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La guerra degli sciamani russi

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Dall’inizio della guerra in Ucraina nelle regioni di Buriazia, Tuva, Irkutsk, Altaj dove è diffuso lo sciamanesimo si sono moltiplicati invocazioni e sortilegi. E secondo quanto da loro stesso raccontato attualmente ci sarebbero 17 sciamani che partecipano alle azioni belliche, come volontari o coscritti.

 

Come documenta un servizio dell’agenzia Ljudjam Bajkala, in preparazione alle elezioni presidenziali, poi stravinte dal presidente Vladimir Putin, gli sciamani della Siberia hanno organizzato diversi riti propiziatori per sostenerlo.

 

Il primo è stato lo sciamano della città di Angarsk nella regione di Irkutsk, Artur Tsybikov, che già il 20 dicembre scorso aveva acceso un falò sulla strada principale, gettando in esso le offerte agli spiriti, dei biscotti mischiati a latte e vodka, raccontando che «dopo questo rituale mi è apparso dal cielo il dio buriato Bukhe Iojon, che ha assicurato di aver approvato il desiderio espresso per la vittoria di Putin».

 

Il giorno scelto per l’inizio di questi riti era quello del «Giorno dell’FSB» dedicato ai membri dei servizi di sicurezza, e anche perché «in questi giorni [il 18 dicembre] è nato Stalin».

 

Il 50enne Tsybikov è il presidente dell’associazione «Cielo sempre azzurro» (Večno sinee nebo), ed è uno degli sciamani più efficaci a livello mediatico di tutta la Russia. La sua popolarità si era diffusa dopo l’olocausto rituale di 5 cammelli ad Angarsk nel 2019, preventivamente uccisi e poi smembrati e gettati nel fuoco, un rito pensato «per rafforzare la Russia».

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Dall’inizio della guerra in Ucraina, queste invocazioni e sortilegi si sono ovviamente moltiplicati. Come egli stesso ha raccontato ai giornalisti, attualmente ci sono 17 sciamani che partecipano alle azioni belliche, come volontari o coscritti, anche se non ha rivelato i loro nomi, e solo uno di essi sarebbe morto al fronte, «probabilmente per mancanza di fede».

 

I parenti hanno sepolto il defunto «alla vecchia maniera», racconta Tsybikov, affossandolo direttamente sotto terra, mentre lui celebrava il rito di accompagnamento dell’anima al cielo, per «ricongiungersi agli avi» mentre si bruciavano al fuoco i suoi indumenti ed effetti personali. Ora lo sciamano trapassato «aiuta i suoi compagni direttamente dal cielo», e anche Artur con gli altri sciamani partecipa ai combattimenti agendo “a distanza».

 

«Quando mi chiamano al telefono sento le pallottole che fischiano, gridano di essere accerchiati e chiedono di essere salvati» – spiega Artur – «allora preghiamo e compiamo dei rituali, e creiamo così dei corridoi per farli uscire dall’assedio, i loro comandanti prendono la giusta decisione e se ne vanno senza alcuna perdita».

 

Le attività degli sciamani non servono soltanto ai singoli soldati, ma a tutto l’esercito russo, come quando a gennaio si decise di «celebrare un rito per Avdeevka, e gli spiriti ci hanno rivelato che ci sarebbe stata pioggia battente, poi la nebbia che avrebbe fermato i droni ucraini, e l’assalto ha avuto successo”. Gli sciamani sostengono la “operazione militare speciale» fin dall’inizio, ricordando l’appello dello sciamano supremo di Russia Kara-ool Dopčun-ool (figura riconosciuta dallo Stato), che già il 10 marzo 2022 chiese ai soldati russi di «essere intrepidi», e anche lo sciamano dell’Altaj, Artem Ignatenko, dichiarò che Vladimir Putin «si prende cura delle persone», e che l’operazione speciale «è iniziata proprio al momento opportuno».

