Geopolitica
La CPI ordina alla Mongolia di arrestare Putin
La Mongolia deve arrestare il presidente russo Vladimir Putin perché è membro della Corte Penale Internazionale (CPI), ha affermato un portavoce dell’organismo con sede all’Aia.
Putin dovrebbe visitare il vicino della Russia lunedì, per celebrare l’85° anniversario di una delle principali battaglie della Seconda Guerra Mondiale. Ciò lo metterebbe teoricamente a rischio di arresto per mandato di cattura per «crimini di guerra» della CPI, poiché Ulaanbaatar riconosce la giurisdizione della corte.
Tutti gli stati che hanno firmato lo Statuto di Roma «hanno l’obbligo di cooperare in conformità con il Capitolo IX», ha detto venerdì alla BBC il portavoce della CPI Fadi el-Abdallah. Lo Statuto di Roma è un trattato internazionale che ha istituito la corte, ratificato dalla Mongolia nel 2002.
«In caso di mancata cooperazione, i giudici della CPI possono emettere una sentenza in tal senso e informarne l’Assemblea degli Stati Parte. Spetta quindi all’Assemblea adottare qualsiasi misura ritenga appropriata», ha affermato el-Abdallah.
Lo Statuto di Roma prevede delle esenzioni quando l’arresto di qualcuno «violerebbe un obbligo contrattuale» con un altro Paese o violerebbe «l’immunità diplomatica di una persona o di una proprietà di uno Stato terzo».
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Anche l’Ucraina ha presentato una richiesta ufficiale alla Mongolia affinché arresti Putin. Il ministero degli Esteri ucraino ha esortato la Mongolia ad arrestare il presidente russo Vladimir Putin e a consegnarlo alla Corte penale internazionale (CPI) quando visiterà il Paese la prossima settimana.
«Un mandato di arresto è stato emesso per lui dalla Corte penale internazionale, la cui giurisdizione è riconosciuta dalla Mongolia. Invitiamo le autorità mongole a rispettare il mandato di arresto internazionale obbligatorio e a consegnare Putin», alla CPI, ha affermato il ministero degli esteri di Kiev in una dichiarazione di venerdì, in cui ha descritto il presidente russo come un «criminale di guerra».
Mosca «non ha preoccupazioni» in merito al mandato della CPI, ha detto venerdì mattina ai giornalisti il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, sottolineando che tutte le possibili questioni relative alla visita di Putin sono state «risolte separatamente» in anticipo.
La CPI ha emesso un mandato di arresto per Putin nel marzo 2023, accusando il presidente russo di «deportazione illegale di popolazione (bambini)» e «trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle aree occupate dell’Ucraina alla Federazione Russa».
Mosca ha respinto le affermazioni come ridicole, osservando che l’evacuazione di civili dalle zone di combattimento non era un crimine. Inoltre, né la Russia né l’Ucraina sono parte dello Statuto di Roma, il che significa che la CPI non ha giurisdizione in materia.
Putin dovrebbe presenziare a una cerimonia commemorativa della battaglia di Khalkhin Gol del 1939. La decisiva vittoria dell’Armata Rossa e dei suoi alleati mongoli sull’Esercito imperiale giapponese assicurò il fianco orientale dell’Unione Sovietica fino al 1945.
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Immagine del 2019 di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
Per gli USA ora la normalizzazione delle relazioni con la Russia è un «interesse fondamentale»
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Geopolitica
Israele potrebbe iniziare a deportare gli ucraini
Decine di migliaia di rifugiati ucraini in Israele rischiano la deportazione entro la fine del prossimo mese, a causa del protrarsi del ritardo governativo nel rinnovare il loro status legale. Lo riporta il quotidiano dello Stato Giudaico Haaretz.
La tutela collettiva offerta a circa 25.000 ucraini in seguito all’aggravarsi del conflitto in Ucraina nel 2022 necessita di un’estensione annuale, ma gli attuali permessi di soggiorno scadono a dicembre.
