Spirito
Leone XIV chiede la pace dopo i bombardamenti americani sull’Iran
Dopo gli attacchi militari statunitensi contro l’Iran, papa Leone XIV ha ribadito i suoi regolari appelli alla pace, citando le «notizie allarmanti» dall’Iran.
Rivolgendosi ai pellegrini riuniti in Piazza San Pietro domenica pomeriggio, papa Leone ha esortato alla pace piuttosto che all’azione militare in Medio Oriente:
«Si susseguono notizie allarmanti dal Medio Oriente, soprattutto dall’Iran. In questo scenario drammatico, che include Israele e Palestina, rischia di cadere in oblio la sofferenza quotidiana della popolazione, specialmente a Gaza e negli altri territori, dove l’urgenza di un adeguato sostegno umanitario si fa sempre più pressante».
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«Oggi più che mai, l’umanità grida e invoca la pace. È un grido che chiede responsabilità e ragione, e non dev’essere soffocato dal fragore delle armi e da parole retoriche che incitano al conflitto. Ogni membro della comunità internazionale ha una responsabilità morale: fermare la tragedia della guerra, prima che essa diventi una voragine irreparabile. Non esistono conflitti “lontani” quando la dignità umana è in gioco».
«La guerra non risolve i problemi, anzi li amplifica e produce ferite profonde nella storia dei popoli, che impiegano generazioni per rimarginarsi. Nessuna vittoria armata potrà compensare il dolore delle madri, la paura dei bambini, il futuro rubato».
«Che la diplomazia faccia tacere le armi! Che le Nazioni traccino il loro futuro con opere di pace, non con la violenza e conflitti sanguinosi!»
Pope Leo today re-iterated his call for peace, highlighting Iran after US bombing strikes last night: “May diplomacy silence the weapons”
Full comments: “Alarming news continues to emerge from the Middle East, especially from Iran.
In this dramatic scenario, which includes… pic.twitter.com/faPpDRI21z— Michael Haynes 🇻🇦 (@MLJHaynes) June 22, 2025
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Il messaggio del Papa è giunto poche ore dopo che gli Stati Uniti hanno effettuato bombardamenti sui siti nucleari iraniani nella tarda serata di sabato.
Il presidente Donaldo Trump ha definito l’attacco «un grande successo», aggiungendo in seguito che «ora è il momento della pace. Grazie per l’attenzione a questa questione».
Il vicepresidente J.D. Vance ha sostenuto che gli Stati Uniti «non hanno attaccato l’Iran. Non abbiamo attaccato alcun obiettivo civile. Non abbiamo nemmeno attaccato obiettivi militari al di fuori dei tre impianti nucleari».
La portavoce di Trump, Karoline Leavitt, ha commentato: «Il mondo dovrebbe essere soddisfatto dell’azione coraggiosa intrapresa dall’esercito degli Stati Uniti».
Nel suo primissimo discorso domenicale, a metà maggio, Leone ha dato avvio a quello che è stato un tema ricorrente del suo giovane pontificato: l’esortazione alla pace nel mondo. «Mai più la guerra», aveva esortato, citando per nome i conflitti in Ucraina, Gaza e Pakistan.
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Immagine di Edgar Beltrán, The Pillar via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Gender
5 attivisti transgender ceneranno con Papa Leone all’evento «Giubileo dei poveri» domenica
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Spirito
Mater Populi fidelis: intervista con il Superiore generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X
In merito alla pubblicazione di Mater Populi fidelis.
«Negare il titolo di “Corredentrice” equivale a detronizzare la Santissima Vergine. Ciò colpisce l’anima cattolica in ciò che essa ha di più caro.»
FSSPX.Attualità: Reverendo Superiore Generale, il 4 novembre scorso è stato pubblicato un documento del Dicastero per la Dottrina della Fede (di seguito «DDF») che limita l’uso di alcuni titoli tradizionalmente attribuiti alla Beata Vergine, intitolato Mater Populi fidelis. Qual è stata la sua prima reazione al riguardo?