 

Tra i mobilitati al fronte molti provengono dalle regioni dove è diffuso lo sciamanesimo, Buriazia, Tuva, Irkutsk, Altaj.

 

L’antropologo di Mosca Dmitrij Doronin spiega che «la comunità sciamanica è molto più diffusa e complessa di quanto appare sulla stampa», e raramente gli sciamani intervengono in questioni politiche; per lo più guariscono dalle malattie, aiutano i clienti a decidere come spendere i soldi, a quale università iscriversi o quale automobile acquistare. «Noi come razionalisti europei vorremmo che tutto fosse messo a verbale, anche le posizioni politiche, ma non è questo che ci si deve attendere dagli sciamani, essi sentono lo spirito delle persone e del popolo, e agiscono in suo favore».

 

Il 36enne sciamano di Ulan-Ude, Enkhe Tsydenov, afferma che «si rivolgono a noi i parenti dei soldati, ci chiedono di compiere rituali per loro… le persone non hanno voglia di combattere e morire, la guerra è una cosa terribile, ma si deve fare, perché non si può andare contro chi detiene il potere». Per cui «i nostri compatrioti non hanno alcuna colpa, e noi possiamo soltanto pregare per loro»; anche nei riti sciamanici, come in quelli della Chiesa ortodossa russa, sono state introdotte le preghiere «per la Vittoria».

 

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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Immagine di Dr. Andreas Hugentobler via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Germany 

 

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Filippine: le sette evangeliche riscuotono un successo clamoroso

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Sebbene il cattolicesimo rimanga la religione dominante nelle Filippine, un numero crescente di filippini si sta ora rivolgendo alle comunità protestanti, appartenenti al cosiddetto movimento «evangelico». Diverse ragioni spiegano questa crescente disaffezione nei confronti della Chiesa.   Nell’arcipelago filippino, la Chiesa cattolica permea tutti gli aspetti della vita: le arterie urbane, le feste popolari, i dibattiti politici e perfino gli scambi quotidiani spesso rimandano alle grandi devozioni cattoliche.   Il cattolicesimo, vestigia della dominazione spagnola e pilastro dell’unità nazionale, era sembrato fino ad allora incrollabile: ma questo significava dimenticare che anche il colosso a volte ha i piedi d’argilla. Mentre all’inizio degli anni 2000 circa l’82,3% della popolazione si identificava come cattolico, due decenni dopo questa percentuale era scesa al 78,6%.   Allo stesso tempo, le comunità evangeliche hanno conosciuto una crescita spettacolare, con la loro quota aumentata dal 4,1% all’8,2% in tempi record, al punto che si può parlare senza esagerare di una vera e propria ondata evangelica che continua a generare credenti «rinati», coloro che credono, come Nicodemo, di essere nati una seconda volta grazie al loro ingresso in questo nuovo tipo di protestantesimo.

