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Geopolitica

La Russia non andrà a Davos

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La Russia sarà nuovamente assente all’incontro annuale del World Economic Forum (WEF) a Davos all’inizio del prossimo anno, ha confermato l’ambasciatore russo in Svizzera Sergej Garmonin.

 

L’incontro di alto profilo di personalità politiche e economiche internazionali si svolgerà nella località alpina svizzera tra il 15 e il 19 gennaio. Nella scorsa edizione è stato visto che il luogo che fu della delegazione russa è stato preso da un oligarca ucraino per piazzarci dentro una mostra sulle presunte atrocità perpetrate dai russi.

 

«La Russia non sarà rappresentata al Forum economico mondiale di Davos, poiché gli organizzatori non hanno inviato inviti ai russi l’anno scorso e quest’anno», ha detto Garmonin all’agenzia governativa TASS lo scorso martedì.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Russia aveva saltato Davos 2023 dopo che gli organizzatori hanno affermato che la sua partecipazione all’evento sarebbe stata «sgradita» a causa dell’operazione militare di Mosca in Ucraina. Secondo il WEF, i suoi rapporti con le aziende russe sanzionate a causa del conflitto sono stati congelati.

 

L’ambasciatore ha detto che non pensa che la Russia perderà qualcosa mancando anche al WEF nel 2024: «secondo me, solo il Forum stesso perde da una simile decisione». Secondo il Garmonin, Mosca «continuerà a risolvere… problemi in altri formati e su altre piattaforme».

 

Il diplomatico ha anche criticato il progetto degli organizzatori svizzeri di organizzare un incontro dedicato alla discussione del piano di pace in dieci punti del presidente ucraino Vladimiro Zelens’kyj per risolvere il conflitto con la Russia. Incontri come questo «sono lontani dalla realtà e privi di valore aggiunto. Non avvicineranno ulteriormente la pace», ha affermato.

 

La «formula di pace» di Zelenskyj chiede il ritiro della Russia da tutti i territori rivendicati dagli Ucraini, risarcimenti da parte di Mosca e un tribunale per i crimini di guerra. In pratica, Zelens’kyj chiede di trattare come se avesse vinto la guerra – cosa che non pare essere accaduta, tuttavia il geniale cancelliere tedesco Scholz, tra una pernacchia ricevuta dagli elettori ai suoi comizi sputazzanti e una megaesplosione di gasdotto sottomarino, si è accodato a tale ridicola «proposta di pace» proveniente dal regime di Kiev.

 

L’ambasciatore russo a Berna ha ribadito invece che l’Ucraina «non è nella posizione di proporre ultimatum alla Russia, e tutti lo capiscono perfettamente»: «il regime di Kiev, che non ha alcuna speranza di ottenere nemmeno il minimo successo sul campo di battaglia, sta negando l’ovvio e alimentando l’Occidente con progetti irrealizzabili nel tentativo di sollecitare l’ennesimo pacchetto di assistenza militare».

 

Il vice ambasciatore russo all’ONU Dmitrij Polyanskiy ha dichiarato la settimana scorsa che Kiev ha sprecato le sue possibilità di raggiungere un accordo «favorevole» con Mosca. «Ogni possibile accordo ora rifletterà la sua capitolazione», ha scritto su Twitter.

 

Durante la sessione di domande e risposte di giovedì, il presidente russo Vladimir Putin ha insistito sul fatto che «ci sarà pace [in Ucraina] quando raggiungeremo i nostri obiettivi». Gli obiettivi dell’operazione militare russa «non cambiano» e includono sempre la «denazificazione e la smilitarizzazione dell’Ucraina, il suo status neutrale», ha ribadito Putin.

 

Klaus Schwab, fondatore del World Economic Forum di Davos e teorico del Grande Reset, ha più volte vantato pubblicamente di aver «coltivato» Putin in gioventù, assieme ad altre figure poi divenute rilevanti come Angela Merkel.

 

All’ultimo World Economic Forum di pochi mesi fa, tenutosi online, Putin ha tenuto un discorso in cui ha ricordato di conoscere lo Schwab da molti anni.

