Cina
L’Esercito Popolare di Liberazione «riunificherà» Taiwan: generale cinese in faccia al consigliere di Biden Sullivan
Il leader cinese Xi Jinping ha incontrato giovedì il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan, al termine del suo viaggio di tre giorni a Pechino, il primo di un consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti in carica negli ultimi otto anni.
Tuttavia, va rilevato che il momento più interessante è arrivato poco prima, quando il Sullivan ha incontrato uno dei vicepresidenti della Commissione militare centrale cinese, il generale Zhang Youxia.
Il generale di grado più alto ha affrontato Sullivan sul crescente sostegno degli Stati Uniti all’esercito di Taiwan, dicendogli in faccia che la riunificazione di Taiwan con la terraferma è «la missione e la responsabilità» dell’Esercito Popolare di Liberazione (EPL) e che non sarà scoraggiata. Sullivan è sembrato nervoso e inquieto per tutto l’incontro, dinanzi ad un generale Zhang che è parso invece fiducioso e raggiante.
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«La Cina chiede agli Stati Uniti di porre fine alla collusione militare tra USA e Taiwan, di smettere di armare Taiwan e di diffondere false narrazioni su Taiwan», si legge nella dichiarazione rilasciata dal Ministero della Difesa.
Sullivan ha risposto con un tono diplomatico e conciliatorio, affermando che «è raro che abbiamo l’opportunità di avere questo tipo di scambio» e ha sottolineato «la necessità di gestire in modo responsabile le relazioni tra Stati Uniti e Cina».
In una successiva dichiarazione la Casa Bianca ha cercato di sottolineare che le due parti avevano «riconosciuto i progressi compiuti negli ultimi 10 mesi nelle comunicazioni militari regolari e durature».
Per quanto riguarda le dichiarazioni rilasciate in seguito al raro incontro di Sullivan con il presidente Xi, si è trattato delle solite espressioni di gestione della concorrenza ed evitamento del conflitto diretto. «Crediamo che la competizione con la Cina non debba portare a conflitti o scontri. La chiave è una gestione responsabile attraverso la diplomazia», ha detto ai giornalisti in una conferenza stampa poco prima di lasciare Pechino.
«Nonostante grandi cambiamenti si siano verificati nei due Paesi e nelle relazioni tra Cina e Stati Uniti, l’impegno della Cina verso l’obiettivo di relazioni stabili, sane e sostenibili tra i due Paesi resta invariato», ha affermato lo Xi.
«Il presidente Biden si impegna a gestire responsabilmente questa importante relazione per garantire che la competizione non sfoci in conflitti o scontri e a lavorare insieme laddove i nostri interessi coincidono», ha continuato grigiamente il Sullivano.
Tuttavia, il fatto che sia stato affrontato dalla delegazione dell’Esercito Popolare di Liberazione e che gli sia stato sostanzialmente risposto male riguardo alla scottante questione di Taiwan verrà probabilmente utilizzato dai repubblicani in patria per sottolineare le debolezze della politica estera della Casa Bianca di Biden, scrive Zerohedge.
«Uno dei temi principali della campagna di Trump è che il mondo non “rispetta” più l’America, e i falchi metteranno sicuramente in risalto la posizione di Sullivan quando un generale dell’Esercito Popolare di Liberazione lo ha informato in sostanza che “prenderemo Taiwan”».
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Le riprese dell’incontro mostrano la delegazione militare cinese che appare sicura di sé, mentre Sullivan e il suo team sono inquieti e nervosi.
Per quanto riguarda l’incontro a sorpresa con Xi, il tono del leader cinese è stato descritto come sorprendentemente conciliante, forse perché si rende conto di avere a che fare con un’amministrazione inefficiente.
«Giovedì mattina è stato rivelato che le due parti avevano concordato di pianificare una chiamata tra Xi e Biden», riporta il Guardian. Tuttavia, «non ci sono piani noti per un nuovo incontro di persona tra i due leader prima delle elezioni statunitensi di novembre».
Jake Sullivan, enfant prodige clintoniano, è oramai considerato l’eminenza grigia della geopolitica di Washington. Secondo il premio Pulitzer Seymour Hersh sarebbe tra i vertici che hanno programmato l’attacco di terrorismo internazionale di Stato al gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2.
