Geopolitica
Le cifre di Bakhmut secondo il fondatore della Wagner Prigozhin

Il capo del gruppo russo Wagner, Evgenij Prigozhin, ha rivelato che la sua compagnia militare privata ha perso circa 20.000 militari durante la lotta per la città strategica di Artëmovsk, nel Donbass, nota anche come Bakhmut.
Secondo Prighozin le forze di Kiev hanno subito circa 50.000 vittime durante quella che è stata finora descritta come la più grande battaglia del XXI secolo.
In un’intervista pubblicata martedì dal servizio stampa del gruppo Wagner, Prigozhin ha affermato di aver rafforzato i ranghi della compagnia con 50.000 detenuti dalle carceri russe durante la lunga battaglia. È stata offerta loro la possibilità di combattere invece di completare le loro condanne. Il capo della società contractor ha osservato che tra i morti c’è una divisione equa tra prigionieri e volontari: circa 10.000 perdite per ciascuna categoria.
Circa il 20% delle forze di Wagner avrebbe anche subito ferite che avrebbero richiesto almeno tre mesi per riprendersi, ha affermato Prigozhin, che tuttavia, ha insistito sul fatto che l’esercito ucraino aveva subito perdite molto maggiori in quello che in precedenza chiamava «il tritacarne Bakhmut».
«Abbiamo distrutto 50.000 soldati delle forze armate ucraine [ad Artëmovsk]», ha affermato il vertice Wagner, aggiungendo che altri 50.000-70.000 erano stati gravemente feriti.
Prigozhin ha annunciato sabato che l’operazione per prendere il controllo di Artëmovsk, che era stata guidata da Wagner, era terminata e che la città sarebbe «completamente catturata». Tale battaglia per il fondamentale hub logistico era stata combattuta per 224 giorni, ha aggiunto.
Il ministero della Difesa russo ha confermato più tardi lo stesso giorno che la città era stata presa, con il presidente Vladimir Putin che si è congratulato con i combattenti Wagner e le truppe militari russe regolari per il loro successo.
Il sito russo RT riporta che l’Ucraina, che in precedenza sosteneva che Artëmovsk sarebbe stata difesa ad ogni costo e sarebbe diventato un punto di svolta nel conflitto con Mosca, finora si è rifiutata di ammettere la perdita della città.
«Domenica, il presidente ucraino Zelens’kyj aveva affermato che Bakhmut “è solo nei nostri cuori” quando gli è stato chiesto dall’omologo statunitense Joe Biden al vertice del G7 in Giappone se Kiev controllasse ancora Artëmovsk» scrive RT. «Poche ore dopo, Zelens’kyj ha cambiato posizione e ha negato che l’insediamento fosse “occupato dalla Russia”».
Come riportato da Renovatio 21, Zelens’kyj da mesi aveva significato il suo timore di perdere Bakhmut; era stato ipotizzato che la sua visita al fronte cinque mesi fa fosse un fake.
Dall’altra parte abbiamo invece il capo della Wagner Prigozhin non ha perso occasione per comunicare, talvolta anche con rabbie inaudite, l’avanzata russa nella cittadina del Bacino del Don, mostrandosi in prima linea e perfino su un caccia, dal quale ha sfidato Zelens’kyj.
Immagine screenshot da Telegram
Geopolitica
La Von der Leyen lancia un ultimatum alla Serbia