Don Davide Pagliarani: Confesso di essere rimasto scioccato. Se da un lato Papa Leone XIV aveva già manifestato la volontà di continuità con il suo predecessore, non mi aspettavo un documento di un dicastero romano volto a limitare l’uso dei titoli, così ricchi di significato, che la Chiesa attribuisce tradizionalmente alla Vergine. La mia prima reazione è stata quella di celebrare una Messa di riparazione per questo nuovo attacco alla Tradizione e, per di più, alla Santissima Vergine Maria.
Infatti, non è solo l’uso dei titoli di «Corredentrice» e «Mediatrice di tutte le grazie» ad essere messo in discussione; è il significato tradizionale di questi titoli ad essere snaturato. Ciò è ancora più grave, perché la negazione di queste verità equivale a detronizzare la Santissima Vergine, e questo colpisce l’anima cattolica in ciò che essa ha di più caro. Infatti, la Santissima Vergine rappresenta, insieme alla Santa Eucaristia, il dono più prezioso che Nostro Signore ci ha lasciato.
Cosa l’ha colpita di più?
Innanzitutto, il fatto di considerare l’uso del termine «corredentrice» come «sempre inappropriato», il che, in pratica, equivale a vietarlo. La ragione addotta è la seguente: «Quando un’espressione richiede numerose e continue spiegazioni, per evitare che si allontani dal significato corretto, non serve alla fede del Popolo di Dio e diventa sconveniente». (1)
Ora, non ci troviamo di fronte a un termine esotico suggerito da una veggente in seguito ad un’apparizione dubbia, ma piuttosto a un’espressione che la Chiesa usa da secoli e il cui significato esatto è stato chiaramente stabilito dai teologi. Inoltre, diversi papi hanno fatto uso di questa espressione. Ciò che è paradossale è che lo stesso Giovanni Paolo II ha usato questo titolo più volte. Nel suo magistero, San Pio X definisce in modo molto chiaro il fondamento e la portata della corredenzione della Madonna, anche se non usa direttamente questo termine, ma quello di «riparatrice dell’umanità decaduta».
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Cosa dice esattamente San Pio X?
Nella sua enciclica mariana Ad diem illum (2 febbraio 1904), San Pio X tratta direttamente e molto chiaramente della corredenzione e pure della mediazione universale di Maria. Lasciamo che sia lui a parlare:
«E quando venne per Gesù l’ultima ora, “Sua Madre stava presso la Croce, oppressa dal tragico spettacolo e nello stesso tempo felice perché Suo Figlio si immolava per la salvezza del genere umano e d’altronde Ella partecipava talmente ai Suoi dolori, che Le sarebbe sembrato infinitamente preferibile prendere su di sé tutti i tormenti del Figlio, se fosse stato possibile”» (2).
La conseguenza di questa comunione di sentimenti e di sofferenze fra Maria e Gesù è che Maria «divenne legittimamente degna di riparare l’umana rovina» (3) e perciò di dispensare tutti i tesori che Gesù procurò a noi con la Sua morte e il Suo sangue. Certo, solo Gesù Cristo ha il diritto proprio e particolare di dispensare quei tesori che sono il frutto esclusivo della Sua morte, essendo egli per Sua natura il mediatore fra Dio e gli uomini. Tuttavia, per quella comunione di dolori e d’angosce, già menzionata tra la Madre e il Figlio, è stato concesso all’Augusta Vergine di essere “presso il Suo unico Figlio la potentissima mediatrice e conciliatrice del mondo intiero» (4).
La fonte è dunque Gesù Cristo e «noi tutti abbiamo derivato qualcosa dalla Sua pienezza» (5); «da Lui tutto il corpo reso compatto in tutte le giunture dalla comunicazione prende gli incrementi propri del corpo ed è edificato nella carità» (6=. Ma Maria, come osserva giustamente San Bernardo, è l’«acquedotto» (7), o anche quella parte per cui il capo si congiunge col corpo e gli trasmette forza e efficacia; in una parola, il collo. Dice San Bernardino da Siena: «Ella è il collo del nostro capo, per mezzo del quale esso comunica al suo corpo mistico tutti i doni spirituali» (8).
