Scuola
«Senza il vaccino molto difficilmente si va a lezione» intervista agli Studenti contro il green pass
Gli «Studenti contro il green pass» sono un gruppo che si sta facendo notare per le proteste che sta portando nelle università e nelle piazze italiane nelle ultime settimane. Renovatio 21 ha incontrato Maria Desideria, poco più di venti anni, una delle attiviste del movimento appartenente al ramo di Venezia.
Allora Maria Desideria, cosa sta succedendo all’università italiana?
L’università italiana sta tradendo il proprio originale scopo, quello di essere culla del sapere e quindi del dibattito. La parola «università» porta etimologicamente con sé un ideale di completezza dei saperi e di inclusione sociale, i nostri atenei più antichi e prestigiosi sono nati all’insegna della libertà di pensiero e di ricerca.
È davvero così?
Sì, penso all’ «universa universis patavina libertas», motto dell’Università di Padova, ad esempio, ma anche alla Magna Charta delle università, redatta a Bologna nell’1988, recita al primo dei principi fondamentali: «L’università opera all’interno di società diversamente organizzate sulla base di diverse condizioni geografiche e storiche ed è un’istituzione autonoma che produce e trasmette criticamente la cultura mediante la ricerca e l’insegnamento. Per essere aperta alle necessità del mondo contemporaneo deve avere, nel suo sforzo di ricerca e d’insegnamento, indipendenza morale e scientifica nei confronti di ogni potere politico ed economico».
Sono parole nette.
L’essenza dell’università, dunque, sta proprio nel suo essere totalmente indipendente dalla politica. Anzi, l’università, in quanto luogo di dibattito e confronto, deve essere guida della politica. Ebbene oggi, al contrario, ne è serva.
L’università italiana sta tradendo il proprio originale scopo, quello di essere culla del sapere e quindi del dibattito. La parola «università» porta etimologicamente con sé un ideale di completezza dei saperi e di inclusione sociale, i nostri atenei più antichi e prestigiosi sono nati all’insegna della libertà di pensiero e di ricerca
Da dove è venuta questa trasformazione?
Vorrei poter dire che sta subendo un attacco dall’esterno, ma purtroppo non è così. Sono i suoi stessi organi a piegare la testa all’autoritarismo politico, esattamente come accadde nel 1931 [quando fu reso pubblico il regio decreto n. 1227 che all’articolo 18 obbligava i docenti universitari a giurare devozione «alla Patria e al Regime Fascista», ndr]. Allora furono soltanto 12 i professori che si ersero a difesa della cultura e della libertà di poterla esprimere. Ora vediamo quanti saranno, ma lo scenario non promette bene e lo stiamo sperimentando sulla nostra pelle di studenti.
Perché la protesta monta ora? L’anno scorso pareva una situazione quasi accettata dagli studenti.
La protesta monta ora perché solamente ora siamo sottoposti a uno sporco ricatto, che genera una forte discriminazione. Gli anni scorsi l’università versava sicuramente in condizioni critiche, complice la volontà di rendere questa istituzione sempre più simile a una realtà aziendale. Si è poi arrivati, nella prima fase della pandemia, alla didattica a distanza, che inizialmente era percepita come qualcosa di necessario e pertanto tollerabile. In secondo luogo, una volta che si è proceduto a rendere la didattica duale, ogni studente ha avuto la facoltà di decidere liberamente se seguire le lezioni da casa o recarsi di persona all’università, snaturando – a parer mio – l’essenza stessa dell’università e divenendo parte di una atomizzazione sempre più pronunciata, ma pur sempre in piena libertà di scegliere.
Cosa è cambiato, quest’anno?
Adesso, invece, la DAD è divenuta esclusivamente uno strumento di discriminazione: una fetta non indifferente della popolazione studentesca è lasciata fuori dalle aule, «noi non possiamo entrare». Dietro a una simile decisione, così limitante delle libertà del singolo, dovrebbero stare motivazioni sanitarie assolutamente incontrovertibili; purtroppo, invece, le ragioni sanitarie sono alquanto controvertibili, ammesso che esistano. La natura politica del green pass, peraltro, è stata resa nota proprio da chi l’ha deciso e da chi lo applica: penso alle dichiarazioni di Crisanti, Pregliasco, del rettore dell’università di Trieste.
