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Ipotesi di nullità canonica dell’elezione di Bergoglio

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Renovatio 21 riprende dal sito di Aldo Maria Valli Duc in Altum questa lettera vergata da, scrive il vaticanista, «un sacerdote, un religioso, che si firma “Un cacciatore di cinghiali nella vigna del Signore” e spiega: “Non metto la mia firma perché vorrei che l’attenzione si concentrasse non sulla mia identità, ma sulle cose dette”». La riflessione segue quella che sul tema ha svolto recentemente l’arcivescovo Carlo Maria Viganò.

 

Carissimo Valli, le chiedo di seguirmi con pazienza in questo tentativo di inquadrare un problema che, ormai da anni, ci sta avvelenando la vita.

 

1) «Ma questo papa è veramente papa?»

Più passa il tempo e più all’interno della Chiesa cattolica cresce la confusione e la contrapposizione a tutti i livelli: laici, preti, vescovi e cardinali… E ciò, non solo su singoli aspetti dottrinali, morali, liturgici e disciplinari…, ma anche nei confronti della stessa persona di Jorge Mario Bergoglio, alias Francesco.

 

Sì, perché al termine di ogni ragionamento privato e di ogni confronto pubblico sulla Chiesa, riemerge sempre la stessa domanda: «Ma questo papa è veramente papa?». Egli cioè occupa quel trono in modo legittimo, oppure in modo illegittimo? E la domanda è quanto mai pertinente perché, se ci sono mille motivi per considerarlo legittimo, ce ne sono almeno altri mille per considerarlo illegittimo.

 

Ora, se dopo dieci anni che Bergoglio indossa quel vestito bianco, noi stiamo ancora a discutere sempre più animatamente su questo tema, forse ciò significa una cosa sola: che, oggi come oggi, nessuno di noi – semplici laici e preti, ma anche singoli vescovi e cardinali – è in grado di chiarire in modo inconfutabile e definitivo né che Bergoglio è un papa effettivo, né che Bergoglio è un papa abusivo. Perché, se la cosa fosse pacifica e scontata, non ci sarebbe motivo per avere un simile dubbio.

 

Questa situazione paradossale, però, non ci impedisce – anzi ci impone – di farci una nostra idea personale il più possibile argomentata, così da non cedere passivamente, né controbattere aspramente, alle posizioni di chi non la pensa come noi.

 

Esaminiamo dunque le due possibili soluzioni al grande dilemma, precisando ancora che qui non siamo nel campo delle dimostrazioni matematiche, né in quello delle sentenze definitive, ma in quello delle semplici ipotesi canoniche.

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2) Bergoglio sarebbe un papa legittimo

Questa tesi è certamente più comoda sul piano pratico, ma sta diventando sempre meno sostenibile sul piano logico.

 

Bergoglio infatti già occupa de facto quel trono (e dopo la scomparsa di Benedetto XVI, non c’è più nessuno che glielo contende); ed è riconosciuto apertamente come sommo pontefice dalle principali istituzioni sociali, politiche e religiose del mondo, e – forse – anche dalla maggioranza di quanti si dicono cattolici. Egli perciò non può essere scalzato dal posto che occupa, senza con ciò stesso produrre un autentico terremoto ecclesiale, con susseguente pericolo di spaccatura e di scisma.

 

Qui però sorgono alcune domande ormai ineludibili, alle quali dovrebbero rispondere soprattutto coloro che, da una parte, si dicono convinti della regolarità della sua elezione e, dall’altra, denunciano sempre più convintamente il carattere confuso e ambiguo – se non addirittura eretico – dell’intero suo pontificato.

 

Queste dunque le domande:

 

  • Se Bergoglio è un papa voluto o almeno permesso dal Signore, perché a volte si ha l’impressione che egli non disponga neppure di un minimo di grazia di stato o di unzione spirituale, per svolgere positivamente la sua missione?

 

  • Perché non solo non conferma nella fede i suoi fratelli, ma in modo sempre più ampio e devastante li amareggia e li getta nella confusione e nello sconcerto, diventando lui stesso il tema più spinoso e divisivo all’interno della Chiesa?

 

  • Perché non vacilla soltanto su singoli punti teorici o pratici della fede, ma arriva a imporre con stile sempre più dispotico una vera rivoluzione anti-cattolica, una sorta di nuova Rivoluzione di ottobre, camuffata furbescamente con il nome di Chiesa sinodale e portata avanti, per l’appunto, con i Sinodi di ottobre?