È dunque evidente che noi non dobbiamo attribuire alla Madre di Dio una virtù produttrice di grazie: quella virtù che è solo di Dio. Tuttavia, poiché Maria supera tutti nella santità e nell’unione con Gesù Cristo ed è stata associata da Gesù Cristo nell’opera di redenzione, Ella ci procura de congruo, come dicono i teologi, ciò che Gesù Cristo ci ha procurato de condigno ed è la suprema dispensatrice di grazie. Gesù «siede alla destra della Maestà Divina nell’altezza dei Cieli9»; Maria siede regina alla destra di Suo Figlio, «rifugio così sicuro e ausilio così fedele in tutti i pericoli, che non si deve temere nulla né disperare sotto la sua guida, i suoi auspici, la sua protezione e la sua benevolenza10» (11).
Questa citazione è certamente lunga, ma contiene le risposte alle conclusioni formulate nella nota dottrinale del DDF. Inoltre, va notato che questa enciclica di San Pio X è semplicemente menzionata in una nota alla fine del testo, ma non è mai citata. Si coglie facilmente il motivo: non è compatibile con il nuovo orientamento teologico.
Ma qual è, secondo lei, la vera ragione per cui il DDF considera ora «sempre inappropriato» il concetto di corredenzione?
La ragione è innanzitutto ecumenica. Bisogna capire bene che il concetto di corredenzione, così come quello di mediazione universale, sono assolutamente incompatibili con la teologia e lo spirito protestanti. Questi concetti erano già stati accantonati al momento del Concilio, dopo essere stati oggetto di un acceso dibattito: infatti una parte dei padri conciliari aveva richiesto la definizione della mediazione universale come dogma di fede.
Questo accantonamento ispirato dall’ecumenismo ha avuto l’effetto disastroso di un indebolimento della fede. Infatti, se non si ricorda regolarmente l’insegnamento tradizionale sulla Santissima Vergine, si finisce per perderlo. In altre parole, coloro che hanno redatto questo documento sono realmente convinti che i termini in questione siano pericolosi per la fede. Ciò è catastrofico.
Il testo, nella sua interezza, ripete continuamente che la Santissima Vergine non deve in alcun modo offuscare l’unicità e la centralità della mediazione di Nostro Signore e del suo ruolo unico e irripetibile di Redentore. Questa preoccupazione sembra quasi patologica, una sorta di paranoia spirituale, inspiegabile in un cattolico.
Infatti, nessun fedele istruito nelle verità della fede, che ricorre alla Santissima Vergine e si lascia guidare da lei, può correre il rischio di venerarla troppo, a scapito di Nostro Signore. La devozione mariana, illuminata dalla fede, ha un solo scopo: permetterci di penetrare maggiormente il mistero di Nostro Signore e della Redenzione.
Questo era ben compreso – e praticato – fino al Concilio. Ci troviamo qui di fronte a un circolo vizioso che rasenta l’assurdo: ci si mette in guardia contro un mezzo considerato abusivo e inadeguato per raggiungere un fine, mentre quel mezzo ci è stato dato proprio per raggiungere quel fine.
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Pensa che la preoccupazione ecumenica sia l’unica ragione di questo approccio del Vaticano?
Penso che si debba prendere in considerazione un altro motivo. Le espressioni incriminate nel documento romano hanno un rapporto diretto con il mistero della Redenzione e della grazia che ne deriva. Purtroppo, però, il concetto di Redenzione oggi non è più lo stesso. Infatti, i concetti di «sacrificio espiatorio per i nostri peccati» e di «sacrificio satisfattorio della giustizia divina» vengono sempre più abbandonati. Non si accetta più l’idea di un sacrificio offerto a Dio per placare la sua giustizia. Nella prospettiva moderna, Nostro Signore non ha realmente bisogno di meritare, né di soddisfare per i nostri peccati, né di offrire un sacrificio espiatorio, poiché la misericordia di Dio non muta di fronte alla realtà del peccato degli uomini: essa è incondizionata. Dio perdona sempre, per pura liberalità.
