Geopolitica
La NATO è divenuta una sconsiderata «alleanza zombi»: ex contrammiraglio turco
Il contrammiraglio in pensione della marina militare turca Cem Gurdeniz ha rilasciato un’intervista a una testata regionale mediorentale in cui descrive la NATO come una «alleanza zombie» che ha perso la sua funzionalità e legittimità come vera alleanza militare.
Il Gurdeniz è oggi un importante commentatore geopolitico nella società turca e nella regione. Nella sua carriera militare è stato ideatore della dottrina marittima «Patria Blu», che rappresenta in chiarezza le crescenti rivendicazioni marittime di Ankara nel Mediterraneo orientale degli ultimi anni.
«Patria Blu non è uno slogan, è il nostro imperativo geopolitico. La Turchia è circondata da acque contese: l’Egeo, il Mediterraneo orientale e il Mar Nero. Se cediamo questi spazi, diventiamo senza sbocchi sul mare e irrilevanti. Le potenze occidentali, in particolare attraverso Grecia e Cipro, vogliono intrappolarci in Anatolia. La mappa di Siviglia, sostenuta dall’UE, ridurrebbe il nostro spazio marittimo del 90%. Questa è una condanna a morte geopolitica» dice Gurdeniz nell’intervista.
La controversia principale riguarda le acque che circondano l’intero territorio di Cipro, Stato membro dell’UE (a causa della decennale occupazione turca della parte settentrionale di Cipro), il che garantisce alla Turchia l’accesso a vasti giacimenti di gas naturale. Queste rivendicazioni hanno riacceso la lunga contrapposizione geopolitica tra Turchia, Grecia e Cipro, con l’UE che sostiene la tesi secondo cui la Turchia sta violando la propria sovranità.
La dottrina della Patria Blu ha quindi messo le potenze NATO l’una contro l’altra, con la Turchia che detiene il secondo esercito più grande all’interno dell’alleanza NATO. Tuttavia il Paese rimane con evidenza una spina nel fianco dell’alleanza, dato che è in contrasto con gli Stati Uniti su molti fronti, in particolare per quanto riguarda la politica nella Siria settentrionale e la questione curda.
«La NATO è ormai un’alleanza zombie. Esiste più come un mito che come un blocco militare funzionante. La sua espansione è stata sconsiderata. Le sue operazioni – dai Balcani alla Libia all’Ucraina – hanno destabilizzato intere regioni e la sua credibilità sta crollando» ha detto Gurdeniz alla nota giornalista turca Ceyda Karan sulle colonne del quotidiano libanese The Cradle.
«L’UE, nel frattempo, sta promuovendo un rinnovamento militare da 800 miliardi di euro sotto il nome di ” ReArm Europe”. Ma questo richiede massicce misure di austerità interne. I governi europei stanno preparando le loro popolazioni alla guerra, non alla pace. Hanno bisogno di nemici per giustificare la spesa».
Le analisi del contrammiraglio sono taglienti e piuttosto inedite per una figura del suo calibro.
«Senza la leadership degli Stati Uniti, la NATO non può sopravvivere come struttura coerente. L’America di Trump non combatterà per l’Estonia né invierà truppe in Moldavia. L’Europa dovrà difendersi, e non è pronta».
«L’ordine post-1990 si basava sull’illusione dell’unipolarismo. Gli Stati Uniti dichiararono la democrazia liberale capitalista come modello universale. In questo sistema, l’Occidente controllava la finanza, la Cina era incaricata della produzione e gli stati ricchi di risorse erano tenuti a fornire energia e materie prime. Ma questo modello si è scontrato con contraddizioni fatali. La potenza militare statunitense ha fallito in Iraq, Libia e Afghanistan. Invece di stabilità, ha portato distruzione. La Russia si è riaffermata militarmente dopo il 2008. La Cina è cresciuta economicamente e tecnologicamente, sfidando l’egemonia occidentale».
«Insieme, hanno costruito un contrappeso eurasiatico. Ma, cosa ancora più importante, il Sud del mondo ha smascherato la facciata. Il genocidio israeliano a Gaza, apertamente sostenuto da Washington, ha infranto ogni residua legittimità. Il sistema occidentale è ora esposto: economicamente sovraindebitato, diplomaticamente isolato e militarmente vulnerabile».
