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La Francia e il jihadismo dell’alleato turco

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Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21

 

 

 

La Francia si rende conto un po’ in ritardo che gli jihadisti che hanno compiuto attentati sul suo territorio, nonché gli altri che ne stanno preparando di nuovi, hanno il sostegno di Stati stranieri, alleati militari all’interno della NATO. Il rifiuto di trarne le conseguenze in politica estera rende poco efficace il progetto di legge per contrastare l’islamismo.

 

 

Per contrastare la strumentalizzazione politica della fede mussulmana il presidente Emmanuel Macron e il governo di Jean Castex hanno redatto un disegno di legge, ora in discussione in parlamento.

La Francia si rende conto un po’ in ritardo che gli jihadisti che hanno compiuto attentati sul suo territorio, nonché gli altri che ne stanno preparando di nuovi, hanno il sostegno di Stati stranieri, alleati militari all’interno della NATO

 

Il testo si articola attorno a quattro idee forti, tra cui il divieto di finanziamento delle associazioni di culto da parte di Stati stranieri. Tutti sono consapevoli che ci si riferisce agli Stati a capo dell’islamismo, ma nessuno osa nominarli: Turchia e Qatar, telecomandati da Regno Unito e Stati Uniti. Combattere l’islamismo in Francia implica infatti molte e pesanti conseguenze in politica estera. Nessun partito osa affrontare il problema, vanificando così l’impegno profuso nella battaglia.

 

La Francia ha già affrontato con atteggiamento esitante l’islamismo della metà degli anni Novanta, quando Regno Unito e Stati Uniti sostenevano in Algeria gli jihadisti che si opponevano all’influenza francese. Londra offrì anche asilo politico a questi «democratici» che combattevano un regime militare. L’allora ministro dell’Interno, Charles Pasqua, si lanciò in una prova di forza che lo indusse a far abbattere i membri di un commando del Gruppo Islamico Armato (GIA), che avevano dirottato un aereo dell’Air France, nonché a espellere il capo della sede CIA di Parigi (peraltro coinvolto in una vicenda di spionaggio economico). La questione fu così regolata per i successivi vent’anni.

 

La Direzione Generale della Sicurezza Interna (DGSI) ha ispirato un dossier, pubblicato sul Journal du Dimanche del 7 febbraio 2021, su come «Erdoğan infiltra la Francia». Si noti che il giornale non chiama in causa la Turchia, ma soltanto il presidente Erdoğan. Lo stesso, almeno per ora, per Qatar, Regno Unito e Stati Uniti, che non vengono citati. In particolare, il settimanale accusa la Millî Görüş, senza dire che fu la milizia del presidente Necmettin Erbakan e che il presidente Erdoğan ne fu a capo. Infine, omette di affrontare il presunto ruolo avuto dai servizi segreti turchi negli attentati del 13 novembre 2015 (Bataclan).

Tutti sono consapevoli che ci si riferisce agli Stati a capo dell’islamismo, ma nessuno osa nominarli: Turchia e Qatar, telecomandati da Regno Unito e Stati Uniti. Combattere l’islamismo in Francia implica infatti molte e pesanti conseguenze in politica estera

 

È questo il tema che affronterò, rettificando parecchi pregiudizi.

 

 

Islam: fede e politica

Maometto fu un profeta, ma al tempo stesso un capo militare e un principe. L’islam da lui fondato era un particolare rito del cristianesimo (1), ma anche la formulazione della sua politica nei confronti delle tribù della penisola arabica, nonché l’insieme di norme giuridiche da lui promulgate. Alla sua morte nessuno fu capace di distinguere l’eredità spirituale dall’azione politica e militare. I suoi successori politici (in arabo «califfi») ne ereditarono anche l’autorità religiosa, sebbene non avessero preparazione teologica e, in alcuni casi, addirittura non credessero in Dio.

