Geopolitica
Le fazioni rivali in Sudan interrompono i negoziati
Le Forze di Supporto Rapido (RSF) paramilitari in Sudan hanno annunciato domenica che non intraprenderanno più negoziati di pace con le Forze Armate Sudanesi (SAF) e che si sono impegnate invece a risolvere il conflitto sul campo di battaglia, ha riferito lunedì un’agenzia di stampa locale, citando un rappresentante delle RSF.
In una dichiarazione video, Mohamed Al-Mukhtar Al-Nur ha dichiarato: «Volevamo la pace, ma poiché loro volevano la guerra, siamo pronti e non ci saranno negoziati dopo oggi perché saremo sul campo di battaglia». Ha continuato accusando l’esercito della nazione di aggressione implacabile e ha giurato di inseguire l’esercito «anche a Port Sudan».
L’annuncio segue una grande offensiva delle SAF; l’esercito è avanzato nei distretti chiave dello Stato di Khartoum il 25 settembre. Sono stati segnalati intensi combattimenti ad Al-Muqrin, un distretto centrale della capitale Khartoum, che hanno segnato il più grande assalto del genere in mesi.
The spokesperson for the Rapid Support Forces (RSF) negotiating team, Mohamed Al-Mukhtar Al-Nur, said on Sunday that it would no longer negotiate with the Sudanese army and would seek a military solution to the conflict.https://t.co/Q8TBTJ4655 pic.twitter.com/58hF49jDUM
— Sudan Tribune (@SudanTribune_EN) September 29, 2024
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I recenti bombardamenti della RSF nel distretto di Karary, situato a nord di Omdurman nello stato di Khartoum, hanno causato vittime civili. Mohamed Ibrahim, portavoce del Ministero della Salute dello Stato, ha riferito che almeno quattro persone sono state uccise e altre 14 sono rimaste ferite nell’attacco della mattina del 26 settembre.
Le SAF hanno insistito sul fatto che le RSF devono ritirarsi dal territorio che occupano e disarmarsi prima che i negoziati possano iniziare. L’esercito ha accusato la forza paramilitare di aver violato il Trattato di Jeddah del maggio 2023, che avrebbe dovuto gettare le basi per la pace.
A metà agosto, la SAF ha rifiutato un invito degli Stati Uniti a partecipare ai colloqui con la RSF in Svizzera, uno dei tanti tentativi di negoziati di pace falliti. Inoltre, a fine settembre, la missione diplomatica degli Emirati Arabi Uniti a Khartoum ha accusato l’esercito sudanese di aver condotto un attacco aereo sulla residenza dell’ambasciatore degli Emirati.
L’esercito lo ha negato, ma ha ripetutamente affermato che gli Emirati Arabi Uniti stanno attivamente fornendo armi ai paramilitari.
Il Sudan è impantanato in un conflitto brutale dall’aprile 2023, quando sono scoppiati i combattimenti tra le SAF e le RSF dopo mesi di crescenti tensioni.
Secondo un rapporto pubblicato in seguito a una recente missione di accertamento dei fatti delle Nazioni Unite, il conflitto ha causato decine di migliaia di morti o feriti, ha sfollato quasi otto milioni di persone all’interno della nazione di circa 47 milioni di persone e ne ha costrette altre due milioni a cercare rifugio nei paesi vicini.
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Come riportato da Renovatio 21, il conflitto ha casato già 15 mila morti e 33 mila feriti. Le Nazioni Unite hanno descritto la situazione umanitaria in Sudan come una delle crisi più gravi al mondo. Mesi fa la direttrice esecutiva del Programma Alimentare Mondiale (WFP), Cindy McCain, aveva avvertito che la guerra di 11 mesi «rischia di innescare la più grande crisi alimentare del mondo».
Gli USA sono stati accusati l’estate scorsa di aver sabotato gli sforzi dell’Egitto per portare la pace in Sudan.
Le tensioni in Sudan hanno portato perfino all’attacco all’ambasciata saudita a Karthoum, mentre l’OMS ha parlato di «enorme rischio biologico» riguardo ad un attacco ad un biolaboratorio sudanese.
Come riportato da Renovatio 21, il generale Abdel Fattah al-Burhan, leader de facto e capo dell’esercito della nazione africana dilaniata dalla guerra, due mesi fa è stato oggetto di un tentato assassinio via drone.