 

  • E quindi: che senso ha riconoscere la sostanziale validità della sua elezione, e poi vedersi obbligati a rintuzzare tutti i giorni e con toni sempre più amareggiati le sue continue e crescenti ambiguità, sfocianti in vere e proprie eresie? Infatti, se egli è un papa legittimo, bisognerebbe scusarlo, proteggerlo e interpretarlo nel modo più benevolo possibile (come si farebbe con un proprio genitore che, per età o malattia, cominciasse a perdere il ben dell’intelletto).

 

  • E inoltre: che senso ha – come effetto collaterale della presunta legittimità della sua elezione – dover accusare severamente il povero Benedetto XVI di essere lui, in ultima analisi, il vero responsabile di tutto ciò che è accaduto dalla sua rinuncia in poi, trasformandolo così da probabile vittima in carnefice?

 

Sul piano logico pertanto non mi sembra che questa prima tesi sia molto lineare, proprio in considerazione della carica distruttiva che questo pontificato sta esercitando nei confronti della Chiesa cattolica nel suo insieme; carica distruttiva che è paragonabile alla terribile scossa di terremoto che il 30 ottobre 2016 distrusse a Norcia la basilica di San Benedetto, lasciandone in piedi soltanto una facciata traballante.

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3) Bergoglio sarebbe un papa illegittimo

 Questa tesi è certamente più problematica e destabilizzante sul piano pratico, ma sembra molto più illuminante e risolutiva sul piano logico.

 

Come già detto, il punto di partenza che costringe a sviluppare anche questa ipotesi è la completa assurdità della situazione che si è venuta a creare nella Chiesa cattolica in questi ultimi tempi, situazione che forse non ha precedenti in duemila anni di storia: colui che dovrebbe essere il Vicario di Cristo in terra, arriva ad essere – come direbbero alcuni – un vero e proprio inimicus Ecclesiae, cioè uno che lega tutto ciò che dovrebbe essere sciolto, e scioglie tutto ciò che dovrebbe essere legato.

 

Questi dunque i possibili capi di nullità – tutti molto gravi e anche cumulabili tra di loro – per i quali Jorge Mario Bergoglio, alias Francesco, un giorno potrebbe essere dichiarato ufficialmente e definitivamente come un papa che non è mai esistito:

 

A. La rinuncia forzata di Papa Benedetto XVI nel febbraio 2013 (cf. CIC, cann. 188; 332, § 2), situazione che poi l’ha spinto per quasi dieci anni a quei comportamenti e distinguo piuttosto atipici che tutti conosciamo (nome, abito, residenza, esercizio attivo e contemplativo, ecc.). Come non ricordare qui: il bombardamento continuo da parte dei principali mass media contro di lui, a causa degli scandali sessuali del clero un po’ ovunque nel mondo; l’esclusione, nei giorni della rinuncia, della Banca vaticana dal circuito bancario internazionale swift; quel «vociare assassino» di cui il papa emerito ha poi parlato in una sua intervista, riferendosi agli ambienti tedeschi che più lo osteggiavano; e la condizione in cui si trova qualche prelato ancora vivente, che ha vissuto da vicino quei fatti e che forse non parla per timore di ritorsioni disciplinari?

 

B. L’applicazione al conclave del 2013 di due canoni invalidanti del diritto canonico matrimoniale: l’inganno doloso (cf. CIC, can. 1098) e il vizio o difetto di consenso (CIC, can. 1101). Questa doppia ipotesi di nullità (formulata in modo geniale qualche tempo fa da Mons. Carlo Maria Viganò e applicata al suddetto conclave per analogia) starebbe a significare che in quella occasione il cardinale Bergoglio avrebbe volutamente ingannato almeno una parte dei suoi elettori (= dolo), simulando ai loro occhi un corretto proposito pastorale che invece egli escludeva lucidamente e con positivo atto di volontà (= vizio di consenso), avendo già in mente di realizzare un vero e proprio piano rivoluzionario ai danni della Chiesa cattolica, come poi di fatto è avvenuto. Ora, se queste disposizioni giuridiche sono in grado di rendere nullo un matrimonio canonico, perché non dovrebbero vanificare anche l’atto con cui Bergoglio ha accettato l’avvenuta elezione pontificia, la quale – con tanto di anello al dito – lo legava con nuovo vincolo sponsale alla Chiesa di Roma e a tutta la Chiesa universale? Può essere Vicario terreno dello Sposo celeste chi, fin dall’inizio, ha intenzioni opposte alle sue?