 

Oggi i mussulmani che vivono in Europa vorrebbero sceverare questo islam per conservarne solo il versante spirituale e abbandonare gli aspetti inattuali, in particolare la Sharia. Il presidente Erdoğan – che aspira a essere ufficialmente riconosciuto il 29 ottobre 2023 (centenario della Repubblica turca) Califfo dei mussulmani – cerca in tutti i modi di opporsi.

Oggi i mussulmani che vivono in Europa vorrebbero sceverare questo islam per conservarne solo il versante spirituale e abbandonare gli aspetti inattuali, in particolare la Sharia. Il presidente Erdoğan – che aspira a essere ufficialmente riconosciuto il 29 ottobre 2023 (centenario della Repubblica turca) Califfo dei mussulmani – cerca in tutti i modi di opporsi

 

Si tratta di uno scontro fra due civiltà. Non tra la cultura europea e quella turca, ma tra la civiltà contemporanea e una civiltà scomparsa da oltre un secolo.

 

 

Erdoğan: un teppista diventato presidente

Il presidente Erdoğan non è un politico come gli altri. Ha iniziato la carriera come teppista che faceva a cazzotti nelle strade della capitale. È entrato in politica negli anni Settanta, aderendo a una milizia islamista, l’Akıncılar, per unirsi poi alla milizia creata nel 1997, alla caduta del primo ministro Necmettin Erbakan, la Millî Görüş. Quest’organizzazione di sicari era finanziata dall’Iraq del presidente Saddam Hussein e controllata dal Grande Maestro dell’Ordine sufi dei Naqshbandi, generale Ezzat Ibrahim al-Douri, futuro vicepresidente iracheno.

 

L’anglo-tunisino Rashid Ghannushi, una delle grandi figure della Fratellanza Mussulmana, ha dichiarato: «Nel mondo arabo della mia generazione, quando le persone parlavano del movimento islamico, parlavano di Erbakan. Quando parlavano di Erbakan lo facevano al modo in cui parlavano di Hasan al-Banna e di Sayyid Qutb». Così, benché il movimento islamista sia diviso organizzativamente tra Fratellanza Mussulmana da un lato e Naqshbandi dall’altro, questi movimenti formano senza alcun dubbio una sola e unica ideologia.

 

Erdogan oggi è il leader sia della Fratellanza Mussulmana (radicata in Medio Oriente Allargato e in Europa) sia dei Naqshbandi (radicati soprattutto in Bosnia Erzegovina, nel Daghestan russo, in Asia del Sud e nello Xinjiang cinese)

Ed è a nome della Millî Görüş che Erdoğan ha svolto un ruolo efficace nelle guerre in Afghanistan, a fianco di Gulbuddin Hekmatyar, e nelle guerre in Cecenia, a fianco di Chamil Nassaïev. Divenuto presidente, durante la guerra della NATO in Siria s’è imposto in quanto capo di questa corrente. Oggi è il leader sia della Fratellanza Mussulmana (radicata in Medio Oriente Allargato e in Europa) sia dei Naqshbandi (radicati soprattutto in Bosnia Erzegovina, nel Daghestan russo, in Asia del Sud e nello Xinjiang cinese).

 

 

Le reti islamiste

La trasformazione dell’Ordine dei Naqshbandi e la creazione della Fratellanza Mussulmana sul modello della Grande Loggia Unita d’Inghilterra sono state pilotate dal Regno Unito, nel contesto del «Grande Gioco», che opponeva l’Impero britannico all’Impero russo, e della conquista coloniale del Sudan. Ancora oggi l’MI6 controlla direttamente entrambe le organizzazioni. I finanziatori si avvicendano (dapprima Arabia Saudita, poi Qatar e Turchia) ma non chi impartisce gli ordini.

 

Anteriormente alla prima guerra mondiale i britannici utilizzarono l’università al-Azhar del Cairo per unificare il mondo mussulmano attorno a un’unica versione del Corano (all’epoca erano una quarantina). Bisognava eliminare i passaggi utilizzati dalla crudele setta sudanese del Mahdi contro l’Impero britannico. Il Grande imam di al-Ahzar fu mandato a convertire i mussulmani sudanesi al «vero» islam recentemente nato.

