Connettiti con Renovato 21

Geopolitica

L’invasione della Crimea costerebbe la vita a 200.000 soldati ucraini: ex consigliere di Zelens’kyj

Pubblicato

il

Oleksiy Arestovych, ex consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj parlando con la giornalista russa Yulia Latynina ha avvertito che l’Ucraina sarebbe già «totalmente dipendente» dai sostenitori occidentali e avrebbe subito enormi perdite in qualsiasi tentativo di riconquistare la Crimea.

 

«Quale sarà il costo? Lo sterminio di 200.000 maschi adulti?» ha chiesto Arestovych, aggiungendo che l’economia ucraina potrebbe anche essere «totalmente distrutta».

 

L’ex advisor presidenziale, ex viceministro della Difesa per la guerra psicologica, negli scorsi mesi caduto in disgrazia, ha quindi accusato Washington ei suoi alleati di perseguire i propri interessi nel conflitto. «Siamo onesti: i nostri obiettivi di politica estera in questa guerra contrastano nettamente con gli obiettivi di politica estera dei nostri sponsor e sostenitori», ha detto, puntualizzando che l’Occidente sarebbe disposto a sacrificare il territorio dell’Ucraina e le vite della sua gente per ottenere il risultato desiderato, e che «le politiche immorali… e l’incapacità di prendere decisioni serie» sono la «maggiore debolezza dell’Occidente».

 

Piuttosto che chiedere la fine della follia della politica di guerra, ha detto: «fermare la guerra e unirsi alla NATO? Molte persone direbbero che è un’occasione storica». Per Arestovych accettare le garanzie della NATO in cambio del consenso a una pace con la Russia lungo l’attuale linea di contatto come un «affare abbastanza buono», che richiederebbe all’Occidente di revocare alcune sanzioni anti-russe per convincere Mosca ad accettare tali termini.

 

In un video del 2019, ma tornato ad emergere nei mesi di conflitto, Arestovych parlava di una grande guerra come costo che la NATO aveva posto all’Ucraina.

 

«Al 99,9% delle probabilità il prezzo per la nostra entrata nella NATO è una grande guerra con la Russia»

 

 

Come riportato da Renovatio 21, Arestovych aveva ad un certo punto che l’Ucraina poteva diventare una monarchia «alla Tolkien» per sconfiggere la Russia.

 

Arestovych, con il grado di colonnello, tra il 2014 e il 2017 è stato responsabile della preparazione psicologica dell’«operazione anti-terrorista» di Kiev, ossia la guerra in Donbass. È riportato che nei primi anni 2000 avrebbe preso parte a conferenze del Partito Eurasia di Aleksandr Dugin, opponendosi quindi alla Rivoluzione Arancione che portò al potere a Kiev Viktor Yushenko, talmente filo-americano da essere marito di una chicagoana dipendente del Dipartimento di Stato USA.

 

Arestovych, che dispone di 200.000 follower su Facebook e più di 1,2 milioni su YouTube aveva dichiarato che, in caso Zelens’kyj non si ricandidasse, correrà lui per le prossime presidenziali ucraine. Nel 2018, aveva chiesto l’apertura di un procedimento penale contro Barack Obama per la perdita della Crimea da parte dell’Ucraina. Nel 2016 si era scagliato contro Obama, Merkel, Renzi e Hollande prima di un vertice NATO, dicendo che «ci hanno preso in giro. Non ci hanno lasciato combattere, non ci hanno aiutato».

 

Il 17 gennaio 2023 ha dato le dimissioni da consigliere esterno dell’Ufficio di presidenza ucraina in seguito ad una amara controversia dovuta alle sue dichiarazioni secondo le quali un palazzo della città di Dnipro sarebbe crollato perché centrato da un razzo della contraerea ucraina invece che da un missile russo. Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov aveva dichiarato la ricostruzione di Arestovych come plausibile; la pressione sull’uomo fu tale che dovette dimettersi.

 

In seguito Arestovych prospettò una «soluzione coreana» per l’Ucraina, uno scenario completamente agli antipodi rispetto al programma di Kiev e delle sue forze ultranazionaliste di riconquistare di ogni metro ora in mano russa, Donbass e Crimea in testa. L’idea della coreanizzazione, secondo il capo dell’Intelligence militare ucraina sarebbe stata gradita a Putin nel primo mese del conflitto.

 

La proposta di Arestovych fece dire al popolarissimo YouTuber Gonzalo Lira che probabilmente l’ex consigliere presidenziale aveva un «desiderio di morte», cosa di cui lo stesso Lira, che ha continuato a restare a Kharkov, è stato varie volte tacciato.

