Geopolitica
L’ex primo ministro polacco accusa il governo di Varsavia di aiutarsi con la Wagner

L’ex primo ministro polacco Donald Tusk ha insinuato che Legge e giustizia (PiS) – il partito al governo a Varsavia – abbia utilizzato tattiche di allarmismo coinvolgendo la compagnia militare privata Wagner in vista di un’elezione parlamentare cruciale. Lo riporta il sito governativo russo RT. In risposta, il capo del governo in carica, Mateusz Morawiecki, ha accusato Tusk di essere una creatura della burocrazia dell’UE e di non conoscere le minacce a cui è sottoposto il Paese.
«Sembra che il PiS cerchi l’aiuto del gruppo Wagner perché teme le elezioni», ha dichiarato domenica Tusk in un tweet, prima di esortare i sostenitori del suo partito di centrodestra Piattaforma Civica a partecipare a una manifestazione in ottobre.
Apparentemente si riferiva alle precedenti affermazioni di Morawiecki secondo cui circa 100 membri della compagnia militare privata ora basata in Bielorussia stavano marciando verso il confine polacco. Minsk ha ridicolizzato le preoccupazioni polacche, con il presidente Alexander Lukashenko che ha affermato che le truppe Wagner erano impegnate nell’addestramento dei soldati bielorussi.
Morawiecki ha risposto ore dopo, sostenendo che Tusk era ignaro delle minacce che la Polonia doveva affrontare. Il leader dell’opposizione «non ha visto il suo partner dal molo di Sopot» attaccare la Crimea e il Donbass, ha dichiarato, riferendosi all’incontro del 2009 di Tusk con l’allora primo ministro Vladimir Putin nella città polacca di Sopot. Le due Nazioni all’epoca stavano cercando di riparare le spaccature storiche celebrando insieme il 70° anniversario dell’inizio della seconda guerra mondiale.
Il primo ministro polacco in carica ha accusato il suo predecessore di servire gli interessi tedeschi e ha suggerito che il Partito Popolare Europeo (PPE), u Tusk ha guidato fino allo scorso anno, dovrebbe riportarlo «a Bruxelles».
Tusk in precedenza è stato anche presidente del Consiglio europeo ed è un dichiarato sostenitore dell’integrazione europea, a differenza del governo nazionalista del PiS.
La Polonia dovrebbe tenere le sue elezioni parlamentari a ottobre, con il PiS che cerca di assicurarsi un terzo mandato al potere. Alcuni media locali hanno suggerito che con l’opinione pubblica incerta su una minaccia straniera, il partito al governo otterrebbe un risultato migliore.
Negli scorsi giorni il leader storico del PiS Jarosaaw Kaczynski ha suggerito che il gruppo Wagner si trasferisse in Bielorussia con uno «scopo», forse per «organizzare provocazioni o penetrare nel nostro confine». Ha aggiunto che le elezioni si terranno in tempo a prescindere da eventuali schermaglie.
La settimana scorsa il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko ha detto durante un incontro con l’omologo di Mosca che ora i combattenti della Wagner vorrebbero «visitare» la Polonia.
Come riportato da Renovatio 21, la Polonia ospiterebbe campi di addestramenti di bielorussi in esilio per un preparare un colpo di Stato a Minsk.
Varsavia nelle scorse settimane scorsa aveva chiesto una reazione della NATO al programma di Mosca di piazzare le sue atomiche anche in Bielorussia – un programma peraltro nel pieno stile di condivisione internazionale degli armamenti atomici in stile NATO.
Lo scorso autunno il viceministro della Difesa Marcin Ociepa ha dichiarato che la Polonia sarà in guerra con la Russia tra 3 o 10 anni massimo. Pochi mesi dopo Polonia ha emanato lo scorso mese un bizzarro comunicato congiunto con il Dipartimento di Stato USA per «la sconfitta strategica della Russia».
L’idea di un’annessione di porzioni dell’Ucraina occidentale, che sono state storicamente polacche (Leopoli, Ternopoli, Rivne) aleggia sin dall’inizio nel conflitto nelle chiacchiere sui progetti di Varsavia.