 

La Confraternita Mussulmana nella sua forma originaria fu fondata dall’egiziano Hasan al-Banna. Fu immaginata come prolungamento dell’investimento britannico nell’islam. La Fratellanza fu poi organizzata in altra forma direttamente dall’MI6, dopo la seconda guerra mondiale, e successivamente all’esecuzione di Hasan al-Banna, gli Stati Uniti v’introdussero prontamente un intellettuale massone, nonché ateo, Sayyid Qutb, che si convertì all’islam, da lui concepito come arma per conquistare il potere. Creò un’ideologia binaria (noi e loro, ciò che è vietato e ciò che è autorizzato) e predicò la jihad.

La Fratellanza Musulmana fu poi organizzata in altra forma direttamente dall’MI6, dopo la seconda guerra mondiale, e successivamente all’esecuzione di Hasan al-Banna, gli Stati Uniti v’introdussero prontamente un intellettuale massone, nonché ateo, Sayyid Qutb, che si convertì all’islam, da lui concepito come arma per conquistare il potere

 

Sotto il controllo dei britannici e con il finanziamento dell’Arabia Saudita (Lega Islamica Mondiale), la Fratellanza si estese progressivamente a tutta la regione che oggi chiamiamo il Medio Oriente Allargato. Conquistarono il potere in Pakistan, consentendo così alla CIA di fare guerra ai sovietici in Afghanistan. Si trasformarono poi in un vero e proprio esercito e combatterono in Bosnia-Erzegovina a fianco del Pentagono. Oggi sono presenti in molti conflitti, in particolare in Sahel, Siria, Iraq, Yemen e Afghanistan (2).

 

Anche l’Iran di Ruhollah Khomeini si fonda su una concezione politica dell’islam. L’ayatollah incontrò Hasan al-Banna al Cairo, non già per associarglisi, ma per spartirsi con lui il mondo mussulmano. L’attuale Guida della Rivoluzione, Ali Khamenei, ha tradotto due libri di Sayyid Qutb, che dice di ammirare; invita sistematicamente i Fratelli Mussulmani ai congressi sull’islam, ma, in privato, le due correnti non perdono occasione di sparlare l’una dell’altra. Tra loro si è stabilita una sorta di pace armata.

 

Gli europei in generale e i francesi in particolare cominciano solo ora a interessarsi all’islam politico, che non riescono a distinguere dalla spiritualità mussulmana, a dispetto dei lavori di Louis Massignon.

 

 

La Turchia e la NATO

Ritorniamo alla Turchia. Gli Stati Uniti l’hanno ammessa nella NATO perché confinante con l’Unione Sovietica. Durante la guerra di Corea, gli americani poterono apprezzare il valore dei soldati turchi, grazie ai quali evitarono una vergognosa sconfitta. Sono gli americani che hanno organizzato una migrazione in Germania Ovest di cittadini turchi, a scopo lavorativo, al fine di consolidare la popolazione in campo atlantista dei tedeschi. Inoltre, dato che i turchi kurdi avevano creato il PKK con l’aiuto dei sovietici, le autorità di occupazione USA in Germania avrebbero potuto sorvegliarli direttamente.

Sono gli americani che hanno organizzato una migrazione in Germania Ovest di cittadini turchi, a scopo lavorativo, al fine di consolidare la popolazione in campo atlantista dei tedeschi

 

Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, la pressione degli Stati Uniti s’è allentata. I lavoratori turchi hanno cominciato a passare dalla Germania Ovest ad altri Paesi frontalieri, tra cui la Francia.

 

Durante la guerra fredda, gli Stati Uniti istallarono il quartier generale europeo della Fratellanza Mussulmana prima a Monaco di Baviera poi a Ginevra, attorno a Saïd Ramadan (marito della figlia di Hasan al-Banna e padre di Tariq e Hanni Ramadan). Dopo ogni colpo di Stato fallito in Medio Oriente, la NATO fa concedere dalla Germania o dalla Francia l’asilo politico ai Fratelli Mussulmani. Sicché questi due Paesi hanno storicamente nutrito i nemici al proprio seno. Charles Pasqua fu il primo a opporsi a quest’alleanza d’imbroglioni. I dossier a suo tempo accumulati dall’intelligence francese sono stati recentemente riordinati da Jean-Loup Izambert (3).

