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Geopolitica

Lavrov: dopo Biden, Russia e Stati Uniti dovranno fare pulizia

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Mosca e Washington devono «ripulire l’eredità» lasciata dall’amministrazione dell’ex presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che ha rovinato i legami tra i due Paesi, ha affermato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.

 

Parlando mercoledì alla Duma di Stato russa, dopo essere tornato dai colloqui con i diplomatici statunitensi nella capitale saudita martedì, Lavrov ha descritto l’incontro a Riyad come un primo passo verso la ricostruzione delle relazioni tra i paesi. I negoziati bilaterali sono stati guidati da Lavrov e dal Segretario di Stato statunitense Marco Rubio e miravano a gettare le basi per porre fine al conflitto in Ucraina e normalizzare i legami tra Russia e Stati Uniti.

 

«Abbiamo iniziato ad allontanarci dall’orlo dell’abisso in cui ci aveva condotto l’amministrazione Biden, ma questi sono solo i primi passi», ha detto Lavrov ai legislatori, commentando i colloqui.

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«Per ora, dobbiamo “ripulire” l’eredità dell’amministrazione Biden, che ha fatto di tutto per distruggere… le fondamenta di una partnership a lungo termine tra i nostri Paesi», ha aggiunto. Secondo il diplomatico, «il movimento verso la normalizzazione delle relazioni in tutti i settori sta iniziando».

 

«C’è, almeno, una dichiarata prontezza a iniziare questo percorso. E a risolvere non solo la crisi ucraina, ma a creare le condizioni per il ripristino e l’espansione della partnership nelle sfere commerciali, economiche e geopolitiche», ha affermato il ministro Lavrov, osservando che i rappresentanti di Washington hanno espresso un marcato interesse nel rimuovere gli ostacoli «creati artificialmente» a potenziali iniziative congiunte con la Russia in molti settori, tra cui la politica economica e quella estera.

 

Tra le altre cose, le parti hanno concordato di ripristinare il personale dell’ambasciata e di formare team di alto livello per iniziare a lavorare a un possibile accordo di pace in Ucraina.

 

«Accogliamo con favore questa iniziativa», ha detto Lavrov, sottolineando che i Paesi potrebbero alla fine tornare allo stato di cooperazione che avevano prima del conflitto in Ucraina e della guerra delle sanzioni dell’Occidente contro la Russia.

 

«Ci saranno sempre problemi, ma la cosa principale è incontrarsi, ascoltarsi e sentirsi a vicenda, prendere decisioni che siano realistiche nei confronti dei partner interessati», ha affermato.

 

I negoziati di martedì sono stati descritti a Washington dalla portavoce Caroline Leavitt come «davvero monumentali».

 

Dopo i colloqui, anche il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha riconosciuto che l’Occidente dovrà affrontare le sanzioni imposte alla Russia per raggiungere una soluzione duratura al conflitto e ripristinare le relazioni.

 

Più tardi, martedì, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha detto ai giornalisti di sentirsi «molto più fiducioso» sulle prospettive di una pace duratura tra Russia e Ucraina nel mezzo del riavvicinamento in corso con Mosca.

 

Il ministro russo in questi mesi aveva auspicato un ritorno della cooperazione tra Mosca e Washington «per il bene dell’universo», in quanto, ha ribadito più volte, non vi è «nessun vincitore nella guerra nucleare».

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Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa il Lavrov aveva accusato per la caduta di Assad in Siria l’occupazione militare USA nelle zone ricche di petrolio del Paese. L’anno passato aveva accusato gli Stati Uniti di essere dietro la violenza «senza precedenti» in Medio Oriente.

 

Lavrov ha altresì dichiarato che gli USA utilizzano il dollaro come arma globale e che la Russia è pronta a combattere la NATO in Ucraina, commentando di ritenere una barzelletta l’idea del Patto Atlantico come «alleanza difensiva».

 

Un anno fa l’alto diplomatico aveva dichiarato che «Trump non cambierà nulla», tuttavia dicendo alla stampa che quando Putin sembrava aver fatto un endorsement a Kamala Harris si trattava di uno scherzo.

 

Il ministro ha più volte accusato le brame di potere «degli anglosassoni» del caos mondiale, e denunciando la strategia occidentale degli «incidenti inscenati», a suo dire vista in azione già un quarto di secolo fa in Yugoslavia.