A Trieste è stato chiesto il green pass anche in DAD…
Proprio l’esempio di Trieste mi fornisce l’occasione per chiarire un altro passaggio: le alternative proposte sono impraticabili, per questo il green pass è un vero e proprio ricatto e niente di meno. Trieste negava – prima del pronunciamento del MIUR – la didattica a distanza a chi fosse sprovvisto di certificazione verde e già alcuni professori della mia università si sono arrogati il diritto di fare lo stesso. Fare un tampone ogni 48 ore è impensabile, non solo per i costi, ma anche per le tempistiche: a Venezia sono poche le farmacie che fanno tamponi, vi lascio immaginare quanto sia elevata la richiesta, e agli stand dell’ospedale civile c’è da attendere cinque ore in coda per poi sentirsi dire che è orario di chiusura. Quindi, per farla breve, senza il vaccino molto difficilmente si va a lezione e il green pass si configura, di fatto, come un obbligo a vaccinarsi.
Adesso, invece, la DAD è divenuta esclusivamente uno strumento di discriminazione: una fetta non indifferente della popolazione studentesca è lasciata fuori dalle aule
Come si chiama il vostro gruppo?
Il nostro gruppo si chiama, molto semplicemente, Studenti contro il Green Pass – Venezia. Il nome dice tutto, o almeno così sembrerebbe. Molti, però, ci etichettano automaticamente come «no-vax». Teniamo a specificare che il nostro movimento comprende persone sia vaccinate sia non vaccinate, che non prendiamo posizione alcuna sui vaccini se non quella della libera scelta. Auspichiamo, inoltre, che sull’argomento possa fiorire quel dibattito consapevole e informato che dovrebbe esserci stato fin dall’inizio ma che le autorità e i media si sforzano di negare, demonizzando noi e riuscendo nell’intento.
Cosa dite ai vostri compagni?
Diciamo loro di risvegliarsi. La nostra è una generazione che è stata cresciuta all’insegna di libertà e antifascismo, ci è stato insegnato a rizzare le orecchie non appena avvertiamo il pericolo di una compressione delle libertà individuali, per tutti o per qualche categoria di persone. Sembra che i nostri compagni non abbiano compreso a fondo la lezione del «per non dimenticare» o, se l’hanno compresa, rifiutino di accettare la realtà attuale per come è: accettarla significherebbe scendere in campo e scendere in campo significherebbe prendere una posizione impopolare, esporsi alle critiche, contestare una narrazione che vede questo come l’unico mezzo per riprendere le attività in presenza. In molti vogliono solo ritornare alla vita normale in pace, ma quale prezzo sono pronti a pagare per questo? Riflettiamo, dibattiamo.
Da quel che vedete, i giovani sono al corrente dei rischi della vaccinazione?
Sicuramente c’è un’informazione di massa che tende a insabbiare i rischi della vaccinazione. Ad accorgerci di questo siamo una minoranza. Ciò non toglie, però, che pur essendo consapevole dei rischi qualcuno di noi decida di vaccinarsi, previa ponderazione.
Quindi, per farla breve, senza il vaccino molto difficilmente si va a lezione e il green pass si configura, di fatto, come un obbligo a vaccinarsi
E quanti giovani percepiscono la cifra liberticida del green pass?
Secondo me la percepiscono in molti e la combattono in pochi.
Esiste una matrice politica e culturale all’interno del vostro gruppo?
Certamente: l’Associazione si propone innanzitutto l’abolizione della certificazione verde COVID-19 per studenti, docenti e personale dell’Università e delle scuole, e la conseguente tutela del diritto allo studio e del diritto al lavoro costituzionalmente garantiti. Ci opponiamo a ogni forma di discriminazione dell’individuo, a chiunque la introduca o la avalli e promuoviamo il dibattito, in particolare quello legato ai temi medico-scientifici, giuridici ed etico-sociali.
Qual è il vostro obiettivo?
In senso lato, il nostro obiettivo è quello di rendere l’università come davvero dovrebbe essere: un luogo di totale inclusione, assolutamente libero, che mai deve configurarsi come un’impresa. Ci opponiamo pertanto alla mentalità diffusa secondo la quale la formazione dello studente deve essere meramente indirizzata verso il lavoro e non verso la formazione di una propria cultura e un proprio libero pensiero.
