Geopolitica
Israele creerà una zona «sterile» nella Siria meridionale
Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha affermato che verrà istituita una «zona di difesa sterile» nella Siria meridionale senza una presenza israeliana permanente per prevenire qualsiasi minaccia terroristica, secondo quanto riportato dai media. L’annuncio arriva mentre le forze israeliane hanno preso il controllo della zona cuscinetto demilitarizzata al confine con la Siria.
Il Katz ha fatto queste osservazioni martedì durante una visita a una base navale nel porto israeliano settentrionale di Haifa. Ha detto che le forze israeliane hanno distrutto la flotta militare siriana in un’operazione lunedì sera come parte di una vasta campagna per eliminare le minacce strategiche a Israele.
«L’IDF [Forze di Difesa Israeliane] hanno operato in Siria negli ultimi giorni per colpire e distruggere le capacità strategiche che minacciano lo Stato di Israele», ha detto Katz, descrivendo l’operazione di lunedì come un «grande successo».
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Non ha fornito dettagli, ma ha affermato che la zona «impedirà l’istituzione e l’organizzazione del terrore in Siria» dopo che le forze di opposizione siriane hanno preso Damasco. «Non permetteremo minacce allo Stato di Israele».
Lo Stato Ebraico ha lanciato attacchi in diverse zone della Siria, sostenendo di voler impedire che le armi abbandonate dalle forze siriane nella zona demilitarizzata cadano nelle mani degli estremisti.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede nel Regno Unito, Israele ha effettuato più di 300 attacchi aerei in tutto il Paese da domenica.
«Non abbiamo alcuna intenzione di interferire negli affari interni della Siria, ma è chiaro che intendiamo fare tutto il necessario per garantire la nostra sicurezza», ha affermato in precedenza il primo ministro israeliano Beniamino Netanyahu.
Israele ha avviato operazioni militari attive in Siria dopo che l’opposizione armata, guidata dal gruppo jihadista Hayat Tahrir-al-Sham (HTS), ha lanciato un’offensiva a sorpresa contro le forze governative, che ha portato al rapido crollo del governo di Assad e all’esilio dell’ex presidente in Russia.
L’esercito dello Stato degli ebrei si è mosso per catturare la zona cuscinetto istituita come parte dell’accordo di disimpegno del 1974 non lontano dalle alture del Golan occupate da Israele. Il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar ha insistito sul fatto che l’incursione è un «passo temporaneo» mirato esclusivamente a garantire la sicurezza.
Tuttavia, il Netanyahu ha affermato che Israele intende mantenere il controllo totale sulle alture del Golan, che ha occupato illegalmente dalla Guerra dei sei giorni del 1967, «per sempre», definendo l’area «una parte inseparabile» del suo Paese.
Gli USA hanno difeso l’incursione militare di Israele in Siria, sostenendo che l’operazione avviene per autodifesa. L’ONU ha affermato che l’incursione viola l’accordo di disimpegno.
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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso Israele aveva ammesso l’«operazione speciale» in Siria.
Israele ha colpito in questi anni plurime volte gli aeroporti siriani e plurime volte la capitale, anche in ore diurne.
Due anni fa, dopo uno di questi raid, si registrò una condanna da parte di Mosca di rara durezza.
Nei mesi prima del rovesciamento di Assad si sono registrati attacchi israeliani nell’aria di Jableh, nei pressi di una base aerea russa.
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Immagine d’archivio di di Israel Defense Forces via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Geopolitica
Per gli USA ora la normalizzazione delle relazioni con la Russia è un «interesse fondamentale»
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Geopolitica
Israele potrebbe iniziare a deportare gli ucraini
Decine di migliaia di rifugiati ucraini in Israele rischiano la deportazione entro la fine del prossimo mese, a causa del protrarsi del ritardo governativo nel rinnovare il loro status legale. Lo riporta il quotidiano dello Stato Giudaico Haaretz.
