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Geopolitica

Lapsus dello Stoltenberg: vuole tutto il Caucaso nella NATO?

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Il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha confuso le capitali della Georgia e dell’Azerbaigian nel corso del suo viaggio di più giorni nel Caucaso. Stoltenberg ha visitato la regione per raccogliere sostegno alla NATO in tre ex repubbliche sovietiche.

 

«È bello essere di nuovo a Baku», ha detto Stoltenberg lunedì a Tbilisi, un giorno dopo il suo vero viaggio a Baku. Il capo della NATO si è ripreso dalla sua gaffe geografica in un attimo, affermando che la sua presenza «riflette quanto apprezziamo la partnership tra Georgia e NATO».

 

Lunedì Stoltenberg ha incontrato il presidente georgiano Salome Zourabichvili e il primo ministro Irakli Kobakhidze per discutere di una maggiore cooperazione militare tra la NATO e l’ex repubblica sovietica. Stoltenberg ha inoltre appoggiato la rivendicazione di sovranità di Tbilisi sulle repubbliche separatiste dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud e ha proclamato che la Georgia «diventerà membro della NATO» in una data futura non specificata.

 

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La Georgia ha aperto le relazioni con la NATO nel 1998 e al vertice di Bucarest del 2008 le è stata promessa l’eventuale adesione al blocco militare guidato dagli Stati Uniti. Tuttavia, la guerra di una settimana della Russia in Georgia nello stesso anno ha lasciato Tbilisi con rivendicazioni irrisolte sulle regioni recentemente indipendenti dell’Ossezia del Sud e l’Abkhazia, che la Russia riconosce come Paesi indipendenti.

 

La politica della NATO richiede che i potenziali membri risolvano le controversie internazionali, etniche e territoriali in sospeso prima di unirsi al blocco. Di conseguenza, la richiesta di adesione della Georgia è stata sostanzialmente congelata dalla guerra del 2008.

 

Stoltenberg ha incontrato domenica il presidente azerbaigiano Ilham Aliyev a Baku e martedì a Yerevan il presidente armeno Vahagn Khachaturyan e il primo ministro Nikol Pashinyan. Il segretario generale ha elogiato l’Azerbaigian e l’Armenia per il loro contributo alle operazioni della NATO e ha esortato Baku e Yerevan a normalizzare i legami dopo decenni di tensione e conflitto aperto sul Nagorno-Karabakh.

 

Il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha detto ai giornalisti che il viaggio dimostra «l’aspirazione generale della NATO di assicurarsi un punto d’appoggio nel Caucaso». Peskov ha aggiunto che l’offensiva diplomatica di Stoltenberg «è improbabile che possa portare stabilità» nella regione.

 

Come riportato da Renovatio 21, tre settimane fa lo Stoltenberg aveva affermato che l’Ucraina può attaccare obiettivi all’interno della Russia. Un anno fa in interviste multiple il segretario NATO già avvertiva che la guerra della Russia in Ucraina potrebbe espandersi in una guerra più ampia con l’Alleanza atlantica.

 

L’anno passato, all’incontro NATO di Madrid che la guerra in Ucraina potrebbe durare anni e annunciò che l’Alleanza Atlantica considera Russia e Cina come minacce alla sua sicurezza e ai suoi valori, per poi dichiarare che «la Russia non può vincere il conflitto nucleare».

 

Nel frattempo si moltiplicano gli attacchi alla NATO da parte di Donald Trump, che il mese scorso è arrivato ad accusare l’Alleanza di non difendere gli USA in caso di vero conflitto, una posizione che già agli albori della NATO manteneva il grande diplomatico e politologo statunitense George Kennan, il padre della strategia della Guerra Fredda, capofila dei NATO-scettici americani, che non sono pochi e che contano il candidato favorito alla presidenza tra le loro fila.

 

Secondo varie fonti, infatti Trump pianificherebbe il ritiro degli Stati Uniti dall’Alleanza, e questo a partire già dal 2025.

