Spirito
L’ipotesi di un imminente risveglio religioso
Il 2025 vedrà emergere un risveglio del cristianesimo che travolgerà l’Europa a partire dagli Stati Uniti, come un lontano effetto boomerang dell’evangelizzazione portata avanti con la scoperta del Nuovo Mondo nel 1492? Questa domanda agita gli ambienti conservatori americani, dato che Donald Trump ha appena varcato per la seconda volta la soglia della Casa Bianca.
Questo scenario ottimistico non è frutto di un pensiero isolato, perché si ritrova, con alcune sfumature, nelle penne di diversi scrittori ed editorialisti cattolici particolarmente letti d’oltreoceano. Tra questi, Ross Douthat, che scrive regolarmente per il New York Times.
Del resto, ci si potrebbe stupire di vedere un conservatore come Ross Douthat scrivere sulle colonne del NYT, quotidiano classificato tra i media di centrosinistra: in confronto, ciò equivale a immaginare Sylvain Tesson alla guida della rubrica letteraria di Le Monde. Un’improbabilità che la dice lunga sulla pressione ideologica che viene esercitata in Francia, spesso più che altrove.
Ross Douthat ricorda, in un articolo pubblicato lo scorso Natale, la sua vacanza in famiglia nell’Abbazia di San Benedetto da Norcia (Italia), culla dell’Ordine Benedettino, un santuario un tempo in rovina e lì restaurato più di vent’anni fa grazie ai mecenati americani che hanno permesso la ripresa di una vita benedettina di stretta osservanza scandita da servizi in latino…
Un luogo che, come lo descrive il saggista, «risuona in modo particolare in Europa, mentre il cristianesimo è in declino da generazioni, determinando un calo della natalità. La campagna attorno al monastero si è svuotata, lasciando dietro di sé alcune pittoresche ville antiche arroccate sulle colline (…)».
“«Eppure è qui che sorge una prospera abbazia con i suoi giovani monaci che attirano i pellegrini con le preghiere che innalzano a Dio nell’antico rito latino della Chiesa romana. Un paesaggio che riecheggia la caduta dell’Impero Romano, perché c’è un sentimento simile di morte e rinascita».
Una rinascita, perché quest’anno «il Natale risuona in modo diverso», secondo Ross Douthat che pensa – e non è l’unico – con statistiche a sostegno, che il movimento di secolarizzazione, come un’epidemia, ha raggiunto il suo apice.
«Ci sono segnali che il liberalismo ha perso la fiducia in se stesso, che molte persone perdono la prospettiva etica e gli orizzonti metafisici trasmessi dalla religione; che gli argomenti a favore della fede potessero essere nuovamente ascoltati. Notre-Dame de Paris è risorta dalle sue ceneri».
Ma il paragone con Notre-Dame si ferma qui, perché il risveglio religioso intravisto non farebbe necessariamente rima con un puro e semplice ritorno alla situazione religiosa di qualche decennio fa: «La Polonia cattolica, uno degli ultimi centri europei di intensa religione, sembra seguire lo stesso percorso di scristianizzazione dell’Irlanda, del Quebec e dell’Italia».
«Il movimento protestante americano non è sul punto di risorgere dal letto di morte, non più di quanto lo sia l’anglicanesimo quasi estinto in Gran Bretagna. Allo stesso modo, gruppi come i Battisti del Sud e i Mormoni, in crescita qualche decennio fa e in difficoltà oggi, non si riprenderanno o prospereranno di nuovo automaticamente», ritiene il saggista.
Per questi ultimi, la rinascita si osserverà soprattutto in gruppi che non beneficiano necessariamente della «considerazione» – né della stima – delle istituzioni religiose in essere, e che costituiscono quelli che chiamiamo, prendendo a prestito dal vocabolario anglofono-sassone, una «sottocultura».
«Guardate i cattolici che assistono alla messa in latino, quelli che cercano un certo rigore, o quelli che sono passati, per esempio, all’ortodossia», avverte Ross Douthat, che prevede anche una «notevole fioritura della fede» in ambienti dove essa era finora assente «come nel settore tecnologico».