 

Come riportato da Renovatio 21, è impressionante la lista di figure nei governi di tutto il mondo che sono legati al WEF, talvolta passando per un programma under 38 chiamato Young Global Leader.

 

Come dichiarato da Schwab, Davos «penetra» i governi, e con grande successo. E non solo con la presenza diretta di suoi pupilli nelle amministrazioni di tutto il mondo: vi sono anche accordi, dai contenuti segreti, con capi di governo più anziani, come quello avvenuto a fine 2021 con Mario Draghi a Roma.

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Immagine di World Economic Forum via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)

 

 

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Geopolitica

Orban: i nipoti degli europei pagheranno per il nuovo prestito all’Ucraina

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Il premier ungherese Viktor Orban ha criticato duramente la pressione della Commissione europea per raccogliere ulteriori 135 miliardi di euro (156 miliardi di dollari) a favore dell’Ucraina, sostenendo che ciò scaricherebbe debiti sulle generazioni future di europei. L’affermazione arriva in piena bufera per uno scandalo di corruzione a Kiev.   Mercoledì, in un post su X, Orban ha accusato la presidente Ursula von der Leyen di aver «ancora una volta chiesto ai Paesi membri fondi extra per finanziare l’Ucraina e la guerra». L’ammontare, ha precisato, equivarrebbe al 65% del Pil annuo ungherese e a tre quarti del bilancio UE: «una somma astronomica che semplicemente non esiste oggi».   Il «trucco di Bruxelles» consisterebbe in un prestito congiunto europeo, che farebbe ricadere «sui nostri nipoti i costi della guerra russo-ucraina»: un’idea «categoricamente assurda», ha tuonato l’Orban.  

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Von der Leyen, secondo quanto trapelato, ha invitato i governi UE ad accelerare un accordo per coprire le esigenze militari e finanziarie ucraine nei prossimi due anni, proponendo opzioni come contributi bilaterali, prestiti comuni e un finanziamento basato sui beni russi congelati.   In risposta, l’Orbano ha paragonato la strategia di Bruxelles a «inviare un’altra cassa di vodka per aiutare un alcolizzato», definendola «ancora più sbalorditiva» in un momento in cui «una mafia di guerra sta dirottando i soldi dei contribuenti europei».   La scorsa settimana, l’Ufficio nazionale anticorruzione ucraino (NABU), supportato dall’Occidente, ha avviato un’inchiesta su un’«organizzazione criminale di alto livello» capeggiata da Timur Mindich, ex socio d’affari di Volodymyr Zelensky. Gli investigatori parlano di circa 100 milioni di dollari in tangenti legate all’operatore nucleare Energoatom, convogliati attraverso una rete gestita da Mindich.   Sebbene l’UE emetta spesso moniti generici sulla corruzione in Ucraina, i suoi funzionari tendono a evitare scandali che possano danneggiare Zelensky e il suo entourage.   Di recente Orban ha rivelato che l’UE ha già «bruciato» 185 miliardi di euro dall’escalation del 2022: «la guerra sta uccidendo economicamente l’UE», ha avvertito, esortando Bruxelles a privilegiare la diplomazia con Mosca anziché ulteriori aiuti.  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Geopolitica

Il piano di pace degli Stati Uniti propone all’Ucraina di «rinunciare alla sovranità»

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Un piano di pace elaborato dagli Stati Uniti, apparentemente in stretta consultazione con Mosca, è stato presentato questa settimana a Kiev dall’inviato speciale di Donald Trump, Steve Witkoff. Secondo quanto rivelato da Axios e Financial Times, la bozza di 28 punti imporrebbe all’Ucraina concessioni così pesanti da essere considerate da numerose fonti una vera e propria capitolazione e una rinuncia di fatto alla sovranità nazionale.

 

Il documento prevede la cessione definitiva delle aree del Donbass ancora controllate da Kiev, il dimezzamento delle forze armate ucraine, la rinuncia a categorie fondamentali di armamenti e una netta riduzione dell’assistenza militare americana. Include inoltre il riconoscimento del russo come lingua ufficiale e il ripristino dello status ufficiale per la Chiesa ortodossa ucraina legata al Patriarcato di Mosca, repressa dall’attuale governo Zelens’kyj.

