Geopolitica
Israele vuole sanzionare Haaretz, il quotidiano più antico del Paese
Il governo israeliano è pronto a sanzionare il quotidiano di sinistra Haaretz per articoli considerati dannosi per lo Stato Ebraico.
Domenica è stata approvata una proposta per vietare agli enti finanziatori statali di comunicare o pubblicare annunci sul giornale.
Shlomo Karhi, ministro delle Comunicazioni, ha dichiarato in una nota che la sua proposta contro Haaretz è stata approvata all’unanimità dagli altri ministri.
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«Non permetteremo che l’editore di un giornale ufficiale dello Stato di Israele chieda l’imposizione di sanzioni contro di esso e sostenga i nemici dello Stato nel mezzo di una guerra e venga finanziato da esso», si legge nella dichiarazione. «Noi sosteniamo la libertà di stampa e di espressione, ma anche la libertà del governo di decidere di non finanziare l’incitamento contro lo Stato di Israele».
Secondo Haaretz, la proposta di boicottare la testata, aggiunta all’ordine del giorno della riunione del governo all’ultimo minuto, è stata approvata dal primo ministro Beniamino Netanyahu.
Haaretz, fondato nel 1918, è il quotidiano più longevo israeliano, che precede persino la fondazione dello Stato degli ebrei.
Il giornale ha pubblicato una serie di resoconti su presunte attività criminali da parte di alti funzionari israeliani e delle forze armate, e ha da tempo relazioni tese con il governo. Il quotidiano ha anche chiesto la fine della guerra di Gaza e il rilascio degli ostaggi sequestrati da Hamas.
Il governo israeliano ha spiegato che la sua decisione è stata una reazione a «molti editoriali che hanno danneggiato la legittimità dello Stato di Israele e il suo diritto all’autodifesa, e in particolare le osservazioni fatte a Londra dall’editore di Haaretz, Amos Schocken, che sostengono il terrorismo e chiedono l’imposizione di sanzioni al governo», ha scritto domenica la testata.
In un discorso tenuto il mese scorso a una conferenza a Londra, lo Schocken ha accusato il governo israeliano di un «regime di apartheid crudele nei confronti della popolazione palestinese». In seguito ha chiarito le sue osservazioni, spiegando che non considerava Hamas un «combattente per la libertà».
In risposta alla risoluzione, che secondo quanto riferito è stata approvata dai ministri senza alcuna revisione legale, Haaretz ha accusato Netanyahu di cercare di «smantellare la democrazia israeliana» e ha affermato che la decisione di boicottare la testata era «opportunista».
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Haaretz non è l’unico organo di stampa che ha incontrato difficoltà nell’ultimo anno di guerra.
Ad aprile, il Parlamento israeliano ha approvato una legge che consente la chiusura temporanea delle reti straniere considerate una minaccia per la sicurezza nazionale.
A maggio, il governo dello Stato Ebraico aveva vietato ad Al Jazeera di operare all’interno di Israele e ha chiuso il suo ufficio nel paese, accusando la rete televisiva del Qatar di aiutare il gruppo militante palestinese Hamas.
Come riportato da Renovatio 21, quattro mesi fa le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno ammesso di aver ucciso un giornalista di Al Jazeera, sostenendo che Ismail al-Ghoul fosse un terrorista che aveva preso parte all’attacco di Hamas allo Stato ebraico dell’anno scorso.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa la polizia israeliana attaccò il corteo funebre della giornalista cristiana di Al Jazeera Shireen Au Akleh. Le immagini fecero il giro del mondo.
Horrible scenes as Israeli security forces beat the funeral procession for slain journalist Shireen Abu Akleh and the crowd momentarily lose control of her casket pic.twitter.com/DEJF5Ty9tZ
— Emir Nader (@EmirNader) May 13, 2022
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Nel conflitto in corso scoppiato lo scorso 7 ottobre almeno 113 giornalisti e operatori dei media sono stati confermati uccisi al 1° agosto 2024, la maggior parte dei quali palestinesi, ha riferito il Committee to Protect Journalism.
Secondo inchieste giornalistiche, Israele avrebbe ucciso il 75% di tutti i giornalisti morti nel 2023 mentre coprivano zone di conflitto.
Non si tratta delle prime accuse di repressione della libera stampa che un governo Netanyahu subisce: nel 2016 Haaretz, il New York Times ed altre testate nazionali ed internazionali lamentarono una stretta sul giornalismo, indicando che nella classifica annuale della libertà di stampa nel mondo stilata da Freedom House Israele veniva indicato come Paese con una stampa «parzialmente libera».
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Immagine di Hmbr via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.5 Generic; immagine ingrandita
Geopolitica
Orban: l’UE annega nella corruzione
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Geopolitica
Per gli USA ora la normalizzazione delle relazioni con la Russia è un «interesse fondamentale»
Gli Stati Uniti hanno indicato il rilancio dei rapporti normali con la Russia e l’interruzione rapida della guerra in Ucraina come priorità assolute nella loro nuova Strategia per la sicurezza nazionale, diffusa venerdì dalla Casa Bianca, ponendoli tra gli obiettivi cardine per gli interessi americani.
Il documento di 33 pagine delinea la prospettiva di politica estera delineata dal presidente Donald Trump, affermando che «è un interesse essenziale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina», al fine di «stabilizzare le economie europee, scongiurare un’escalation o un allargamento imprevisto del conflitto e ricostruire la stabilità strategica con la Russia».
Si evidenzia come il conflitto ucraino abbia «profondamente indebolito le relazioni europee con la Russia», minando l’equilibrio regionale.
Il testo rimprovera i dirigenti europei per le «aspettative irrealistiche» sull’evoluzione della guerra, precisando che «la maggioranza degli europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle politiche adottate».
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Washington, prosegue il rapporto, è disposta a un «impegno diplomatico sostanziale» per «supportare l’Europa nel correggere la sua rotta attuale», reinstaurare l’equilibrio e «ridurre il pericolo di scontri tra la Russia e gli Stati europei».
A differenza della strategia del primo mandato di Trump, che accentuava la rivalità con Russia e Cina, la versione attuale sposta l’asse sull’emisfero occidentale e sulla tutela del suolo patrio, dei confini e delle priorità regionali. Esorta a riallocare le risorse dai fronti remoti verso minacce più immediate e invita la NATO e i Paesi europei a farsi carico in prima persona della propria sicurezza.
Il documento invoca inoltre l’arresto dell’espansione della NATO, una pretesa a lungo avanzata da Mosca, che la indica come una delle ragioni principali del conflitto ucraino, interpretato come una guerra per interposta persona orchestrata dall’Occidente.
In sintesi, la strategia segna un passaggio dall’interventismo universale a un approccio estero più pragmatico e contrattuale, sostenendo che gli Stati Uniti debbano intervenire oltre i propri confini solo quando gli interessi nazionali sono direttamente coinvolti.
Si tratta del primo di una sequenza di rilevanti atti su difesa e politica estera che l’amministrazione Trump si accinge a emanare, tra cui una Strategia di Difesa Nazionale rivista, la Revisione della Difesa Missilistica e la Revisione della Postura Nucleare, tutti attesi in linea con l’impostazione del documento.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Israele potrebbe iniziare a deportare gli ucraini
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