Di conseguenza, Nostro Signore è Redentore in un senso completamente nuovo: la sua morte non è altro che la manifestazione ultima e suprema dell’amore misericordioso del Padre (12). Non c’è quindi da stupirsi se da questa distorsione della Redenzione derivi inevitabilmente un’incapacità radicale di comprendere come e perché la Vergine possa esservi stata associata con le sue sofferenze.
A questo proposito, il testo del DDF contiene un avvertimento rivelatore: «Bisogna quindi evitare titoli ed espressioni riferiti a Maria che la presentino come una specie di “parafulmine” di fronte alla giustizia del Signore, come se Maria fosse un’alternativa necessaria all’insufficiente misericordia di Dio» (13).
Torniamo al concetto di «corredenzione». Perché lo ritiene così importante?
Essa è innanzitutto l’espressione di un’evoluzione omogenea del dogma cattolico ed era considerata una conclusione teologica comune, o addirittura, per alcuni, una verità definibile come dogma di fede. Ha la sua fonte nel Vangelo stesso e manifesta l’esatta portata dell’associazione all’opera della Redenzione che Nostro Signore ha voluto per sua Madre.
Non si tratta né di una Redenzione parallela, né di qualcosa che si aggiungerebbe all’opera di Nostro Signore, come una certa caricatura vorrebbe farci credere a torto. Si tratta semplicemente di un’incorporazione assolutamente unica nell’opera di Cristo, senza alcun equivalente possibile, che riconosce a Maria Santissima il suo posto specifico e ne trae le conseguenze che si impongono.
Quali sono gli argomenti autorevoli utilizzati dal testo del DDF?
Questa nota teologica cita il parere sfavorevole del cardinale Josef Ratzinger, che riteneva che il concetto di corredenzione non fosse sufficientemente radicato nella Sacra Scrittura. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che lo stesso cardinale Ratzinger aveva teorie non tradizionali sul tema della Redenzione (14).
Ma la nota si basa soprattutto sull’autorità di Papa Francesco. Riportiamo le sue parole, così come sono citate nel testo: «Maria “non ha mai voluto prendere per sé qualcosa di suo Figlio. Non si è mai presentata come co-redentrice. No, discepola”. L’opera della Redenzione è stata perfetta e non necessita di alcuna aggiunta. Perciò, “a Madonna non ha voluto togliere a Gesù alcun titolo […]. Non ha chiesto per sé di essere una quasi-redentrice o una co-redentrice: no. Il Redentore è uno solo e questo titolo non si raddoppia”. Cristo “è l’unico Redentore: non ci sono co-redentori con Cristo”»(15).
Queste parole sono affliggenti. Sono una caricatura delle vere ragioni su cui si basa la corredenzione. Diciamo semplicemente che non si tratta di sapere cosa la Madonna avrebbe voluto essere – sarebbe ridicolo. Si tratta di riconoscere ciò che la Sapienza divina le ha concesso e le ha chiesto di essere: nell’opera unica della Redenzione, le è stato dato di offrire per noi una soddisfazione di convenienza mentre Gesù Cristo soddisfaceva per noi in stretta giustizia; grazie alla sua perfetta carità e alla sua unione del tutto particolare con Dio, le fu dato di meritare per noi ciò che Nostro Signore ha meritato in stretta giustizia.
Esiste un legame tra la corredenzione e la mediazione di tutte le grazie?
È evidente che esiste un legame tra questi due concetti: è proprio per questo motivo che anche il titolo di «mediatrice di tutte le grazie» è messo in discussione, poiché il suo uso è ormai considerato pericoloso e quindi fortemente sconsigliato, come vedremo più dettagliatamente.
