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Stragi

Israele colpisce valichi di frontiera fra Libano e Siria, bloccando vie di fuga dei rifugiati

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Per l’esercito dello Stato Ebraico sono usati da Hezbollah per spostare armi e attrezzature militari fra i due Paesi. In questi mesi fino a mezzo milione di persone hanno superato il confine dall’apertura del «fronte Nord» della guerra. I raid aerei colpiscono anche i civili e bloccano attività e commerci. Tiro: l’IDF lancia un ordine di evacuazione.

 

Un flusso consistente siriani di rifugiati in fuga dal Libano verso il Paese di origine, per sfuggire ai raid aerei israeliani contro obiettivi di Hezbollah che finiscono per colpire anche i civili, ha attraversato ieri a piedi un ponte di fortuna nell’area di Qusai, nella provincia di Homs.

 

Una soluzione di ripiego, non senza rischi, che è diventata una scelta obbligata dopo che il valico di frontiera ufficiale fra i due Paesi è stato colpito e messo fuori uso due giorni prima da un attacco dell’aviazione con la stella di David.

 

Finora risultavano funzionanti solo tre valichi di confine fra i due Paesi, lungo una frontiera di almeno 375 chilometri. A fine settembre, un attacco aereo israeliano ha colpito il valico di frontiera di Matraba, nel Nord-est del Libano, costringendolo alla chiusura.

 

Poche settimane più tardi i caccia hanno centrato quello di Masnaa, che è tuttora il principale valico tra i due Paesi, mettendolo fuori servizio. Nei giorni scorsi è stata la volta del valico di Jousieh, in un’escalation che contribuisce ad alimentare l’emergenza umanitaria in una fase di profonda criticità.

 

L’esercito israeliano ha giustificato le operazioni accusando Hezbollah — nel «fronte Nord» della guerra contro il «Partito di Dio» filo-iraniano, che prosegue in parallelo col conflitto contro Hamas a Gaza — di usare i valichi per spostare armi e attrezzature militari dalla Siria al Libano. Tuttavia, organizzazioni umanitarie e funzionari internazionali affermano che la chiusura dei punti di transito ha inasprito una crisi umanitaria già gravissima, bloccando di fatto le vie principali per i rifornimenti e impedendo l’accesso a quanti fuggono per mettersi in salvo.

 

Di questi, una gran parte è rappresentata da esuli siriani scappati un decennio fa dalla propria terra martoriata dalla guerra civile fra esercito governativo del presidente Bahsar al-Assad contro gruppi ribelli e jihadisti, trasformatosi nel tempo in uno scontro regionale per procura.

 

«La situazione sul terreno è una tragedia» ha dichiarato alle agenzie Ghossoun Mubarak, fuggita con i suoi tre figli dalla città di Baalbek, nel Libano orientale, descrivendo i bombardamenti che l’hanno spinta a lasciare la propria casa. Ieri il quartetto ha attraversato a piedi, e non senza rischi, il ponte di fortuna che — almeno per il momento — rappresenta la sola via di salvezza.

 

Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNCHR) almeno 430mila persone sono passate dal Libano alla Siria nell’ultimo mese, da quando Israele ha lanciato un bombardamento aereo e un’invasione di terra del Libano.

 

I funzionari del governo di Beirut hanno fornito una stima al rialzo di oltre mezzo milione di persone. Rula Amin, portavoce UNCHR, ha espresso preoccupazione per i danni subiti dai valichi, definendoli «la principale ancora di salvezza per le persone in fuga dal conflitto».

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«Oggi è andata meglio», ha detto Omar Abu Jabal, 29 anni, che ieri rientrava in Libano attraverso il valico di Jousieh dopo un viaggio di lavoro.

 

«Non ci sono stati problemi lungo il percorso. Ma prima — ha aggiunto — vi erano i bombardamenti, che impedivano alla gente di muoversi».

 

Aakoul, direttore dei trasporti della provincia di Homs, ha confermato le voci secondo cui i recenti attacchi hanno distrutto un ponte sul fiume Oronte, interrompendo gli spostamenti tra aree agricole vitali. Aakoul stima che la ricostruzione del ponte costerà circa 2,5 milioni di dollari; a questo bisogna aggiungere il persistente mancato accesso alle aree agricole e l’isolamento di intere comunità che dipendono dal commercio e dagli spostamenti attraverso il fiume.