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A questo declino hanno contribuito in larga parte le carenze che hanno scosso la Chiesa cattolica locale: si potrebbe citare il posizionamento politico dei vescovi filippini che, tra il 2016 e il 2022, sono entrati in guerra contro l’allora capo dello Stato, Rodrigo Duterte, in particolare a causa dei metodi rapidi di quest’ultimo contro i narcotrafficanti.   L’uomo forte dell’arcipelago non ha esitato a insultare a sua volta i prelati, contribuendo così a normalizzare gli attacchi contro la gerarchia ecclesiastica. Ma si potrebbero anche menzionare sospetti di irregolarità finanziarie e altri casi di abusi che hanno offuscato la reputazione dell’istituzione.   Il declino del cattolicesimo nella regione – come altrove nel mondo – si spiega anche con il fenomeno della «modernità psicologica», per cui la crescente domanda di autonomia, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, si è spostata dal registro politico a quello intimo, per affermarsi anche nelle scelte spirituali e religiose.   In questo contesto, il credente ritiene che ora spetti a lui trovare le risorse personali che possano autenticare la propria fede ai propri occhi, piuttosto che affidarsi alle credenze prescritte dall’istituzione. Ciò porta a un cambiamento nell’adesione religiosa che mette in risalto la figura del convertito. Il credente tende a presentarsi come un «ritornante», un cristiano rinato che costruisce la propria appartenenza attraverso le proprie scelte.   Questa prospettiva risiede in una decisione personale. Testimoniare la propria conversione significa produrre una narrazione di sé come credente autonomo: significa introdurre l’individuo egocentrico nella mentalità cattolica. A questo si aggiunge la retorica dell’autenticità e dell’autorealizzazione, che spiega perché le sette evangeliche prediligano servizi intrisi di danze e lodi ritmiche, instillando un’atmosfera presumibilmente conviviale e immersiva.   In breve, è la conseguenza logica delle celebrazioni piatte e orizzontali delle animazioni liturgiche apparse sulla scia del Nuovo Ordo Missae.   Ma sarebbe esagerato prevedere la scomparsa del cattolicesimo o il soffocamento delle comunità locali sul suolo filippino: la fede cattolica resta viva, ma dovrà attingere più che mai in futuro alle radici della sua Tradizione per non vedersi rubare definitivamente la pretesa di vitalità e dinamismo.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News  

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Mons. Viganò: la chiesa sinodale è un «customer service»

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha pubblicato su X un’ulteriore condanna della chiesa sinodale auspicata prima da papa Bergoglio ed ora da papa Prevost.

 

«Nostro Signore, Verbo eterno del Padre, ha detto: “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha vita eterna” (Gv 5, 24). Così vale per la Chiesa, Suo mistico Corpo: essa è maestra e le si deve ascolto e filiale obbedienza» scrive monsignore.

 

«La chiesa sinodale non proclama la Parola di Dio: ascolta il vociare confuso del mondo, “i tuoi pensieri, i tuoi dubbi, le tue domande”; perché secondo Leone “nessuno possiede la verità tutta intera”. Ed è perfettamente coerente nella sua inutilità, nel suo continuo e patetico cercare di compiacere il mondo».

 

«Quando cerca di sembrare à la page, il massimo che sanno proporre le sue fervide menti è allestire postazioni da “Customer Service” di una società immobiliare al posto del tradizionale confessionale» accusa Sua Eccellenza.

 

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Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi mesi monsignor Viganò aveva parlato di una «chiesa sinodale» che si «spaccia per cattolica». Un anno fa Viganò, in occasione del Sinodo sulla Sinodalità, disse che «il papato cattolico non esiste più» e la «nuova chiesa sinodale» richiama «la fiaccola della ribellione di Lucifero».

 

Il prelato ha accusato questa «chiesa conciliare-sinodale» di essere schierata con i nemici della Chiesa cattolica. L’arcivescovo ha altresì parlato di «sinagoga di Satana, l’antichiesa conciliare e sinodale» fatta da «corrotti ministri» della «setta di traditori e rinnegati».

 

L’anno passato, in occasione dell’anniversario della battaglia di Lepanto, monsignor Viganò invocò la Madonna nella lotta contro il «Leviatano globalista» e i «servi della Setta Sinodale».

 

Come riportato da Renovatio 21, tre settimane fa Sua Eccellenza ha dichiarato che «chi aderisce al Concilio si rende responsabile della demolizione della Chiesa». Monsignor ha quindi parlato di una chiesa ridotta a simulacro con un unico dogma irrinunziabile, cioè il riconoscimento del Concilio Vaticano II.

 

In un messaggio di fine estate, Viganò aveva detto che il sacerdozio conciliare e la sua mediocrità fanno gioire Satana.