A causa dell’associazione della Madonna all’opera della Redenzione, e poiché pure ella ci ha meritato – sebbene in modo diverso – tutto ciò che Nostro Signore ci ha meritato, ella è stata stabilita da Nostro Signore stesso come dispensatrice di tutte le grazie così meritate. È quanto emerge dalle indagini della teologia tradizionale, nonché dal magistero di San Pio X che abbiamo appena ricordato.
Naturalmente, la presente nota dottrinale non nega la possibilità che i santi e la Santissima Vergine possano meritare. Tuttavia, implicitamente, essa mette in discussione la mediazione universale e necessaria di Maria nella distribuzione delle grazie16: «Nella perfetta immediatezza tra un essere umano e Dio, nella comunicazione della grazia, nemmeno Maria può intervenire. Né l’amicizia con Gesù Cristo né l’inabitazione trinitaria possono essere concepite come qualcosa che ci giunge attraverso Maria o i santi. In ogni caso, ciò che possiamo dire è che Maria desidera questo bene per noi e lo chiede insieme a noi (17). (…) Solo Dio giustifica. Solo il Dio Trinità, solo Lui ci eleva per superare la sproporzione infinita che ci separa dalla vita divina; solo Lui attua in noi l’inabitazione trinitaria; solo Lui entra in noi trasformandoci e rendendoci partecipi della sua vita divina. Non si fa onore a Maria attribuendole una qualsiasi mediazione nel compimento di quest’opera esclusivamente divina18».
In realtà, per le ragioni già esposte, la Santissima Vergine ci ha già meritato non solo alcune grazie, ma tutte e ciascuna; e non solo ci ha meritato la loro applicazione, ma anche la loro acquisizione ai piedi della croce, poiché è stata unita a Cristo redentore nell’atto stesso della Redenzione quaggiù, prima di intercedere per noi in cielo.
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Perché allora c’è un avvertimento contro l’uso del termine «mediatrice di tutte le grazie» e perché questo termine è considerato incapace di garantire una corretta comprensione del ruolo della Vergine?
Su questo punto, possiamo rispondere che gli autori del testo hanno un pregiudizio: non accettano che Dio abbia deciso – e che la Tradizione abbia spiegato – in modo diverso dall’idea preconcetta che si sono fatti.
È corretto affermare che Nostro Signore è l’unico mediatore e che esiste un’unica Redenzione, la sua, sovrabbondante. Ma, così come Nostro Signore sceglie liberamente i mezzi per realizzare la Redenzione, in particolare morendo sulla croce quando avrebbe potuto scegliere un altro mezzo, allo stesso modo sceglie liberamente di associare sua Madre alla sua opera come Egli vuole. Nessuno, nemmeno il prefetto del DDF, può togliere a Nostro Signore il potere di agire secondo la sua divina Sapienza e di rendere sua Madre corredentrice e mediatrice universale delle grazie.
Nostro Signore è consapevole che agendo in questo modo non toglie nulla alla sua dignità di Redentore. Ma la conseguenza di questa scelta di Nostro Signore è chiara: così come è necessario ricorrere a Lui per salvarsi, allo stesso modo è necessario ricorrere a Sua Madre, anche se in veste diversa. Non riconoscere questa necessità significa rifiutare i decreti di Nostro Signore, la Tradizione della Chiesa e i mezzi che sono dati ai cristiani per la loro salvezza.
Questa idea preconcetta, e persino questa ostinazione, ricorre molto spesso nel testo. Limitiamoci ad alcuni passaggi: «Se si tiene conto che l’inabitazione trinitaria (grazia increata) e la partecipazione alla vita divina (grazia creata) sono inseparabili, non possiamo pensare che questo mistero possa essere condizionato da un “passaggio” attraverso le mani di Maria» (19); «Nessuna persona umana, nemmeno gli Apostoli o la Santissima Vergine, può agire come dispensatore universale della grazia20»; «il titolo [mediatrice di tutte le grazie] corre il rischio di presentare la grazia divina come se Maria si convertisse in un distributore di beni o di energie spirituali, senza un legame con la nostra relazione personale con Gesù Cristo» (21).