Quali sono i principi del gruppo?
I membri del gruppo agiscono al solo scopo di tutelare i propri diritti fondamentali. Il gruppo è totalmente privo di connotazioni partitiche e si dissocia dalla protesta violenta. È rappresentato solo ed esclusivamente da se stesso.
Esistono letture comuni fra i partecipanti?
No, non esistono letture comuni che siano riconducibili alla causa politica. Di comune, però, c’è l’attenzione alla lettura, questo sì. Ognuno di noi ha maturato sui libri e sui banchi di scuola quella consapevolezza che lo porta, oggi, a opporsi fermamente agli abusi di potere come quello in atto e a rilevare la pericolosità di certi provvedimenti.
I membri del gruppo agiscono al solo scopo di tutelare i propri diritti fondamentali. Il gruppo è totalmente privo di connotazioni partitiche e si dissocia dalla protesta violenta
A cosa vi ispirate? Perché?
Ci ispiriamo al sacrosanto principio della dignità dell’individuo, che non può in alcun modo essere merce di ricatto ai fini di garantire diritti fondamentali come lo studio o il lavoro.
Vi opponete alla DAD. Perché?
Il movimento non si occupa strettamente di DAD e non si oppone direttamente ad essa, quanto piuttosto all’uso profondamente discriminatorio che di essa è fatto. Personalmente, poi, non la ritengo uno strumento adeguato a sostituire le lezioni in presenza, che per il loro valore intrinseco di dialogo tra studenti e docenti sono insostituibili.
Avete organizzato voi la protesta a Milano che lo scorso sabato si è avvicinata alla Statale?
L’ha organizzata il gruppo Studenti contro il Green Pass di Milano, che fa parte del medesimo Coordinamento Nazionale a cui è aggregata la nostra associazione.
Durante i vostri volantinaggi, quali reazioni ricevete da parte degli studenti?
Da parte degli studenti abbiamo riscontrato una gran voglia di discutere. Sono propensi ad ascoltare ciò che abbiamo da dire loro ed eventualmente a cambiare idea. Sono ben più aperti al dialogo e disponibili rispetto ai professori.
E dei docenti?
I docenti con cui ho avuto modo di parlare finora sono ben più sulle difensive, ci guardano come una minaccia, come l’ostacolo che li costringe a proseguire con la didattica a distanza anziché tornare alla presenza a pieno regime. È difficile convincerli del fatto che il green pass non solo non è l’unica soluzione, ma non è proprio una soluzione.
Ci ispiriamo al sacrosanto principio della dignità dell’individuo, che non può in alcun modo essere merce di ricatto ai fini di garantire diritti fondamentali come lo studio o il lavoro
Nessuno ha paura delle ritorsioni?
Sì, alcuni di noi temono ritorsioni e a ragione. Ci sono già stati episodi di discriminazione pesante ai danni di chi si è opposto al green pass: penso al caso di Trieste o a un professore di Ca’ Foscari che dichiara con decisione sui suoi avvisi che chi non ha il green pass dovrà seguire da casa «passivamente», senza facoltà di intervenire, e dovrà poi dare l’esame come non frequentante, con il programma aggiuntivo che consegue. Tutto questo perché la DAD non è un modo di garantire il diritto allo studio a chi non ha il green pass, ma è utile solo in caso di emergenza per chi in realtà ce l’ha.
Quanti docenti credete vi siano che si oppongono apertamente alle restrizioni?
I docenti che si oppongono apertamente, per esempio mediante la firma della nota petizione nazionale giunta pure all’attenzione dei giornali, sono pochi, molto pochi. Non opporsi apertamente, però, non significa per forza arrendersi all’autoritarismo. Un docente del Conservatorio di Venezia ha fatto lezione nel Campo antistante al Conservatorio a costo di accogliere un suo studente sprovvisto di certificazione verde. Lui probabilmente l’aveva, ma il bel gesto rimane.
Quanti invece possono essere quelli che in cuor loro si opporrebbero ma temono per la loro carriera?
Non posso saperlo, forse i più.
Avete già inviato delle diffide alle università?