 

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Programma del primo viaggio apostolico di Papa Leone XIV

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Questo viaggio, che porterà papa Leone XIV in Turchia e Libano, è previsto dal 27 novembre al 2 dicembre 2025. Include un pellegrinaggio a Iznik, l’attuale Nicea, per commemorare il 1700° anniversario del primo concilio ecumenico della storia.   La Santa Sede ha svelato il 27 ottobre il programma ufficiale del primo viaggio apostolico di papa Leone XIV in Turchia e Libano. Il programma comprenderà numerosi discorsi, incontri istituzionali, celebrazioni ecumeniche, momenti di preghiera nei siti archeologici di Nicea, una visita alla Moschea Blu di Istanbul e una sosta al porto di Beirut.

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Incontri speciali

Ankara, Istanbul, Iznik, poi Beirut, Annaya, Harissa, Bkerké accoglieranno il papa che, secondo le sue spiegazioni, si recherà nei due Paesi mediorientali per esaudire il desiderio del suo predecessore Francesco e portare un messaggio di pace in questa regione del mondo colpita da guerre e tragedie di vario genere.   È previsto un incontro ecumenico a Iznik, fulcro delle celebrazioni per il 1700° anniversario del Concilio di Nicea. L’incontro prevede la firma di una dichiarazione congiunta con il Patriarca di Costantinopoli a Istanbul e una visita alla Moschea Blu, che in passato ha ospitato Benedetto XVI e Francesco. In Libano, è prevista una sosta al porto di Beirut e una preghiera sulla tomba di Charbel Makhlouf nel monastero di Annaya.  

Turchia

Dopo l’arrivo in Turchia, Papa Leone XIV visiterà il mausoleo di Atatürk, fondatore del moderno stato laico che abolì il califfato ottomano con la Costituzione del 1937, e poi il palazzo presidenziale per un incontro con il presidente Recep Tayyip Erdoğan. Si recherà quindi a Istanbul.   Il secondo giorno incontrerà vescovi, sacerdoti, diaconi, persone consacrate e operatori pastorali presso la Cattedrale dello Spirito Santo, quindi visiterà la Casa delle Piccole Sorelle dei Poveri, presente in Turchia da oltre 120 anni, prima di recarsi a Iznik per una celebrazione ecumenica. Ritornerà quindi a Istanbul.   Il giorno seguente, ha visitato la Moschea Blu, poi ha incontrato i capi delle Chiese non cattoliche. Ha poi incontrato Bartolomeo al Palazzo Patriarcale: hanno firmato una dichiarazione congiunta, prima che il Papa si recasse a celebrare la Messa alla Volkswagen Arena.

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Libano

Domenica 30 novembre, Papa Leone XIV parteciperà alla Divina Liturgia (ortodossa…) presso la Chiesa Patriarcale di San Giorgio, seguita da una benedizione ecumenica. Il successore di Pietro si recherà poi a Beirut, dove incontrerà il Presidente Joseph Aoun e altre autorità civili.   Il 1° dicembre, visita al Monastero di San Marone e preghiera sulla tomba di Charbel Makhlouf. Poi, visita al Santuario di Nostra Signora del Libano ad Harissa, dove Léon incontrerà il clero locale, seguito da un’udienza privata con i patriarchi cattolici. È previsto anche un incontro ecumenico e interreligioso.   L’ultimo giorno prevede una visita agli operatori sanitari e ai pazienti dell’ospedale De La Croix, seguita da una preghiera silenziosa al porto di Beirut, luogo dell’esplosione che, il 4 agosto 2020, ha ucciso più di 200 persone e ne ha ferite 7.000. La messa verrà poi celebrata sul lungomare.   Questa visita «sulle orme di Francesco», che contiene tutte le caratteristiche dei viaggi degli ultimi papi dopo Giovanni Paolo II, in particolare i ripetuti incontri ecumenici, inserisce chiaramente papa Leone XIV nel solco scavato da questi papi del Vaticano II, e non è certo un segno favorevole per il resto del pontificato.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News.  

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Immagine di OneArmedMan via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
 
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