Da un punto di vista pastorale, come giudica l’impatto di queste decisioni del DDF?
Credo di poter dire che le ripercussioni negative saranno molteplici e catastrofiche.
Innanzitutto, non dobbiamo dimenticare che Maria è il modello perfetto della vita cristiana. Minimizzando l’associazione di Maria Santissima all’opera della Redenzione, il testo minimizza l’invito rivolto a ogni anima a entrare attraverso la croce nell’opera della Redenzione, della riparazione e della santificazione personale. Ciò corrisponde esattamente a una visione protestante della vita cristiana, in cui non c’è più spazio per una cooperazione all’opera di Cristo che ci santifica e ci salva.
È per questo motivo che Lutero ha distrutto la vita religiosa e considerava ogni opera buona, compresa la Santa Messa, come un’offesa alla grandezza dell’opera di Cristo che, essendo perfetta, non necessita di alcuna aggiunta. Qualsiasi aggiunta corrisponderebbe a una mancata comprensione della sua perfezione. Come cattolici, professiamo esattamente il contrario: poiché l’opera di Cristo è eminentemente perfetta, è in grado di integrare la cooperazione delle creature senza perdere nulla della propria perfezione.
Inoltre, queste decisioni del DDF mi sembrano catastrofiche nel contesto attuale, soprattutto per la fede e la vita spirituale delle anime più semplici e più bisognose. Penso alle periferie sociali e morali, per usare un termine in voga durante il pontificato precedente. Alle persone più abbandonate, spesso non resta altro rifugio che la Santissima Vergine, nell’attuale deserto. Ho constatato con i miei occhi come una semplice e sincera devozione alla Santissima Vergine sia in grado di assicurare la salvezza ad anime che non hanno nemmeno la possibilità di vedere regolarmente un sacerdote. Per questo motivo, un testo del DDF che ha lo scopo di mettere in guardia le anime dai concetti mariani tradizionali mi sembra inqualificabile e pastoralmente irresponsabile.
Infine, mai come oggi la Chiesa stessa avrebbe bisogno di riscoprire le grandezze della Santissima Vergine: di fronte alla pressione del mondo che immerge sempre più le anime nell’apostasia e nell’impurità, queste grandezze rappresentano il mezzo privilegiato per resistere a questa pressione e rimanere fedeli.
Ha qualche consiglio pastorale da dare agli autori del testo?
L’idea di ricordare che Nostro Signore è l’unico mediatore tra Dio e gli uomini, e che esiste una sola vera Redenzione, la sua, è di per sé lodevole e, soprattutto oggi, è necessario ricordarla.
Il problema è che non è ai cattolici che bisogna ricordarla, con il pernicioso scopo di metterli in guardia contro le interferenze o una presunta concorrenza della Santissima Vergine. Bisognerebbe piuttosto predicare e ricordare questa verità agli ebrei, ai buddisti, ai musulmani e a tutti coloro che non conoscono Nostro Signore, credenti non cristiani o atei.
Eppure, lo scorso 28 ottobre, in Vaticano è stato celebrato il sessantesimo anniversario della promulgazione della Nostra Aetate, ovvero del documento conciliare che è alla base del dialogo con le religioni non cristiane. Ciò è a dir poco paradossale, poiché questo dialogo – che negli ultimi sessant’anni ha inspirato le più pietose riunioni interreligiose – è la chiara ed esplicita negazione del fatto che Nostro Signore è l’unico mediatore tra Dio e gli uomini, e del fatto che la Chiesa cattolica è stata istituita per predicare questa verità al mondo.
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Secondo lei, c’è un altro concetto mariano tradizionale che meriterebbe di essere conosciuto meglio?
