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Geopolitica

«La fine degli Stati Uniti è vicina»: in che modo il Partito Comunista Cinese vede le rivolte a Washington

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Renovatio 21 pubblica questo articolo apparso sul sito Bitter Winter – Libertà religiosa e diritti umani in Cina.

 

 

 

Al di là dei paragoni propagandistici con le proteste di Hong Kong, gli ideologi del partito ritengono che gli Stati Uniti crolleranno come ha fatto l’Unione Sovietica.

 

 

«Castigo! Nancy Pelosi ha definito le proteste a Hong Kong “uno spettacolo bellissimo” e ora i rivoltosi hanno occupato il suo ufficio»

 

«Doppi standard! I media statunitensi hanno salutato le proteste a Hong Kong come legittime e ora denunciano quelle a Washington DC come un attacco alla democrazia«. «Karma! Gli Stati Uniti hanno alimentato i disordini a Hong Kong, e ora vedono gli stessi disordini a Washington DC!». «Castigo! Nancy Pelosi ha definito le proteste a Hong Kong “uno spettacolo bellissimo” e ora i rivoltosi hanno occupato il suo ufficio».

 

Questi commenti sono stati pubblicati più volte sui social media, dove ci sono sia veri sostenitori del PCC che un esercito di troll pagati per pubblicare la propaganda del Partito.

 

Questa reazione «spontanea» agli eventi di Washington DC è stata amplificata dai media di propaganda del PCC come il Global Times , che ha opportunamente ignorato la differenza tra il contesto sociale e politico negli Stati Uniti e ad Hong Kong.

 

Tuttavia, sarebbe un errore fermarsi a questo tipo di propaganda a buon mercato su Hong Kong. Ciò che sta emergendo nei commenti di giornalisti e blogger cinesi che scrivono nel tipico gergo del PCC è anche qualcosa di diverso. Abbiamo letto che la presidenza di Donald Trump è stata «l’era Gorbaciov degli Stati Uniti» e che la fine degli Stati Uniti è vicina.

Per la stampa cinese la presidenza di Donald Trump è stata «l’era Gorbaciov degli Stati Uniti» e che la fine degli Stati Uniti è vicina

 

Il PCC ha dedicato tempo ed energia allo studio della fine dell’Unione Sovietica, affinché gli stessi errori si ripetano in Cina. La conclusione, spesso presentata dallo stesso presidente Xi Jinping , è che l’Unione Sovietica ha perso la sua anima quando ha iniziato a criticare Stalin e persino Lenin.

 

«Perché l’Unione Sovietica si è disintegrata? Perché il Partito Comunista Sovietico è crollato? Un motivo importante, ha detto Xi, era che i loro ideali e credenze erano stati scossi. Alla fine, “la bandiera del sovrano sulla torre della città” è cambiata dall’oggi al domani. È una lezione profonda per noi! Ignorare la storia dell’Unione Sovietica e del Partito Comunista Sovietico, licenziare Lenin e Stalin e respingere tutto il resto significa impegnarsi nel nichilismo storico, e confonde i nostri pensieri e mina le organizzazioni del Partito a tutti i livelli».

 

Il PCC ha dedicato tempo ed energia allo studio della fine dell’Unione Sovietica, affinché gli stessi errori si ripetano in Cina. Per Xi Jinping, l’Unione Sovietica ha perso la sua anima quando ha iniziato a criticare Stalin e persino Lenin

Allo stesso tempo, il PCC crede che il controllo della polizia e dell’esercito sul territorio dell’Unione Sovietica e dei suoi stati satelliti sia lentamente collassato, consentendo agli attori non statali (inclusa la religione) di crescere e alla fine distruggere il sistema.

 

I teorici del PCC credono che la pandemia COVID-19 abbia appena accelerato quello che, secondo l’ideologia marxista, è l’inevitabile collasso di tutte le società capitaliste democratiche. Sottolineano i conflitti economici ed etnici che stanno lacerando la società americana. Nella teoria marxista, il risultato finale potrebbe essere solo la fine degli Stati Uniti democratici come li conosciamo.

