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Geopolitica

Iraq, centinaia di morti ad un matrimonio

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Il patriarca caldeo in visita alla cittadina cristiana del nord dell’Iraq teatro del tragico incidente. Un rogo innescato da fuochi d’artificio ha causato almeno 114 morti e oltre 200 feriti «ma il bilancio è provvisorio, molti gravi». Nel buio della tragedia la «solidarietà» di cristiani e musulmani, arabi e curdi un segno di «speranza».

 

«Una vera strage». Così il patriarca di Baghdad dei caldei, il card. Louis Raphael Sako, descrive ad AsiaNews la tragedia dalla portata devastante che si è consumata nella serata di ieri a Qaraqosh, il più importante centro cristiano della piana di Ninive, nel nord dell’Iraq.

 

Un dramma che si è consumato mentre erano in corso i festeggiamenti per un matrimonio, quando all’improvviso all’interno della struttura è divampato un enorme incendio che ha sorpreso i presenti. «Il bilancio ancora provvisorio – racconta il porporato raggiunto al telefono – è di almeno 114 morti e oltre 200 feriti [alcune fonti parlano di 500], ma è destinato ad aumentare perché alcuni feriti sono in condizioni molto gravi».

 

«Ho visto di persona la grande aula dove si svolgeva la festa – prosegue – e non è rimasto nulla, tutto distrutto, ma appare evidente che la costruzione non era a norma».

 

«Ho incontrato un prete, che si chiama Petros – racconta il card. Sako – che ha perso almeno 10 persone della sua famiglia nell’incidente. Sono morti suoi nipoti ancora bambini, fratelli, una tragedia».

 

Quanto è successo è «una catastrofe» prosegue il primate, che ha voluto portare di persona la propria solidarietà e vicinanza (unita a quella della Chiesa siriaca) alle vittime e ai familiari in un momento travagliato della Chiesa caldea col trasferimento della sede patriarcale, e che ha finito per investire l’intera comunità cristiana.

 

https://twitter.com/search?q=wedding%20iraq&src=typed_query&f=media

 

«I feriti sono curati negli ospedali di Mosul ed Erbil, ma quello che impressiona – afferma il porporato – è il numero delle vittime, altissimo. È la prima volta che si conta un numero così elevato di morti per la nostra comunità, nella strage alla cattedrale [del 2010] si sono contati una cinquantina di morti, qui il numero è raddoppiato».

 

Secondo quanto ha riferito alla Reuters il vice-governatore di Ninive Hassan al-Allaq il rogo sarebbe divampato intorno alle 22.45 di ieri ora locale, cogliendo di sorpresa le persone intente nei festeggiamenti seguiti alle nozze. L’incidente ha sconvolto il più importante centro cristiano del nord dell’Iraq e, dal clima di festa, l’intera cittadina di Qaraqosh è oggi avvolta da un silenzio misto di dolore e cordoglio mentre si cerca di risalire alle cause che hanno innescato le fiamme.

Questa mattina è intervenuto anche il governatore di Ninive, il quale ha sottolineato che non vi sono ancora dati definiti dei morti e il numero è destinato ad aumentare nelle prossime ore. Il rogo ha investito e semidistrutto una sala dedicata agli eventi. In una nota la Protezione civile irachena riferisce che alla base del rogo vi sarebbero i fuochi d’artificio usati durante la festa, i quali hanno innescato l’incendio esteso poi alla struttura.

 

L’uso dei giochi pirotecnici è una prassi comune durante le celebrazioni nuziali in Iraq e secondo le prime informazioni almeno mille persone erano presenti all’interno della struttura quando è divampato l’incendio. Ad aggravare il bilancio l’uso di materiale infiammabile in fase di costruzione, oltre al fatto che l’edificio non disponeva di adeguate misure di sicurezza fra le quali uscite di emergenza in caso di incidente, come è poi avvenuto.

 

Fra gli elementi che hanno alimentato le fiamme vi sarebbero anche pannelli prefabbricati all’interno della sala «altamente infiammabili» e in «palese violazione» delle più elementari norme di sicurezza.

 

 

Nelle immagini e video successivi all’incendio riprese dai presenti si vedono i soccorritori arrampicarsi sopra i resti delle macerie, fra cui un tetto crollato e resti di metalli (e di corpi) carbonizzati. Fra questi pannelli in fiamme che cadono dal soffitto e gli invitati presenti che tentano una fuga disperata per sfuggire alle fiamme.

 

Il primo ministro Mohammed Shia al-Sudani ha ordinato un’inchiesta e esortato le forze di sicurezza a prestare i soccorsi, mentre camion carichi di aiuti e medicine sono in arrivo a Ninive da Baghdad e da altre province.

 

Nella tragedia che si è consumata e la cui portata non è ancora definita nei numeri, il patriarca caldeo sottolinea anche un elemento di speranza: «sto vedendo – racconta – la solidarietà degli iracheni, di tutti: cristiani, musulmani, curdi, arabi che hanno espresso vicinanza, che si sono offerti per ospitare i bisognosi, che hanno inviato aiuti».

