Immigrazione
«Khalistan»: il separatismo sikh crea caos anche in Italia?

Il movimento separatista dei sikh, che vuole che il «Khalistan» – cioè, il Punjab abitato dai sikh – seceda dall’India, è al centro dell’attenzione in tutto il mondo negli ultimi mesi.
Come riportato da Renovatio 21, il «Khalistan» è alla base della veemente battaglia diplomatica che si sta combattendo in questo momento, tra India e Canada: Ottawa accusa Delhi di aver ucciso un cittadino canadese sikh riconosciuto leader dei «Khalistani». L’India, che ha avuto un suo diplomatico espulso dal Canada, ha risposto per le rime con accuse a Ottawa di sostenere il terrorismo, e ha sospeso tutti i visti per i cittadini canadesi.
Ora emerge che anche nella comunità dei sikh italiani potrebbero covare, sotto la superficie dell’integrazione del territorio di cui vanno fieri, tensioni e gruppi che inneggiano al Khalistan.
Negli scorsi giorni tre molotov sono state lanciate contro la casa di un sikh a Novellara, Reggio Emilia, dove la comunità sikh abbonda. Sui muri è comparsa la scritta Khalistan, scrive La Repubblica, che non spiega esattamente cosa significhi. Dentro alla casa, si noti, vive la famiglia del vicepresidente della maggiore associazione sikh italiana.
Pochi giorni prima, un’immane rissa era scoppiata a Pordenone. Le cronache parlano di «una cinquantina di Sikh armati di bastoni pistole e spade, e se non erano spade erano sicuramente coltellacci». Il cronista forse ignora che il sikh deve circolare, per precetto religioso, con un coltello chiamato kirpan, da considerare quasi come parte del suo corpo.
Secondo una storia che si sente circolare in India, il kirpan, se estratto, può essere messo via solo se bagnato di sangue (compreso, in caso di falso allarme, il proprio), tuttavia nei siti internet ufficiali la comunità sikh racconta del valore simbolico del pugnale, che va portato sempre insieme ad un pettine («khanga»), ad un bracciale metallico («kara»), ai capelli lunghi («kesa»), a dei mutandoni speciali («kachera») – le cosiddette «panji kapare», le «5 K».
Negli scontri vi sarebbero stati otto feriti, «tra cui Satwinder Bajwa Singh, presidente dell’Unione Sikh Italia, e Kulwinder Singh, presidente dell’associazione che gestisce il tempio di Pasiano, aggrediti mentre si trovavano in casa a cena».
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Non è il primo segno di tensione. A inizio settembre ci sarebbe stato il tentato incendio del garage di Bajwa.
«Il Khalistan invece è un Sikhismo politico indipendentista, che nulla ha a che fare con l’agenda di USI», scrive La Repubblica. L’USI sta per Unione Sikh Italiani. Il sindaco di Novellara, Elena Carletti, centrosinistra , figlia del leader del gruppo rock I Nomadi –dice che «da due anni stiamo lavorando con l’USI per il riconoscimento di questa religione in Italia».
Non è chiaro cosa stia succedendo all’interno delle comunità sikh, e se le tensioni vanno ricondotte ad una recrudescenza della questione khalistana riapertesi con l’assassinio in Canada del leader Hardeep Singh Nijjar, dopo che Delhi, lo scorso marzo, aveva aperto la caccia nei confronti di Amritpal Singh, altro guru khalistanista che si era messo in fuga nel Punjab, mentre davanti alle sedi diplomatiche indiane di Londra e San Francisco scoppiavano disordini in segno di protesta contro gli arresti di massa dei suoi sostenitori e la sospensione di internet in tutto il territorio punjabi.
È chiaro che si farà fatica a trovare qualcuno che voglia raccontare davvero come stanno le cose: molti sikh in Italia non vogliono attirare l’attenzione sulle loro questioni interne, sapendo che ciò potrebbe complicare, e non poco, i rapporti tra India e Italia, già compromessi dal caso dei due marò, gestito in maniera vergognosa dal governo Monti. La lezione del Canada parla chiaro: la storia del Khalistan ha degradato i rapporti con Delhi al punto che un diplomatico indiano ha accusato Trudeau di essere arrivato al G20 con un aereo pieno di cocaina, mentre i due Stati si scambiano tremende accuse di favoreggiamento di terrorismo e di assassinio.
Il pubblico occidentale ignora quanto il ruolo dei sikh nella storia nazionale indiane del dopoguerra, tra tragedie e colpi di scena:
Il primo ministro Indira Gandhi, popolarissima unica figlia del fondatore della patria Jawaharlal Nehru (e eugenista accanita che sterilizzò quantità massive di donne indiane), fu assassinata il 31 ottobre 1984 proprio dalle sue due guardie del corpo sikh, Satwant Singh e Beant Singh, che volevano così avere vendetta per la repressione del movimento rivoluzionario sikh. Satwant Singh sparò all’addome del primo ministro ben 30 colpi con una calibro 38, di fatto scaricando sulla donna l’intero caricatore.
