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L’FBI aveva infiltrato la campagna Trump 2016 con trappole sessuali

L’ex direttore dell’FBI James Comey avrebbe personalmente ordinato a spie ti tipo «honeypot» di infiltrarsi nella campagna presidenziale di Donald Trump del 2016, secondo un informatore dell’agenzia. L’operazione non ufficiale è stata descritta dall’insider come una «spedizione di pesca» per trovare illeciti nel team dell’allora candidato presidente Trump.
L’operazione sarebbe stata «personalmente diretta» da Comey e avviata nel giugno 2015 senza che fosse stato creato alcun fascicolo nel database dell’FBI, secondo un rapporto del whistleblower (informatore) consegnato alla Commissione giudiziaria della Camera guidata dai repubblicani martedì e visionato dalla testata americana Washington Times.
«La rivelazione del whistleblower ha affermato che due agenti sotto copertura dell’FBI si sono infiltrate nella campagna del 2016 del signor Trump ad alti livelli e sono state incaricate di agire come “honeypot” mentre viaggiavano con il signor Trump e il suo staff della campagna» scrive il Washington Times.
All’epoca, Trump aveva appena annunciato la sua prima campagna presidenziale e né lui né nessuno del suo team di campagna era sospettato di alcun crimine. Tuttavia, Comey avrebbe ordinato a due agenti «honeypot» di infiltrarsi nel team di Trump durante la campagna con l’obiettivo di estrarre informazioni dal consigliere George Papadopoulos, afferma l’articolo.
Come noto, nella storia di Papadopoulos vi è anche un filone che passa per l’Italia, quello del misterioso professore maltese della Link Campus University di Roma Joseph Mifsud.
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Per agente «honeypot» – letteralmente: trappola del miele – si intende generalmente una donna attraente che sfrutta una relazione sessuale o romantica per raccogliere informazioni da un bersaglio.
L’operazione di Comey ebbe luogo un anno prima dell’indagine «Crossfire Hurricane» dell’FBI sui presunti contatti della campagna di Trump con la Russia, che in seguito si trasformò nell’indagine biennale chiamata Russiagate del procuratore speciale Robert Mueller.
Secondo il whistleblower (cioè l’informatore «gola profonda»), tale operazione honeypot fu tenuta «fuori dai libri» per nasconderla all’ispettore generale del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che in seguito determinò che Comey aveva mentito consapevolmente quando presentò le prove per ottenere un mandato di sorveglianza della campagna di Trump.
Papadopoulos fu infine interrogato dall’FBI e nel 2017 si dichiarò colpevole di aver rilasciato false dichiarazioni agli agenti in merito ai suoi presunti contatti con la Russia l’anno prima. Nel 2018 scontò 12 giorni in una prigione federale e da allora ha affermato di essere stato incastrato dagli agenti dell’FBI che si spacciavano per russi con informazioni dannose sull’avversario di Trump del 2016, Hillary Clinton.
Si è lamentato del fatto che gli agenti dell’FBI poco attenti «mi hanno lasciato cadere in grembo informazioni che non volevo riguardo alle e-mail di Hillary Clinton nelle mani dei russi» durante l’inchiesta Crossfire Hurricane, e ha affermato di essere stato preso di mira da almeno un’agente «honeypot» in precedenza. Tuttavia, Papadopoulos ha detto nel 2019 di ritenere che la donna lavorasse per la CIA e potesse essere affiliata all’Intelligence turca.
L’operazione sarebbe stata annullata quando un giornale ha ottenuto una fotografia di uno degli agenti e stava per pubblicarla, ha affermato il whistleblower secondo il giornale americano. L’FBI avrebbe contattato il giornale sostenendo che la donna in questione era un’informatrice, e non un agente, e sarebbe stata uccisa se la foto fosse stata pubblicata, impedendone quindi la pubblicazione.
Uno degli agenti sarebbe stato quindi trasferito alla CIA in modo che non fosse disponibile come potenziale testimone.
«L’impiegato dell’FBI ha personalmente osservato che a uno o più impiegati dell’FBI è stato intimato di non discutere mai più dell’operazione con nessuno, il che includeva parlare con altre persone coinvolte nell’operazione», afferma il rapporto.
Il Comitato giudiziario ha dichiarato al Washington Times che «intende esaminare» il rapporto.
L’ex vicedirettore dell’FBI Chris Swecker avrebbe detto che se il rapporto risultasse veritiero, si tratterebbe di una «violazione eclatante e clamorosa» delle regole per il procuratore generale e l’FBI. «È un’infiltrazione imprevista di una campagna presidenziale che è delicata», ha detto al Washington Times. «È delicata al punto che avrebbe dovuto essere approvata dal [procuratore generale] e… avrebbe dovuto essere predetta. E in questo caso, non sento alcuna predetta. Dovrebbe essere comunque nei libri, a prescindere».
Trump ha licenziato Comey nel 2017, descrivendolo come una «talpa» ed un «bugiardo», aggiungendo che è stato «un onore licenziarlo.
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Il cosiddetto Russiagate compromise grandemente i rapporti di Washington sotto l’amministrazione Trump – che ha accusato pubblicamente la Clinton di averlo organizzato – e la Russia, Paese con il quale, oggi come allora, Trump sostiene di voler andare d’accordo. Ogni manovra non punitiva nei confronti di Mosca poteva far gridare alla stampa e alla politica nemica di Trump come prova del tradimento.
Trump in questi mesi ha altresì dichiarato di essere stato molto duro con Mosca, aumentando le sanzioni come nessun altro presidente. Tali dichiarazioni hanno provocato la reazione di Putin che ha dichiarato che preferirebbe se vincesse la Harris. Il Donald disse di sentirsi offeso dalle parole del Vladimir. Il ministro degli Esteri Lavrov ha poi precisato che il presidente lo aveva detto per ischerzo.
Come riportato da Renovatio 21, il Trump ha spesso ripetuto che la guerra in Ucraina non sarebbe scoppiata con lui al comando, e di fatto durante i quattro anni della sua presidenza, nonostante le premessi vi erano tutte, l’esercito russo non aveva mosso ufficialmente le sue truppe oltre il confine 1991.
L’ex presidente ha sostenuto di aver minacciato personalmente Putin di attaccare direttamente Mosca in caso di invasione dell’Ucraina, concentrandosi sulle sue torri (forse perché come il costruttore della Trump Tower se ne intende). Putin ha di recente detto di non ricordare questa conversazione.
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Giornale londinese ipotizza l’assassinio di Putin