 

Il PCC crede anche che gli «ideali e le credenze americane siano stati scossi», proprio come è accaduto in Unione Sovietica: che non ci sia più una narrativa nazionale e un consenso che unisca i cittadini americani, con i risultati che i «contro-poteri»  alternativi allo stato crescono come tumori e non sono tenuti sotto controllo dalle forze dell’ordine, come dimostrano gli ultimi disordini di Washington DC.

 

I teorici del PCC credono che la pandemia COVID-19 abbia appena accelerato quello che, secondo l’ideologia marxista, è l’inevitabile collasso di tutte le società capitaliste democratiche

«Il sistema statunitense si sta degradando e mostra segni di peggioramento come cancro», ha scritto il Global Times il 7 gennaio.

 

In diversi social media cinesi è stato ripubblicato un lungo testo pubblicato nel 2019 sotto pseudonimo, affermando che la diplomazia americana è ora entrata nella sua quinta e ultima fase di declino. L’autore afferma che non esiste una «nuova guerra fredda», perché per combattere una guerra fredda un Paese dovrebbe essere in gran parte unito sotto un’ideologia condivisa, cosa che non è il caso degli Stati Uniti oggi.

 

«Gli Stati Uniti durante la Guerra Fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica erano nel pieno della loro vita, ha scritto l’autore. Gli Stati Uniti sono ora nel periodo del crepuscolo. Se gli Stati Uniti crollano all’improvviso come l’Unione Sovietica, non tutti devono essere scioccati o sorpresi. Il crollo di un impero globale come gli Stati Uniti sarà simile all’Unione Sovietica nel processo». 

«Il sistema statunitense si sta degradando e mostra segni di peggioramento come cancro». «Il crollo di un impero globale come gli Stati Uniti sarà simile all’Unione Sovietica nel processo»

 

La retorica del MAGA di Trump, scrive l’autore, è stata «l’ultimo lamento prima della morte».

 

«Guardando indietro alla storia degli Stati Uniti, è stato come un bambino. Da quando era nell’adolescenza, ha lasciato la propria città natale ed per andare fuori e entrare nel mondo. Quando sta morendo, vuole solo esaurire l’ultimo briciolo di energia mentre lo ricorda. Dal passato, torna barcollando nella sua città natale e va al cimitero che aveva scavato in precedenza. Salta giù, si sdraia e alla fine si è riposa in pace».

 

 

 

 

 

 

Articolo apparso su Bitter Winter con il titolo «How the CCP Sees the Riots in Washington: “The End of the U.S. Is At Hand”».

 

 

«Il nostro lavoro funziona grazie a qualche centinaio di reporter cinesi, una cinquantina dei quali sono stati arrestati e una trentina ancora in prigione – ci ricorda il professor Introvigne, direttore di Bitter Winter – Nessuno di loro è retribuito e continuano a fare uscire notizie e fotografie inedite a rischio della galera»

 

 

 

Immagine di Brett Davis via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial 2.0 Generic (CC BY-NC 2.0)

 

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Geopolitica

Orban come John Snow

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Il principale negoziatore russo Kirill Dmitriev ha paragonato il primo ministro ungherese Vittorio Orban al personaggio di Jon Snow della serie Il Trono di Spade, raffigurandolo come l’unico baluardo a difesa del diritto europeo mentre l’UE procede al congelamento a tempo indeterminato degli asset sovrani russi.

 

In un post su X pubblicato venerdì, Dmitriev ha lodato lo Orban per aver «difeso il sistema legale e finanziario dell’UE dai folli burocrati guerrafondai dell’Unione», sostenendo che il leader ungherese stia lottando per «ridurre la migrazione, accrescere la competitività e ripristinare buonsenso, valori e pace».

 

Dmitriev ha allegato una sequenza tratta dalla celeberrima «Battaglia dei Bastardi», una delle scene più memorabili della fortunata serie. Il frammento mostra Jon Snow, isolato sul campo di battaglia, che estrae la spada mentre la cavalleria della Casa Bolton gli si avventa contro. Nella saga, i Boltoni sono noti per la loro crudeltà e spietatezza, mentre Snow è dipinto come un condottiero riluttante che antepone il dovere all’ambizione personale, spesso a caro prezzo.