Il figlio di Indira, Rajiv, pure lui primo ministro, fu invece assassinato dalla Tigri Tamil; tuttavia la moglie, l’italiana Sonia Maino (originaria di Lusiana, alle pendici dell’altopiano di Asiago), ne raccolse l’eredità politica, e guidando il Partito del Congresso vinse le elezioni nei primi anni Duemila. Con un colpo di scena mozzafiato, la potente Sonia, invece che reclamare il posto di premier per sé (cosa che le attirava immense polemiche in quanto «non indiana») fece un passo indietro e mise al suo posto Mamoohan Singh, un sikh, cioè dello stesso gruppo che aveva massacrato la suocera. Fu una mossa memorabile, ritenuta – nell’India perennemente divisa tra caste, etnie, religioni – segno di grande riconciliazione nazionale.
Ora, mentre l’India reclama il suo ruolo di colonna portante dei BRICS in espansione e paga il petrolio russo in yuan, improvvisamente rispunta il terrorismo sikh…
Chissà come mai.
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Arte
Da Nasser a Sting e i Police: il mistero di Miles Copeland, musicista e spia della CIA

La I.R.S. Records venne fondata nel 1979 da Miles Copeland III. L’etichetta produsse alcuni tra i più rappresentativi artisti musicali degli anni Ottanta. L’influenza che esercitò nel punk inglese e nella new wave fu fondamentale producendo prodigi come i Police, i R.E.M., i Dead Kennedys. Il logo della casa discografica statunitense ritraeva un uomo in primo piano con un cappello anni ’50 stilizzato in bianco e nero e chiamato spy guy.
Un altro fratello Copeland, Ian (1949-2006), fondò la Frontier Booking International, in acronimo F.B.I., una agenzia di talenti specializzata nella musica e che rappresentò tra gli altri anche i R.E.M., Jane’s Addiction, Snoop Dog, Sting.
Il terzo fratello Copeland, Steward invece era il batterista dei Police e quindi proprio di Sting. Entrato di diritto nella Rock and Roll Hall of Fame come membro dei Police, venne aggiunto anche nella Modern Drummer Hall of Fame e nella Classic Drummer Hall of Fame. Ha avuto poi una carriera come compositore di colonne sonore per il cinema, musicando pellicole rimaste nella storia come il capolavoro di Francis Ford Coppola Rusty il selvaggio (1983), Wall Street (1987) e Talk Radio (1988) di Oliver Stone, Riff-Raff (1991) e Piovono pietre (1993) di Ken Loach e pure il videogioco Alone in the Dark.
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Se i tre fratelli denotano una esagerata presenza di talento scorrere nelle loro vene quello che sorprende ancora di più è la fonte da cui questi tre fenomeni derivano. Il loro padre, di nome Miles Copeland, fu uno dei fondatori della CIA nonché musicista e personaggio eccezionale nel panorama politico dalla Seconda Guerra Mondiale in avanti.
Prima della guerra, ancora in Alabama provò a seguire le orme del padre iscrivendosi alla locale università con l’intenzione di diventare medico. Folgorato dal jazz, invece, comprò una tromba e si diede totalmente allo swing. Nel giro di poco si ritrovò a suonare e comporre con giganti come Glenn Miller, Benny Goodman, Buddy Rich, racconta lo storico John Simkin in un suo articolo.
Arrivò però Pearl Harbour e la direzione della sua vita cambiò completamente. Entrò a far parte dell’ufficio finanziario della guardia nazionale. Racconta proprio il sito della CIA che un giorno gli venne chiesto di ripetere un test d’intelligenza perché, dal risultato ottenuto, erano tutti convinti che avesse utilizzato un trucco. Una volta ripetuto guadagnò un risultato se possibile ancora maggiore.
L’esito del test attirò l’attenzione del generale William «Wild Bill» Donovan, direttore di una nuova agenzia chiamata Office of Strategic Service (OSS), la prima agenzia americana che fungeva da servizio segreto. Donovan, che stava formando la base della nuova agenzia, era sempre alla ricerca dei migliori prospetti e con le migliori connessioni. Miles aveva senza dubbio colpito il generale anche per quello che il figlio Stewart chiamava il gift of gab, il dono della chiacchiera. Era un abile oratore e una persona di grande spirito per cui creare empatia non era mai stato un problema.
