Geopolitica
Israele rifiuta di lasciare la zona cuscinetto in Siria
Le truppe israeliane rimarranno nella zona cuscinetto pattugliata dalle Nazioni Unite tra Israele e Siria, ha affermato giovedì un portavoce del ministero degli Esteri. La dichiarazione è arrivata dopo che la Francia e le Nazioni Unite, insieme a diversi paesi della regione, hanno chiesto a Gerusalemme Ovest di ritirare le sue truppe dall’area demilitarizzata.
Martedì, il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha annunciato che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) istituiranno una «zona di difesa sterile» temporanea nella Siria meridionale per prevenire qualsiasi «minaccia terroristica» dopo la caduta del governo dell’ex presidente siriano Bashar Assad.
Le truppe israeliane hanno occupato la zona cuscinetto demilitarizzata (DMZ) istituita nel 1974 e si sono espanse oltre l’area delle alture del Golan che avevano occupato illegalmente dal 1967.
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La Francia e l’ONU hanno condannato l’iniziativa in dichiarazioni separate, definendola entrambe “una violazione” dell’accordo di disimpegno, esortando entrambe Israele a rispettare l’integrità territoriale della Siria.
Tuttavia, il portavoce del ministero degli esteri israeliano Oren Marmorstein ha affermato su X che le azioni di Israele erano «necessarie per ragioni difensive dovute alle minacce poste dai gruppi jihadisti che operano vicino al confine». Ha aggiunto che Israele «continuerà ad agire per difendersi e garantire la sicurezza dei suoi cittadini secondo necessità».
In una dichiarazione separata rilasciata giovedì dall’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, si afferma che l’accordo è «temporaneo», ma continuerà finché «la sicurezza al nostro confine non potrà essere garantita».
Israele conquistò la maggior parte delle alture del Golan durante la Guerra dei sei giorni del 1967.
Netanyahu ha affermato lunedì che Israele intende mantenere il controllo totale sulle alture del Golan, adiacenti alla DMZ, «per sempre», insistendo sul fatto che si tratta di una «parte inseparabile» dello Stato Ebraico.
Negli ultimi giorni Israele ha inoltre lanciato circa 480 attacchi aerei sulla Siria, prendendo di mira, a quanto si dice, depositi di armi e navi militari appartenenti all’esercito di Assad prima che i gruppi armati di opposizione, guidati da Hayat Tahrir-al-Sham (HTS), prendessero il controllo del Paese lo scorso fine settimana.
Parlando mercoledì a Channel 4, un portavoce di HTS si è rifiutato condannare apertamente gli attacchi israeliani, limitandosi ad affermare che il gruppo vuole che «tutti» rispettino la sovranità della «nuova Siria».
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Tuttavia, sia l’Arabia Saudita che la Turchia hanno condannato le azioni israeliane, con Riyadh che all’inizio di questa settimana ha affermato che lo Stato degli ebrei sta tentando di «sabotare» le possibilità della Siria di ripristinare «sicurezza, stabilità e integrità territoriale».
«Israele, che ha distrutto Gaza, ora minaccia il futuro dei nostri fratelli e sorelle siriani», ha affermato martedì il ministro degli Esteri Hakan Fidan.
Come riportato da Renovatio 21, il villaggio druso di Hader, in territorio siriano, sta chiedendo di essere annesso allo Stato di Israele temendo la violenza dei nuovi dominatori sunniti takfiri contro le minoranze.
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Immagine d’archivio di Israel Defense Forces via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Geopolitica
Gli europei sotto shock per la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per il 2025
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Geopolitica
Orban: l’UE pianifica la guerra con la Russia entro il 2030
Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha sostenuto che l’Unione Europea si sta preparando a un confronto bellico con la Russia e mira a raggiungere la piena prontezza entro il 2030. Parlando sabato a un raduno contro la guerra, Orban ha denunciato come il Vecchio Continente stia già procedendo verso uno scontro militare diretto.
Il premier magiaro delineato un iter in quattro tappe che di norma conduce al conflitto: la rottura dei legami diplomatici, l’applicazione di sanzioni, l’interruzione della collaborazione economica e, da ultimo, l’inizio delle ostilità armate. Secondo lui, la maggioranza di questi passaggi è già stata percorsa.
«La posizione ufficiale dell’Unione Europea è che entro il 2030 dovrà essere pronta alla guerra», ha dichiarato, rilevando inoltre che i Paesi europei stanno virando verso un’«economia di guerra». Per Orban, taluni membri dell’UE stanno già riconfigurando i comparti dei trasporti e dell’industria per favorire la fabbricazione di armamenti.
Il premier du Budapest ha ribadito la contrarietà di Budapest al conflitto. «Il compito dell’Ungheria è allo stesso tempo impedire che l’Europa entri in guerra», ha precisato.
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Orban ha più volte manifestato aspre critiche alla linea dell’UE riguardo alla crisi ucraina. L’Ungheria ha sempre respinto le sanzioni nei confronti di Mosca e gli invii di armi a Kiev, invocando invece colloqui di pace in luogo di un inasprimento.
L’allarme riecheggia le recenti uscite del presidente serbo Aleksandar Vucic e del ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius, entrambi i quali hanno insinuato che un scontro tra Europa e Russia diventi sempre più verosimile nei prossimi anni.
Malgrado la retorica sempre più bellicosa di certi membri dell’UE e della NATO verso la Russia, nessuno ha apertamente manifestato l’intenzione di impegnarsi in una guerra. La scorsa settimana, il presidente del Comitato Militare NATO, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, ha confidato al Financial Times che l’Unione sta valutando opzioni per un approccio più ostile nei riguardi di Mosca, inclusa l’ipotesi che un attacco preventivo possa configurarsi come atto difensivo.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Scontri lungo il confine tra Thailandia e Cambogia
Massive explosion on the Cambodian side of the Cambodia Thailand border from an F-16 airstrike from Thailand 🇹🇭🇰🇭‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️‼️ pic.twitter.com/R8W7KtQtjv
— WW3 Monitor (@WW3_Monitor) December 8, 2025
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