Noi Studenti contro il Green Pass di Venezia abbiamo inviato a tutti i rettori e i direttori delle nostre università una diffida, richiedendo la disapplicazione della certificazione verde. Non avendo ottenuto risposta entro i cinque giorni canonici, abbiamo deciso di sospendere il pagamento delle tasse universitarie, oltre a richiedere un incontro di persona per il quale non abbiamo ancora ottenuto riscontro alcuno.
Andrete fino in fondo e, in caso, farete delle denunce contro gli atenei?
Noi vogliamo tutelarci. Se subiremo soprusi ci difenderemo nelle opportune sedi legali.
In TV hai detto che ti senti presa in giro, che, stando così le cose, forse tutti questi anni ti hanno cresciuta con insegnamenti fasulli…Puoi elaborare il concetto?
Ho ventun anni e frequento, o meglio, cerco di frequentare, l’università. Nel corso della mia carriera scolastica ho ascoltato innumerevoli lezioni e testimonianze sui periodi più bui della nostra storia e ho imparato che alla base di ciascuno di essi sta una discriminazione che non solo limita le libertà fondamentali di un determinato gruppo, ma dipinge anche il gruppo come un pericolo per il bene comune, sulla base di dati presentati come scientifici ma in realtà facilmente controvertibili. È esattamente ciò che si sta verificando ora. Mi chiedo, allora, come sia possibile che gli stessi insegnanti che mi hanno trasmesso questa capacità critica non notino la pericolosità dei provvedimenti in atto. Ho l’impressione che in fondo fossero tutte belle parole, che la comprensione del concetto fosse in realtà subordinata alla forma della celebrazione, anziché esserne il movente. La storia insegna, ma non ha scolari, perché al giorno d’oggi ci ostiniamo a pensare che studiarla sia raccogliere delle informazioni invece che tenerle insieme ed estrapolarne il senso.
Pensiero
Se la realtà esiste, fino ad un certo punto
I genitori si accorgono improvvisamente che la biblioteca scolastica mette a disposizione degli alunni strani libri «a fumetti» dove si illustra amabilmente il bello della liaison omoerotica.
L’intento degli autori è inequivocabile, quello di presentare un modello antropologico indispensabile per una adeguata formazione dell’individuo in crescita… Meno chiaro appare nell’immediato se la scuola, nel senso dei suoi responsabili vicini o remoti, di questa trovata educativa abbiano coscienza e conoscenza.
Di istinto, i genitori dell’incolpevole alunno si chiedono se tutto ciò sia proprio indispensabile per uno sviluppo armonico della psicologia infantile, magari in sintonia con i suggerimenti più elementari della natura e della fisiologia.
Tuttavia, poiché anche lo zeitgeist ha una sua potenza suggestiva, a frenare un po’ il comprensibile sconcerto, in essi affiora anche qualche dubbio sulla adeguatezza culturale dei propri scrupoli educativi, tanto che sono indotti a porsi il dubbio circa una loro eventuale inadeguatezza culturale rispetto ai tempi, votati come è noto, a sicure sorti progressive.
Ma il caso riassume bene tutto il paradosso di un fenomeno che ha segnato questo quarto di secolo e soltanto incombenti tragedie planetarie, mettono un po’ in sordina, finché dagli inciampi della vita quotidiana esso non riemerge con tutta la sua inaspettata consistenza.
Infatti la domanda sensata che si dovrebbero porre questi genitori, è come e perché una anomalia privata abbia potuto meritare prima una tutela speciale nel recinto sacro dei valori repubblicani, per poi ottenere il crisma della normalità e quindi quello di un modello virtuoso di vita; il tutto dopo essersi insinuata tanto in profondità da avere disattivato anche quella reazione di rigetto con cui tutti gli organismi viventi si difendono una volta attaccati nei propri gangli vitali da corpi estranei capaci di distruggerli.
Eppure, per quanto giovani possano essere questi genitori allarmati, non possono non avere avvertito l’insistenza con cui questa merce sia stata immessa di prepotenza sul mercato delle idee, quale valore riconosciuto, dopo l’adeguata santificazione dei cultori della materia ottenuta col falso martirio per una supposta discriminazione. Quella che già il dettato costituzionale impediva ex lege.