Amava giocare, si considerava un giocatore, prendeva parte con entusiasmo alle simulazioni di guerra. Nel dopo guerra creò un gioco da tavola cult basato sul suo fondamentale libro, pieno di rivelazioni, Games of Nation, anche questo diventato introvabile oggetto di culto.
Mentre era Londra Copeland divenne amico di Boris Pash, capo della sicurezza del Manhattan Project e anche di Ernest Hemingway. Venne assegnato a dirigere la scuola di controspionaggio, la Corps of Intelligence Police, che divenne nel 1942 la Counterintelligence Corps, CIC, partecipazione che gli valse la Legione di Merito. Copeland partecipò attraverso la CIC all’operazione Overlord, lo sbarco in Normandia ed era parte della BIGOT list, acronimo per British Invasion of German Occupied Territory, un ristrettissimo gruppo di persone con un passato inattaccabile e degne di ottenere i documenti più protetti e riservati.
La CIC, oltre ad impegnarsi nel più famoso Manhattan Project si occupò anche di altri progetti di spicco per l’epoca. Uno di questi, la missione ALSOS, diretta da Boris Pash, era il tentativo da parte degli alleati di raccogliere quante più informazioni possibili sugli sviluppi scientifici nazisti in ambito nucleare; quindi l’operazione Paperclip che cooptò oltre 1600 scienziati, ingegneri e tecnici vari dalla Germania nazista per reinserirli in ambito per lo più scientifico militare statunitense; l’operazione TICOM che aveva come scopo l’impadronirsi di risorse riguardanti la crittografia e le ultime vette della ricerca scientifica sulle telecomunicazioni, ambito in cui i tedeschi eccellevano. Alla fine della guerra Copeland venne anche incaricato di redigere la cronaca del controspionaggio del periodo appena trascorso, intervistando decine di spie e scienziati nazisti.
In seguito alla trasformazione dell’OSS in CIA, Copeland partecipò alla messa a punto del progetto fino alla sua realizzazione nel 1947, anno di nascita della più grande agenzia spionistica americana. Dopodiché ottenne la gestione dell’ufficio dell’agenzia a Damasco in Siria e divenne l’uomo in Medio Oriente per i servizi statunitensi. Nel marzo del 1949 supportò il colpo di stato in Siria in cui venne deposto il governo legalmente eletto in favore del potere militare. Nel 1953 prese parte all’operazione Ajax incaricata di destituire il primo ministro iraniano, Mohammed Mossadegh, reintegrando Reza Pahlavi, assicurando così l’accesso statunitense al petrolio iraniano e contemporaneamente istituendo un avamposto del primo mondo contro i sovietici.
Fluente in almeno dieci lingue, divenne amico personale del presidente egiziano Nasser. Nonostante il cammino tra USA e Egitto avesse preso due strade differenti e i servizi americani avessero preso in considerazione operazioni estreme verso il presidente africano Copeland rimase genuinamente al suo fianco e un ammiratore dell’opera politica di Nasser.
Mantenne ufficialmente questo ruolo per dieci anni costruendo la posizione dell’Intelligence americana nel territorio attraverso il reclutamento di agenti in loco e la costruzione delle reti informative necessarie.
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In seguito, dopo aver rassegnato le dimissioni perché in totale disaccordo con le politiche di Eisenhower, continuò a lavorare privatamente nel solco dell’Intelligence a stelle e strisce fino agli anni Settanta quando si distaccò completamente dando vita a una nuova carriera di autore. I vari articoli e libri che scrisse ottennero un notevole successo ma ebbero anche la conseguenza di esacerbare definitivamente i rapporti con l’agenzia governativa. Nel 1988, scrisse un articolo «Spooks for Bush» in cui dichiarò il totale supporto del mondo dell’Intelligence verso la candidatura di G. W. Bush all’elezione come presidente del 1994.
E. Micheal Burke, ex ufficiale OSS, CIA, e in seguito con una importante carriera nel mondo dello spettacolo, scrisse nell’agosto 1974 una recensione su uno dei suoi testi più famosi Without cloak or dagger (1974). Copeland nel suo libro descriveva la CIA come il demonio di cui ignoriamo l’esistenza, gestita da una cricca di vecchi commilitoni abbastanza potenti da buttare giù un direttore non particolarmente apprezzato come James Schlesinger.
La CIA è un organo interno più potente dei vari governi succedutosi sullo sfondo che ha come grande dilemma trovare il modo per restare potenti, anonimi, silenziosi ma allo stesso vincere la confidenza del pubblico. Come scrive Copeland nel libro: «conosciamo il nemico, sappiamo come gestirlo, siamo incorruttibili. Anche se non ci conoscete, potete implicitamente fidarvi di noi».
Marco Dolcetta Capuzzo
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