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Geopolitica

La profezia di Bin Laden: l’incompetenza di Biden «porterà gli USA in una crisi»

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Osama Bin Laden una volta aveva ordinata ad al Qaeda di non prendere di mira Joe Biden perché credeva che, sostituito Barack Obama, Joe avrebbe «portato gli Stati Uniti in una crisi».

 

A riportarlo alcune lettere di Osama rinvenute nel suo nascondiglio di Abbottabad, delle quali sarebbe entrato in possesso il quarto giornale americano per diffusione, il New York Post.

 

La lettera è stata scoperta in un archivio di documenti trovati nel nascondiglio del terrorista in Pakistan dove, secondo quanto riportato, sarebbe stato ucciso dalle forze statunitensi in un raid il 2 maggio 2011.

«Non devono prendere di mira le visite del vicepresidente degli Stati Uniti Biden»

 

I documenti, scritti tra il 2006 e il 2011, sono pubblicamente disponibili tramite il Combating Terrorism Center di West Point.

 

In una lettera datata maggio 2010, il numero uno del gruppo terrorosta al Qaeda raccomandava di non progettare in alcuno modo l’assassinio di Biden, perché riteneva l’uomo «totalmente impreparato» a guidare gli Stati Uniti, quindi guida ideale della superpotenza per chi vuole vederne il collasso.

 

Gli obbiettivi da perseguire erano altri: in primis, il presidente Brack Obama, la cui eliminazione avrebbe portato allo Studio Ovale l’inetto Biden, come secondo i piani binladenesi.

 

In secundis, Bin Laden chiedeva la testa del generale Petraeus, allora direttore della CIA dopo una lunga esperienza in Afghanistan.

 

«Quanto a Petraeus, è l’uomo di casa in quest’ultimo anno di guerra, e ucciderlo cambierebbe il corso del conflitto».

 

Petraeus sarebbe stato poi silurato per mezzo di uno scandalo sessuale con giunonica femme fatale incorporata, una situazione dai contorni piuttosto dubbi.

 

L’importante, per Bin Laden, era lasciare in pace Biden.

 

«Non devono prendere di mira le visite del vicepresidente degli Stati Uniti Biden. I gruppi rimarranno alla ricerca di Obama o Petraeus», ordinava Bin Laden.

 

Gli ordini erano precisi e razionali:

 

«La ragione per concentrarsi su di loro è che Obama è il capo dell’infedeltà e ucciderlo automaticamente farà assumere la presidenza a Biden per il resto del mandato, come è la norma laggiù»

«La ragione per concentrarsi su di loro è che Obama è il capo dell’infedeltà e ucciderlo automaticamente farà assumere la presidenza a Biden per il resto del mandato, come è la norma laggiù».

 

«Biden è totalmente impreparato per quel posto, che porterà gli Stati Uniti in una crisi».

 

Ora, ad anni di distanza, il progetto di Bin Laden si è realizzato su più livelli.

 

Uno: Biden non solo ha preso il potere e sta dimostrando incompetenza, ma si tratta di una persona che dà evidenti segni di demenza senile, e oramai più nessuno si spende per negarlo.

 

Due: l’America è piombata, dopo l’orrore di Kabul, è piombata in una spirale negativa che deprimerà a lungo, se non per sempre, il suo prestigio e il suo potere.

 

Difficile avventurarsi  con facilità in un altra guerra in Medio Oriente, così che le basi logistiche del terrorismo rimarranno sicure, quantomeno da invasioni di soldati e marine.

 

È, senza dubbio, la vittoria di Bin Laden, che aveva la lucidità necessaria per capire cosa sarebbe successo: bastava mettere Biden alla Casa Bianca

Nel frattempo, Obama si gode una festa di compleanno tra le celebrità di TV e social, e Petraeus, come abbiamo detto, è stato messo fuori dai giochi per un amplesso di troppo con l’avvenente biografa militare. Tutto il resto dei personaggi è fuori uso: pensate a Trump, quello che tratta ma poi agita lo spauracchio della bomba atomica, che a differenza dei talebani non ha accesso a Facebook e Twitter…

 

L’America, il gigante che si opponeva, almeno in apparenza, l’islamismo (coltivandolo però tramite i contatti e i danari sauditi e non solo), ora è stata neutralizzata.

 

È, senza dubbio, la vittoria di Bin Laden, che aveva la lucidità necessaria per capire cosa sarebbe successo: bastava mettere Biden alla Casa Bianca.

 

Sul fatto che ci sia arrivato in modo perfettamente legale, in questo momento è proibito avere dubbi.

 

 

Immagine screenshot da YouTube

Geopolitica

Maduro ha offerto ampie concessioni economiche agli Stati Uniti

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Il Venezuela ha proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Lo riportail New York Times, citando fonti anonime.

 

Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.

 

Nelle ultime settimane, gli Stati Uniti hanno condotto attacchi al largo delle coste venezuelane contro quelle che hanno definito «imbarcazioni della droga», causando oltre venti morti e rafforzando la propria presenza militare nella regione. Funzionari americani hanno accusato Maduro di legami con reti di narcotraffico, accusa che il presidente venezuelano ha respinto.

 

Caracas ha accusato Washington di perseguire un cambio di regime, un’intenzione smentita dai funzionari statunitensi.