 

Ci sarebbe poi anche l’accusa esplicita di eresia – se non addirittura di apostasia (cf. CIC, can. 751) –, la quale emerge in particolare: dai dubia cardinalizi presentati nel 2016 e 2023; dai vari interventi dottrinali che il cardinale Müller ha realizzato dal 2017 in poi; come pure dai programmi legati al Sinodo sulla sinodalità del 2023-2024 (cf. l’apposito Instrumentum laboris del 2023); eresia che, quando incide su terzi (cf. CIC, can. 1330), produce una scomunica latae sententiae, cioè automatica o immediata (cf. CIC, can. 1364, § 1); (1) e che – secondo alcuni teologi e canonisti come il cardinale San Roberto Bellarmino –, quando riguarda un papa ed è evidente e notoria, produrrebbe ipso facto anche una sorta di «auto-deposizione» del papa medesimo.

 

Se l’ipotesi di eresia notoria o manifesta – che come sappiamo non dispone ancora di una procedura canonica chiara e ufficiale – può applicarsi a un papa realmente tale (cioè valido), nel tentativo di limitarne i danni e spingerlo gradualmente a farsi da parte senza compromettere la stabilità e l’unità della Chiesa…, tale ipotesi acquista un valore semplicemente aggiuntivo o dimostrativo nel caso di un papa che, fin dal primo istante della sua elezione, è del tutto illegittimo (cioè invalido).

 

In altre parole: nel caso di Bergoglio, la progressiva presa di coscienza delle sue molteplici eresie potrebbe servire come un punto di partenza o come una prova del nove, rispetto ai diversi capi di nullità sopra indicati: a) rinuncia forzata di Benedetto XVI; b) inganno doloso e consenso difettoso dello stesso Bergoglio. (2)

 

4. «E tu che ne pensi?».

Se, dopo questa spiegazione, qualcuno mi domandasse: «E tu che ne pensi?», io risponderei: «Dovendo scegliere – e più passa il tempo, più si impone una scelta di campo –, a me sembra più logica e risolutiva l’ipotesi della nullità».

 

Infatti, se Bergoglio fosse un papa legittimo, in seguito – quando il Signore avrà ripreso in mano le sorti della sua Chiesa (perché prima o poi Lui interverrà!) – ci dovrà essere un futuro papa cattolico che si metta a ricercare e condannare ogni singola ambiguità, inesattezza o eresia che lo stesso Bergoglio ha disseminato a voce e per iscritto nel corso di tutti questi anni. Un lavoro veramente proibitivo!

 

Se invece si riuscisse a dimostrare che egli era semplicemente illegittimo, il suo nome pontificio e il suo magistero romano sparirebbero dalla faccia della terra in una frazione di secondo. Tutto molto più facile e più efficace!

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Ora, è evidente che una chiarificazione ufficiale e definitiva di questo genere potrà essere realizzata soltanto «a bocce ferme»: cioè, quando Bergoglio non ci sarà più e il timone della Barca di San Pietro sarà tornato in mani più sicure.

 

Sì, perché mentre egli è ancora in carica, è pressoché impossibile che qualche cardinale provi a sfidarlo sul terreno di una sospetta invalidità della sua elezione: oltre che molto ardito dal punto di vista giuridico, ciò sarebbe anche troppo pericoloso per la stessa unità della Chiesa. Meglio attendere i risultati finali della sua opera rivoluzionaria – risultati sempre più disastrosi e fallimentari –, in modo che il mondo intero un giorno possa dire: «Bergoglio si è scavata la fossa con le sue stesse mani!».

 

Pertanto, i possibili capi di nullità che sopra abbiamo cercato di individuare, pur essendo fin da ora utili e illuminanti a livello teorico, non sono certo di immediata applicazione a livello pratico: forse se ne riparlerà tra cinque o dieci anni!

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5. «E nel frattempo noi che facciamo?».

Quando cerco di spiegare questi concetti a fedeli che scalpitano e sbraitano per l’attuale situazione, mi sento rispondere: «E nel frattempo noi che facciamo?».

 

Certamente la risposta non può essere quella di alcuni giornalisti che, con le loro ossessioni investigative, pretendono decodificare e dimostrare di tutto e di più, ricorrendo a ogni minimo indizio, compreso – se fosse possibile – il colore della biancheria intima di Sua Santità Benedetto XVI, al secolo Joseph Aloisius Ratzinger! Né può essere quella di alcuni chierici che, con le loro patologie narcisistiche, pretendono sostituirsi in prima persona sia al papa rinunciatario che a quello usurpatore!

 

La soluzione invece dovrebbe essere la seguente: a) rimanere saldamente nella Chiesa cattolica, per mezzo di una fedeltà effettiva a ciò che essa ha sempre insegnato; b) «accontentarsi» di eventuali iniziative ponderate e argomentate, prese da cardinali e vescovi autorevoli; (3) c) assumere, nel segreto della propria coscienza, una posizione sempre più chiara e decisa contro un certo magistero folle di Bergoglio.