 

Con la svolta islamista imposta da Erdoğan alla Turchia, l’Agenzia per gli Affari Religiosi (Diyanet) ha considerevolmente aumentato l’influenza sulla diaspora. Ha moltiplicato il numero degli imam e si è appoggiata alla Millî Görüş, nonché, più recentemente, ai Lupi Grigi (altra milizia turca, anch’essa legata alla NATO, ora vietata in Francia). (4)

Dopo ogni colpo di Stato fallito in Medio Oriente, la NATO fa concedere dalla Germania o dalla Francia l’asilo politico ai Fratelli Mussulmani. Sicché questi due Paesi hanno storicamente nutrito i nemici al proprio seno

 

 

Erdoğan e gli attentati del 2015 e 2016 a Parigi e Bruxelles

Le inchieste sugli attentati di Parigi-Saint Denis e di Bruxelles-Zaventem del 2015 e 2016 hanno stabilito che non sono state azioni isolate. Secondo gl’inquirenti francesi e belgi, si è trattato di operazioni di tipo militare. La domanda è: quale esercito li ha organizzati?

 

Gl’inquirenti hanno dimostrato che i due gruppi erano fra loro strettamente collegati. Gli ordini sono stati perciò impartiti da un’unica fonte.

 

Quattro giorni prima degli attentati di Bruxelles-Zaventem, il presidente Erdoğan ha esplicitamente minacciato l’Unione Europea in generale e il Belgio in particolare, preannunciando un attentato (5). E all’indomani di questo bagno di sangue, la stampa turca favorevole al presidente non ha nascosto il proprio entusiasmo. (6)

Quattro giorni prima degli attentati di Bruxelles-Zaventem, il presidente Erdoğan ha esplicitamente minacciato l’Unione Europea in generale e il Belgio in particolare, preannunciando un attentato. E all’indomani di questo bagno di sangue, la stampa turca favorevole al presidente non ha nascosto il proprio entusiasmo

 

Non ci sono quindi dubbi che il presidente turco abbia auspicato anche gli attentati di Parigi-Saint Denis, poiché riteneva che la Francia avesse tradito gl’impegni presi a favore della Turchia in Siria (7).

 

Come sempre, l’unico jihadista riconosciuto come componente del commando di Parigi e di Bruxelles (Mohammed Abrini, «l’uomo dal cappello») è stato identificato come informatore dei servizi segreti britannici (8).

 

Direste «finanziamento di jihadisti che operano sul territorio francese»?

 

 

Thierry Meyssan

Come sempre, l’unico jihadista riconosciuto come componente del commando di Parigi e di Bruxelles (Mohammed Abrini, «l’uomo dal cappello») è stato identificato come informatore dei servizi segreti britannici

 

 

 

NOTE

(1) Fu presentato così quando gli Omayyadi arrivarono a Damasco, prima che il Corano fosse messo in forma scritta.

(2) Si veda la storia mondiale dei Fratelli Mussulmani in sei parti, di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 21 giugno 2019.

(3) 56— tome I : L’État français complice de groupes criminels56 — tome II : Mensonges et crimes d’État, IS édition (2015 et 2017).

(4) «In Francia i Lupi Grigi cercano di organizzare pogrom anti-armeni», «La Francia sta per mettere fuorilegge i Lupi Grigi», Rete Voltaire, 2 e 3 novembre 2020.

(5) «Erdoğan minaccia l’Unione Europea», di Recep Tayyip Erdoğan, Traduzione Matzu Yagi, Rete Voltaire, 18 marzo 2016.

(6) «La Turquie revendique le bain de sang de Bruxelles», par Savvas Kalèndéridès, Traduction Christian Haccuria, Réseau Voltaire, 24 mars 2016.