Immagine di Mateusz Włodarczyk – www.wlodarczykfoto.pl via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)
Geopolitica
La flottiglia Sumudda sequestrata dalla marina Israeliana. Greta arrestata, Vespa dice parolacce contro un rappresentante della protesta marittima

La marina israeliana ha fermato una flottiglia che trasportava attivisti e aiuti umanitari diretti a Gaza.
La Global Sumud Flotilla, salpata dalla Spagna un mese fa, trasportava persone di 44 nazionalità intenzionate a sfidare il blocco navale imposto da Israele sull’enclave palestinese.
Giovedì, le forze navali israeliane hanno abbordato diverse imbarcazioni dopo che gli attivisti hanno rifiutato di cambiare rotta come ordinato. I passeggeri hanno riferito di essere stati colpiti con idranti.
Il ministero degli Esteri israeliano ha comunicato che gli attivisti, tra cui l’attivista svedese per il clima Greta Thunberg (ora in versione He-Man pro-pal), sono stati arrestati e condotti in un porto israeliano. «Greta e i suoi amici sono sani e salvi», ha scritto il Ministero su X.
Already several vessels of the Hamas-Sumud flotilla have been safely stopped and their passengers are being transferred to an Israeli port.
Greta and her friends are safe and healthy. pic.twitter.com/PA1ezier9s— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 1, 2025
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In precedenza, il ministero aveva definito la missione della Sumudda una «provocazione» anziché un’iniziativa umanitaria, sottolineando che agli attivisti era stata proposta un’opzione per consegnare aiuti a Gaza in modo «pacifico». Tuttavia, secondo il ministero, essi avrebbero scelto di dirigersi verso «una zona di combattimento attiva», violando un «legittimo blocco navale».
Israeli naval forces have illegally intercepted and boarded the Global Sumud Flotilla’s vessel Alma (and other boats) in international waters.
Live streams and communications have been cut. The status of the unarmed participants and crew is unconfirmed. pic.twitter.com/EDHeGGzeYB— Global Sumud Flotilla Commentary (@GlobalSumudF) October 1, 2025
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Saif Abukeshek, portavoce della flottiglia, ha dichiarato che 13 imbarcazioni sono state intercettate e oltre 200 persone arrestate. Ha aggiunto che circa 30 imbarcazioni stanno ancora navigando verso Gaza, cercando di sfuggire alle pattuglie israeliane. Israele aveva già bloccato tentativi simili di violare il blocco navale a giugno e luglio.
Sul fronte mediatico italiano si segnala invece la curiosa scena in cui il giornalista e conduttore TV 81enne Bruno Vespa, già alfiere dell’informazione dell’era democristiana, ha detto una parolaccia parlando con un rappresentante italiano della flottiglia Sumudda.
BRUNO VESPA
“Posso dire che non ve ne fotte niente di aiutare le persone?”
Dal signor Vespa uno sdeng così non me lo aspettavo.
D’altronde l’interlocutore sti stava arrampicano di brutto sugli specchi⬇️ pic.twitter.com/ATkCaKWmqv— Virna (@Virna25marzo) October 1, 2025
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«Farci dare degli irresponsabili da chi in questo momento sta al governo ed è alleato di Israele e non si è mosso neanche per proporre un embargo, per fermare l’invio di armi, di tecnologie militari, di accordi commerciali con un paese che muove un genocidio da due anni, non ho proprio voglia di accettarlo e di sentirlo» aveva detto il rappresentante della Sumudda.
Il Vespa quindi incalza con una domanda riguardante la proposta del cardinale Pizzaballa di portare gli aiuti a Cipro e poi lasciare che ad occuparsene sia il Patriarcato Latino di Gerusalemme: «mi scusi, posso chiederle: voi vi fidate di Pizzaballa o no? E allora, se vi fidate, perché non gli avete dato gli aiuti?!».