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Secondo fonti anonime di funzionari americani e venezuelani riportate dal NYT, dietro le tensioni pubbliche, Caracas avrebbe presentato un’ampia proposta diplomatica. Questa includeva l’apertura di tutti i progetti petroliferi e auriferi, attuali e futuri, alle aziende americane, l’offerta di contratti preferenziali per le imprese statunitensi, il reindirizzamento delle esportazioni di petrolio dalla Cina agli Stati Uniti e la riduzione degli accordi energetici e minerari con aziende cinesi, iraniane e russe.

 

I colloqui, condotti per mesi tra i principali collaboratori di Maduro e l’inviato statunitense Richard Grenell, miravano a ridurre le tensioni, secondo l’articolo. Sebbene siano stati fatti progressi in ambito economico, le due parti non sono riuscite a trovare un accordo sul futuro politico di Maduro, si legge nel rapporto.

 

Secondo il NYT, il Segretario di Stato americano Marco Rubio sarebbe stato il principale sostenitore della linea dura dell’amministrazione Trump per rimuovere Maduro. Si dice che Rubio sia scettico sull’approccio diplomatico di Grenell e abbia spinto per una posizione più rigida contro Caracas.

 

Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.

 

Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.

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Immagine di Confidencial via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported

 

 

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Geopolitica

Haaretz: Israele sarà indifendibile se violeremo questo piano di pace

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L’editoriale principale del quotidiano israeliano Haaretz, pubblicato il 10 e l’11 ottobre, lancia un severo monito agli israeliani attratti dai piani del primo ministro Benjamin Netanyahu e dei suoi sostenitori estremisti per ostacolare gli accordi di pace negoziati.   «Se Israele fosse così sprovveduto da liberare gli ostaggi e poi trovare un pretesto banale per riprendere i combattimenti, consolidando la sua nuova immagine di Stato guerrafondaio che viola ripetutamente gli accordi, le proteste che hanno scosso l’Europa per la reazione di Israele alla flottiglia per Gaza si intensificheranno con una forza doppia e saranno inarrestabili».   L’editoriale, scritto dall’editorialista Carolina Landsmann, ribadisce: «se Israele riprendesse i combattimenti dopo aver recuperato tutti gli ostaggi, compirebbe un autentico suicidio diplomatico. Difendere il Paese diventerebbe impossibile. Nemmeno Trump potrebbe riuscirci».   L’editoriale è stato innescato dalle dichiarazioni del giornalista israeliano Amit Segal, trasmesse sul Canale 12 israeliano, secondo cui «non esiste una fase due, questo è chiaro a tutti, no?». Segal ha escluso qualsiasi soluzione che richiami gli accordi di Oslo, vantandosi che, una volta liberati gli ostaggi, Israele riprenderà a combattere,.   La Landsmann ha replicato che questo gioco è finito: «Il mondo ha compreso la realtà meglio di Israele», e persino i sostenitori di Trump «sono stanchi» di vedere i contribuenti americani finanziare le guerre di Israele. L’editorialista ha riportato le parole di Trump a Netanyahu: «Israele non può combattere contro il mondo, Bibi; non può combattere contro il mondo».  

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  Immagine di IDF Spokesperson’s Unit via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
 
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Geopolitica

Il Cremlino dice di essere pronto per un accordo sull’Ucraina

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Mosca rimane aperta a una risoluzione pacifica del conflitto in Ucraina, ma le ostilità proseguiranno finché Kiev continuerà a ostacolare i negoziati, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov.

 

Rispondendo al presidente francese Emmanuel Macron, che di recente ha scritto in un post su X che la Russia «dovrà pagare il prezzo» se si rifiutasse di dimostrare disponibilità a negoziare, Peskov, parlando ai giornalisti lunedì, ha sottolineato che Mosca ha sempre favorito una soluzione diplomatica alla crisi. Tuttavia, ha notato che Kiev, sostenuta dai suoi alleati occidentali, continua a respingere tutte le proposte russe.

 

«La Russia è pronta per una soluzione pacifica», ha affermato Peskov, evidenziando che la campagna militare di Mosca continua «a causa della mancanza di alternative». Ha aggiunto che la Russia raggiungerà infine i suoi obiettivi dichiarati, salvaguardando i propri interessi di sicurezza nazionale.

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Le sue dichiarazioni arrivano in vista dell’incontro previsto per venerdì a Washington tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr  Zelens’kyj.

 

Peskov ha espresso apprezzamento per gli sforzi diplomatici di Trump volti a risolvere pacificamente il conflitto, auspicando che «l’influenza degli Stati Uniti e le capacità diplomatiche degli inviati del presidente Trump contribuiscano a incoraggiare la parte ucraina a essere più proattiva e preparata al processo di pace».

 

La Russia ha ripetutamente ribadito la propria disponibilità a colloqui di pace con l’Ucraina. Le due parti erano vicine a un accordo a Istanbul all’inizio del 2022, ma, secondo Mosca, Kiev si è ritirata dopo che i suoi sostenitori occidentali l’hanno spinta a continuare il conflitto.

 

Da allora, i funzionari russi hanno sostenuto che né Kiev né i suoi alleati europei sono genuinamente interessati a porre fine alle ostilità, accusandoli di ostacolare i negoziati con condizioni mutevoli e ignorando le proposte russe.

 

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Immagine di A.Savin via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported2.5 Generic2.0 Generic1.0 Generic

 

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