Nell’Ufficio divino della Santissima Vergine, la liturgia la definisce come «colei che ha schiacciato tutte le eresie». Penso che questo concetto meriterebbe di essere approfondito maggiormente dalla ricerca teologica. È molto interessante notare come la Chiesa consideri la Madonna come custode della verità cattolica. Ciò è direttamente collegato al suo ruolo di Madre. Ella non potrebbe generare in ciascuno di noi Nostro Signore senza comunicarci la verità e l’amore per la verità, poiché Nostro Signore è la Verità stessa, incarnata, manifestata agli uomini. È attraverso la fede, e nella purezza della fede, che le anime vengono rigenerate e hanno la possibilità di crescere a immagine di Nostro Signore.
Credo che non comprendiamo sufficientemente questo necessario legame tra la purezza della fede e l’autenticità della vita cristiana. Nostra Signora, che distrugge tutti gli errori, è la chiave per comprendere questa verità.
Per concludere questa intervista, quale preghiera in onore della Madonna sceglierebbe?
Sceglierei senza esitazione la seguente preghiera, tratta anch’essa dall’uso liturgico:
«Dignare me laudare te, Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos.
Permettete che io vi possa laudare, Vergine sacra. Datemi forza contro i vostri nemici».
Intervista realizzata a Menzingen, il 9 novembre 2025, nel giorno della festa della dedicazione della Basilica del Santissimo Salvatore
NOTE
1) Mater Populi fidelis, n. 22.
2) San Bonaventura, I Sent., d. 48, ad Litt., dub. 4.
3) Eadmeri, De Excellentia Virg. Mariæ, c. IX.
4) Pio IX, Ineffabilis.
5) Gv I, 16.
6) Ef IV, 16.
7) De Aquæductu, n. 4.
8) Quadrag. de Evangelio æterno, Serm. X, a. III, c. 3.
9) He I, 3.
10) Pio IX, Ineffabilis.
11) Pio X, Ad diem illum.
12) Si tratta qui della nuova dottrina del Mistero pasquale, che costituisce in particolare la base della riforma liturgica postconciliare.
13) Mater Populi fidelis, n. 37, b.
14) In particolare nella sua opera La fede cristiana ieri e oggi, 1968 (riedito nel 2000 con una prefazione dell’autore).
15) Mater Populi fidelis, n. 21.
16) Il grande errore del testo è quello di non fare la classica distinzione tra mediazione fisica e mediazione morale. Per mediazione fisica si intende che Maria trasmette la grazia come un vero e proprio strumento, ad esempio un’arpa che, suonata dall’artista, produce suoni armoniosi.ì Teologi riconosciuti (Lépicier, Hugon, Bernard) attribuiscono alla Vergine un tale influsso, subordinato all’umanità di Cristo, insistendo sul fatto che, secondo la Tradizione, Maria è veramente nel corpo mistico come il collo che, unendo la testa alle membra, trasmette loro l’impulso vitale. Per mediazionesolomorale di Maria sulla grazia, si intende che, almeno attraverso la soddisfazione, i meriti passati e la sua intercessione sempre attuale, Maria trasmette alle anime, universalmente, tutte le grazie che derivano dalla croce di suo Figlio. Questa tesi è accettata da tutti i teologi tradizionali. In entrambi i casi, la mediazione di Maria è voluta liberamente da Dio come universale e necessaria.
Negando la mediazione fisica strumentale di Maria e omettendo la sua classica distinzione dalla mediazione almeno morale, il testo conclude indebitamente con una negazione generale di ogni mediazione universale e necessaria di Maria nella dispensazione delle grazie. In altre parole: si può discutere sulla modalità della mediazione della Vergine, ma non sulla sua universalità né sulla sua necessità di fatto.
17) Ibid. n. 54.
18) Ibid. n. 55.
19) Ibid. n. 45.
20) Ibid. n. 53.
21) Ibid. n. 68.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News.
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Immagine da FSSPX.News
Spirito
Mons. Schneider: Santi e dottori hanno affermato che Maria è Corredentrice, Mediatrice di tutte le Grazie
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