 

Ma forse – o senza forse – queste tre indicazioni ancora non bastano: e qui il discorso si fa molto più difficile, per non dire lacerante.

 

Infatti, proseguendo su questa linea, emergono inevitabilmente altre domande: «È possibile limitarsi a rigettare gli insegnamenti erronei del magistero di Bergoglio, senza spingersi oltre? Oppure, se a un certo punto la corda si spezza, è cosa lecita e doverosa prendere le distanze anche dalla sua persona, arrivando – nel segreto della propria coscienza – a dichiararlo “auto-deposto” in quanto eretico e scomunicato, o a giudicarlo come “illegittimo” in quanto del tutto inadeguato all’incarico che ricopre?».

 

Rispondo: «E chi sono io per impedire valutazioni soggettive di questo tipo, specie quando sono frutto di un discernimento lungo e sofferto sulla situazione generale della Chiesa e sul comportamento pertinace di coloro che la guidano?».

 

È evidente però che simili atti, proprio perché sgorgano dalla propria coscienza, sono di natura semplicemente privata: e quindi non possono essere presentati come verità assolute, già dimostrate e ufficializzate; né possono essere imposti con toni imperativi a chi ancora non arriva a capirne il significato o la necessità.

 

In tal senso possiamo dire che iniziative come quelle dei dubia cardinalizi del 2016 e 2023, nonostante possano apparire ad alcuni come poco incisive, in realtà sono utilissime, specie in ambienti clericali e conventuali, perché contribuiscono a far crescere in modo ordinato un sano senso critico nei confronti del magistero di Bergoglio, e – a lungo andare – forse anche nei confronti della sua elezione pontificia.

 

Perché il punto della questione è proprio questo: non si tratta qui di opporsi al colpo di Stato del 2013 con un colpo di mano istantaneo e risolutivo (perché, anche se molti non lo vogliono capire, ciò è pressoché impossibile!); ma di lavorare in maniera pacata e ragionata, affinché cresca nel maggior numero possibile di persone la consapevolezza di ciò che sta avvenendo nella Chiesa; e ci si interroghi seriamente sulla credibilità – e poi sulla legittimità – di colui che ne è il responsabile principale.

 

Infatti, senza una diffusione ampia e radicata di queste valutazioni critiche in seno all’intero Popolo di Dio, sarà più difficile che un futuro papa cattolico – diciamo, un Pio XIII – si decida a disporre un’apposita indagine canonica, finalizzata a valutare l’ipotesi di una completa nullità dell’elezione a Vescovo di Roma di colui che con ogni probabilità passerà alla storia come «il grande apostata» (cf. CCC 675).

 

6. In conclusione

Volendo ricapitolare, possiamo dire:

 

  • Il «problema-Bergoglio» esiste, ed è un problema sempre più evidente e devastante per l’intera Chiesa cattolica.

 

  • Esso non solo impone di ribattere colpo su colpo ambiguità ed errori del suo magistero, ma consente anche di formulare ipotesi di nullità canonica sulla sua stessa elezione e su tutto il suo pontificato (di grande interesse le ipotesi di dolo e vizio di consenso, in analogia a CIC, cann. 1098; 1101).

 

  • Questa situazione spinge molti fedeli a formulare un giudizio di coscienza molto severo nei suoi confronti, fino al punto di ritirargli ogni fiducia, e di negare interiormente anche la sua validità o legittimità di Sommo Pontefice.

 

  • Un giudizio di questo genere però, anche se comprensibile, ha un carattere totalmente privato e soggettivo; e quindi non può essere considerato come ufficiale e definitivo, né può essere imposto agli altri in modo imperativo.

 

  • La completa chiarificazione del “problema-Bergoglio” non spetta alla base della Chiesa, ma al suo vertice più alto; e ciò si potrà realizzare nei tempi e nei modi che solamente la Divina Provvidenza è in grado di decidere e di attuare.

 

Un cacciatore di cinghiali nella vigna del Signore

 

NOTE

1) Non bisogna però dimenticare che la scomunica latae sententiae, per produrre effetti concreti in «foro esterno», deve essere dichiarata, cioè esplicitata e comunicata per iscritto al diretto interessato da parte di un suo superiore gerarchico. Ma nel caso di un papa chi può considerarsi superiore a lui, così da comminargli una simile pena canonica? Nessuno.