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Immagine di Ministerio de Asuntos Exteriores y de Cooperación via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0

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Geopolitica

Trump annuncia attacchi terrestri in Venezuela «presto»

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che gli USA potrebbero avviare «molto presto» operazioni terrestri contro presunte reti di narcotraffico collegate al Venezuela, dopo aver quasi completamente interrotto i flussi di stupefacenti via mare. Caracas ha respinto con forza ogni accusa di legami con i cartelli della droga.   Parlando venerdì con i giornalisti alla Casa Bianca, Trump ha annunciato che il traffico di droga marittimo legato al Venezuela è calato del 92%, sostenendo che le forze americane stanno «eliminando la droga a livelli mai visti prima». «Abbiamo bloccato il 96% degli stupefacenti che arrivavano via mare», ha precisato, per poi aggiungere: «Presto le operazioni inizieranno anche sulla terraferma».   Il presidente statunitense non ha tuttavia fornito indicazioni su eventuali obiettivi o sull’estensione di tali azioni.   Da settembre le forze USA hanno intensificato sensibilmente la presenza militare nei Caraibi e nel Pacifico orientale, conducendo oltre 20 interventi contro imbarcazioni sospette di traffico di droga e causando la morte di decine di persone. Trump ha affermato che queste operazioni hanno salvato decine di migliaia di vite americane, impedendo l’ingresso di narcotici nel Paese.   Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha sempre rigettato le accuse di Trump su presunti rapporti tra Caracas e i narcocartelli, sostenendo che Washington utilizzi la campagna antidroga come pretesto per destabilizzare e rovesciare il suo governo.   Come riportato da Renovatio 21, Maduro, che avrebbe offerto ampie concessioni economiche agli USA per restare al potere, sarebbe stato oggetto di un tentativo di rapimento tramite il suo pilota personale.   Il Venezuela ha stigmatizzato il rinforzo militare come violazione della sovranità e tentativo di golpe. Il governo venezuelano starebbe cercando appoggio da Russia, Cina e Iran. Mosca ha di recente riaffermato la sua alleanza con Caracas, esprimendo pieno sostegno alla leadership del Paese nella difesa della propria integrità. Mosca ha accusato il mese scorso Washington di preparare il golpe in Venezuela.   Questa settimana le autorità statunitensi hanno sequestrato anche la petroliera Skipper al largo delle coste venezuelane, una nave cargo che secondo gli USA trasportava petrolio dal Venezuela e dall’Iran. Le autorità di Caracas hanno condannato l’operazione definendola «furto manifesto» e «pirateria navale criminale».   Come riportato da Renovatio 21, nel frattempo, la Russia – da tempo alleata stretta del Venezuela – ha rinnovato pubblicamente il suo sostegno a Maduro. Secondo il Cremlino, il presidente Vladimir Putin «ha espresso solidarietà al popolo venezuelano e ha ribadito il proprio appoggio alla ferma determinazione del governo Maduro nel difendere la sovranità nazionale e gli interessi del Paese dalle ingerenze esterne». I due leader hanno inoltre confermato l’impegno a dare piena attuazione al trattato di partenariato strategico siglato a maggio.   Trump nelle scorse settimane ha ammesso di aver autorizzato le operazioni CIA in Venezuela. Di piani CIA per uccidere il presidente venezuelano il ministro degli Interni del Paese aveva parlato lo scorso anno.   Come riportato da Renovatio 21, Maduro aveva denunciato l’anno scorso la presenza di mercenari americani e ucraini in Venezuela. «Gli UA finanziano Sodoma e Gomorra» aveva detto.  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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La Slovacchia «non sosterrà nulla» che contribuisca a prolungare il conflitto in Ucraina

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Il primo ministro slovacco Robert Fico ha annunciato che la Slovacchia si opporrà a qualsiasi misura che permetta di impiegare i beni russi congelati per fornire armi all’Ucraina, mettendo in guardia sul fatto che ulteriori sostegni militari non farebbero che protrarre l’«insensata uccisione quotidiana di centinaia di migliaia di russi e ucraini».

 

In seguito all’escalation del conflitto nel 2022, gli alleati occidentali di Kiev hanno bloccato circa 300 miliardi di dollari di asset della banca centrale russa, in gran parte depositati nell’UE. Da quel momento è divampata una disputa tra i Paesi intenzionati a usare tali fondi come collaterale per un «prestito di riparazione» a favore di Kiev e quelli che si oppongono fermamente. La decisione finale spetterà ai membri dell’UE nel voto previsto per la prossima settimana.