 

Atteso nei prossimi giorni a Roma per il Sinodo, il card. Sako si fermerà ancora per qualche ora a Qaraqosh «per partecipare ai funerali di un primo gruppo di persone, almeno una quarantina, anche se è ancora adesso difficile identificare le vittime perché i cadaveri sono carbonizzati. Al momento non si sa nemmeno quale sia la sorte degli sposi».

 

La solidarietà degli iracheni, conclude, «è un segno di speranza, ma non bisogna aspettare queste stragi perché si verifichi, ma va rafforzata ogni giorno, nella quotidianità, che è anche il modo per evitare che tragedie simili si possano consumare in futuro».

 

In Iraq gli standard di sicurezza sono poco rispettati sia nel settore delle costruzioni che in quello dei trasporti. Dopo decenni di conflitto, le infrastrutture fatiscenti del Paese sono regolarmente teatro di incendi o incidenti domestici mortali.

 

Nel luglio 2021 un incendio nell’unità COVID di un ospedale nel sud ha causato la morte di oltre 60 persone. Pochi mesi prima, ad aprile, le bombole di ossigeno sono esplose in un incendio in un ospedale di Baghdad, uccidendo più di 80 persone.

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Gli USA stanno segretamente elaborando con la Russia un nuovo piano di pace per l’Ucraina

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Gli Stati Uniti starebbero elaborando in gran segreto una proposta inedita per risolvere il conflitto ucraino, secondo quanto rivelato martedì da Axios. La bozza, articolata in 28 punti, sarebbe stata redatta in coordinamento ravvicinato con Mosca e già condivisa con Kiev e i suoi alleati europei. Lo riporta la testa americana Axios.   Il piano trae ispirazione dai principi emersi dal colloquio tra il presidente statunitense Donald Trump e il leader russo Vladimir Putin in Alaska lo scorso agosto. Il negoziatore moscovita Kirill Dmitriev ha confidato ad Axios di aver dedicato tre giorni, durante la sua visita negli USA alla fine di ottobre, a sviscerare l’iniziativa con l’inviato di Trump, Steve Witkoff.   «Siamo convinti che questo schema arrivi nel momento propizio», ha commentato un alto esponente americano a conoscenza dei dettagli, aggiungendo: «Tuttavia, entrambe le controparti dovranno mostrarsi pragmatiche e ancorare le aspettative alla realtà».   Mercoledì, il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha minimizzato lo scoop, precisando che nei dialoghi tra Washington e Mosca non è emerso «nulla di innovativo» oltre a quanto già discusso ad Anchorage.

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Lo Witkoff ha visionato la bozza questa settimana con Rustem Umerov, segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale ucraino, in un incontro tenutosi a Miami. Umerov, la cui famiglia vive negli Stati Uniti, ha lasciato Kiev in piena bufera per uno scandalo corruttivo che coinvolge Timur Mindych, fedelissimo di lunga data di Volodymyr Zelens’kyj, accusato di orchestrare un meccanismo di tangenti per 100 milioni di dollari legato all’operatore nucleare statale Energoatom.   I media ucraini sostengono che Umerov, durante il suo ruolo di ministro della Difesa, abbia ceduto alle pressioni di Mindych per approvare forniture di giubbotti antiproiettile non conformi, e ora si starebbe sottraendo al rientro in patria per timore di ritorsioni legate a presunte influenze del businessman.   L’inviato americano è atteso in Turchia mercoledì per un faccia a faccia con lo Zelens’kyj. Secondo l’Economist, lo Witkoff avrebbe cancellato un appuntamento con il capo di gabinetto presidenziale Andriy Yermak, sospettato di intrecci con la rete di Mindych, per evitare di incappare in ulteriori tensioni politiche che potrebbero accelerare un possibile licenziamento dello Yermak.   «Witkoff potrebbe non aver colto appieno lo scandalo in cui rischiava di ficcarsi concordando quell’incontro», ha osservato il giornalista dell’Economist Oliver Carroll su X.     Mosca ha ribadito che un accordo stabile deve salvaguardare le sue priorità in termini di sicurezza. Dmitriev si è detto «moderatamente fiducioso» sulla bozza americana, notando: «Abbiamo l’impressione che la prospettiva russa sia stata finalmente presa in considerazione».  

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 
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L’ONU approva la «forza di stabilizzazione» sostenuta da Trump a Gaza

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Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato una risoluzione elaborata dagli Stati Uniti che avalla un piano di pace per Gaza e legittima l’istituzione di una «Forza Internazionale di Stabilizzazione» nell’enclave. La Russia, unitamente alla Cina, ha scelto l’astensione, motivandola con le molte criticità operative del testo e il rischio che ne derivi un indebolimento dell’idea di soluzione a due Stati.