(7) «Il movente degli attentati di Parigi e di Bruxelles», di Thierry Meyssan, Traduzione Matzu Yagi, Megachip-Globalist (Italia) , Rete Voltaire, 28 marzo 2016.

(8) «First Isis supergrass helps UK terror police», Tom Harper, The Times, June 26th, 2016. « Terror suspect dubbed “the man in the hat” after Paris and Brussels attacks becomes British police’s first ISIS Supergrass», Anthony Joseph, Daily Mail, June 26th, 2016.

 

 

 

Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

 

 

Fonte: «La Francia e lo jihadismo dell’alleato turco», di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 9 febbraio 2021

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

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Geopolitica

Attacco israeliano in Qatar. La condanna di Trump

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Israele ha condotto un «attacco di precisione» contro «i vertici di Hamas», hanno annunciato martedì le Forze di difesa israeliane (IDF), poco dopo che numerose esplosioni hanno scosso il quartier generale del gruppo militante palestinese a Doha, in Qatar.

 

Da parte delle forze dello Stato Ebraico, si tratta di una violazione territoriale inedita, perché – a differenza di casi analoghi in Libano e Iran – condotta in uno Stato «alleato» di Washington e dell’Occidente, cui fornisce capitale e gas. L’attacco pare essere stato diretto ai negoziatori di Hamas, i quali avevano ricevuto dal presidente americano Trump un invito al tavolo della pace poco prima.

 

L’esercito israeliano ha dichiarato di aver condotto l’operazione in coordinamento con l’agenzia di sicurezza Shin Bet (ISA). Le IDF non hanno indicato il luogo esatto preso di mira dall’attacco.

 

«L’IDF e l’ISA hanno condotto un attacco mirato contro i vertici dell’organizzazione terroristica Hamas», ha dichiarato l’IDF in una nota. «Prima dell’attacco, sono state adottate misure per mitigare i danni ai civili, tra cui l’uso di munizioni di precisione e di intelligence aggiuntiva».

 

L’annuncio è arrivato dopo che almeno dieci esplosioni avrebbero scosso il quartier generale di Hamas a Doha. I filmati che circolano online mostrano che l’edificio è stato gravemente danneggiato. Secondo diversi resoconti dei media che citano fonti di Hamas, l’attacco ha preso di mira il team negoziale del gruppo, che stava discutendo l’ultima proposta statunitense sulla cessazione delle ostilità con Israele.

 

Il Qatar ha condannato il «vile attacco israeliano», descrivendo il luogo interessato dall’attacco come «edifici residenziali che ospitano diversi membri dell’ufficio politico del movimento Hamas».

 

 

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L’attacco israeliano a Doha è stato un «momento cruciale» per l’intera regione, ha affermato il primo ministro del Qatar, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, condannando l’attacco come «terrorismo di Stato».

 

L’attacco a sorpresa non sarà «ignorato» e il Qatar «si riserva il diritto di rispondere a questo attacco palese», ha dichiarato il primo ministro in una conferenza stampa. «Oggi abbiamo raggiunto un punto di svolta affinché l’intera regione dia una risposta a una condotta così barbara».

 

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Al-Thani ha attaccato duramente il suo omologo israeliano, Benjamin Netanyahu, accusandolo di compromettere la stabilità regionale in nome di «deliri narcisistici» e interessi personali. Il Qatar continuerà il suo impegno di mediazione per risolvere le persistenti ostilità con Hamas, ha affermato.

 

Il primo ministro quatarino ha ammesso che lo spazio per la diplomazia è ormai diventato molto ristretto e che l’attacco ha probabilmente fatto deragliare il ciclo di negoziati dedicato all’ultima proposta avanzata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

 

«Per quanto riguarda i colloqui in corso, non credo che ci sia nulla di valido dopo aver assistito a un attacco del genere», ha affermato.