Come riportato da Renovatio 21, vi sarebbero tuttavia impronte del suo lavoro in molti altri casi internazionali di questi anni, dallo scandalo Russiagate (in cui si accusava Trump di essere colluso con Mosca) alla distruzione della Libia di Gheddafi pianificata da Hillary Clinton.
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Cina
La Casa Bianca annuncia l’incontro Trump-Xi
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Cina
La Cina accusa gli Stati Uniti di un grave attacco informatico
La Cina ha accusato la National Security Agency (NSA) degli Stati Uniti di aver condotto un «significativo» attacco informatico protrattosi per anni contro l’ente cinese incaricato di gestire l’orario nazionale ufficiale.
In un comunicato diffuso domenica sul suo account social ufficiale, il Ministero della Sicurezza dello Stato (MSS) ha dichiarato di aver acquisito «prove inconfutabili» dell’infiltrazione della NSA nel National Time Service Center. L’operazione segreta sarebbe iniziata nel marzo 2022, con l’obiettivo di sottrarre segreti di Stato e compiere atti di sabotaggio informatico.
Il centro rappresenta l’autorità ufficiale cinese per l’orario, fornendo e trasmettendo l’ora di Pechino a settori cruciali come finanza, energia, trasporti e difesa. Secondo l’MSS, un’interruzione di questa infrastruttura fondamentale avrebbe potuto provocare «instabilità diffusa» nei mercati finanziari, nella logistica e nell’approvvigionamento energetico.
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L’MSS ha riferito che la NSA avrebbe inizialmente sfruttato una vulnerabilità (exploit) nei telefoni cellulari di fabbricazione straniera utilizzati da alcuni membri del personale del centro, accedendo così a dati sensibili.
Nell’aprile 2023, l’agenzia avrebbe iniziato a utilizzare password rubate per penetrare nei sistemi informatici della struttura, un’operazione che avrebbe raggiunto il culmine tra agosto 2023 e giugno 2024.
Il ministero ha dichiarato che gli intrusi hanno impiegato 42 diversi strumenti informatici nella loro operazione segreta, utilizzando server privati virtuali con sede negli Stati Uniti, in Europa e in Asia per nascondere la loro provenienza.
L’MSS ha accusato gli Stati Uniti di «perseguire in modo aggressivo l’egemonia informatica» e di «violare ripetutamente le norme internazionali che regolano il cyberspazio».
Le agenzie di intelligence americane «hanno agito in modo sconsiderato, conducendo incessantemente attacchi informatici contro la Cina, il Sud-est asiatico, l’Europa e il Sud America», ha aggiunto il ministero.
Negli ultimi anni, Pechino e Washington si sono scambiate accuse reciproche di violazioni e operazioni di hacking segrete. Queste tensioni si inseriscono in un più ampio contesto di scontro tra le due potenze, che include anche una guerra commerciale.
All’inizio di gennaio, il Washington Post aveva riportato che, il mese precedente, hacker cinesi avrebbero preso di mira l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) del dipartimento del Tesoro statunitense. All’epoca, Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese, aveva definito tali accuse «infondate».
Come riportato, ad inizio anno le agenzie federali USA accusarono hacker del Dragone di aver colpito almeno 70 Paesi. Due anni fa era stata la Nuova Zelanda ad accusare hackerri di Pechino di aver penetrato il sistema informatico del Parlamento di Wellington.
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Le attività dell’hacking internazionale da parte di gruppi cinesi hanno negli ultimi anni raggiunto le cronache varie volte. A maggio 2021 si è saputo che la Cina ha spiato per anni i progetti di un jet militare USA, grazie a operazioni informatiche mirate.
Come riportato da Renovatio 21, a ottobre 2023 si è scoperto che hackers cinesi hanno rubato dati da un’azienda biotech americana, colpendo il settore della ricerca.
A febbraio 2022, allo scoppio del conflitto ucraino, Microsoft ha rilevato un malware «wiper» diretto a Kiev, con sospetti di coinvolgimento cinese.
Come riportato da Renovatio 21, a gennaio 2023 un attacco cibernetico cinese ha colpito università sudcoreane. Due anni fa vi fu inoltre un attacco cibernetico a Guam, isola del Pacifico che ospita una grande base USA. Analisti dissero che poteva essere un test per il vero obbiettivo, cioè lo scontro con Taiwan.
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Cina
La Cina espelle 9 generali di alto rango, tra cui due dirigenti del Partito Comunista, in una purga radicale
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