La Serbia non potrà entrare nell’UE senza un pieno allineamento alla politica estera del blocco, incluse tutte le sanzioni contro la Russia, ha dichiarato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
La Serbia, che ha richiesto l’adesione all’UE nel 2009 e ha ottenuto lo status di paese candidato nel 2012, è tra i pochi stati europei a non aver imposto restrizioni a Mosca. Belgrado ha sottolineato i suoi storici legami con la Russia e la dipendenza dalle sue forniture energetiche.
Mercoledì, durante una conferenza stampa a Belgrado accanto al presidente serbo Aleksandar Vucic, von der Leyen ha ribadito che la Serbia deve compiere «passi concreti» verso l’adesione e mostrare un «maggiore allineamento» con le posizioni dell’UE, incluse le sanzioni, evidenziando che l’attuale livello di conformità della Serbia alla politica estera dell’UE è del 61%, ma ha insistito che «serve fare di più», sottolineando il desiderio di Bruxelles di vedere Belgrado come un «partner affidabile».
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Vucic ha più volte dichiarato che la Serbia non imporrà sanzioni alla Russia, definendo la sua posizione «indipendente e sovrana». Tuttavia, il rifiuto di Belgrado ha attirato crescenti pressioni da parte di Bruxelles e Washington.
La settimana scorsa, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alla Petroleum Industry of Serbia (NIS), parzialmente controllata dalla russa Gazprom Neft, spingendo la Croazia a interrompere le forniture di greggio. Vucic ha avvertito che tali misure potrebbero portare alla chiusura dell’unica raffineria petrolifera serba entro novembre, mettendo a rischio l’approvvigionamento di benzina e carburante per aerei.
Come riportato da Renovatio 21, proteste sempre più violente si susseguono nel Paese, che Belgrado attribuisce a influenze occidentali volte a destabilizzare il governo.
Le proteste hanno già portato alle dimissioni del primo ministro Milos Vucevic e all’arresto di diversi funzionari, tra cui un ex ministro del Commercio, con l’accusa di corruzione.
Il presidente Aleksandar Vucic ha affermato che i disordini sono stati fomentati dall’estero e ha denunciato quella che ha definito «violenza mascherata da attivismo»: «mancano pochi giorni prima che inizino a uccidere per le strade» aveva detto lo scorso agosto davanti all’ennesima ondata di proteste violente.
Come riportato da Renovatio 21, le grandi manifestazioni contro Vucic di marzo erano seguite la visita pubblica del figlio del presidente USA Don Trump jr. al premier di Belgrado.
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Come riportato da Renovatio 21, lo scorso mese il servizio di Intelligence estero russo (SVR) ha sostenuto che l’UE starebbe cercando di orchestrare un «Maidan serbo» per insediare un governo filo-Bruxelles. Belgrado nel dicembre 2023 produsse evidenti segni di «maidanizzazione» in corso. Già allora presidente serbo accusò le potenze occidentali di tentare di «ricattare» la Serbia affinché sostenga le sanzioni e di tentare di orchestrare una «rivoluzione colorata» – una sorta di Maidan belgradese –contro il suo governo a dicembre.
Vucic giorni fa ha accusato le potenze occidentali di aver cercato di orchestrare il suo rovesciamento. In un’intervista su Pink TV trasmessa lunedì, il presidente serbo aveva affermato che le «potenze straniere» hanno speso circa 3 miliardi di euro nell’ultimo decennio nel tentativo di estrometterlo dal potere.
Come riportato da Renovatio 21, il ministro degli Esteri Pietro Szijjarto ha dichiarato che l’Unione Europea sta tentando di rovesciare i governi di Ungheria, Slovacchia e Serbia perché danno priorità agli interessi nazionali rispetto all’allineamento con Bruxelles.
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Immagine di © European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Geopolitica
Pakistan e Afghanistan concordano il cessate il fuoco

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Geopolitica
Israele accusa Hamas di aver restituito il corpo sbagliato

Uno dei corpi restituiti martedì da Hamas non appartiene a nessuno degli ostaggi tenuti prigionieri dal gruppo armato palestinese a Gaza, hanno affermato le Forze di difesa israeliane (IDF).
Lunedì Hamas ha liberato gli ultimi 20 ostaggi israeliani ancora in vita in cambio del rilascio di quasi 2.000 prigionieri palestinesi, nell’ambito di un accordo mediato da Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia. Martedì, il gruppo ha iniziato a consegnare i cadaveri dei prigionieri deceduti a Israele, restituendone sette in due lotti tramite la Croce Rossa.
Tuttavia, le IDF hanno dichiarato mercoledì in una dichiarazione su X che un esame presso l’istituto forense Abu Kabir ha rivelato che uno dei quattro corpi del secondo lotto «non appartiene a nessuno degli ostaggi». Si ritiene che i resti appartengano a un palestinese, hanno aggiunto.
🟡Following the completion of examinations at the National Institute of Forensic Medicine, the fourth body handed over to Israel by Hamas does not match any of the hostages.
Hamas is required to make all necessary efforts to return the deceased hostages.
— Israel Defense Forces (@IDF) October 15, 2025
Gli altri tre corpi sono stati confermati come appartenenti ai prigionieri. Sono stati identificati come il sergente maggiore Tamir Nimrodi, 18 anni, Uriel Baruch, 35 anni, ed Eitan Levy, 53 anni, si legge nel comunicato.
Il capo di stato maggiore delle IDF, tenente generale Eyal Zamir, ha dichiarato in precedenza che Israele «non avrà pace finché non restituiremo tutti [gli ostaggi]. Questo è il nostro dovere morale, nazionale ed ebraico». Hamas detiene ancora i corpi di 21 prigionieri deceduti.
Questa settimana, rifugiati palestinesi e combattenti di Hamas sono tornati a Gaza City e in altre aree dell’enclave, dopo il ritiro parziale delle forze dell’IDF, in linea con l’accordo. A Gaza sono stati segnalati scontri sporadici tra Hamas e fazioni rivali.
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Immagine di Chenspec via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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