ridurlo al silenzio» mentre iniziava a criticare pubblicamente il «controllo schiacciante» di Tel Aviv su Washington.
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Nelle settimane precedenti al suo assassinio, avvenuto il 10 settembre, Kirk aveva iniziato a detestare il leader israeliano, considerandolo un «bullo», ha affermato la fonte.
Nelle settimane precedenti all’omicidio – avvenuto durante un dibattito all’Università dello Utah – Kirk aveva espresso disgusto per l’interferenza israeliana nell’amministrazione Trump, inclusi tentativi di influenzare nomine presidenziali e l’uso di donatori come la miliardaria Miriam Adelson per mantenere il controllo sulla Casa Bianca. L’amico ha rivelato che Kirk aveva persino avvertito Trump contro un attacco all’Iran solo per compiacere Israele, temendo che ciò trascinasse gli USA in conflitti disastrosi.
La reazione alle critiche di Kirk sarebbe stata una campagna di intimidazione privata da parte di alleati potenti di Netanyahu, tra cui «leader e stakeholder ebrei», che lo avrebbe portato all’ansia. La paura si sarebbe diffusa anche nell’entourage trumpiano dopo la scoperta di una presunta operazione di spionaggio israeliana.
Netanyahu ha negato categoricamente ogni coinvolgimento nell’assassinio durante un’intervista al canale trumpiano Newsmax l’11 settembre, elogiando Kirk come «un vero amico di Israele» e citando una lettera del maggio scorso in cui il conservatore lodava la difesa della «civiltà giudeo-cristiana». Tuttavia, l’attivista Candace Owens ha accusato il premier di «menzogna per omissione», chiedendo la pubblicazione integrale della missiva.
🚨🇮🇱🇺🇸 BREAKING: NETANYAHU claims “ISRAEL did NOT ASSASSINATE Charlie Kirk”
What an odd thing for a world leader who is busy bombing 7 countries to say… pic.twitter.com/Nc6WMWENif
— Jackson Hinkle 🇺🇸 (@jacksonhinklle) September 12, 2025
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Kirk era apparso visibilmente indignato durante un’intervista del 6 agosto con la conduttrice conservatrice Megyn Kelly, mentre discuteva dei messaggi minacciosi che riceveva dai pezzi grossi filo-israeliani.
L’omicidio di Kirk, colpito da un singolo colpo di sniper da un tetto a 200-300 metri, ha scatenato teorie del complotto antisemite online, con oltre 10.000 post su X che accusano Israele. L’Anti-Defamation League ha condannato queste narrazioni come «infondate e pericolose».
Il caso continua a dividere la destra americana, con figure come Harrison Smith di Infowars che aveva predetto a metà agosto: «Qualcuno vicino a Kirk mi ha detto che teme Israele lo ucciderà se si opporrà». Le indagini sull’assassinio hanno portato all’arresto di un ragazzo locale, che avrebbe idee antifa-trans, o legate alle cerchie online dei videogiochi, non è ancora chiaro. La sinistra americana ha tentato di dire che si tratterebbe invece di un estremista di destra, della fazione dei groyper, che avrebbe così eliminato un moderato.
Tuttavia ora le rivelazioni sull’offerta di Netanyahu aggiungono un velo di mistero geopolitico.
Charlie Kirk aveva visitato varie volte Israele e vi aveva mandato vari studenti di TP USA nei tour organizzati per rafforzare l’amicizia israelo-americana. Tuttavia, l’indomani del massacro del 7 ottobre durante un’intervista con il podcaster Patrick Bet-David parlò della possibilità che vi fosse stato un ordine di stand down, in quanto lui stesso al confine con Gaza aveva visto «un 18enne soldato israeliano ogni dieci metri» presidiare la linea, aggiungendo che da Gerusalemme al luogo della strage un elicottero impiega massimo 45 minuti, mentre la reazione si sarebbe avuta ore dopo.
Quando due anni fa Kirk espresse questo concetto, fu ricoperto dalla reazione dura di tanti filosionisti, che a quanto si dice erano i principali donatori TPUSA, vedendo nell’organizzazione giovanile di Kirk un argine contro la sparizione del supporto ad Israele per le nuove generazioni.
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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