Geopolitica
Israele dice che i nuovi leader siriani sono «jihadisti educati»
Il governo di transizione siriano è composto da jihadisti che stanno moderando la loro retorica mentre si concentrano sull’acquisizione di legittimità internazionale, ha affermato il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar.
Ahmed al-Sharaa, noto anche come Abu Mohammad al-Jolani (o Julani o Golani), ha preso il potere a Damasco nel dicembre 2024 dopo che i militanti guidati dal suo gruppo, Hayat Tahrir al-Sham (HTS), hanno rovesciato l’ex presidente Bashar Assad. Il nuovo governo ha sospeso la costituzione e annunciato un periodo di transizione sotto il governo HTS, promettendo di tenere elezioni tra quattro e cinque anni.
«Il nuovo governo di Damasco è composto da jihadisti e islamisti. Al momento è concentrato sull’economia, la governance e l’acquisizione di legittimità dal mondo, e quindi, al momento sta parlando educatamente», ha detto Saar durante un incontro con la presidente moldava Maia Sandu a Chisinau martedì.
«Questo è accaduto con molti movimenti islamisti che sono saliti al potere», ha aggiunto il principale diplomatico israeliano.
Mentre la preoccupazione principale di Israele è la propria sicurezza, il suo obiettivo principale rimane l’Iran, ha detto Saar. Tuttavia, ha sottolineato l’importanza di monitorare le azioni della Turchia nella regione, notando che «è chiaro che la Turchia ha la maggiore influenza su Damasco in questo momento».
«La Turchia è attualmente il paese più dominante in Siria; aspira a essere la guida dell’Islam sunnita nella regione», ha affermato.
Ankara ha reciso i legami politici con Damasco nel 2011 dopo lo scoppio della guerra civile siriana e ha sostenuto alcune fazioni ribelli durante il conflitto. Durante l’offensiva HTS, le forze turche si sono scontrate con gruppi curdi in Siria, fazioni che Ankara considera organizzazioni terroristiche.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha accolto al-Sharaa ad Ankara martedì durante il secondo viaggio internazionale del leader siriano da quando ha preso il potere. La scorsa settimana, al-Sharaa ha visitato Riyadh per colloqui con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman.
Erdogan ha salutato la «visita storica» come un’opportunità per Ankara e Damasco di discutere di come rafforzare la sicurezza e la cooperazione economica e di costruire «un periodo di amicizia e cooperazione permanente».
«Tutte le nostre istituzioni e organizzazioni hanno lavorato intensamente negli ultimi due mesi per riportare le nostre relazioni al loro precedente livello strategico», ha affermato Erdogan. «Israele, che ha distrutto Gaza, ora minaccia il futuro dei nostri fratelli e sorelle siriani», ha affermato il ministro degli Esteri Hakan Fidan.
Come riportato da Renovatio 21, nelle scorse settimane Ankara ha accusato Israele di lavorare per indebolire e «mettere a repentaglio» le prospettive di pace in Siria.
Il mese scorso, al-Sharaa ha chiesto il ritiro delle forze israeliane da una zona cuscinetto in Siria, precedentemente controllata dall’ONU, nei pressi delle alture del Golan occupate, di cui le Forze di difesa israeliane avevano preso il controllo durante l’avanzata di HTS a dicembre.
Israele rifiuta di lasciare la zona cuscinetto in Siria. La dichiarazione è arrivata a dicembre dopo che la Francia e le Nazioni Unite, insieme a diversi paesi della regione, hanno chiesto allo Stato degli ebrei di ritirare le sue truppe dall’area demilitarizzata. Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz aveva annunciato che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) dovevano istituire una «zona di difesa sterile» temporanea nella Siria meridionale per prevenire qualsiasi «minaccia terroristica» dopo la caduta del governo Assad. La Francia e l’ONU hanno condannato l’iniziativa in dichiarazioni separate, definendola entrambe «una violazione» dell’accordo di disimpegno, esortando entrambe Israele a rispettare l’integrità territoriale della Siria.
Due mesi fa parlando al canale britannico Channel 4, un portavoce di HTS si è rifiutato condannare apertamente gli attacchi israeliani, limitandosi ad affermare che il gruppo vuole che «tutti» rispettino la sovranità della «nuova Siria».
Come riportato da Renovatio 21, il villaggio druso di Hader, in territorio siriano, sta chiedendo di essere annesso allo Stato di Israele temendo la violenza dei nuovi dominatori sunniti takfiri contro le minoranze.