 

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Venerdì, Orban – che in numerose occasioni ha criticato duramente le politiche conflittuali dell’UE nei confronti della Russia – ha accusato Bruxelles di «violentare il diritto europeo», riferendosi alla decisione che ha permesso all’Unione di bypassare il requisito dell’unanimità per prorogare le sanzioni sugli asset sovrani russi, valutati in circa 210 miliardi di euro. Mosca ha bollato il congelamento come «furto», minacciando azioni legali in caso di confisca da parte dell’UE.

 

In un altro post, Dmitriev ha attaccato il segretario generale della NATO Mark Rutte, paragonandolo al Re della Notte, il principale antagonista di Game of Thrones, che guida un esercito di non-morti ed è completamente privo di empatia.

 

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Il paragone è arrivato in risposta alle dichiarazioni di Rutte, che ha accusato la Russia di «riportare la guerra in Europa» e ha invitato i membri della NATO a prepararsi a un conflitto su scala paragonabile a quelli affrontati dalle generazioni passate. Il Dmitriev ha quindi affermato che Rutte «non ha famiglia né figli» e «desidera la guerra», aggiungendo però che «alla fine prevarrà la pace».

 

Dmitriev, figura chiave negli sforzi per risolvere il conflitto in Ucraina, ha fatto eco alle critiche del ministro degli Esteri ungherese Pietro Szijjarto, che aveva accusato Rutte di «alimentare le tensioni belliche».

 

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Orban: i funzionari dell’UE «violano la legge»

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Il primo ministro ungherese Vittorio Orban ha accusato i funzionari dell’UE di «violazione sistematica della legge» per il loro piano di privare gli Stati membri del diritto di veto sul congelamento degli asset russi.   Venerdì pomeriggio la Commissione Europea ha votato una proposta per attivare l’articolo 122 dei trattati UE, una clausola di emergenza che permette di adottare decisioni a maggioranza qualificata invece che all’unanimità. Tale misura consentirebbe all’Unione di mantenere indefinitamente il blocco dei beni sovrani russi e di destinare i profitti o gli interessi generati a sostegno dell’Ucraina, anche in presenza di opposizioni da parte di singoli Stati membri.   «Con la procedura di oggi, i burocrati di Bruxelles aboliscono con un solo tratto di penna l’obbligo di unanimità, un atto palesemente illegale», ha scritto Orban su X venerdì. «Lo stato di diritto nell’Unione Europea sta giungendo al termine e i leader europei si pongono al di sopra delle regole. Anziché garantire il rispetto dei trattati UE, la Commissione Europea viola sistematicamente il diritto europeo».   Orban ha denunciato che i «burocrati» e i guerrafondai dell’UE stanno spingendo per «protrarre la guerra in Ucraina, un conflitto che è chiaramente impossibile vincere».  

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«Con questo passo, lo stato di diritto nell’UE viene sostituito dal governo dei burocrati. In altre parole, si è instaurata una dittatura di Bruxelles», ha aggiunto. «L’Ungheria protesta contro questa decisione e farà tutto il possibile per ripristinare un ordine legittimo».   Dopo l’escalation del conflitto ucraino nel 2022, i partner occidentali di Kiev hanno congelato circa 300 miliardi di dollari di asset della banca centrale russa, la maggior parte dei quali depositati presso Euroclear a Bruxelles. Nelle ultime settimane è scoppiata una forte controversia tra i Paesi europei favorevoli all’utilizzo di tali fondi come garanzia per un «prestito di riparazione» a Kiev e quelli contrari, che invocano rischi legali e finanziari.   L’attivazione della clausola di emergenza per un congelamento a tempo indeterminato toglierebbe a Stati oppositori come l’Ungheria la possibilità di veto sul rinnovo semestrale. Secondo il piano, il blocco rimarrebbe in vigore fino al pagamento da parte della Russia delle riparazioni post-conflitto all’Ucraina e fino a quando l’UE non riterrà cessata «una minaccia immediata» ai propri interessi economici derivante da possibili ritorsioni legali.   Mosca ha condannato come illegittimo qualsiasi tentativo di appropriazione dei suoi beni. Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha dichiarato questa settimana che la Russia reagirà a ogni espropriazione, aggiungendo che «derubare» il Paese rappresenta l’ultima carta rimasta ai sostenitori europei dell’Ucraina per continuare a finanziare Kiev nel conflitto con Mosca.   L’Ungheria si oppone da tempo a ulteriori aiuti a Kiev: Orban li ha paragonati al «mandare un’altra cassa di vodka a un alcolizzato». Budapest non è tuttavia isolata: anche il Belgio, che custodisce la maggior parte dei fondi, ha criticato duramente il piano, con il primo ministro Bart De Wever che lo ha definito «equivalente a rubare» denaro russo.   I capi di Stato e di governo dell’UE voteranno la proposta al vertice della prossima settimana.