 

L’attacco israeliano è avvenuto due giorni dopo che il presidente degli Stati Uniti aveva lanciato un altro «ultimo avvertimento» ad Hamas, sostenendo che Israele aveva già accettato termini non specificati di un accordo da lui proposto e chiedendo al gruppo di rilasciare gli ostaggi israeliani ancora detenuti a Gaza. Poco dopo, anche il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha dato al gruppo un “ultimo avvertimento”, minacciando Hamas di annientamento e intimando ai militanti di deporre le armi. In seguito alle minacce, Hamas aveva dichiarato di essere pronta a «sedersi immediatamente al tavolo delle trattative» dopo aver ascoltato quelle che ha descritto come «alcune idee da parte americana volte a raggiungere un accordo di cessate il fuoco».

 

Tuttavia nelle ultime ore è emersa la condanna del presidente statunitense contro l’attacco israeliano. In una dichiarazione pubblicata martedì su Truth Social, Trump ha criticato l’attacco aereo di Israele contro un complesso di Hamas a Doha, sottolineando che la decisione di portare a termine l’operazione all’interno del Qatar è stata presa unilateralmente dal primo ministro Benjamin Netanyahu e non da Washington.

 

Nel suo post Trump ha affermato che il bombardamento israeliano all’interno di «una nazione sovrana e stretto alleato degli Stati Uniti» non ha «favorito gli obiettivi di Israele o dell’America».

 

«Considero il Qatar un forte alleato e amico degli Stati Uniti e mi dispiace molto per il luogo dell’attacco», ha scritto, sottolineando che l’attacco è stato «una decisione presa dal primo ministro Netanyahu, non una decisione presa da me».

 

Trump ha affermato che, non appena informato dell’operazione, ha incaricato l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff di avvertire i funzionari del Qatar, ma ha osservato che l’allerta è arrivata «troppo tardi per fermare l’attacco». Il presidente ha affermato che eliminare Hamas era un «obiettivo degno», ma ha espresso la speranza che «questo sfortunato incidente possa servire come un’opportunità per la PACE».

 

Da allora Trump ha parlato con Netanyahu, che gli ha detto di voler fare la pace, e con i leader del Qatar, che ha ringraziato per il loro sostegno e ha assicurato che «una cosa del genere non accadrà più sul loro territorio».

 

La Casa Bianca ha definito l’attacco un incidente «sfortunato». Trump ha dichiarato di aver incaricato il Segretario di Stato Marco Rubio di finalizzare un accordo di cooperazione per la difesa con il Qatar, designato come «importante alleato non NATO».

 

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Nell’operazione circa 15 aerei da guerra israeliani hanno sparato almeno dieci munizioni durante l’operazione di martedì, uccidendo diversi membri di Hamas, tra cui il figlio dell’alto funzionario Khalil al-Hayya. Hamas ha affermato che i suoi vertici sono sopravvissuti all’attacco, descritto come un tentativo di assassinare i negoziatori impegnati a raggiungere un possibile accordo.

L’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha insistito sul fatto che l’attacco ad Hamas in Qatar è stato un’azione unilaterale e che nessun altro paese è stato coinvolto nell’operazione.

 

«L’azione odierna contro i principali capi terroristi di Hamas è stata un’operazione israeliana del tutto indipendente. Israele l’ha avviata, Israele l’ha condotta e Israele si assume la piena responsabilità», si legge in una nota.

 

Il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha condannato l’attacco israeliano definendolo una «flagrante violazione della sovranità e dell’integrità territoriale del Qatar». «Tutte le parti devono impegnarsi per raggiungere un cessate il fuoco permanente, non per distruggerlo», ha detto ai giornalisti.