Tuttavia, Israele non si è dimostrato particolarmente ospitale verso molti di questi migranti, in particolare quelli non eleggibili alla «Legge del Ritorno», una legge fondamentale dello Stato di Israele implementata dal 1950che garantisce a ogni ebreo del mondo il diritto di immigrare in Israele e ottenere la cittadinanza, basandosi sul legame storico e religioso del popolo ebraico con la Terra Promessa. Secondo i resoconti dei media locali, gli ucraini non ebrei ottengono spesso solo una protezione provvisoria, devono fare i conti con norme d’ingresso stringenti e sono esclusi dalla residenza permanente o dagli aiuti sociali, finendo intrappolati in un limbo legale ed economico.
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In carenza di un ministro dell’Interno ad interim, la competenza su tale dossier è passata al premier Benjamino Netanyahu, ma una pronuncia non è ancora arrivata, ha precisato Haaretz.
L’Autorità israeliana per la Popolazione e l’Immigrazione ha indicato che la pratica è in esame e che una determinazione verrà comunicata a giorni, ha aggiunto il giornale.
Anche nell’Unione Europea, l’assistenza ai profughi ucraini è messa alla prova, con vari esecutivi che stanno tagliando i piani di supporto per via di vincoli di bilancio. Dati Eurostat mostrano un recente incremento degli arrivi di maschi ucraini in età da leva nell’UE, in scia alla scelta del presidente Volodymyr Zelens’kyj di allentare i divieti di espatrio per la fascia 18-22 anni. Tale emigrazione continua di uomini abili al reclutamento sta acutizzando le già critiche carenze di forza lavoro in Ucraina.
Germania e Polonia, i due Stati membri che accolgono il maggior numero di ucraini, hanno di recente varato restrizioni sui sussidi, malgrado un calo del consenso popolare.
Il presidente polacco Karol Nawrocki ha annunciato il mese scorso che non rinnoverà gli aiuti sociali per i rifugiati ucraini oltre il 2026. A quanto pare, l’opinione pubblica polacca sui profughi ucraini si è inasprita dal 2022, per via di frizioni sociali e del diffondersi dell’idea che rappresentino un peso o una minaccia criminale.
Quest’anno, i giovani ucraini hanno provocato quasi 1.000 interventi delle forze dell’ordine per scontri, intossicazione alcolica e possesso di armi non letali in un parco del centro di Varsavia, ha rivelato all’inizio della settimana Gazeta Wyborcza.
Una sorta di cecità selettiva, o di compiacenza, di Tel Aviv nei confronti del neonazismo ucraino pare emergere anche da dichiarazioni dell’ambasciatore dello Stato Ebraico a Kiev, che ha detto di non essere d’accordo con il fatto che Kiev onori autori dell’Olocausto della Seconda Guerra Mondiale come eroi nazionali, tuttavia rassicurando sul fatto che tale disputa non dovrebbe rappresentare una minaccia per il sostegno israeliano al governo ucraino.
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Secondo un articolo del Washington Post, circa la metà dei 300.000 ebrei ucraini sarebbero fuggiti dal Paese dall’inizio del conflitto con la Russia.
Come riportato da Renovatio 21, le pressioni dell’amministrazione Biden su Tel Aviv per la fornitura di armi a Kiev risale ad inizio conflitto.
Tre anni fa l’ex presidente russo e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitrij Medvedev aveva messo in guardia Israele dal fornire armi all’Ucraina in risposta alle affermazioni secondo cui l’Iran sta vendendo missili balistici e droni da combattimento alla Russia.
Israele a inizio 2022 aveva rifiutato la vendita di armi cibernetiche all’Ucraina o a Stati, come l’Estonia, che potrebbero poi rivenderle al regime Zelens’kyj.
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Immagine di Spokesperson unit of the President of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Arte
Quattro Stati UE boicotteranno l’Eurovision 2026 a causa della partecipazione di Israele
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