Geopolitica
La Spagna condanna Israele per i bombardamenti sul Libano
Il Regno di Spagna ha denunciato i bombardamenti israeliani sul Libano e ha chiesto un cessate il fuoco a Gaza, dopo le notizie secondo cui sarebbero state uccise più di 350 persone.
Israele ha bombardato Beirut e il Libano meridionale lunedì, affermando di aver preso di mira un comandante di alto rango di Hezbollah e i depositi di armi e le postazioni missilistiche del gruppo. La milizia sciita ha risposto lanciando missili verso il nord di Israele.
«Il governo spagnolo esprime il suo profondo sgomento e la sua condanna per il bombardamento israeliano del Libano meridionale e orientale di oggi, che ha causato centinaia di morti, in risposta agli attacchi di Hezbollah contro Israele nel fine settimana», ha affermato lunedì sera il ministero degli Esteri di Madrid.
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«La spirale di violenza deve fermarsi», ha aggiunto il ministero.
Il Regno ha invitato tutte le parti a «rispettare le vite dei civili e i principi fondamentali del diritto internazionale umanitario» e ad attuare pienamente la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, secondo la traduzione non ufficiale fornita dal ministero.
«La guerra deve essere evitata a tutti i costi», ha affermato il ministero degli Esteri spagnolo. «Un cessate il fuoco immediato e permanente a Gaza è assolutamente necessario per ridurre la tensione regionale».
Gli scambi durati mesi tra Israele e Hezbollah sono aumentati la scorsa settimana, quando migliaia di cercapersone e altri dispositivi di comunicazione utilizzati dal gruppo libanese sono esplosi simultaneamente, uccidendo almeno 37 persone e ferendone circa 3.000, tra cui bambini. Venerdì, i jet israeliani hanno bombardato Beirut e ucciso Ibrahim Aqil, un comandante di alto rango di Hezbollah. Nell’attacco sarebbe stato ammazzato anche il comandante anziano del gruppo sciita Ahmet Wahbi.
Hezbollah ha risposto con una raffica di missili nel nord di Israele domenica e un’altra lunedì pomeriggio, mentre i jet israeliani colpivano Beirut e la valle della Bekaa. Il ministero della Salute libanese ha segnalato oltre 350 vittime e più di 1.200 feriti a causa degli attacchi israeliani di lunedì. Tra le vittime ci sono 42 donne e 24 bambini, hanno affermato le autorità.
Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno dichiarato di aver colpito «più di 1.300» obiettivi di Hezbollah, in quello che il ministro della Difesa Yoav Gallant ha descritto come «la distruzione di ciò che è stato costruito da Hezbollah in 20 anni».
Il primo ministro israeliano Beniamino Netanyahu ha invitato i civili libanesi a «tenersi fuori pericolo» e a non permettere a Hezbollah di usarli come «scudi umani».
«Una volta terminata la nostra operazione, potrete tornare sani e salvi alle vostre case», ha detto Netanyahu in un videomessaggio in inglese.
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Israele e Hezbollah si sono scambiati missili a bassa intensità e attacchi aerei dall’ottobre scorso, mentre l’IDF ha concentrato il suo sforzo principale sullo «sradicamento» di Hamas a Gaza.
Come riportato da Renovatio 21, il Regno di Spagna, assieme ad Irlanda, Norvegia, si sono coordinate ancora mesi fa per il riconoscimento dello Stato palestinese, provocando il richiamo degli ambasciatori da parte di Israele. Madrid ha successivamente riconosciuto formalmente la Palestina.
La scorsa primavera la Spagna si era rifiutata di far attraccare nel porto di Cartagena una nave che trasportava armi verso Israele.
Come riportato da Renovatio 21, lo scorso ottobre il ministro spagnuolo per i diritti sociali Ione Belarra ha esortato i leader europei a intraprendere azioni immediate contro Israele, paventando la possibilità che altrimenti la UE diventi «complice del genocidio».
After this hellish night in Gaza I have a very simple but very important message for European leaders. Do not make us complicit in genocide. Act. Not in our name. pic.twitter.com/6YxdxaLDW9
— Ione Belarra (@ionebelarra) October 28, 2023
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Immagine di Pool Moncloa / Borja Puig de la Bellacasa / Ministry of the Presidency Government of Spain del 23 novembre 2023 via Wikimedia pubblicata secondo i termini. Immagine tagliata.