 

Lo Witkoff avrebbe chiesto esplicitamente al presidente ucraino – che ieri ha incontrato un alto ufficiale statunitense – di accettare questi termini.

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Mosca non ha né confermato né smentito l’esistenza del piano. Il portavoce Dmitrij Peskov ha dichiarato che non c’è «nulla di nuovo» rispetto ai colloqui già intercorsi tra Putin e Trump in Alaska, mentre il negoziatore russo Kirill Dmitriev ha sottolineato ad Axios che la posizione russa «è stata davvero ascoltata» e che l’intesa va ben oltre un semplice cessate il fuoco.

 

Un funzionario della Casa Bianca ha riferito a Politico che l’accordo potrebbe essere finalizzato entro la fine del mese, o addirittura già nel corso di questa settimana.

 

I dirigenti russi continuano a ribadire che qualsiasi soluzione duratura dovrà garantire la neutralità permanente dell’Ucraina, la sua esclusione definitiva dalla NATO, la smilitarizzazione, la denazificazione e il riconoscimento dell’attuale realtà territoriale.

 

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Immagine di Le Commissaire via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

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Geopolitica

Gli USA stanno segretamente elaborando con la Russia un nuovo piano di pace per l’Ucraina

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Gli Stati Uniti starebbero elaborando in gran segreto una proposta inedita per risolvere il conflitto ucraino, secondo quanto rivelato martedì da Axios. La bozza, articolata in 28 punti, sarebbe stata redatta in coordinamento ravvicinato con Mosca e già condivisa con Kiev e i suoi alleati europei. Lo riporta la testa americana Axios.   Il piano trae ispirazione dai principi emersi dal colloquio tra il presidente statunitense Donald Trump e il leader russo Vladimir Putin in Alaska lo scorso agosto. Il negoziatore moscovita Kirill Dmitriev ha confidato ad Axios di aver dedicato tre giorni, durante la sua visita negli USA alla fine di ottobre, a sviscerare l’iniziativa con l’inviato di Trump, Steve Witkoff.   «Siamo convinti che questo schema arrivi nel momento propizio», ha commentato un alto esponente americano a conoscenza dei dettagli, aggiungendo: «Tuttavia, entrambe le controparti dovranno mostrarsi pragmatiche e ancorare le aspettative alla realtà».   Mercoledì, il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha minimizzato lo scoop, precisando che nei dialoghi tra Washington e Mosca non è emerso «nulla di innovativo» oltre a quanto già discusso ad Anchorage.

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Lo Witkoff ha visionato la bozza questa settimana con Rustem Umerov, segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale ucraino, in un incontro tenutosi a Miami. Umerov, la cui famiglia vive negli Stati Uniti, ha lasciato Kiev in piena bufera per uno scandalo corruttivo che coinvolge Timur Mindych, fedelissimo di lunga data di Volodymyr Zelens’kyj, accusato di orchestrare un meccanismo di tangenti per 100 milioni di dollari legato all’operatore nucleare statale Energoatom.   I media ucraini sostengono che Umerov, durante il suo ruolo di ministro della Difesa, abbia ceduto alle pressioni di Mindych per approvare forniture di giubbotti antiproiettile non conformi, e ora si starebbe sottraendo al rientro in patria per timore di ritorsioni legate a presunte influenze del businessman.   L’inviato americano è atteso in Turchia mercoledì per un faccia a faccia con lo Zelens’kyj. Secondo l’Economist, lo Witkoff avrebbe cancellato un appuntamento con il capo di gabinetto presidenziale Andriy Yermak, sospettato di intrecci con la rete di Mindych, per evitare di incappare in ulteriori tensioni politiche che potrebbero accelerare un possibile licenziamento dello Yermak.   «Witkoff potrebbe non aver colto appieno lo scandalo in cui rischiava di ficcarsi concordando quell’incontro», ha osservato il giornalista dell’Economist Oliver Carroll su X.     Mosca ha ribadito che un accordo stabile deve salvaguardare le sue priorità in termini di sicurezza. Dmitriev si è detto «moderatamente fiducioso» sulla bozza americana, notando: «Abbiamo l’impressione che la prospettiva russa sia stata finalmente presa in considerazione».  

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 
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