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Immagine di Manfred Weber via Flickr con licenza CC BY-NC-SA 2.0
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Geopolitica

Trump fa pressione su Zelens’kyj affinché ceda terreni alla Russia

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sta esercitando forti pressioni su Volodymyr Zelens’kyj affinché accetti di cedere territori alla Russia per porre fine alla guerra tra Kiev e Mosca. Lo riporta il giornale tedesco Bild, citando fonti anonime.

 

Sabato il quotidiano ha scritto che la Casa Bianca sta «esercitando una pressione intensa sul leader ucraino per ottenere concessioni». Secondo l’articolo, Trump potrebbe «sfruttare la vulnerabilità interna di Zelens’kyj» causata da uno scandalo della corruzione miliardaria di Kiev.

 

Il mese scorso le agenzie anticorruzione ucraine, sostenute dall’Occidente, hanno reso noti i risultati preliminari di un’inchiesta su presunte tangenti per circa 100 milioni di dollari nel settore energetico, coinvolgendo figure vicine all’entourage del presidente. A seguito dello scandalo si sono dimessi la ministra dell’Energia Svetlana Grinchuk, il ministro della Giustizia German Galushchenko e il principale consigliere nonché stretto collaboratore di Zelens’kyj, Andrey Yermak.

 

La Bild sostiene che i negoziati di pace promossi dagli Stati Uniti si trovino nella fase più avanzata dall’inizio dell’escalation del conflitto in Ucraina, nel febbraio 2022. Trump starebbe cercando di chiudere un accordo tra Mosca e Kiev in tempi brevi, indicando il Natale come possibile scadenza.

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Kiev ha sempre escluso il riconoscimento delle ex regioni ucraine del Donbass come territorio russo. Le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk hanno aderito alla Federazione Russa in seguito ai referendum del 2022. Zelensky ha tuttavia ammesso che l’Ucraina potrebbe indire un referendum su eventuali concessioni territoriali.

 

Il consigliere presidenziale russo Yuri Ushakov ha replicato che il Donbass è territorio sovrano russo e che Mosca, prima o poi, riprenderà il controllo sulle aree ancora occupate dalle forze ucraine, aggiungendo che Zelens’kyj si è finora opposto al ritiro delle truppe dalla regione, nonostante questa richiesta figuri tra le proposte di pace avanzate da Washington.

 

Giovedì Trump ha dichiarato ai giornalisti alla Casa Bianca che «a parte il presidente Zelens’kyj, il suo popolo ha apprezzato il concetto dell’accordo di pace» da lui proposto il mese scorso. Il presidente americano ha precisato che il processo è «un po’ complicato perché si tratta di dividere il territorio in un certo modo».

 

Nel frattempo, le truppe russe proseguono la loro avanzata nel Donbass, avendo recentemente liberato la importante piazzaforte di Seversk.

 

In un’intervista rilasciata a Politico lunedì, Trump ha affermato che lo Zelens’kyj «dovrà rimboccarsi le maniche e cominciare ad accettare le cose».

 

Come riportato da Renovatio 21, negli ultimi giorni Trump ha esortato l’ex attore ucraino ad essere «realista», chiosando che «in Ucraina tutti tranne Zelens’kyj hanno apprezzato il mio piano». Lo stesso presidente americano, che si era detto «deluso» dalla mancata risposta di Kiev alla sua proposta di pace, aveva quindi esortato il presidente ucraino ad indire le elezioni.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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