Sorveglianza
Le nuove emergenze per «terrorizzare e soggiogare le popolazioni». Intervista al prof. Luca Marini
Esauritosi l’abbrivio della pandemia, è difficile pensare che il potere costituito rinunzi al capitale di comando e controllo che ha ora ottenuto sulla popolazione. Alcuni ritengono che nuovi forme di blocco della collettività, come ad esempio un «lockdown climatico» sia dietro l’angolo. Altri si interrogano sulla natura delle nuove emergenze: le carestie sono reali? E se lo sono, sono create ad arte?
Su tutto, vi è una certezza: sistemi «premiali» di sorveglianza e di inibizione dei diritti come il green pass non spariranno da un momento all’altro.
Renovatio 21 ne ha parlato con il professor Luca Marini, docente di diritto internazionale alla Sapienza di Roma e già vice presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica.
Professor Marini, ci sono ormai tutti gli elementi per dire che la crisi energetico-climatica sia la prossima grande catastrofe di cui dovremmo aver paura, al pari della pandemia COVID. Cosa sta succedendo?
Sta succedendo che le corporazioni finanziarie multinazionali – che controllano allo stesso tempo circuiti scientifici, accademici, tecnologici, industriali, commerciali, mediatici e politici – stanno pianificando situazioni di crisi di natura diversa per terrorizzare le popolazioni e soggiogarle mediante l’imposizione di misure restrittive di vario tipo.
Si chiama biopandemismo e la famosa frase «Whatever it takes» ne costituisce una chiara esplicitazione.
Possiamo affermare che i governi adotteranno per la crisi ambientale gli stessi meccanismi «premiali» che abbiamo conosciuto durante il biennio pandemico, quali lockdown, green pass, sottomissione a regole non costituzionali?
Ovviamente sì. Per esemplificare potremmo dire: «Non hai montato le termo-valvole o i pannelli solari? Niente green pass – o carbon pass – e quindi niente lavoro, niente stipendio e niente accesso alle cure sanitarie».
Si dice sempre più spesso che l’Europa si troverà a breve priva dell’energia con cui affrontare l’inverno. I governi di Germania, Austria e altri Paesi già sostengono che vi saranno rivolte della popolazione. Com’è stato possibile questo crollo verticale, imprevisto, non gestito dai governi?
Io direi il contrario. Questo crollo verticale è stato voluto, pianificato e gestito proprio dai governi, intendendo ovviamente con questa espressione quegli apparati di potere che ormai non rappresentano più le comunità nazionali, o se preferisce i cittadini, ma perseguono esclusivamente gli interessi dei loro mandanti, ossia le corporazioni finanziarie cui ho accennato.
Anche le rivolte popolari, se mai ci saranno, sono di fatto pianificate dai governi, perché offrono il destro per giustificare e legittimare misure ancora più restrittive.
Certo, se mai dovesse aprirsi la spirale violenta, le conseguenze potrebbero essere imprevedibili.
Se la causa di tutto ciò sono le macroscopiche tensioni geopolitiche in corso, è lecito pensare che chi le abbia provocate potesse prevedere, e financo desiderare, una crisi economica e umanitaria in tutto l’Occidente?
Personalmente ritengo che le tensioni geopolitiche siano un effetto, e non la causa, della deriva tecnocratica e transumana delle democrazie occidentali.
Non a caso il conflitto ucraino ha subito una decisiva accelerazione proprio quando veniva trionfalmente annunciata l’uscita dalla cosiddetta pandemia: voglio dire che quel conflitto, come tanti altri, serve principalmente a tenere alto il livello di tensione e ad alimentare il biopandemismo, che è il vero obiettivo di chi aspira al controllo globale dell’umanità.
Che lei sappia, è stata avanzata in Europa una proposta stabile e concreta per fermare la carestia in arrivo?
Non sul piano istituzionale, salvo le viete soluzioni di facciata proposte a tratti dalla politica. Ma guardo con preoccupazione anche a chi mi parla della possibilità di creare comunità nei boschi o in montagna o in altri posti isolati, dove ritirarsi indisturbati, coltivare il proprio orticello e superare così crisi e carestie.
Prospettiva sicuramente stimolante, ma che evidentemente è frutto di un crescente scollamento dalla realtà: guardi cosa è successo agli olivicoltori pugliesi con la vicenda Xylella, che sotto molti aspetti è stato il banco di prova del COVID.
Personalmente ritengo che occorra smettere di pensare a ideali Shangri-La e rimboccarsi le maniche, con senso civico e spirito di sacrificio, per rifondare le basi etiche della nostra società e cambiare democraticamente le cause che ci hanno condotto a questo stato di cose.
Riguardo all’ambiente, ritiene ci sia un vero consenso scientifico intorno al tema del cambiamento climatico?
L’orientamento scientifico univoco cui Lei allude serve essenzialmente a fornire quelle evidenze scientifiche necessarie per legittimare misure restrittive imposte da governi tecnocratici, globalisti e transumanisti.