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Netanyahu nomina il nuovo dell’Intelligence israeliana anche se il tribunale aveva bloccato il licenziamento del predecessore

Il primo ministro israeliano Beniamino Netanyahu sta portando avanti la sostituzione del capo licenziato dell’Agenzia per la sicurezza israeliana (il celebre Shin Bet), Ronen Bar, nonostante un’ingiunzione temporanea contro il licenziamento emessa dalla corte suprema del Paese.
Netanyahu ha nominato il viceammiraglio in pensione Eli Sharvit, ex capo della Marina israeliana, come nuovo capo della sicurezza. L’ufficio del primo ministro ha affermato che Sharvit è stato scelto dopo «aver condotto interviste approfondite con sette candidati meritevoli».
L’ammiraglio Sharvit ha prestato servizio nelle forze armate israeliane per 36 anni e ha guidato «la difesa marittima delle acque territoriali e condotto complesse operazioni contro Hamas, Hezbollah e Iran».
Il gabinetto di Netanyahu aveva approvato il licenziamento di Bar il 31 marzo, motivandolo con la «persistente sfiducia personale e professionale» nei suoi confronti e con la sua leadership nell’agenzia di sicurezza. Il licenziamento di un capo dello Shin Bet è stato un fatto senza precedenti nella storia dello Stato di Israele e ha scatenato massicce proteste di piazza, considerate anche le altre controverse decisioni di Netanyahu relative alla ripresa della guerra a Gaza.
I critici sostengono che il licenziamento di Bar sia un tentativo motivato politicamente per proteggere Netanyahu dalle indagini, dato che lo Shin Bet e la polizia hanno indagato su presunti legami illeciti tra due collaboratori di Netanyahu e il Qatar.
Anche il procuratore generale Gali Baharav Miara è nel mirino, poiché Netanyahu sta cercando di farla licenziare. Ha anche avvertito che il licenziamento del capo dello Shin Bet pone un conflitto di interessi.
Nel frattempola stampa israeliana ha riferito che anche l’ufficio del procuratore generale sta facendo pressione su Netanyahu. «Il procuratore generale Gali Baharav-Miara ordina alla polizia di convocare il primo ministro Benjamin Netanyahu per testimoniare nell’inchiesta in corso sui suoi collaboratori per i loro presunti legami illeciti con il Qatar», secondo Channel 12. «La testimonianza di Netanyahu sarebbe resa in quanto persona a conoscenza della vicenda e non come sospettato in questa fase».
Quanto a Bar, anche lui ha descritto il suo licenziamento come motivato in ultima analisi dagli «interessi personali» di Netanyahu.
In una lettera aveva fortemente suggerito che i problemi che hanno portato ai fallimenti della sicurezza del 7 ottobre provenissero dall’alto. «Una politica di silenzio aveva permesso ad Hamas di subire un massiccio rafforzamento militare» aveva detto in merito alla fase preparatoria dell’attacco terroristico nel sud di Israele.
Netanyahu ha a sua volta incolpato Bar per i massicci fallimenti della sicurezza.
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Immagini di U.S. Embassy Jerusalem via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Come gli USA di Biden hanno partecipato alla guerra ucraina: rivelazioni del New York Times

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