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Immagine di NATO North Atlantic Treaty Organization via Flickr pubblicata su licenza Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

 

 

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La Germania deporta 7 soldati ucraini perché esponevano simboli nazisti

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Il governo tedesco ha rivelato di aver espulso sette soldati ucraini che esibivano simboli nazisti mentre erano nel paese per l’addestramento.   La rivelazione di mercoledì è stata motivata da un’inchiesta del partito Alternativa per la Germania (AfD), che è diventato sempre più popolare grazie a una piattaforma che si oppone all’immigrazione di massa, all’agenda verde e alla guerra per procura occidentale contro la Russia in Ucraina.   Tra le altre numerose domande che sollevano preoccupazione sull’estremismo ucraino, l’AfD ha chiesto se i soldati ucraini addestrati in Germania fossero stati trovati con simboli estremisti e, in caso affermativo, «che cosa ha fatto il governo federale al riguardo».

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In una risposta di quattro pagine pubblicata sul sito web del Bundestag, il governo tedesco ha affermato che «sette casi di questo tipo sono stati identificati durante l’addestramento condotto dalla Bundeswehr per le forze armate ucraine». Gli ucraini trasgressori sarebbero stati «rimpatriati» in Ucraina.   Il governo ha aggiunto che i soldati tedeschi incaricati di addestrare gli ucraini sono addestrati a riconoscere i simboli dell’estremismo di destra e ad affrontarli. Inoltre, al loro arrivo in Germania, i soldati ucraini ricevono «istruzioni sul simbolismo nazista».   Nella sua inchiesta, l’AfD ha sottolineato il Reggimento Azov, «che è classificato da molti esperti come estremista di destra e utilizza il Wolfsangel (runa tipica di diverse unità delle SS, bandito nella Repubblica Federale Tedesca) come simbolo».   Il partito di opposizione ha chiesto se il governo fosse a conoscenza del fatto che i social media mostrano simboli nazisti sulle armi ucraine e ha chiesto se il governo tedesco avesse contattato le controparti ucraine a riguardo, e in particolare riguardo alla loro potenziale apparizione sulle armi fornite dalla Germania. Il governo ha affermato che le immagini finite sui social media non includono armi tedesche.   Il governo ha osservato che circa 10.000 soldati sono stati addestrati «sul suolo tedesco nel 2023». La quantità di essi che ha ricevuto istruzioni da parte dei tedeschi per coprire tatuaggi e gettare vie toppe non è nota.   L’AfD ha chiesto se l’estremismo ucraino rappresenti una minaccia per un potenziale processo di pace in Ucraina. Il governo ha risposto che «no, è l’imperialismo russo che è alla base della guerra illegale di aggressione russa contro l’Ucraina e che minaccia la sicurezza in Europa».

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Quando la Russia ha invaso l’Ucraina nel febbraio 2022, il presidente Vladimir Putin affermò che uno degli obiettivi dell’«operazione speciale» era la «denazificazione» dell’Ucraina. L’Unione Sovietica ha subito l’incredibile cifra di 24 milioni di morti tra civili e militari durante la Seconda Guerra Mondiale, che in Russia chiamano «Grande Guerra Patriottica», e che basicamente per i russi è stata la lotta contro la Germania nazista che li stava invadendo.   La situazione è questa: il partito tedesco che viene abitualmente demonizzato come «estrema destra» ed «estremista» – e per questo perseguito perfino dai servizi di sicurezza interni – è quello che mostrando le prove delle tendenze naziste dei soldati ucraini addestrati ed armati dai tedeschi – dopo che lo erano stati, senza troppi problemi, da canadesi, americani, etc.   Durante gli scorsi giorni si è introdotto tuttavia un ulteriore elemento grottesco nella scena internazionale.   Nel periodo in cui si diffondeva la notizia della deportazione da parte della Germania dei soldati ucraini con la svastica, il segretario di Stato americano Antony Blinken stava cenando a Kiev in un ristorante a tema veterano di guerra, dove sarebbero visti immagini e simboli dell’estremismo ucronazista.  