 

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Geopolitica

Lavrov: la Russia non ha voglia di vendetta

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La Russia non ha intenzione di vendicarsi dei paesi occidentali che hanno interrotto i rapporti e fatto pressioni su Mosca a causa del conflitto in Ucraina, ha affermato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.   Intervenendo lunedì all’Istituto statale di relazioni internazionali di Mosca, Lavrov ha sottolineato che la Russia non intende «vendicarsi o sfogare la propria rabbia» sulle aziende che hanno deciso di sostenere i governi occidentali nel loro tentativo di sostenere Kiev e imporre sanzioni economiche a Mosca, aggiungendo che l’ostilità è generalmente «una cattiva consigliera».   «Quando i nostri ex partner occidentali torneranno in sé… non li respingeremo. Ma… terremo conto che, essendo fuggiti su ordine dei loro leader politici, si sono dimostrati inaffidabili», ha affermato il ministro.   Secondo Lavrov, qualsiasi futuro accesso al mercato dipenderà anche dalla possibilità che le aziende rappresentino un rischio per i settori vitali per l’economia e la sicurezza della Russia.

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Il ministro ha sottolineato che la Russia è aperta alla cooperazione e non ha alcuna intenzione di isolarsi. «Viviamo su un piccolo pianeta. Costruire i muri di Berlino è stato in stile occidentale… Non vogliamo costruire alcun muro», ha affermato, riferendosi al simbolo della Guerra Fredda che ha diviso la capitale tedesca dal 1961 al 1989.   «Vogliamo lavorare onestamente e se i nostri partner sono pronti a fare lo stesso sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco, siamo aperti al dialogo con tutti», ha affermato, indicando il vertice in Alaska tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo statunitense, Donald Trump, come esempio di impegno costruttivo.   Il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha dichiarato sabato che le aziende occidentali sarebbero state benvenute se non avessero sostenuto l’esercito ucraino e avessero rispettato gli obblighi nei confronti dello Stato e del personale russo, tra cui il pagamento degli stipendi dovuti.   Questo mese Putin ha anche respinto l’isolazionismo, sottolineando che la Russia vorrebbe evitare di chiudersi in un «guscio nazionale», poiché ciò danneggerebbe la competitività. «Non abbiamo mai respinto o espulso nessuno. Chi vuole rientrare è il benvenuto», ha aggiunto.

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Geopolitica

Museo dell’Olocausto ritira post perché leggibile come filo-Gaza

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Un museo dell’Olocausto di Los Angeles ha cancellato un post sui social media contenente uno slogan da tempo associato all’Olocausto, dopo che alcune persone hanno affermato che alludeva alla guerra di Gaza.

 

Il messaggio, condiviso con i 24.000 follower su Instagram dell’Holocaust Museum di Los Angeles nel fine settimana, mostrava un’immagine di mani e avambracci di diverse tonalità di pelle – tra cui una con un tatuaggio dell’Olocausto – uniti in un cerchio. La didascalia recitava: «Mai più non può significare solo mai più per gli ebrei».

 

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Sebbene inizialmente alcuni abbiano elogiato il post come un riconoscimento delle sofferenze dei palestinesi, esso ha subito suscitato reazioni negative da parte dei gruppi ebraici, spingendone alla sua rimozione.

 

In seguito il museo ha affermato che il post faceva parte di una campagna pianificata in precedenza «intesa a promuovere l’inclusività e la comunità», non «una dichiarazione politica che riflette la situazione attuale in Medio Oriente».

 

Sebbene il post non menzionasse Gaza, alcuni commentatori filo-israeliani hanno esortato i donatori a tagliare i finanziamenti all’istituzione. La rimozione del post, a sua volta, ha portato voci filo-palestinesi ad accusare il museo di fare marcia indietro su un principio universale anti-genocidio.

 

 

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Un post condiviso da Holocaust Museum LA (@holocaustmuseumla)

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Il museo di Los Angeles, fondato nel 1961 dai sopravvissuti all’Olocausto, è attualmente chiuso per ristrutturazione fino a giugno 2026. Si è impegnato a «fare meglio» e a garantire che i post futuri siano «progettati in modo più attento».

 

Si tratta di un caso di fulminea rieducazione infraebraica non dissimile a quello capitato, alle nostre latitudini, allo storico universitario Ariel Toaff, figlio del notissimo rabbino romano Elio Toaff, il cui libro sul sacrificio rituale ebraico fu ritirato rapidamente dalle librerie per uscire in una versione «potata».

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Immagine di Lamoth via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

 

 

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