Inoltre, la mono-narrazione climatica – come quella sul COVID – va letta alla luce della caduta verticale dell’onestà intellettuale dei docenti universitari che da tempo coltivano, più che lo spirito critico e la ricerca della verità, meschine ambizioni accademiche e soprattutto una grande passione, potremmo dire una vera e propria vocazione, al servilismo nei confronti del potentato di turno.
Chi sta imponendo l’allarme sul clima, che potrebbe modificare nel profondo le nostre vite?
Ancora una volta, le stesse corporazioni finanziarie multinazionali che hanno ordito la grande truffa del COVID e che agiscono dietro lo schermo dei governi per terrorizzare le popolazioni e imporre soluzioni da esse pianificate a tavolino, in grado di azzerare le garanzie democratiche e costituzionali.
Com’è cambiato l’ambientalismo da quando se ne cominciò a parlare 4 o 5 decenni fa?
C’è stata un’evoluzione eterodiretta: dalla diffusa consapevolezza dei problemi ambientali, a seguito della Conferenza di Stoccolma del 1972, all’attuale strategia della strumentalizzazione delle emergenze: ambiente, clima, energia, acqua sono tutti strumenti di propaganda asserviti all’ideale mercatista e globalista che, in ultima analisi, vuole schiacciare e sottomettere l’uomo.
Quindi le domeniche senza automobili e l’austerity conseguente agli shock petroliferi degli anni Settanta erano prodromi del presente? Possiamo dire che il fine dell’ambientalismo sia sempre stato il controllo dell’uomo?
Forse questo è eccessivo. Al movimento ambientalista va riconosciuto il merito di avere sensibilizzato molte persone, nel mondo, sulle problematiche di rilevanza ambientale, anche se non sempre con lo stesso successo: quanti tra i fumatori conservano in macchina i mozziconi delle sigarette invece di gettarli fuori dal finestrino uno a uno?
L’ambientalismo è stato poi progressivamente «infiltrato» da gatekeeper e bambini-prodigio per essere piegato alle politiche commerciali globali e, più di recente, alla visione transumana.
Il Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB) insieme all’Osservatorio contro la Transizione Ecologica (OCTE), di cui Lei è fondatore, sono fra le poche voci a parlare delle ombre sulla crisi idrica. Potrebbe trattarsi di un’altra crisi pianificata?
Guardi, non c’è bisogno di scomodare il CIEB o l’OCTE. Basta ricordare il battibecco estivo tra il sindaco di Milano e il direttore dell’acquedotto meneghino: il primo ha adottato ordinanze che limitano il consumo di acqua, mentre il secondo ha ricordato che la falda si trova al livello più alto degli ultimi settant’anni. Chi dei due ha ragione?
In ogni caso è un esempio perfetto della possibile strumentalizzazione politica delle evidenze scientifiche, ai fini del biopandemismo.
Come esperto di bioetica, le chiediamo: è pensabile che il potere, o l’algoritmo, interverrà in nome dell’efficienza, dell’ambiente, della salute, del clima per decidere quanti figli potremo fare o per programmare le caratteristiche genetiche dei nascituri?
Il COVID ha dischiuso scenari eugenetici ed eutanasici impensabili in precedenza. Come già Ivan Illich negli anni Settanta e la Convenzione di Oviedo negli anni Novanta, occorre prendere atto che la medicina, come il progresso tecno-scientifico più in generale, alimentano solo sé stessi e non svolgono più alcuna funzione sociale.
Da questa presa d’atto dovrebbero discendere riflessioni e azioni diametralmente opposte a quelle adottate dal governo che, al di là delle apparenze, è ancora in carica in Italia e che potrebbe tornare in sella indipendentemente dal risultato elettorale di settembre.
Sì, lo spettro dell’eugenetica «positiva», della bioingegneria di Stato, nonostante Norimberga, è dietro l’angolo e occorre una svolta culturale e politica per sconfiggerlo.
Immagine di IvW115 via Deviantart pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported (CC BY-NC-ND 3.0)
Sorveglianza
La nuova legge di Berlino consente alla polizia di installare spyware nelle case
La polizia di Berlino potrà introdursi clandestinamente nelle abitazioni private per installare spyware, dopo che giovedì il Parlamento regionale (Abgeordnetenhaus) ha approvato a larga maggioranza una drastica revisione della legge sulla polizia della capitale.
Il testo, sostenuto dalla grande coalizione CDU-SPD e votato a favore anche dall’AfD, attribuisce alle forze dell’ordine poteri di sorveglianza fisica e digitale senza precedenti.
Tra le novità più invasive: se l’accesso remoto non è tecnicamente impossibile, gli agenti potranno forzare fisicamente l’ingresso in casa di un sospettato per collocare software spia; sarà inoltre consentito l’hacking legale di smartphone e computer per intercettare le comunicazioni in tempo reale. Le bodycam potranno essere attivate anche all’interno di abitazioni private qualora si ritenga che una persona sia in pericolo grave e imminente.
La riforma, approvata giovedì, amplia inoltre la videosorveglianza negli spazi pubblici: raccolta massiva di dati telefonici di tutti i presenti in una determinata area, lettura automatica delle targhe, contrasto ai droni, impiego di riconoscimento facciale e vocale su immagini di telecamere, e utilizzo dei dati reali della polizia per addestrare sistemi di intelligenza artificiale. I critici denunciano il rischio di abusi e una pesantissima compressione della privacy.