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Ma tutta l’impalcatura messa in piedi intorno a questo teatro dell’assurdo in cui i maschi prendono marito, le femmine si ammogliano nelle sontuose regge sabaude come nelle case comunali di remote province sicule, non avrebbe retto comunque all’urto della ragione naturale e dell’evidenza senza la gioiosa macchina da guerra attivata nel retrobottega politico con il supporto della comunicazione pubblica e lasciata scorrazzare senza freni in un mortificato panorama culturale e partitico.
Nella sconfessione della politica come servizio prestato alla comunità, secondo il criterio antico del bene comune, mentre proprio lo spazio politico è in concreto affollato da grandi burattinai e innumerevoli piccoli burattini, particelle di un caos capace di tenere in scacco «il popolo sovrano». Una parte cospicua del quale si sente tuttavia compensato dalla abolizione dei pronomi indefiniti, per cui tutte e tutti possono toccare con mano tutta la persistenza dei valori democratici.
Non per nulla proprio in omaggio a questi valori è installato nella anticamera della presidenza del Consiglio, da anni funziona a pieno regime un governo ombra, quello terzogenderista dell’UNAR. Un ufficio che ha lavorato con impegno instancabile, e indubbia coerenza personale, alla attuazione del «Piano» (sic) elaborato già sotto i fasti renziani e boschiani, per la imposizione capillare nella società in generale e nella scuola in particolare, di tutto l’armamentario omosessista.
Il cavallo di battaglia di questa benemerita entità governativa è la difesa dei «diritti delle coppie dello stesso sesso», dove sia il «diritto», che la «coppia» hanno lo stesso senso dei famosi cavoli a merenda.
Ecco dunque un esempio significativo ed eccellente di quella desertificazione della politica per cui il governo ombra guidato da interessi particolari in collaborazione e in sintonia con centri di potere radicati in istituzioni sovranazionali, possa resistere ad ogni cambio di governo istituzionale senza che ne vengano disinnescati potere e funzioni.
I partiti, dismessi gli apparati ideologici, e omogeneizzati nella sostanza, sono ridotti a «parti», alla moda di quelle fiorentine che pure un qualche ideale di fondo ce l’avevano, anche se tutte si assestavano su un gioco di potere.
Qui prevale il gioco dei quattro cantoni, dove tutti sono guidati dall’utile di parte che coincide a seconda dei casi con l’utile politico personale o ritenuto tale. Un utile calcolato tra l’altro senza vera intelligenza politica ovvero senza intelligenza tout court. Anche chi si è abbigliato di principi non negoziabili, alla bisogna può negoziare tutto, perché secondo il noto Principio della Dinamica Politica, «Tutto vale fino ad un certo punto».
Tajani, insieme a Rossella O’Hara ci ha offerto il compendio di tutta la filosofia occidentale contemporanea. Quindi dobbiamo stare sereni. Ma i genitori attoniti devono comprendere che quei libretti e questa scuola non sono caduti dal cielo. Sono il frutto di una politica diventata capace di tutto perché incapace a tutto sotto ogni bandiera.
Patrizia Fermani
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«Estremismo violento nichilista»: l’FBI indaga su 1700 casi del nuovo terrorismo domestico. Che forse parte da quello che si insegna anche nelle scuole italiane
Il direttore dell’FBI Kash Patel ha confermato martedì, nel suo intervento davanti alla Commissione Giustizia del Senato, che l’ufficio sta indagando su oltre 1.700 casi di terrorismo interno.
«Abbiamo 3500 indagini sul terrorismo internazionale… 1700 indagini sul terrorismo interno, una gran parte delle quali riguardano l’estremismo violento nichilista… coloro che commettono atti violenti motivati da un profondo odio per la società», ha detto il Patel agli avvocati in una dichiarazione preparata. «Solo quest’anno l’FBI ha registrato un “aumento del 300% dei casi aperti rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso».
Nel suo intervento, Patel ha fatto riferimento anche al gruppo “764”, una rete internazionale decentralizzata di predatori online classificata come gruppo estremista.
La sua apparizione martedì davanti alla Commissione Giustizia del Senato rappresenta la prima udienza di controllo del mandato del Patello, in un contesto di crescenti preoccupazioni sulla violenza politica all’interno degli Stati Uniti.