 

Abu Youssef, che vive vicino al ponte danneggiato, ha descritto l’attacco israeliano come «disumano», perché oltre ai danni materiali ha provocato il ferimento di bambini e bestiame nelle vicinanze. «Tutto quello che vi è qui è un ponte che collega villaggi e fattorie» ha detto, sottolineando che gli abitanti dei villaggi ora devono affrontare un viaggio di 10 chilometri in più per raggiungere Homs.

 

Infine, in queste ore l’esercito israeliano ha emesso un avviso di evacuazione urgente per i residenti di vaste aree della città di Tiro, in Libano, in vista di attacchi aerei contro siti di Hezbollah. In una nota rilanciata su X, ex Twitter, il col.

 

Adraee, portavoce in lingua araba IDF, ha affermato che «l’attività di Hezbollah costringe ad agire nell’area in cui vi trovate», pubblicando al contempo una mappa delle aree che saranno prese di mira.

 

«Dovete immediatamente allontanarvi dall’area segnata in rosso e dirigervi — conclude — a nord verso il fiume Awali. Chiunque si trovi vicino a personale, strutture e armi di Hezbollah mette in pericolo la propria vita!»

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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

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Immagine di Tomás Del Coro via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

 

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Stragi

Violenti scontri in Siria

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  Lunedì sera sono scoppiati violenti scontri ad Aleppo tra combattenti curdi, inclusi membri delle Forze Democratiche Siriane (SDF), e le forze governative. Lo riportano diversi organi di stampa internazionali.   La North Press Agency ha riportato che almeno sette persone sono morte e decine sono rimaste ferite negli scontri a fuoco. L’agenzia ha aggiunto che i residenti di diversi quartieri di Aleppo hanno protestato contro il governo.   Al Arabiya ha citato il ministero della Difesa siriano, secondo cui il governo «si stava muovendo nell’ambito del suo piano di ridispiegamento». «Siamo vincolati al nostro accordo con le SDF e non abbiamo alcuna intenzione di condurre alcuna operazione militare», ha dichiarato il Ministero.   Le SDF hanno attribuito gli scontri a «provocazioni delle fazioni del governo ad interim e dei loro tentativi di avanzare con i carri armati».   Ad aprile, il governo siriano e il consiglio locale dei quartieri curdi di Aleppo hanno siglato un accordo che pone questi ultimi sotto l’autorità di Damasco, garantendo però un certo grado di autonomia alle istituzioni curde.   Un ulteriore accordo prevedeva l’integrazione delle strutture civili e militari curde nel governo centrale entro la fine del 2025.      

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Le crescenti tensioni in Siria, dovute a mesi di conflitti tra gruppi minoritari e forze governative, hanno alimentato timori di escalation e frammentazione.   Dopo la rimozione del presidente Bashar Assad, fazioni islamiste avrebbero attaccato comunità minoritarie, tra cui alawiti, cristiani, curdi e drusi. Il presidente siriano Ahmed al-Sharaa, già conosciuto come il terrorista jihadista al-Jolani, ha poi sottolineato che tutte le comunità saranno integrate sotto l’autorità centrale, affermando che «tutte le armi devono essere sotto il controllo dello Stato».   Come riportato da Renovatio 21, mesi fa si parlava di almeno un migliaio di morti negli scontro al Sud della Siria, e di purghe jihadiste camuffate da incendi in un massacro etno-religioso spaventoso.  

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Stragi

Centinaia di persone intrappolate sull’Everest. Tre persone uccise dai fulmini

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Circa mille escursionisti sono rimasti intrappolati sui versanti orientali del Monte Everest a causa di una tempesta di neve che ha bloccato le vie di accesso. Lo riporta la stampa cinese.

 

Le squadre di soccorso sarebbero al lavoro a un’altitudine di circa 5.000 metri.

 

Le intense nevicate, iniziate venerdì sera e proseguite fino a sabato, hanno coperto sentieri di montagna e campeggi a un’altitudine media di 4.200 metri. Le comunicazioni con alcune aree della montagna risultano, secondo quanto riferito, ancora limitate.

 

Le immagini video della scena mostrano decine di tende sepolte o distrutte sotto uno spesso strato di neve, mentre gli escursionisti avanzano a fatica tra alti cumuli di neve. Un gruppo di alpinisti procede con cautela accanto a veicoli coperti di neve, mentre altri improvvisano ripari temporanei.