Durante l’intervista, l’ex vertice militare turco straripa parlando di Trump. «Il dollaro viene scavalcato nel commercio globale. Il potere americano si sta contraendo. Ciò che Trump offre è una ritirata mascherata da forza. Vuole porre fine ai vincoli americani e concentrarsi sul ripristino dell’industria nazionale. Sa che la NATO è un peso, non una risorsa. La sua sfida non è ideologica, è esistenziale. Vuole mantenere in vita l’impero americano riducendolo a dimensioni sostenibili».
«Dobbiamo perseguire quello che chiamo “non allineamento assertivo”. Ciò significa rifiutarci di essere satelliti di chiunque. Manteniamo aperte le nostre opzioni. Collaboriamo con Russia, Cina e il Sud del mondo, ma ci impegniamo anche con Europa e Stati Uniti laddove i nostri interessi coincidono. Ma ci sono delle linee rosse. Non ci uniremo a regimi sanzionatori contro i nostri vicini. Non ospiteremo basi straniere che prendono di mira altri stati. E non ci lasceremo trascinare nelle guerre fallimentari della NATO. La nostra diplomazia deve essere al servizio della nostra geografia: equilibrata, ferma e sovrana».
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Poi l’ex militare attacca l’Europa e la sua illusione economica proiettata su Ankara. «Dobbiamo abbandonare l’illusione che gli investimenti esteri diretti e l’integrazione nell’UE ci salveranno. Quel modello ha fallito. Ha portato debito, privatizzazioni e dipendenza. La nostra economia deve essere costruita sulla produzione, non sulla speculazione. Ciò significa reindustrializzazione, sovranità alimentare ed energetica e commercio regionale in valute locali. Dobbiamo proteggere i settori strategici dalla proprietà straniera. La nostra Banca Centrale deve essere indipendente non solo dal governo, ma anche dall’influenza straniera».
Alla domanda sulla UE che si dice «basata sui valori», il contrammiraglio risponde che «i valori dell’UE sono selettivi. Quando si tratta dei diritti marittimi della Turchia, sostengono il massimalismo greco. Quando si tratta della Palestina, non dicono nulla. Quando si tratta dei crimini di Israele, la chiamano “legittima difesa”».
«Non si tratta di valori, ma di potere. L’UE vuole la Turchia come zona cuscinetto, come deposito di rifugiati e come fonte di manodopera a basso costo. Non ci accetterà mai come pari. E non dovremmo voler entrare a far parte di un club del genere».
«La nostra dignità non è in vendita» conclude il contrammiraglio.
Come riportato da Renovatio 21, Ethem Sancak, vice leader del Vatan Partisi – il Partito patriottico di Turchia – due anni fa aveva suggerito che la Turchia potrebbe lasciare la NATO entro cinque o sei mesi.
I progetti di Erdogan, che confliggono con gli interessi russi in Azerbaigian/Armenia e in Libia e probabilmente in Siria e Iraq, potrebbero andare molto al di là delle questioni NATO, sognando l’instaurazione del «grande Turan», un’area di influenza turca che va dall’Oriente asiatico fino al Mediterraneo.
Come riportato da Renovatio 21, ad aprile 2022 il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha accusato alcuni alleati della NATO di voler prolungare la guerra in Ucraina per indebolire la Russia.
Come riportato da Renovatio 21, già tre anni fa si vociferava che Ankara stesse reclutando jihadisti da mandare in Ucraina. I jihadisti, di fatto, avrebbero il motivo della vendetta per l’operazione russa in Siria. Il rapporto tra Turchia e ISIS è tuttora fonte di grandi dubbi ed imbarazzi internazionali. È emerso che Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurayshi, l’uomo definito dalla Casa Bianca come successore di al-Baghdadi a capo Stato Islamico e per questo eliminato con un raid delle forze speciali USA, di fatto abitava in una residenza a più piani ad Atmeh, nella città di Idlib, che si trova in un’area controllata dalla Turchia e da Hay’at Tahrir al-Sham («Organizzazione per la liberazione del Levante»), conosciuta anche come al-Qaeda in Siria, spesso abbreviata nell’acronimo HTS. È emerso altresì che a Istanbul miliziani ISIS ottengono passaporti falsi con i quali poi fuggono in Europa e in America.
La Turchia nel 2021 aveva arrestato un analista strategico locale accusandolo di spionaggio a favore dell’Italia, Paese considerato concorrente nell’area di influenza libica.
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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior. In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW — Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.
Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.
Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».
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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.
Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.
Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.
Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».
Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.
Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.
Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.
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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.
La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.
Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA. President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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