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Immagine di European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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Per gli USA ora la normalizzazione delle relazioni con la Russia è un «interesse fondamentale»
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Geopolitica
Israele potrebbe iniziare a deportare gli ucraini
Decine di migliaia di rifugiati ucraini in Israele rischiano la deportazione entro la fine del prossimo mese, a causa del protrarsi del ritardo governativo nel rinnovare il loro status legale. Lo riporta il quotidiano dello Stato Giudaico Haaretz.
La tutela collettiva offerta a circa 25.000 ucraini in seguito all’aggravarsi del conflitto in Ucraina nel 2022 necessita di un’estensione annuale, ma gli attuali permessi di soggiorno scadono a dicembre.
Tuttavia, Israele non si è dimostrato particolarmente ospitale verso molti di questi migranti, in particolare quelli non eleggibili alla «Legge del Ritorno», una legge fondamentale dello Stato di Israele implementata dal 1950che garantisce a ogni ebreo del mondo il diritto di immigrare in Israele e ottenere la cittadinanza, basandosi sul legame storico e religioso del popolo ebraico con la Terra Promessa. Secondo i resoconti dei media locali, gli ucraini non ebrei ottengono spesso solo una protezione provvisoria, devono fare i conti con norme d’ingresso stringenti e sono esclusi dalla residenza permanente o dagli aiuti sociali, finendo intrappolati in un limbo legale ed economico.
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In carenza di un ministro dell’Interno ad interim, la competenza su tale dossier è passata al premier Benjamino Netanyahu, ma una pronuncia non è ancora arrivata, ha precisato Haaretz.
L’Autorità israeliana per la Popolazione e l’Immigrazione ha indicato che la pratica è in esame e che una determinazione verrà comunicata a giorni, ha aggiunto il giornale.
Anche nell’Unione Europea, l’assistenza ai profughi ucraini è messa alla prova, con vari esecutivi che stanno tagliando i piani di supporto per via di vincoli di bilancio. Dati Eurostat mostrano un recente incremento degli arrivi di maschi ucraini in età da leva nell’UE, in scia alla scelta del presidente Volodymyr Zelens’kyj di allentare i divieti di espatrio per la fascia 18-22 anni. Tale emigrazione continua di uomini abili al reclutamento sta acutizzando le già critiche carenze di forza lavoro in Ucraina.
Germania e Polonia, i due Stati membri che accolgono il maggior numero di ucraini, hanno di recente varato restrizioni sui sussidi, malgrado un calo del consenso popolare.
Il presidente polacco Karol Nawrocki ha annunciato il mese scorso che non rinnoverà gli aiuti sociali per i rifugiati ucraini oltre il 2026. A quanto pare, l’opinione pubblica polacca sui profughi ucraini si è inasprita dal 2022, per via di frizioni sociali e del diffondersi dell’idea che rappresentino un peso o una minaccia criminale.
Quest’anno, i giovani ucraini hanno provocato quasi 1.000 interventi delle forze dell’ordine per scontri, intossicazione alcolica e possesso di armi non letali in un parco del centro di Varsavia, ha rivelato all’inizio della settimana Gazeta Wyborcza.
Una sorta di cecità selettiva, o di compiacenza, di Tel Aviv nei confronti del neonazismo ucraino pare emergere anche da dichiarazioni dell’ambasciatore dello Stato Ebraico a Kiev, che ha detto di non essere d’accordo con il fatto che Kiev onori autori dell’Olocausto della Seconda Guerra Mondiale come eroi nazionali, tuttavia rassicurando sul fatto che tale disputa non dovrebbe rappresentare una minaccia per il sostegno israeliano al governo ucraino.
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Secondo un articolo del Washington Post, circa la metà dei 300.000 ebrei ucraini sarebbero fuggiti dal Paese dall’inizio del conflitto con la Russia.
Come riportato da Renovatio 21, le pressioni dell’amministrazione Biden su Tel Aviv per la fornitura di armi a Kiev risale ad inizio conflitto.
Tre anni fa l’ex presidente russo e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitrij Medvedev aveva messo in guardia Israele dal fornire armi all’Ucraina in risposta alle affermazioni secondo cui l’Iran sta vendendo missili balistici e droni da combattimento alla Russia.
Israele a inizio 2022 aveva rifiutato la vendita di armi cibernetiche all’Ucraina o a Stati, come l’Estonia, che potrebbero poi rivenderle al regime Zelens’kyj.
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Immagine di Spokesperson unit of the President of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Arte
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