2) Considerazioni simili si possono fare anche in riferimento alla scomunica latae sententiae che il n. 81 della costituzione apostolica Universi dominici gregis (del 22 febbraio 1996) prevede per tutti quei cardinali elettori che, in occasione di un conclave, compiono «patteggiamenti, accordi, promesse o impegni di qualsiasi genere» (tipo “mafia di San Gallo”?) per eleggere un candidato o per boicottarne un altro. Diciamo subito che questa norma (da leggere nel contesto dei nn. 78-83): è ancora molto generica; rimane circoscritta al solo «foro interno»; e non produce la nullità o invalidità dell’elezione comunque realizzata con simili intrallazzi (cfr. per analogia n. 78). Essa pertanto non appare decisiva per affrontare il problema Bergoglio: meglio ricorrere alle ipotesi invalidanti sopra indicate.

3) In caso contrario, forse è meglio andarsene in qualche cricca o setta tra quelle già esistenti, oppure crearsene una per conto proprio, con tanto di «papa» e «cardinali» alternativi!

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Intelligenza Artificiale

Sacerdozio virtuale, errore reale

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«Father Justin» è stato «ridotto allo stato laicale» pochi giorni dopo l’inizio del suo ministero. Non per una storia di abusi, perché «Father Justin» è l’avatar digitale dato a un algoritmo. La vicenda d’oltreoceano potrebbe sembrare aneddotica se non mostrasse, implicitamente, i limiti dell’uso dell’intelligenza artificiale (IA) negli ambiti della fede e della pastorale cristiana.   Catholic Answers è un’associazione dedicata alla difesa della fede cattolica, con sede a El Cajon, California. Gli apologeti che la gestiscono hanno subito capito il vantaggio di investire nell’universo digitale, utilizzando le inesauribili risorse dell’intelligenza artificiale.   È così che è stato sviluppato un algoritmo chiamato Father Justin, ornato da un’immagine generata al computer, che lo rappresenta come un prete barbuto che indossa una talare, in altre parole una sequenza matematica adatta a rispondere alle domande degli internauti sulla fede e sull’insegnamento della Chiesa.   Ma il prete virtuale – o meglio i suoi ideatori, l’IA non produce, in termini di qualità dell’informazione, nulla che non sia in linea con il suo database – non ha seguito un percorso teologico tradizionale: così, Father Justin non vede nessun problema nel battezzare con «Gatorade», una bevanda energetica, quando solo l’acqua costituisce la materia valida per questo sacramento.   Quando un utente chiede la forma del sacramento della penitenza, il robot propone online una formula per l’assoluzione dei peccati, che sarebbe totalmente invalida, poiché l’assoluzione richiede la presenza fisica di un sacerdote validamente ordinato e con giurisdizione per compiere questo atto.   Tuttavia, a una richiesta diretta di essere ascoltato in confessione e assolto, Father Justin spiega: «anche se vorrei aiutarti, non sono in grado di amministrare il sacramento della riconciliazione con questo mezzo. È un sacramento che richiede un incontro personale. Ti incoraggio a trovare una chiesa cattolica e a parlare con un prete».   Di fronte allo scalpore suscitato da questa vicenda, Catholic Answers ha fatto marcia indietro rivestendo il buon Father Justin da laico e promettendo di correggere il suo «chatbot» – il programma informatico che simula ed elabora una conversazione umana, permettendo di interagire con gli utenti – in un senso più coerente con la fede e la moralità cattolica.   Catholic Answers avrà presto un bot affidabile? Possiamo dubitarne, perché un progetto del genere pone un problema: immaginare che un «chatbot» possa svolgere a pieno titolo il ruolo di catechista o di missionario non rivela forse una profonda incomprensione del modo in cui si trasmette la fede?   Se l’Intelligenza Artificiale può rendere accessibile una quantità impressionante di informazioni in tempi record, la nozione di «chatbot» nasconde un’ambiguità: quella di far credere alle persone in una reale interazione personale.   Quando un fedele, o una persona che cerca la verità, si avvicina alla Chiesa, ha diritto di ascoltare delle risposte trasmesse in un vero spirito di fede teologale e di prudenza soprannaturale che supera le capacità numeriche di un algoritmo, anche il più elaborato.   Di fronte alle critiche, Catholic Answers si è difesa in modo poco convincente: «Comprendiamo che alcuni non si sentano a proprio agio con l’intelligenza artificiale. Ma dato che esiste, ci sforziamo di metterlo al servizio del Regno di Dio». Un modo per evitare la radice del problema.   Perché gli strumenti fabbricati dall’uomo hanno uno scopo solo nella misura in cui facilitano la vita veramente umana, permettendo così di risparmiare tempo, non per essere pigri, ma per esercitare le nostre facoltà di conoscenza e le nostre virtù, ed elevare la nostra umanità.   In questo contesto, vogliamo affidare le capacità umane, come la comprensione, il giudizio, le relazioni umane e l’autonomia d’azione, ai software di Intelligenza Artificiale senza conoscere il valore reale di questi sistemi che pretendono di essere intelligenti e cognitivi?   Questa è la sfida etica dei prossimi anni riguardo all’Intelligenza Artificiale, e di cui Father Justin, questa volta, ha pagato il prezzo.   Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Pensiero