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La senatrice SPD agli Interni Iris Spranger ha difeso la norma: «Con la più grande riforma della legge sulla polizia di Berlino degli ultimi decenni, stiamo creando un significativo vantaggio per la protezione dei berlinesi», ha dichiarato. «Stiamo fornendo alle forze dell’ordine strumenti migliori per combattere il terrorismo e la criminalità organizzata».
A Berlino nel 2024 sono stati registrati oltre 539.000 reati, in aumento rispetto all’anno precedente; sono cresciuti anche i delitti violenti, le aggressioni e la violenza domestica. Le autorità segnalano un incremento preoccupante di crimini commessi da giovani e migranti, mentre più della metà dei reati resta senza colpevole identificato.
Dall’approvazione della legge le proteste non si sono fermate. Durante il dibattito parlamentare, il deputato dei Verdi Vasili Franco ha definito il testo «la lista dei desideri di uno Stato autoritario di sorveglianza». Le associazioni per i diritti civili parlano di «un «massiccio attacco alle libertà civili», mentre la campagna NoASOG ha dichiarato: «Ciò che viene spacciato per politica di sicurezza è in realtà l’istituzione di uno stato di sorveglianza autoritario».
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Immagine di Lear 21 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Sorveglianza
Perquisita la casa di un professore tedesco per un tweet che criticava l’ideologia woke
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Sorveglianza
Il nuovo presidente della Bolivia vuole la blockchain per combattere la corruzione
Il presidente eletto della Bolivia, Rodrigo Paz, punta a combattere la corruzione nel governo boliviano attraverso la tecnologia blockchain.
Paz ha sconfitto il rivale Jorge Quiroga con il 54,5% dei voti contro il 45,5% e assumerà la carica l’8 novembre. Con un messaggio centrista e favorevole al mercato, Paz ha vinto il ballottaggio di domenica, ereditando un’economia provata dalla carenza di carburante e dalla limitata disponibilità di dollari statunitensi, come riportato dall’AP. Per gli esperti del settore delle criptovalute, il programma di governo di Paz include due proposte specifiche legate alle risorse digitali e alla blockchain.
La prima proposta prevede l’uso della blockchain e degli smart contract negli appalti pubblici. Il programma ufficiale del Partido Demócrata Cristiano de Bolivia per il 2025 promette l’adozione di tecnologie blockchain e contratti intelligenti per eliminare la discrezionalità negli acquisti statali, con l’obiettivo di ridurre la corruzione automatizzando alcuni processi contrattuali.
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La seconda iniziativa consente ai cittadini di dichiarare le criptovalute in un nuovo fondo di stabilizzazione valutaria, sostenuto da un programma di regolarizzazione delle attività che include esplicitamente le criptovalute. Secondo il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, tali fondi servono a stabilizzare la valuta e a coprire importazioni essenziali in caso di scarsità di dollari. L’inclusione delle criptovalute permette al governo di tassarle o convertirle rapidamente in valuta forte, senza detenere token volatili.
Paz adotta un approccio pragmatico alle criptovalute, senza essere un sostenitore estremo del Bitcoin. La sua piattaforma considera la blockchain uno strumento anticorruzione e le criptovalute dichiarate come parte di un’iniziativa una tantum per capitalizzare un fondo di stabilizzazione valutaria. Non ci sono indicazioni di politiche per adottare il Bitcoin a livello nazionale, conservarlo nelle riserve o legalizzarne l’uso al dettaglio.
A giugno 2024, la Banca Centrale della Bolivia ha revocato il divieto sulle transazioni in criptovalute, autorizzando canali elettronici regolamentati e segnalando una modernizzazione dei pagamenti, scrive Cointelegraph. Nei mesi successivi, il volume medio mensile di scambi di asset digitali è raddoppiato rispetto alla media dei 18 mesi precedenti, secondo la banca.
Il cambiamento si è riflesso nell’economia reale. A ottobre 2024, Banco Bisa ha introdotto la custodia di USDT per le istituzioni, un primato tra le banche boliviane. A marzo, la compagnia petrolifera statale YPFB ha esplorato l’uso di criptovalute per le importazioni di energia, in un contesto di carenza di dollari. A settembre, i distributori locali di marchi automobilistici come Toyota, Yamaha e BYD hanno iniziato ad accettare USDT, segno di una crescente sperimentazione tra i commercianti.
Il 31 luglio, la banca centrale ha firmato un memorandum con El Salvador, definendo le criptovalute un’«alternativa valida e affidabile» alla valuta fiat e impegnandosi a collaborare su strumenti politici e di intelligence per modernizzare i pagamenti e promuovere l’inclusione finanziaria.
La banca ha riportato che i volumi mensili di scambio di criptovalute hanno raggiunto i 46,8 milioni di dollari al mese, con un totale di 294 milioni di dollari da inizio anno al 30 giugno.
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Immagine di Parallelepiped09 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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