 

Nessuna notizia si ha al momento di Lira, arrestato dai servizi ucraini dello SBU con un raid domestico, con la diplomazia americana e cilena che non si sta ammazzando di lavoro per far capire almeno ai suoi famigliari se è vivo o morto.

 

 

 

 

 

Immagine di Maximilian Dörrbecker (Chumwa) via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0); immagine modificata

 

 

 

Continua a leggere

Geopolitica

La Colombia accusa gli Stati Uniti di aver iniziato una «guerra»

Pubblicato

il

Da

Il presidente colombiano Gustavo Petro ha accusato gli Stati Uniti di cercare di provocare una guerra nei Caraibi usando come pretesto una campagna antidroga, sottolineando che cittadini colombiani sono stati uccisi nei recenti attacchi al largo delle coste del Venezuela.

 

In un post sui social media di mercoledì, Petro ha sostenuto che la campagna non ha come obiettivo il narcotraffico, ma piuttosto il controllo delle risorse della regione. La Casa Bianca ha definito l’accusa «infondata», secondo Reuters.

 

Gli Stati Uniti hanno effettuato attacchi aerei contro presunte imbarcazioni coinvolte nel traffico di droga vicino al Venezuela, descrivendoli come un tentativo di contrastare il traffico di stupefacenti nei Caraibi. Washington accusa da tempo il presidente venezuelano Nicolas Maduro di legami con i cartelli della droga. Maduro ha smentito le accuse, sostenendo che gli attacchi siano parte di un piano per destituirlo.

 

Nelle ultime settimane, gli Stati Uniti hanno distrutto almeno quattro imbarcazioni che, a loro dire, trasportavano stupefacenti al largo delle coste del Venezuela, causando la morte di oltre 20 persone. Come riportato da Renovatio 21, Trump ha definito gli attacchi alle barche della droga come un «atto di gentilezza».

Sostieni Renovatio 21

«Le prove dimostrano che l’ultima imbarcazione bombardata era colombiana, con cittadini colombiani a bordo», ha scritto Petro.

 

Il presidente colombiano ha ribadito che la campagna statunitense non riguarda la lotta alla droga, ma il controllo delle risorse naturali. «Non c’è una guerra contro il contrabbando; c’è una guerra per il petrolio», ha dichiarato, definendo gli attacchi «un’aggressione contro tutta l’America Latina e i Caraibi».

 

Per anni, la Colombia è stata considerata il principale alleato di Washington in Sud America. Attraverso il Plan Colombia, un’iniziativa di aiuti multimiliardaria avviata dagli Stati Uniti nel 2000, i governi colombiani successivi hanno concesso alle forze armate statunitensi l’accesso alle basi locali e hanno appoggiato gli sforzi guidati dagli Stati Uniti per isolare il Venezuela. Questa politica è cambiata con l’elezione di Petro nel 2022, che ha lavorato per ristabilire le relazioni diplomatiche con Caracas e ha promosso una politica estera più indipendente e una maggiore cooperazione regionale.

 

Come riportato da Renovatio 21, la scorsa estate il Petro aveva dichiarato che la Colombia deve interrompere i legami con la NATO perché i leader del blocco atlantico sostengono il genocidio dei palestinesi. Bogotà la settimana scorsa ha espulso tutti i diplomatici israeliani, dopo aver rotto i rapporti con lo Stato Ebraico un anno fa e chiesto alla Corte Penale Internazionale di emettere un mandato di arresto per Netanyahu.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

Continua a leggere

Geopolitica

Svelato il profilo dell’accordo tra Israele e Hamas

Pubblicato

il

Da

  Il piano di cessate il fuoco per Gaza proposto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump prevede il ritiro delle forze israeliane da vaste aree dell’enclave palestinese e la liberazione degli ostaggi rimanenti da parte di Hamas entro pochi giorni. Lo riportano varie testate giornalistiche internazionali.   Una fonte egiziana coinvolta nei negoziati ha dichiarato a Sky News Arabia che i mediatori hanno raggiunto un accordo per un «cessate il fuoco completo» e un «ritiro graduale dell’esercito israeliano dal 70% di Gaza».   Nel frattempo, la testata israeliana Ynet ha riportato che le forze israeliane dovrebbero ritirarsi entro 24 ore lungo una linea prestabilita, lasciando a Israele il controllo di circa il 53% dell’enclave. Questo includerebbe il ritiro delle IDF da Gaza City e da diverse altre aree centrali, secondo l’articolo.   L’agenzia Reuters scrive che Hamas rilascerebbe tutti gli ostaggi vivi entro 72 ore dall’approvazione del governo israeliano. In cambio, Israele libererebbe 250 palestinesi condannati all’ergastolo e 1.700 abitanti di Gaza detenuti dal 2023, incluse tutte le donne e i minori. Hamas detiene ancora circa 48 ostaggi, di cui Israele ritiene che circa 20 siano ancora in vita.   Dopo aver annunciato un progresso significativo nei negoziati, Trump ha dichiarato a Fox News che gli ostaggi saranno probabilmente rilasciati lunedì, promettendo che Gaza «sarà ricostruita».   «Gaza… diventerà un posto molto più sicuro… altri Paesi della zona aiuteranno la ricostruzione perché hanno enormi quantità di ricchezza e vogliono che ciò accada», ha affermato Trump, senza specificare quali nazioni siano coinvolte.   Nonostante l’apparente passo avanti, rimangono diverse questioni irrisolte, come la governance di Gaza nel dopoguerra e il destino di Hamas, che Israele ha giurato di eliminare completamente. Il piano di pace originale di Trump prevedeva un ruolo amministrativo limitato per l’Autorità Nazionale Palestinese, che governa parti della Cisgiordania, ma solo dopo significative riforme.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di Jaber Jehad Badwan via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Continua a leggere