Sterminio e «matrice satanica del piano globalista»: Mons. Viganò invita a «guardare oltre» la farsa psicopandemica

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Monsignor Carlo Maria Viganò ha inviato un suo intervento al convegno «La morte negata», svoltosi il 10 Maggio 2024 presso l’Auditorium Gavirate (Varese).

 

«Uno degli effetti più immediati dell’infernale operazione manipolatoria psicopandemica è costituito dal rifiuto delle masse di riconoscere di essere state oggetto di una colossale frode» dice l’arcivescovo nel suo messaggio.

 

Sotto pretesto di impedire la diffusione di un virus, presentato come mortale e incurabile «si sono costretti miliardi di persone a subire l’inoculazione con un farmaco sperimentale che si sapeva essere inefficace per lo scopo dichiarato. E per fare ciò, le autorità preposte non hanno esitato a screditare le cure esistenti, che di quel siero genico avrebbero reso impossibile l’autorizzazione al commercio».

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«Il motivo di questo istintivo rifiuto delle masse di riconoscersi vittima di un vero e proprio crimine contro l’umanità non toglie però l’evidenza delle intenzioni degli autori di questo crimine. Queste intenzioni, dichiarate da decenni sulla base di una grottesca falsificazione della realtà, si concretizzano in un’azione sistematica volta a favorire la depopolazione del Pianeta mediante pandemie, carestie, guerre e scontri tra diverse fasce della popolazione, impoverimento delle classi più deboli e drastica riduzione di quei servizi pubblici – tra i quali la Sanità e la Previdenza sociale – che lo Stato dovrebbe garantire ai propri cittadini».

 

 

 

«Ma se una lobby di personaggi ricchissimi dichiara di voler ridurre la popolazione mondiale mediante vaccinazioni di massa che provochino sterilità, malattie e morte; e se queste vaccinazioni provocano effettivamente sterilità, malattie e morte in milioni di inoculati, credo dovremmo noi tutti – e rivolgo il mio appello agli illustri giuristi e intellettuali, oltre che ai medici e agli scienziati – alzare lo sguardo e non limitarci ad un’indagine che abbia come unico oggetto gli effetti avversi e mortali del siero sperimentale» dice il prelato.

 

«Se non inquadriamo la gestione della psicopandemia nel contesto più vasto del piano criminale che l’ha progettata, ci precludiamo la possibilità non solo di comprendere la premeditazione del crimine, ma anche di vedere su quali altri fronti siamo o saremo oggetto di nuovi attacchi, che però hanno in comune con questa l’obiettivo finale, ossia l’eliminazione fisica di miliardi di persone».

 

«Le falle del capillare sistema di censura che va instaurandosi in quasi tutti gli Stati occidentali – o meglio: di quelli che soggiacciono ai diktat dell’OMS e della cupola eversiva del World Economic Forum – hanno consentito a molti di noi di vedere dimostrato un dato incontestabile: questi sieri, prodotti da enti governativi usando virus geneticamente modificati con il Gain of Function e sottoposti al segreto militare, non solo non servono a curare la fantomatica malattia da COVID-19, ma inducono gravi effetti avversi e anche la morte; e questo non è dovuto soltanto alla nuova tecnologia mRNA con cui vengono prodotti, ma alla presenza di sostanze che non hanno alcuna attinenza con la dichiarata finalità di combattere il virus» dichiara Viganò.

 

Sostanze, sostiene monsignore, «che guarda caso sono oggetto di brevetti a dir poco inquietanti, depositati ben prima del lancio dell’operazione pandemica».

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«Premesso dunque che questi sieri non fanno quanto dichiarato in sede di approvazione da parte delle agenzie sanitarie, ma che al contrario si dimostrano efficacissimi nell’indurre patologie anche gravissime, nel provocare la morte e nel determinare la sterilizzazione degli inoculati, occorre compiere il passo successivo – che è quello maggiormente temuto dal Sistema che li ha imposti – e dunque denunciare il dolo e la premeditazione – la mens rea, direbbero gli esperti di diritto – di chi ha deliberatamente usato una falsa pandemia per sterminare la popolazione, coerentemente ad una visione folle e antiumana che considera l’umanità come il cancro del Pianeta».