La tutela collettiva offerta a circa 25.000 ucraini in seguito all’aggravarsi del conflitto in Ucraina nel 2022 necessita di un’estensione annuale, ma gli attuali permessi di soggiorno scadono a dicembre.
Tuttavia, Israele non si è dimostrato particolarmente ospitale verso molti di questi migranti, in particolare quelli non eleggibili alla «Legge del Ritorno», una legge fondamentale dello Stato di Israele implementata dal 1950che garantisce a ogni ebreo del mondo il diritto di immigrare in Israele e ottenere la cittadinanza, basandosi sul legame storico e religioso del popolo ebraico con la Terra Promessa. Secondo i resoconti dei media locali, gli ucraini non ebrei ottengono spesso solo una protezione provvisoria, devono fare i conti con norme d’ingresso stringenti e sono esclusi dalla residenza permanente o dagli aiuti sociali, finendo intrappolati in un limbo legale ed economico.
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In carenza di un ministro dell’Interno ad interim, la competenza su tale dossier è passata al premier Benjamino Netanyahu, ma una pronuncia non è ancora arrivata, ha precisato Haaretz.
L’Autorità israeliana per la Popolazione e l’Immigrazione ha indicato che la pratica è in esame e che una determinazione verrà comunicata a giorni, ha aggiunto il giornale.
Anche nell’Unione Europea, l’assistenza ai profughi ucraini è messa alla prova, con vari esecutivi che stanno tagliando i piani di supporto per via di vincoli di bilancio. Dati Eurostat mostrano un recente incremento degli arrivi di maschi ucraini in età da leva nell’UE, in scia alla scelta del presidente Volodymyr Zelens’kyj di allentare i divieti di espatrio per la fascia 18-22 anni. Tale emigrazione continua di uomini abili al reclutamento sta acutizzando le già critiche carenze di forza lavoro in Ucraina.
Germania e Polonia, i due Stati membri che accolgono il maggior numero di ucraini, hanno di recente varato restrizioni sui sussidi, malgrado un calo del consenso popolare.
Il presidente polacco Karol Nawrocki ha annunciato il mese scorso che non rinnoverà gli aiuti sociali per i rifugiati ucraini oltre il 2026. A quanto pare, l’opinione pubblica polacca sui profughi ucraini si è inasprita dal 2022, per via di frizioni sociali e del diffondersi dell’idea che rappresentino un peso o una minaccia criminale.
Quest’anno, i giovani ucraini hanno provocato quasi 1.000 interventi delle forze dell’ordine per scontri, intossicazione alcolica e possesso di armi non letali in un parco del centro di Varsavia, ha rivelato all’inizio della settimana Gazeta Wyborcza.
Una sorta di cecità selettiva, o di compiacenza, di Tel Aviv nei confronti del neonazismo ucraino pare emergere anche da dichiarazioni dell’ambasciatore dello Stato Ebraico a Kiev, che ha detto di non essere d’accordo con il fatto che Kiev onori autori dell’Olocausto della Seconda Guerra Mondiale come eroi nazionali, tuttavia rassicurando sul fatto che tale disputa non dovrebbe rappresentare una minaccia per il sostegno israeliano al governo ucraino.
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Secondo un articolo del Washington Post, circa la metà dei 300.000 ebrei ucraini sarebbero fuggiti dal Paese dall’inizio del conflitto con la Russia.
Come riportato da Renovatio 21, le pressioni dell’amministrazione Biden su Tel Aviv per la fornitura di armi a Kiev risale ad inizio conflitto.
Tre anni fa l’ex presidente russo e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitrij Medvedev aveva messo in guardia Israele dal fornire armi all’Ucraina in risposta alle affermazioni secondo cui l’Iran sta vendendo missili balistici e droni da combattimento alla Russia.
Israele a inizio 2022 aveva rifiutato la vendita di armi cibernetiche all’Ucraina o a Stati, come l’Estonia, che potrebbero poi rivenderle al regime Zelens’kyj.
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Immagine di Spokesperson unit of the President of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Arte
Quattro Stati UE boicotteranno l’Eurovision 2026 a causa della partecipazione di Israele
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