Geopolitica

Il Cremlino: i colloqui Russia-USA sull’Ucraina sono in «seria pausa». Nessun incontro Trump-Putin in agenda

Pubblicato

il

Da

Il dialogo tra Russia e Stati Uniti per risolvere il conflitto in Ucraina si trova in una «seria pausa», ha dichiarato ai giornalisti il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov.

 

Le sue parole seguono l’affermazione del viceministro degli Esteri Sergey Rjabkov, secondo cui lo slancio generato dal vertice in Alaska tra i presidenti Vladimir Putin e Donald Trump si è esaurito.

 

Giovedì Peskov ha ribadito la posizione di Rjabkov, sottolineando l’assenza di progressi verso una soluzione pacifica del conflitto con Kiev.

 

Le delegazioni russa e ucraina si sono incontrate più volte all’inizio dell’anno. Nell’ultimo incontro a Istanbul a luglio, le parti hanno deciso di creare tre gruppi di lavoro per sviluppare un piano di risoluzione che affronti questioni politiche, militari e umanitarie.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Tuttavia, Peskov ha dichiarato che «non si sta muovendo nulla», suggerendo che Kiev non sia propensa a perseguire un processo di pace, aggrappandosi a false speranze di poter ribaltare la situazione sul campo di battaglia, una convinzione che ha definito irrealistica.

 

Peskov ha osservato che la posizione di Kiev è sostenuta dai suoi alleati europei. In precedenza, aveva notato che l’Occidente continua a spingere l’Ucraina a rifiutare il dialogo, alimentando una «isteria militarista» che ostacola gli sforzi di pace.

 

Rjabkov ha affermato all’inizio della settimana che i «sostenitori di una “guerra all’ultimo ucraino”, soprattutto tra gli europei», sono responsabili dell’esaurimento del «potente impulso» per trovare una soluzione al conflitto, generato durante il vertice di Anchorage ad agosto.

 

Poco dopo l’incontro tra Trump e Putin, diversi leader dell’UE hanno visitato Washington insieme al presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj, cercando di persuadere il presidente americano ad allinearsi alla posizione europea sul conflitto.

 

Mosca ha ribadito la sua disponibilità a un accordo di pace, sottolineando però che qualsiasi intesa dovrà rispettare gli interessi di sicurezza nazionale della Russia e le attuali realtà territoriali sul campo.

 

Attualmente non è previsto un ulteriore incontro tra Putin e Trump, ha dichiarato ai giornalisti Peskov.

 

I due leader si sono incontrati l’ultima volta a metà agosto in Alaska, dove le discussioni si sono concentrate sugli sforzi di Washington per mediare la fine del conflitto in Ucraina. Tuttavia, Peskov ha sottolineato che un nuovo vertice «semplicemente non è all’ordine del giorno in questo momento».

 

Il portavoce del Cremlino ha affermato che il processo diplomatico è in stallo, accusando Kiev di aver abbandonato gli sforzi di pace per perseguire obiettivi militari.

Iscriviti al canale Telegram

«Credono che qualcosa potrebbe cambiare in prima linea e che la situazione potrebbe volgere a loro favore», ha dichiarato Peskov, citato dai media russi. «Ma la realtà indica il contrario».

 

Il blocco diplomatico segue un cambiamento nella retorica di Trump, che il mese scorso ha dichiarato che, con sufficienti finanziamenti europei, l’Ucraina potrebbe riconquistare tutti i territori rivendicati, una posizione che Mosca ha definito irrealistica.

 

Zelens’kyj ha rinnovato le richieste per i missili Tomahawk a lungo raggio di fabbricazione statunitense. Putin ha avvertito che la consegna di armi con capacità nucleare rappresenterebbe una «grave escalation».

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

Continua a leggere

Più popolari