 

 

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Centinaia di abitanti dei villaggi vicini e squadre di soccorso sono stati mobilitati per liberare l’accesso all’area rimuovendo la neve. La vendita dei biglietti e l’ingresso all’intera Everest Scenic Area sono stati sospesi da sabato sera.

 

Le avverse condizioni meteorologiche hanno colpito anche le aree residenziali ai piedi della montagna. Secondo Reuters, almeno 47 persone sono morte in Nepal da venerdì, a causa di inondazioni improvvise e frane provocate da forti piogge, che hanno bloccato strade e distrutto ponti.

 

Trentacinque vittime sono state registrate in diverse frane nel distretto orientale di Ilam, vicino al confine con l’India, mentre nove persone risultano ancora disperse dopo essere state travolte dalle acque alluvionali. Altre tre persone sarebbero state uccise da fulmini. Le autorità locali hanno emesso un allarme per il pericolo persistente, poiché il terreno instabile e la scarsa visibilità continuano a ostacolare le operazioni di soccorso.

 

L’Everest è da tempo considerato un luogo di overtourism, ossia saturato da turisti, in questo caso scalatori, che di fatto ne intasano i sentieri, come apparve chiaro in immagini circolate anni fa con un ingorgo di alpinisti sul monte.

 


 

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Catastrofi

Terremoto uccide oltre 60 persone nelle Filippine: le immagini

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Un forte terremoto ha colpito le Filippine centrali nella tarda serata di martedì, causando la morte di almeno 69 persone e il ferimento di molte altre, secondo quanto riferito mercoledì dalle autorità locali.   Le squadre di soccorso hanno lavorato per salvare i sopravvissuti intrappolati sotto le macerie, mentre le autorità si sono impegnate per ripristinare l’erogazione di acqua ed elettricità, interrotte dal sisma.   Il terremoto, di magnitudo 6,9, ha colpito la parte settentrionale di Cebu, vicino alla città costiera di Bogo, abitata da circa 90.000 persone, ed è stato seguito da quattro scosse di assestamento di magnitudo pari o superiore a 5,0.   I soccorritori, tra cui militari, polizia e volontari con escavatori e cani da ricerca, hanno setacciato le macerie per trovare superstiti. Le autorità hanno dichiarato lo stato di calamità in alcune aree di Cebu, dove il sisma ha causato il crollo di edifici, l’interruzione dell’energia elettrica e forti oscillazioni di un ponte, costringendo i motociclisti ad aggrapparsi alle ringhiere per non cadere.              

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  L’ospedale principale di Bogo è stato gravemente danneggiato dal terremoto superficiale che ha colpito la città, situata a soli 19 km dall’epicentro. Le autorità hanno avvertito che il numero delle vittime è destinato ad aumentare.   Secondo i funzionari locali incaricati della gestione delle catastrofi, oltre una dozzina di persone sono morte nella vicina Medellin a causa del crollo di soffitti e pareti delle loro abitazioni.   A San Remigio, cinque persone hanno perso la vita quando i muri sono crollati mentre cercavano di sfuggire da una partita di basket, come riportato dal sindaco Alfie Reynes ai media locali.   La governatrice di Cebu, Pamela Baricuatro, la cui provincia conta 3,4 milioni di abitanti ed è un’importante meta turistica, ha dichiarato che l’entità reale dei danni a Bogo e nelle città settentrionali limitrofe sarà chiara solo all’alba.   «Potrebbe essere peggio di quanto pensiamo», ha avvertito Baricuatro in un videomessaggio su Facebook.   L’Istituto Filippino di Vulcanologia e Sismologia ha emesso un’allerta tsunami, invitando i residenti di Cebu e delle province vicine di Leyte e Biliran a evitare le coste. L’allerta è stata successivamente revocata, non essendo stata rilevata alcuna attività ondosa anomala.   Il terremoto è avvenuto meno di una settimana dopo le tempeste consecutive Bualoi e Ragasa che hanno colpito la regione. Le Filippine, situate sulla «Cintura di Fuoco» del Pacifico, sono tra i Paesi più vulnerabili ai disastri naturali, frequentemente colpiti da terremoti ed eruzioni vulcaniche.

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