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Del resto, e per andare nella direzione del saggista, l’ultima autobiografia che papa Francesco ha appena pubblicato è molto avara di considerazione e stima nei confronti dei cattolici fedeli alla Messa di sempre, additati con una sorprendente mancanza di gentilezza nei confronti la parte di un pontefice che ha fatto dell’inclusione una delle priorità del suo pontificato.
Pertanto, Douthat immagina un risveglio religioso che si diffonde dalla rivoluzione conservatrice americana che il secondo mandato di Donald Trump potrebbe inaugurare. A questo proposito, l’abbazia di San Benedetto è una metafora interessante: i suoi padri fondatori in epoca contemporanea erano ricchi americani che attiravano candidati da tutta la vecchia Europa.
Uno scenario che, per alcuni, sarà un sogno ad occhi aperti, ma che altri considereranno pieno di ottimismo e portatore di speranza, meritevole – anche solo per questo – di essere meditato, e su cui l’anno giubilare appena iniziato segnerà forse mostrare la rilevanza, chi lo sa?
Articolo previamente pubblicato su FSSPX.News
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Immagine di Niccolò Luoni via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Spirito
«Siamo stati creati per la gloria»: omelia nella festa di Ognissanti di mons. Viganò
Vos, purpurati martyres, Vos candidati præmio Confessionis, exsules Vocate nos in patriam.
Rabano Mauro Inno Placare, Christe
Dopo la solenne celebrazione della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo, nell’ultima Domenica di Ottobre, il primo Novembre è dedicato a coloro che con Cristo hanno combattuto il bonum certamen, meritando di trionfare con Lui nella vittoria sfolgorante sul demonio. Il giorno seguente, 2 Novembre, viene ricordato un altro sterminato esercito di anime sante: quelle di coloro che il fuoco del Purgatorio purifica, come l’oro nel crogiuolo, per renderle degne di essere ammesse alla gloria della contemplazione della Maestà divina.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
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Spirito
Lo stile di Leone XIV: conservare il vero senza rigettare il falso?
In una Nota sullo stile di Papa Leone XIV del 1° giugno 2025, pubblicata sul suo blog e riproposta da Sandro Magister su Settimo Cielo il 2 giugno, Leonardo Lugaresi, esperto di Padri della Chiesa, si sforza di «cogliere un aspetto dello stile di pensiero e di governo di Papa Leone XIV, che mi sembra emergere chiaramente nei suoi primi discorsi; un tratto che merita la massima attenzione per il suo valore paradigmatico, non solo nei contenuti ma anche, e direi soprattutto, nel metodo».
Questo stile, secondo lo studioso italiano, equivale a fare «giusto uso» della tradizione: «raccogliere ciò che c’è di buono in ogni persona, in ogni discorso, in ogni evento, e filtrare ciò che è cattivo».
Spiega: «Ma oggi sarebbe altrettanto sbagliato pretendere che spetti al papa compiere una sorta di “controriforma”. Se posso azzardare una previsione, credo che questo comunque non accadrà. Penso invece che da Leone XIV possiamo attenderci non tanto delle correzioni esplicite o delle formali ritrattazioni di certi aspetti ambigui, confusi e in qualche caso problematici del precedente pontificato, quanto un loro “giusto uso” che, se così posso esprimermi, li “rimetta al loro posto”».
E illustra il suo punto con un esempio: «ad alcuni è dispiaciuto che nel discorso del 19 maggio ai rappresentanti delle altre chiese e di altre religioni papa Leone abbia citato la controversa Dichiarazione di Abu Dhabi».
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«È vero che quel documento contiene il passaggio forse più “problematico” del pontificato di Francesco, perché vi si trova un’affermazione circa la volontà divina che gli uomini aderiscano a religioni diverse dalla fede cristiana che è pressoché impossibile interpretare in modo compatibile con la dottrina cattolica».