«Era una proposta non conforme alla natura della missione» dice il rappresentante della flottiglia. La natura della missione è l’apertura di un canale umanitario diretto, senza mediatori…»
«Non ve ne fotte niente di dare gli aiuti ai palestinesi» interrompe Vespa. «Voi volete stabilire un canale diretto che, come sapevate già, Israele non vi permetterà mai di aprire» sbotta indomabile il decano del giornalismo RAI, che una improbabile quanto bonaria leggenda metropolitana sostiene essere figlio biologico di Benito Mussolini. Sentire Vespa che dice parolacce è uno spettacolo non piacevole per lo spettatore sincero-democratico, post-democristiano italiano.
«Contavamo sul rispetto del diritto internazionale e sull’intervento degli Stati che si dicono civili» ribatte il marinaio della Flottilla.
«Certo, va bene, perfetto. Grazie, sappiamo che lei ha altri impegni, buona navigazione» taglia corto quello che Dagospia chiama cattivamente Bruneo.
Si tratta di un siparietto eccezionale, rivelatore su ambo le parti, possibile solo nell’era terminale della questione israeliana, dove tutti coloro che non hanno mai affrontato il tema secondo la sua vera cifra – che è, come sa il governo Netanyahu, metafisica, messianica – vivono in istato di disperante confusione.
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Immagine screenshot da Twitter
Geopolitica
Orban promette di combattere i «burocrati guerrafondai» di Bruxelles

Brussels has turned the EU into a war project. They speak of peace but prepare for war, trying to force all nations into their agenda. Hungarians and Slovaks know what war means, and we will not be pushed onto that path. We choose sovereignty, and the power of love and unity over… pic.twitter.com/LsGISQY3qM
— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) September 29, 2025
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Geopolitica
Trump: «Hamas pagherà all’inferno»

Il gruppo militante islamista Hamas ha quattro giorni per accettare il piano di pace per Gaza in 20 punti proposto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Presentato durante l’incontro di Trump con il premier israeliano Benjamin Netanyahu lunedì, il piano prevede un cessate il fuoco immediato, uno scambio di ostaggi con prigionieri, un ritiro graduale di Israele e un’amministrazione internazionale di transizione. Inoltre, stabilisce che Gaza diventi una «zona deradicalizzata e libera dal terrorismo», escludendo Hamas dal governo.
Rispondendo a un giornalista sul tempo concesso a Hamas per rispondere, Trump ha dichiarato: «Ci vorranno circa tre o quattro giorni», sottolineando che il gruppo ha «poco» margine per negoziare. «Hamas o lo farà o non lo farà, e se non lo farà, sarà una triste fine», ha aggiunto.
In un discorso successivo al Dipartimento della Guerra, presso la base dei Marines di Quantico, ha ribadito: «Abbiamo una firma di cui abbiamo bisogno, e quella firma pagherà all’inferno se non la firmeranno».
Se Hamas rifiuterà il piano o lo violerà, Israele avrà il suo «pieno appoggio», ha affermato.
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Netanyahu, che ha sostenuto la proposta, ha avvertito che Israele «finirà il lavoro» di eliminare Hamas se il gruppo dovesse rifiutare.
Hamas non ha partecipato ai negoziati per la stesura del piano, che richiede il disarmo del gruppo, una condizione che Hamas ha sempre respinto, insieme a qualsiasi proposta che escluda l’autodeterminazione palestinese.
I mediatori di Qatar ed Egitto hanno trasmesso il piano di Trump al gruppo lunedì sera, e fonti vicine ai colloqui hanno riferito ai media che Hamas si è impegnato a valutarlo «in buona fede». Si attende ancora una risposta ufficiale.
Quasi una dozzina di nazioni arabe e a maggioranza musulmana, tra cui Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi Uniti ed Egitto, hanno appoggiato l’iniziativa di pace di Trump. L’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), che governa la Cisgiordania, ha accolto favorevolmente il piano, definendolo uno «sforzo sincero e determinato» per la pace a Gaza.
Secondo il piano, l’ANP assumerebbe il controllo di Gaza al termine del conflitto, dopo l’attuazione delle riforme previste dall’accordo.
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi mesi Trump aveva dichiarato di voler andare in paradiso.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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