Geopolitica
Senatore americano: «il Sudafrica è nostro nemico»
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Geopolitica
Putin sostiene Maduro nella situazione di stallo con gli Stati Uniti
Il presidente russo Vladimir Putin ha rinnovato il suo pieno appoggio al presidente venezuelano Nicolás Maduro, nonostante l’intensificazione della presenza militare statunitense nei Caraibi.
I due leader hanno evidenziato l’eccezionale solidità dei rapporti tra Mosca e Caracas nel corso di una telefonata avvenuta giovedì. Secondo quanto riferito dal Cremlino, Putin «ha espresso solidarietà al popolo venezuelano e ha ribadito il proprio sostegno alla ferma determinazione del governo guidato da Maduro nel difendere la sovranità nazionale e gli interessi del Paese dalle ingerenze esterne».
I presidenti hanno confermato l’impegno a dare piena attuazione al trattato di partenariato strategico firmato lo scorso maggio.
Dal canto suo, il governo venezuelano ha fatto sapere che Putin e Maduro hanno sottolineato «la natura strategica, solida e in costante crescita delle relazioni bilaterali» e che il leader russo ha manifestato il proprio sostegno agli sforzi di Maduro volti a «rafforzare la pace, la stabilità politica e lo sviluppo economico».
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La telefonata è arrivata pochi giorni dopo il sequestro, da parte degli Stati Uniti, di una petroliera salpata da un porto venezuelano all’inizio del mese. La procuratrice generale statunitense Pam Bondi ha dichiarato che la nave era già stata sanzionata in passato per aver presumibilmente trasportato petrolio iraniano.
Caracas ha definito l’operazione «un atto di pirateria» e ha accusato Washington di voler «saccheggiare» le risorse naturali venezuelane.
Da settembre gli Stati Uniti hanno dispiegato una flotta navale nei Caraibi e hanno fermato oltre venti imbarcazioni sospettate di traffico di droga in acque internazionali. Secondo quanto riportato da Reuters, l’amministrazione americana si starebbe preparando a intercettare ulteriori navi che trasportano greggio venezuelano nell’ambito della campagna di massima pressione contro Maduro, accusato dal presidente Donald Trump di collusione con i cartelli della droga.
Maduro ha respinto categoricamente ogni legame del suo governo con il narcotraffico, ha promesso di difendere il Paese da una eventuale invasione e ha bollato le azioni di Washington come «colonialiste», avvertendo che potrebbero scatenare «una guerra folle» nella regione.
Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa si era parlato di una telefonata segreta tra Trump e Maduro.
Gli Stati Uniti hanno offerto una taglia di 50 milioni di dollari per informazioni che conducano all’arresto o alla condanna di Maduro, ritenuto dagli americani a capo di una ghenga narcoterrorista.
Diverse notizie della scorsa settimana indicano che Washington stia pianificando operazioni in Venezuela e abbia identificato potenziali bersagli legati al presunto narcotraffico. Gli USA avrebbero schierato nella zona circa 16.000 soldati e otto navi da guerra della Marina.
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Il Venezuela ha stigmatizzato il rinforzo militare come violazione della sovranità e tentativo di golpe. Il governo venezuelano starebbe cercando appoggio da Russia, Cina e Iran. Mosca ha di recente riaffermato la sua alleanza con Caracas, esprimendo pieno sostegno alla leadership del Paese nella difesa della propria integrità. Mosca ha accusato il mese scorso Washington di preparare il golpe in Venezuela.
Come riportato da Renovatio 21, Maduro, che avrebbe offerto ampie concessioni economiche agli USA per restare al potere, sarebbe stato oggetto di un tentativo di rapimento tramite il suo pilota personale.
Trump nelle scorse settimane ha ammesso di aver autorizzato le operazioni CIA in Venezuela. Di piani CIA per uccidere il presidente venezuelano il ministro degli Interni del Paese aveva parlato lo scorso anno.
Come riportato da Renovatio 21, Maduro aveva denunciato l’anno scorso la presenza di mercenari americani e ucraini in Venezuela. «Gli UA finanziano Sodoma e Gomorra» aveva detto.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
L’Ungheria dice che il capo della NATO «pugnala alle spalle» e «alimenta la guerra»
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