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Come insistono i media russi, l’Ucraina è l’unico paese al mondo che ha integrato apertamente le milizie neonaziste nelle sue forze armate nazionali. Queste unità una volta venivano descritte dai media occidentali come «neo-naziste», ma tale definizione dopo lo scoppio del conflitto con la Russia è venuta meno, pure quando le agenzie di stampa si trovano ad intervistare un soldato ucraino che ha scelto come nome di battaglia «Adolf».   Quattro mesi fa, un po’ a sorpresa, il presidente ucraino Zelens’kyj si è fatto vedere in video dal fronte, con Andrej Biletsky, il fondatore dell’Azov. Il battaglione, hanno sostenuto recentemente i russi, sarebbe stato addestrato da istruttori NATO nel 2021.   Le origini ideologiche naziste (o meglio, ucronaziste) di Azov sono state apertamente e ripetutamente insabbiate sia dagli algoritmi dei social che dall’operato indefinibile dei giornalisti d’Italia e di tutto il mondo, arrivando persino a togliere dal web vecchi articoli che raccontavano la pura verità su svastiche e violenze.   Interrogato sulle origini naziste e la atrocità attribuite ad Azov in una bonaria intervista di Fox News l’anno scorso, Zelens’kyj aveva risposto in modo seccato: quei miliziani «sono quello che sono».   Come riportato da Renovatio 21, i legami del nazionalismo integralista ucraino con la CIA e con i servizi segreti inglesi sono noti da decenni.   Alla fine dello scorso anno, la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha dichiarato che Mosca non permetterà all’Ucraina di continuare ad essere uno «Stato nazista» che rappresenta una minaccia sia per la Russia che per le altre nazioni.

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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
 
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Il presidente dell’Iran ucciso mentre viaggiava in elicottero

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Il presidente iraniano Ebrahim Raisi è stato ucciso insieme al ministro degli Esteri in un incidente in elicottero domenica nelle montagne nordoccidentali del Paese. Lo hanno riportato lunedì i media statali iraniani.

 

Le notizie sulla sua morte non erano state confermate fino a poche ore fa. Canali israeliani davano per certa la sua morte.

 

Ieri il gabinetto del presidente Raisi ha tenuto una riunione d’emergenza, lasciando vuoto il suo posto al centro del tavolo della conferenza come commemorazione simbolica, come mostrano le foto pubblicate dall’agenzia di stampa statale IRNA. L’agenzia successivamente ha annunciato il decesso dicendo che era stato «martirizzato durante il servizio».

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Il gabinetto ha rilasciato una dichiarazione elogiando il suo servizio al Paese e al popolo iraniano e promettendo di seguire le sue orme.

 

La morte del presidente Raisi è stata annunciata dal podio del santuario sciita più venerato dell’Iran, il mausoleo dell’Imam Reza, nella sua città natale di Mashhad, nel Nord-Est del Paese. Una grande folla di sostenitori del governo si era radunata lì durante la notte per tenere una veglia di preghiera. La gente ha lanciato forti grida e lamenti quando fu fatto l’annuncio.

 

L’agenzia di stampa Tasnim, affiliata alle Guardie rivoluzionarie iraniane, ha pubblicato un comunicato affermando che il presidente Raisi e il ministro degli Esteri Hossein Amir Abdollahian sono rimasti uccisi nell’incidente in elicottero, mostrando una foto del Raisi con un titolo che lo chiamava martire. Tasnim ha anche detto che il governatore della provincia dell’Azerbaigian Orientale, un imam e due alti ufficiali militari responsabili della sicurezza presidenziali sono morti nello schianto, insieme al pilota e al copilota.

 

Le prime foto e filmati del luogo dell’incidente pubblicati sui siti di notizie iraniani mostravano detriti e parti rotte dell’elicottero. A bordo dell’elicottero, oltre al presidente e al ministro degli Esteri, c’erano anche un religioso e il governatore della provincia orientale dell’Azerbaigian.

 

«Trovando la posizione dell’elicottero e vedendo la scena, non c’è traccia che nessuno dei passeggeri fosse vivo», ha detto alla televisione di stato il capo della Mezzaluna Rossa (l’equivalente della nostra Croce Rossa) iraniana, Pirhossien Koulivand, che si trovava sul posto.

 

Le operazioni di ricerca e soccorso hanno impiegato ore per raggiungere il luogo dell’incidente, ma facendo trasparire poco dei progressi, in condizioni meteorologiche avverse al punto che sono stati dati per dispersi anche tre uomini addetti alle ricerche.