 

Fico, da sempre critico del piano, ha illustrato la propria posizione in dettaglio in una lettera inviata all’inizio della settimana al Presidente del Consiglio europeo António Costa. In un post su X pubblicato venerdì, ha riferito di aver poi avuto un colloquio telefonico con Costa, durante il quale ha ribadito il suo rifiuto all’invio di armi a Kiev. Fico ha dichiarato di aver avvertito che proseguire con i finanziamenti prolungherebbe le ostilità e accrescerebbe le vittime, mentre Costa «ha parlato solo di soldi per la guerra».

 

«Se per l’Europa occidentale la vita di un russo o di un ucraino non vale un cazzo, non voglio far parte di un’Europa occidentale del genere», ha affermato Fico. «Non appoggerò nulla, anche se dovessimo restare a Bruxelles fino al nuovo anno, che comporti il sostegno alle spese militari dell’Ucraina».

 


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Vari Stati membri dell’UE hanno manifestato riserve sul programma di prestiti, evidenziando rischi di natura legale e finanziaria. Secondo Politico, venerdì Italia, Belgio, Bulgaria e Malta hanno sollecitato la Commissione europea a considerare opzioni alternative al sequestro degli asset, quali un meccanismo di prestito comunitario o soluzioni temporanee. Obiezioni sono arrivate anche da Ungheria, Germania e Francia.

 

Venerdì la Commissione Europea ha dato il via libera a una norma controversa che potrebbe prorogare indefinitamente il congelamento dei beni russi, qualificando la materia come emergenza economica e non come misura sanzionatoria. Questo passaggio è interpretato come propedeutico all’attuazione del «prestito di riparazione», in quanto permette decisioni a maggioranza qualificata invece che all’unanimità, eludendo così i veti dei Paesi dissidenti.

 

Mosca ha stigmatizzato come illegittimo ogni tentativo di appropriarsi dei suoi asset. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha affermato questa settimana che, con il programma di «prestiti di riparazione», l’Europa sta adottando un comportamento «suicida». Riferendosi al voto di venerdì, ha etichettato l’UE come «truffatori».

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Geopolitica

Orban come John Snow

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Il principale negoziatore russo Kirill Dmitriev ha paragonato il primo ministro ungherese Vittorio Orban al personaggio di Jon Snow della serie Il Trono di Spade, raffigurandolo come l’unico baluardo a difesa del diritto europeo mentre l’UE procede al congelamento a tempo indeterminato degli asset sovrani russi.   In un post su X pubblicato venerdì, Dmitriev ha lodato lo Orban per aver «difeso il sistema legale e finanziario dell’UE dai folli burocrati guerrafondai dell’Unione», sostenendo che il leader ungherese stia lottando per «ridurre la migrazione, accrescere la competitività e ripristinare buonsenso, valori e pace».   Dmitriev ha allegato una sequenza tratta dalla celeberrima «Battaglia dei Bastardi», una delle scene più memorabili della fortunata serie. Il frammento mostra Jon Snow, isolato sul campo di battaglia, che estrae la spada mentre la cavalleria della Casa Bolton gli si avventa contro. Nella saga, i Boltoni sono noti per la loro crudeltà e spietatezza, mentre Snow è dipinto come un condottiero riluttante che antepone il dovere all’ambizione personale, spesso a caro prezzo.  

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Venerdì, Orban – che in numerose occasioni ha criticato duramente le politiche conflittuali dell’UE nei confronti della Russia – ha accusato Bruxelles di «violentare il diritto europeo», riferendosi alla decisione che ha permesso all’Unione di bypassare il requisito dell’unanimità per prorogare le sanzioni sugli asset sovrani russi, valutati in circa 210 miliardi di euro. Mosca ha bollato il congelamento come «furto», minacciando azioni legali in caso di confisca da parte dell’UE.   In un altro post, Dmitriev ha attaccato il segretario generale della NATO Mark Rutte, paragonandolo al Re della Notte, il principale antagonista di Game of Thrones, che guida un esercito di non-morti ed è completamente privo di empatia.  

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Il paragone è arrivato in risposta alle dichiarazioni di Rutte, che ha accusato la Russia di «riportare la guerra in Europa» e ha invitato i membri della NATO a prepararsi a un conflitto su scala paragonabile a quelli affrontati dalle generazioni passate. Il Dmitriev ha quindi affermato che Rutte «non ha famiglia né figli» e «desidera la guerra», aggiungendo però che «alla fine prevarrà la pace».   Dmitriev, figura chiave negli sforzi per risolvere il conflitto in Ucraina, ha fatto eco alle critiche del ministro degli Esteri ungherese Pietro Szijjarto, che aveva accusato Rutte di «alimentare le tensioni belliche».  

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