Il direttore del Bureau è tornato in commissione per la prima volta dopo l’udienza di conferma tenutasi a gennaio.
Il vicepresidente JD Vance e il consigliere della Casa Bianca Stephen Miller hanno dichiarato lunedì che intendono avviare indagini su organizzazioni non governative di sinistra e altri gruppi, e Miller ha affermato che le reti che hanno organizzato rivolte, violenze di strada e altre attività potrebbero costituire un «movimento terroristico interno».
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«Le campagne di doxing organizzate, le rivolte organizzate, la violenza di strada organizzata, le campagne organizzate di disumanizzazione e denigrazione, la pubblicazione degli indirizzi delle persone, combinate con messaggi progettati per innescare e incitare alla violenza, e le cellule organizzate che attuano e facilitano la violenza. È un vasto movimento terroristico interno», ha detto Miller al «The Charlie Kirk Show», condotto da Vance pochi giorni dopo l’assassinio di Kirk la scorsa settimana nello Utah.
Il nichilismo è una corrente filosofica e un atteggiamento esistenziale che nega l’esistenza di valori, significati o scopi assoluti nella vita e nell’universo. Sostiene che non ci siano verità universali, morali intrinseche o certezze metafisiche, portando a un senso di vuoto o assenza di significato. Nato in ambito filosofico, soprattutto con il filologo sifilitico tedesco Federico Nietzsche, che lo descrisse come la conseguenza del crollo delle certezze tradizionali, come la religione e i sistemi morali, il nichilismo può manifestarsi in forme diverse: dal rifiuto attivo di ogni valore (nichilismo attivo) a un’accettazione passiva dell’assenza di senso (nichilismo passivo).
Il Nietzsche – un uomo talmente pazzo da amare Torino e Recoaro Terme, oltre che improbabili rapporti a tre (dove probabilmente reggeva il moccolo) – vedeva il nichilismo come l’opportunità per realizzare la sua teoria della Umwertung aller Werte, la «trasmutazione di tutti i valori», che in ultima non può che essere il rovesciamento della società umana in una dimensione completamente satanica.
Nietzsche oggi viene scandalosamente insegnato nelle scuole, dopo che la generazione dei boomer che hanno fatto Lettere e Filosofia hanno subito il lavaggio del cervello con l’importazione di Nietzsche da destra a sinistra, un’operazione decisa dalla casa editrice Adelphi con la cura dell’opera completa nicciana portata avanti da Giorgio Colli e Mazzino Montinari (prima ancora che in Germania!) e continuata con personaggi come il sindaco di Venezia Massimo Cacciari, oppositore della narrazione COVID che infine, come un Socrate mRNA, accettò la vaccinazione con siero genico sperimentale.
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Dopo Nietzsche, un altro filosofo di devastazione morale cui era programmato il trasbordo dalla cultura nazista a quella progressista stile Repubblica era Martino Heidegger. Questo progetto, tuttavia, sembra fallito a seguito del ritrovamento dei cosiddetti «Quaderni neri» heideggeriani, di cui chiunque conoscesse il filosofo aveva contezza ma sui quali i manovratori – che intendevano utilizzare in senso anticristiano il pensieri heideggerista – guardavano con prosciutto oftalmico evidente, sperando che anche il lettore del ceto medio riflessivo (cioè per lo più dipendenti pubblico del ministero dell’istruzione, abbonati dei giornali «laici» del «laico» Eugenio Scalfari, consumatori di cineforum e Feltrinelli).
Quindi: quando si parla del «nichilismo fra i giovani», tema che ha fatto scrivere ridicolmente pure qualche libro, non si affronta l’elefante nella stanza: la filosofia nichilista è tranquillamente diffusa nelle librerie come pensiero sano dello Stato moderno («laico», ovviamente, e programmaticamente «non-etico») e pure insegnata a scuola da stuole di insegnanti convinti da un’operazione di decenni fa della bontà filosofica e sociale di Nietzsche e dei suoi epigoni.
L’effetto, stiamo vedendo in America, può essere il terrorismo – oltre che la droga, l’animalismo, il transessualismo, ogni estremismo che poi, in mancanza di alcun valore per la vita umana, si può rivolgere in espressione violenta e catastrofica.
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