 

«Ecco perché vi invito a compiere il passo successivo, in questa meritoria operazione di verità e di denuncia nella quale siete coraggiosamente impegnati».

 

«Non fate le domande sbagliate, perché ne avrete risposte sbagliate. Se partite dal presupposto che le Autorità sanitarie abbiano agito con scopi leciti e che gli errori commessi siano dovuti ad imperizia o alla pressione dell’emergenza; se date per scontato che i produttori del siero genico abbiano come finalità la cura delle malattie e non il più cinico profitto e la creazione di malati cronici, finite col falsificare la realtà e le conclusioni cui giungerete saranno necessariamente fuorvianti».

 

«Abbiate piuttosto un approccio forense, per così dire, in modo che appaia evidente la perfetta coerenza tra gli strumenti adottati e i risultati ottenuti, a prescindere dagli scopi dichiarati; sapendo che le vere motivazioni, proprio per la loro intrinseca volontà di nuocere, non potevano che essere dissimulate e negate. Chi mai ammetterebbe, prima di imporre fraudolentemente una terapia genica di massa, che l’obiettivo che intende raggiungere è far ammalare, uccidere o rendere sterile una vastissima fascia della popolazione mondiale?»

 

«Ma se questo è ciò che l’ideologia neomalthusiana si prefigge; se vi sono prove che dolosamente sono stati nascosti gli effetti avversi dei sieri; se nei differenti lotti sono presenti sostanze che non hanno alcuna giustificazione profilattica ma che al contrario inducono patologie e consentono manomissioni del DNA umano, le conclusioni logiche non possono non evidenziare la volontà criminale, e quindi la complicità colpevole di Istituzioni pubbliche, enti privati, addirittura dei vertici della Gerarchia cattolica, dei media (…) della intera classe medica (…) in un’operazione di sterminio di massa» dice ancora Monsignore.

 

«La domanda che ora dobbiamo porci – e che dobbiamo porre a chi pretende di governarci e di imporci norme e comportamenti che influiscono direttamente sulla nostra vita quotidiana e sulla nostra salute – non è perché i sieri siano stati imposti ancorché dimostratamente dannosi e mortali, ma per quale motivo nessun organo dello Stato – il cui fine ultimo è il bene comune, la salute e il benessere dei cittadini – abbia posto fine a questo crimine, ed anzi se ne sia reso complice giungendo a violare i diritti fondamentali e a calpestare la Costituzione» continua il prelato.

 

«Quis custodiet ipsos custodes? chiede Giovenale (Satire, VI, 48-49). Se un sistema di governo giunge a strutturarsi in modo tale che chi è costituito in autorità possa nuocere a coloro che devono obbedirgli; se forze non legittimate da alcun mandato politico o sociale riescono a manovrare interi governi e istituzioni sovranazionali con l’intento di appropriarsi del potere e di concentrare nelle proprie mani ogni strumento di controllo e ogni risorsa – finanza, salute, giustizia, trasporti, commercio, alimentazione, istruzione, informazione; se una cupola eversiva può vantarsi pubblicamente di avere premier, ministri e funzionari al proprio servizio, dobbiamo aprire gli occhi e denunciare il venir meno di quel patto sociale che sta alla base della convivenza civile e che legittima la delega dell’autorità da parte del popolo ai propri rappresentanti».

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«Da qui, inevitabilmente, dovrà scaturire la consapevolezza che la pandemia – così come l’emergenza climatica e tutte le altre pseudocatastrofi prospettate a scopo intimidatorio dalla medesima lobby – costituisce un tassello fondamentale nel quadro di un più vasto colpo di Stato globale cui occorre opporsi, che è imprescindibile denunciare e i cui responsabili – tanto ai vertici di queste organizzazioni eversive quanto nei Governi, nelle Istituzioni pubbliche e nella Chiesa Cattolica – andranno inesorabilmente processati e condannati per alto tradimento e per crimini contro l’umanità» sostiene il religioso.

 

«Ma per fare questo – dovrete darmene atto, dopo quattro anni – è indispensabile comprendere che questa lobby criminale agisce per il Male, serve il Male, persegue la morte non solo del corpo ma anche dell’anima di ciascuno di noi; che i suoi emissari sono servi di Satana, votati alla distruzione di tutto ciò che ricorda anche lontanamente l’opera perfetta della Creazione, che rimanda all’atto generoso e gratuito con cui il Creatore infonde la vita. Satana è omicida sin dal principio (Gv 8, 44) e chi lo serve non può che volere la morte, qualsiasi sia il mezzo con cui infliggerla».