«Tuttavia, da parte di chi è ben saldo nella certezza (scritturistica e tradizionale!) che tutti gli uomini sono chiamati a convertirsi a Cristo, perché ‘in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati’ (At 4, 12), si può benissimo citare un altro passo, del tutto innocuo, di quello stesso documento, proprio nella logica che ho cercato di descrivere;»
«È anche in questo modo, io spero, che si realizzerà una sorta di ‘riassorbimento dell’eccezione bergogliana’ nel corpo vivo della tradizione»
«Ah! Con quanta galanteria vengono espresse queste cose!» [Molière, Il Misantropo, Atto I, Scena 2] Le affermazioni eretiche diventano “eccezioni” che devono essere «riassorbite”, diluite in affermazioni “innocenti” per renderle accettabili al «corpo vivo della tradizione»! Con un simile regime, c’è da temere che questo corpo non rimanga vivo a lungo! Ci si può accontentare di «filtrare» l’errore senza rifiutarlo esplicitamente?
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Leone XIV può accontentarsi di aggirare gli errori senza condannarli?
Nelle Res Novæ del 4 agosto, padre Claude Barthe scrive: «Leone XIV, è un fatto, è responsabile dell’eredità di Francesco. Questa eredità, fondamentalmente conciliare, se si escludono la sinodalità, che resiste a qualsiasi tentativo di definizione precisa, e l’impegno ecologico, può essere riassunta in tre testi: Amoris Laetitia e Fiducia Supplicans, sulla morale del matrimonio, e Traditionis Custodes sulla liturgia tradizionale».
Sulla moralità del matrimonio, prosegue, «tutta la difficoltà di Amoris Laetitia si concentra nel paragrafo 301, da cui si potrebbe ricavare la seguente proposizione: “Alcuni di coloro che vivono in adulterio, anche se conoscono la norma che stanno trasgredendo, potrebbero non essere in stato di peccato mortale”».
«Leone XIV dovrebbe abbracciare questo insegnamento bergogliano, che mina gravemente la santità del matrimonio. Aggirarlo abilmente, indirettamente, non sarà sufficiente per invalidarlo. Dovrà necessariamente approvarlo o annullarlo. La Chiesa, infatti, è custode del contenuto della Rivelazione e della dottrina di fede e morale a cui bisogna aderire per essere salvati. […]»
«Non ci si può accontentare, a difesa della fede, di dichiarazioni che mitighino tale eterodossia o la controbilancino con insegnamenti contrari che tuttavia lascino intatta la dottrina difettosa. È necessario, per la salvezza delle anime, sradicare la falsa dottrina».
Riguardo alla Messa tradizionale, padre Barthe osserva che «a causa di papa Bergoglio, la questione è diventata molto semplice: tutto l’approccio repressivo di Traditionis Custodes si basa, infatti, sul suo articolo 1: ‘I libri liturgici promulgati dai santi pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità con i decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano (…)»
«Secondo Traditionis Custodes, a seguito della riforma conciliare, la liturgia romana precedente a questa riforma ha quindi perso il suo status di lex orandi. […] (Certamente) è estremamente auspicabile che il nuovo papa conceda a questa liturgia, direttamente o indirettamente, maggiore libertà. Ma, nonostante ciò, resta da insegnare nella Chiesa la seguente proposizione: “I libri liturgici in vigore prima della riforma di Paolo VI non esprimono la lex orandi del Rito Romano”»
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«La questione che il Magistero della Chiesa è ora chiamato a risolvere è questa: questa proposizione è vera o falsa? Se è falsa, deve essere condannata, con tutte le conseguenze che ne conseguono».
Pertanto, un uso sapiente della «tradizione vivente» per assorbire le «eccezioni bergogliane» sembra non solo insufficiente, ma soprattutto pericoloso. Anche in questo caso, solo il futuro potrà dirlo. E il futuro appartiene a Dio.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Lula Oficial via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata
Spirito
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