 

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Vari Paesi hanno inviato aiuti per la ricerca e il salvataggio, tra cui Russia e Turchia. Secondo l’agenzia turca per la gestione dei disastri AFAD, l’Iran ha richiesto un elicottero di ricerca e salvataggio con visione notturna alla Turchia.

 

L’elicottero che trasportava il presidente iraniano Ebrahim Raisi, il ministro degli Esteri e altri funzionari è precipitato in una remota regione settentrionale mentre tornava da una visita ufficiale in Azerbaigian domenica scorsa, secondo alcuni un viaggio per una diga in costruzione.

 

Come riportato da Renovatio 21, il confine azero è «caldo» per Teheran, che vi conduce esercitazioni militari dimostrative e non ha mai nascosto di sostenere l’Armenia nel conflitto con l’Azerbaigian.

 

La Guida Suprema iraniana, l’ayatollah Khamenei, ha chiesto preghiere per Raisi e i funzionari scomparsi assicurando stabilità all’interno della leadership del governo.

 

Una forte presenza militare sta venendo segnalata nella capitale Teheran. Secondo quanto riportato, membri del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (i pasdaran) hanno affermato di aver preso posizione vicino a diversi edifici governativi.

 

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Raisi era a bordo di un vecchio elicottero Bell, secondo alcuni rapporti aveva più di 40 anni. L’aviazione iraniana è piagata da decenni di sanzioni americane che rendono più difficile trovare i ricambi.

 

 

Che si tratti di un ulteriore momento-Sarajevo 1914?

 

L’ipotesi è quella che abbiamo fatto anche vedendo le immagini dell’attentato contro il premier slovacco Fico, e le numerose minacce di morte a vari leader di Paesi europei.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’idea è stata ripetuta da Orban poche ore fa: l’attentato di Fico è legato alla preparazione del prossimo conflitto.

 

Che la guerra debba partire a tutti i costi? Che la guerra debba essere fatta subito, prima delle elezioni americane di novembre?

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Immagine di Tasnim News Agency via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

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La Spagna si è rifiutata di attraccare una nave che trasportava armi verso Israele

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Il 16 maggio la Spagna ha rifiutato la richiesta di una nave che trasportava armi destinate a Israele di attraccare nel porto di Cartagena, ha riferito la rete spagnola EFE, secondo la testata israeliana Ynet.   La nave Marianne Danica sarebbe partita dalla città di Chennai (un tempo conosciuta come Madras) in India con un carico di circa 27 tonnellate di esplosivo.   La notizia è stata confermata dal ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares, il quale ha affermato che alla nave era stato rifiutato l’ingresso dopo che aveva chiesto il permesso di fare scalo a Cartagena il 21 maggio.   Secondo il sito di localizzazione navale Vessel Finder, la Marianne Danica è una piccola nave da carico secco che naviga sotto bandiera danese.

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Amnesty International riferisce che è gestito dalla H. Folmer & Co., che a quanto pare è specializzata nel trasporto di munizioni.   Lo scorso novembre il primo ministro Pedro Sanchez aveva dichiarato che la Spagna è disposta ad andare avanti da sola sulla questione del riconoscimento dello Stato palestinese, anche se preferirebbe agire insieme ad altri membri dell’UE.   Come riportato da Renovatio 21, lo scorso ottobre il ministro spagnuolo per i diritti sociali Ione Belarra ha esortato i leader europei a intraprendere azioni immediate contro Israele, paventando la possibilità che altrimenti la UE diventi «complice del genocidio».   A marzo parlamentari spagnuoli avevano firmato – assieme ad altri circa 200 colleghi di Australia, Belgio, Brasile, Canada, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Portogallo, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti – un appello intitolato «Non saremo complici della grave violazione del diritto internazionale da parte di Israele» per esprimere opposizione ai «Paesi esportatori di armi verso Israele», chiedendo un embargo immediato sulle armi spedite da Paesi partner militari dello Stato Ebraico.   All’appello non pare abbia partecipato alcun parlamentare italiano.

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Immagine di Øyvind Holmstad via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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