 

Lunedì, l’organo a 15 membri ha espresso voto favorevole al documento americano, che appoggia il piano in 20 punti del presidente Donald Trump per chiudere il conflitto nella Striscia e convalida il «Board of Peace» (BOP), pensato quale autorità transitoria di governo.

 

La delibera conferma pure la creazione di una Forza Internazionale di Stabilizzazione (ISF) posta sotto l’egida del BOP. L’ISF dovrebbe integrare unità da nazioni arabe e non solo, al fine di preservare l’ordine pubblico, formare una forza di polizia palestinese innovata e monitorare il disarmo nonché la rinascita infrastrutturale di Gaza.

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L’ambasciatore statunitense Mike Waltz ha lodato il provvedimento, qualificandolo come «un ulteriore progresso decisivo verso una Gaza equilibrata, capace di fiorire, e un contesto che consentirà a Israele di esistere in piena tranquillità», precisando che le unità di sicurezza israeliane «sosterrebbero la smilitarizzazione della Striscia e l’eliminazione delle reti terroristiche».

 

La Russia, pur in grado di bloccare la risoluzione con il veto, ha optato per l’astensione, nondimeno Vassilij Nebenzia, rappresentante di Mosca all’Onu, ne ha aspramente contestato i contenuti, bollandolo come «l’ennesima beffa del caso».

 

«Il Consiglio concede il proprio imprimatur all’iniziativa Usa fondandosi solo sulle garanzie di Washington, affidando la Striscia di Gaza al Board of Peace e all’ISF, i meccanismi operativi dei quali ignoriamo ancora», ha dichiarato.

 

Nebenzia ha quindi invitato i membri dell’Onu a vigilare affinché il testo «non si risolva in un paravento per prove arbitrarie condotte da Stati Uniti e Israele nei Territori palestinesi occupati, né in una sentenza capitale per la soluzione a due Stati», rivelando inoltre che Mosca ha ritirato la propria proposta alternativa dopo aver rilevato l’appoggio di vari Stati arabi alla versione statunitense.

 

Hamas, che detiene il potere a Gaza, ha respinto con forza la risoluzione, argomentando che l’incarico all’ISF di disarmare le fazioni armate nell’enclave «le sottrae l’imparzialità e la converte in un attore del contenzioso al servizio dell’occupazione».

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Immagine di Jaber Jehad Badwan via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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Geopolitica

Russia e USA in trattative per un possibile nuovo scambio di prigionieri

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La Russia e gli Stati Uniti stanno esaminando l’opportunità di un ulteriore scambio di detenuti, ha indicato martedì *Axios*, attingendo a fonti di entrambi i governi.   Tali scambi, l’ultimo dei quali datato aprile, si inserivano negli impegni del presidente statunitense Donald Trump per normalizzare i rapporti con Mosca dopo un decennio di tensioni diplomatiche. Kirill Dmitriev, collaboratore del presidente russo Vladimir Putin, ha confidato a *Axios* che l’ipotesi di un nuovo baratto è emersa durante il suo soggiorno a Washington a fine ottobre.   «Ho incontrato taluni funzionari USA e membri dello staff di Trump per trattare alcune materie di profilo umanitario, quali potenziali scambi di prigionieri su cui la controparte americana sta lavorando», ha rivelato Dmitriev al quotidiano in un’intervista telefonica.   Esponenti americani hanno corroborato che Dmitriev ha ventilato l’idea con l’inviato speciale Steve Witkoff e altri protagonisti dell’amministrazione Trump, ma non è stato siglato alcun patto né resi noti nominativi, secondo Axios.

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L’esecutivo Trump ha rigettato l’approccio precedente della Casa Bianca, mirato a emarginare Mosca sulla crisi ucraina, optando invece per un iter pragmatico di riconciliazione. I responsabili hanno dipinto gli scambi di prigionieri come un tassello per ricostruire la fiducia, al fine di sanare i vincoli bilaterali logorati durante la presidenza di Joe Biden.   A maggio, Washington avrebbe sottoposto a Mosca un elenco di nove individui da liberare. Tra essi, Joseph Tater ha lasciato la Russia a giugno, dopo che un collegio ha revocato il suo internamento psichiatrico forzato, nato da un fugace tafferuglio con le forze dell’ordine in un apparente episodio di squilibrio mentale.   Witkoff, artefice di svariati negoziati spinosi per Trump, ha presidiato direttamente l’orchestrazione dello scambio con la Russia. Questa settimana dovrebbe incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj in Turchia.   Il capo di Stato ucraino sta fronteggiando le ricadute politiche di un rilevante caso corruttivo che lambisce il suo fedelissimo Timur Mindich, imputato dal Bureau Nazionale Anticorruzione di aver pilotato un piano di tangenti da 100 milioni di dollari nel settore energetico. Stando ai media ucraini, l’inchiesta potrebbe aver goduto di un supporto discreto da parte delle autorità USA.  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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