Il Paese è stato svuotato dei suoi seminaristi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Trump annuncia attacchi terrestri in Venezuela «presto»
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Geopolitica
La Slovacchia «non sosterrà nulla» che contribuisca a prolungare il conflitto in Ucraina
Il primo ministro slovacco Robert Fico ha annunciato che la Slovacchia si opporrà a qualsiasi misura che permetta di impiegare i beni russi congelati per fornire armi all’Ucraina, mettendo in guardia sul fatto che ulteriori sostegni militari non farebbero che protrarre l’«insensata uccisione quotidiana di centinaia di migliaia di russi e ucraini».
In seguito all’escalation del conflitto nel 2022, gli alleati occidentali di Kiev hanno bloccato circa 300 miliardi di dollari di asset della banca centrale russa, in gran parte depositati nell’UE. Da quel momento è divampata una disputa tra i Paesi intenzionati a usare tali fondi come collaterale per un «prestito di riparazione» a favore di Kiev e quelli che si oppongono fermamente. La decisione finale spetterà ai membri dell’UE nel voto previsto per la prossima settimana.
Fico, da sempre critico del piano, ha illustrato la propria posizione in dettaglio in una lettera inviata all’inizio della settimana al Presidente del Consiglio europeo António Costa. In un post su X pubblicato venerdì, ha riferito di aver poi avuto un colloquio telefonico con Costa, durante il quale ha ribadito il suo rifiuto all’invio di armi a Kiev. Fico ha dichiarato di aver avvertito che proseguire con i finanziamenti prolungherebbe le ostilità e accrescerebbe le vittime, mentre Costa «ha parlato solo di soldi per la guerra».
«Se per l’Europa occidentale la vita di un russo o di un ucraino non vale un cazzo, non voglio far parte di un’Europa occidentale del genere», ha affermato Fico. «Non appoggerò nulla, anche se dovessimo restare a Bruxelles fino al nuovo anno, che comporti il sostegno alle spese militari dell’Ucraina».
Today I held an almost hour-long phone conversation with the President of the European Council, A. Costa. I fully respect him, but while he spoke about money for the war in Ukraine, I kept repeating the senseless daily killing of hundreds to thousands of Russians and Ukrainians.… pic.twitter.com/0f9JiitWjG
— Robert Fico 🇸🇰 (@RobertFicoSVK) December 12, 2025
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Vari Stati membri dell’UE hanno manifestato riserve sul programma di prestiti, evidenziando rischi di natura legale e finanziaria. Secondo Politico, venerdì Italia, Belgio, Bulgaria e Malta hanno sollecitato la Commissione europea a considerare opzioni alternative al sequestro degli asset, quali un meccanismo di prestito comunitario o soluzioni temporanee. Obiezioni sono arrivate anche da Ungheria, Germania e Francia.
Venerdì la Commissione Europea ha dato il via libera a una norma controversa che potrebbe prorogare indefinitamente il congelamento dei beni russi, qualificando la materia come emergenza economica e non come misura sanzionatoria. Questo passaggio è interpretato come propedeutico all’attuazione del «prestito di riparazione», in quanto permette decisioni a maggioranza qualificata invece che all’unanimità, eludendo così i veti dei Paesi dissidenti.
Mosca ha stigmatizzato come illegittimo ogni tentativo di appropriarsi dei suoi asset. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha affermato questa settimana che, con il programma di «prestiti di riparazione», l’Europa sta adottando un comportamento «suicida». Riferendosi al voto di venerdì, ha etichettato l’UE come «truffatori».
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Geopolitica
Orban come John Snow
Hungary PM Orbán as Jon Snow from Game of Thrones in defending the EU’s legal&financial system from crazy EU bureaucratic warmongers—fighting them to reduce migration, increase competitiveness, and restore sanity, values and peace. 🕊️
Help is coming as Russian CB sues Euroclear pic.twitter.com/jHyav6mk0f — Kirill Dmitriev (@kadmitriev) December 12, 2025
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Unmasked NATO’s Mark Rutte.
He does not have family or children. He wants war. But peace will prevail. 🕊️ https://t.co/lDPBucIAkA pic.twitter.com/JjqVogOSWM — Kirill Dmitriev (@kadmitriev) December 12, 2025
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