 

«Fingere di aver a che fare con dei vili mercanti interessati solo al denaro e non vedere la matrice satanica del piano globalista costituisce un imperdonabile errore che nessuno di noi può compiere, se vogliamo davvero fermare la minaccia incombente sull’umanità intera» conclude monsignor Viganò.

 

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Geopolitica

La polifonia vaticana sulla guerra in Ucraina

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Mentre il conflitto tra Ucraina e Russia entra nel suo terzo anno, nelle dichiarazioni ufficiali della Santa Sede sono emersi diversi punti di vista, sia da parte del Santo Padre che dei servizi diplomatici della Segreteria di Stato.   Sinfonia? Cacofonia? Dissonanza intenzionale? Che si sia entusiasti o meno dell’attuale pontificato, varia notevolmente l’apprezzamento delle differenze di tono che si osservano al di là del Tevere nella trattazione del conflitto russo-ucraino.   Da parte del Papa, Papa Francesco ripete da mesi costantemente i suoi appelli alla pace per la ragione che «la guerra è sempre una sconfitta» e che coloro che vincono sono i “fabbricanti di armi”. È una posizione che ha il merito di restare immutata.   In un’intervista alla televisione svizzera RTS del 2 febbraio 2024, andata in onda a marzo, il Papa ha invitato l’Ucraina ad avere «il coraggio di negoziare»: «credo che il più forte sia chi vede la situazione, chi pensa del popolo, che ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare», ha dichiarato, chiedendo che la mediazione venga effettuata da un paese che lo ha offerto, come la Turchia.   Sarà un negoziato necessario per evitare il «suicidio» del Paese. Il Papa ha poi risposto a una domanda sul tema del «bianco», parlando delle virtù del bianco ma anche della «bandiera bianca». Le sue dichiarazioni hanno innescato una crisi diplomatica tra Santa Sede e Ucraina, ma che avrebbero lo scopo di sottolineare la posizione pacifista di un Papa che mette la sacralità della vita al di sopra di ogni altra cosa.   Per il capo della diplomazia ucraina, a cui si uniscono le voci più critiche all’interno della Chiesa nei confronti dell’attuale Romano Pontefice, si tratterebbe di un atteggiamento che evoca la «neutralità osservata da Pio XII durante la Seconda Guerra Mondiale».

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Il Vaticano ha tentato di chiudere la polemica: «il Papa usa il termine bandiera bianca, e risponde riprendendo l’immagine proposta dall’intervistatore, per indicare una cessazione delle ostilità, una tregua raggiunta con il coraggio del negoziato», ha spiegato il direttore della Lo ha affermato la Sala Stampa della Santa Sede.   Il 24 aprile Francesco insisteva e affermava in una nuova intervista concessa al canale americano CBS: «cercate di negoziare. Cerca la pace. Una pace negoziata è meglio di una guerra senza fine», sottolinea il Sommo Pontefice, alludendo sia alla guerra in Ucraina che alla situazione a Gaza.   Da parte della Segreteria di Stato i toni non sono esattamente gli stessi. Dall’inizio del conflitto, la diplomazia vaticana non ha mai difeso una capitolazione dell’Ucraina. In più occasioni, i suoi due più alti funzionari, il cardinale Pietro Parolin e l’arcivescovo Paul Gallagher, hanno ammesso pubblicamente la legittimità di una guerra difensiva, inviando anche armi per realizzarla.   In una recente intervista con la rivista America del 25 marzo 2024, l’arcivescovo Gallagher ha affermato di ritenere che «la Russia non stabilisce le condizioni necessarie [per negoziare]. Le condizioni necessarie, che sono nelle mani della Russia, sono fermare gli attacchi, fermare i missili». Afferma anche della Santa Sede che «non sosteniamo che i confini dei paesi debbano essere modificati con la forza».   I gesuiti della Civiltà Cattolica – rivista influente in Italia, e teoricamente vidimata dalla Santa Sede prima della pubblicazione – hanno difeso una posizione diversa da quella di Papa Francesco e della Segreteria di Stato, sostenendo una futura controffensiva ucraina e un sostegno più forte dall’Europa e dalla NATO per l’Ucraina. Cosa si può dire di questo concerto a più voci?   Un funzionario vaticano, citato in condizione di anonimato da La Croix, riassume la situazione dipingendo un quadro sfumato della più antica diplomazia del mondo: «Siamo neutrali ma senza indifferenza etica. La storia è più complessa di un mondo in bianco e nero. Per noi Ucraina e Russia non sono due realtà sociopolitiche completamente separate…»   Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic    
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