Immigrazione
Incendio distrugge il più grande campo profughi del mondo
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Sono almeno 2 mila gli alloggi andati distrutti in quello che è considerato il più grande campo profughi al mondo. Rasi al suolo anche centri per l’apprendimento, scuole e ospedali. Per gli esperti il problema principale è ricollocare i rifugiati. Per l’ONU in aumento anche le morti via mare di chi scappa dal Myanmar e dal Bangladesh.
Sono almeno 12 mila le persone che si ritrovano sfollate dopo che un grosso incendio ha devastato il campo profughi di Cox’s Bazar, uno dei più grandi al mondo dove risiede circa un milione di persone, perlopiù di etnia Rohingya.
Le autorità del Bangladesh stanno indagando sulle cause dell’esplosione: le fiamme, che ieri hanno raso al suolo circa 2 mila tende e alloggi costruiti in bambù, si sono diffuse dopo la rottura di alcune bombole di gas, hanno spiegato i funzionari locali. La polizia sta cercando di capire se possa essersi trattato di una manomissione volontaria.
L’incendio è iniziato ieri intorno alle 14.45 (ora locale), ha spiegato il commissario per i rifugiati del Bangladesh, Mijanur Rahman. Il rogo è stato domato in circa 3 ore, ha aggiunto, ma nel frattempo ha distrutto almeno 35 moschee e 21 centri di apprendimento per i rifugiati e, secondo l’Agenzia ONU per i rifugiati anche alcuni ospedali. Molti sfollati oggi sono tornati sul luogo della devastazione rovistando in cerca di oggetti, ma dalle immagini pare siano rimasti solo tetti in lamiera.
«Il mio rifugio è stato sventrato. Anche il mio negozio è stato bruciato», ha detto all’Agence France Press Mamun Johar, un rohingya di 30 anni. «Il fuoco mi ha portato via tutto, tutto». Si tratta di un «incidente grave su quella che era già una popolazione cronicamente molto vulnerabile e in equilibrio precario», ha detto alla BBC Hardin Lang, dell’organizzazione Refugees International.
Le difficoltà nel portare aiuti sono legate al sovraffollamento di Cox’s Bazar: ricollocare migliaia di persone e fornire servizi di base anche in altre parti del campo (dopo che scuole e impianti idrici sono andati distrutti) sarà una sfida per le autorità, dicono gli esperti.
Il campo profughi è da tempo ritenuto vulnerabile agli incendi: secondo un rapporto del ministero della Difesa del Bangladesh pubblicato il mese scorso, nel 2021 e 2022 sono stati registrati 222 incendi, di cui 60 dolosi.
La minoranza Rohingya è di fede musulmana e si concentra soprattutto nello Stato birmano del Rakhine. Dal 2017, a causa delle violenze perpetrate dall’esercito, i Rohingya si sono rifugiati nel vicino Bangladesh.
Secondo un recente rapporto delle Nazioni Unite, nel 2022 c’è stato un «allarmante» aumento di profughi Rohingya che hanno perso la vita in mare tentando di scappare dal Myanmar (dove dopo il colpo di Stato del febbraio 2021 è in corso un conflitto civile) o dal Bangladesh, dove le condizioni di vita sono diventate insostenibili. Secondo la portavoce ONU, Shabia Mantoo, «almeno 348 persone sono morte o sono scomparse in mare nel 2022, rendendolo uno degli anni più mortali dal 2014».
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Immagine screenshot da YouTube
Immigrazione
Orban promette di sfidare le «scandalose» quote di migranti dell’UE
Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha annunciato che il suo paese non adempirà agli obblighi europei sull’accoglienza dei migranti a partire dal prossimo anno, accusando Bruxelles di aver sferrato «un attacco assurdo e ingiusto» contro l’Ungheria.
Il Patto UE sulla migrazione e l’asilo, approvato lunedì e previsto in vigore da luglio 2026, stabilisce che ciascun Stato membro partecipi in proporzione alla popolazione e al PIL. Lo scopo è ridurre il carico sui paesi più esposti – Cipro, Grecia, Italia e Spagna –, come ha precisato la Commissione Europea.
I governi dovranno ospitare un numero prefissato di migranti provenienti dagli hotspot o versare 20.000 euro per ciascun rifiuto.
«Finché l’Ungheria avrà un governo nazionale, non metteremo in atto questa decisione scandalosa», ha postato martedì su X Orban, da sempre oppositore delle politiche migratorie di Bruxelles.
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La Commissione ha inoltre classificato Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia e Polonia tra i paesi esposti a una «significativa pressione migratoria». L’Ungheria, però, non figura in questa lista.
Orbsn ha contestato l’idea che il suo paese sia immune dalla crisi migratoria, definendola «completamente slegata dalla realtà». Ha ricordato che ogni anno decine di migliaia di individui tentano ingressi illegali, intercettati dalle guardie di frontiera e dal sistema di barriere ungheresi.
Nel giugno 2024, la Corte di giustizia dell’UE ha condannato l’Ungheria a una multa forfettaria di 200 milioni di euro, più 1 milione di euro al giorno, per il mancato rispetto delle norme comunitarie sull’asilo.
Il mese scorso Orban aveva ribadito che preferirebbe versare la sanzione giornaliera di 1 milione di euro piuttosto che aprire le porte ai migranti irregolari, asserendo che pagare è «meglio che vivere nella paura» e garantendo ai cittadini un’estate di vacanze in sicurezza. I mercatini natalizi sono stati bersaglio di attacchi jihadisti in vari episodi di rilievo negli ultimi anni.
L’UE affronta da oltre vent’anni un’intensa pressione migratoria. L’impegno dei Paesi NATO europei nel collasso di Libia e Siria, unito al loro appoggio all’Ucraina nel confronto con la Russia, ha indotto milioni di individui a dirigersi verso l’Unione.
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Immagine di Belgian Presidency of the Council of the EU 2024 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Immigrazione
Trump: persone «deboli» guidano un’Europa «in decadenza»
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Immigrazione
Trump definisce gli immigrati somali «spazzatura»
Il presidente statunitense Donald Trump ha espresso contrarietà all’accoglienza di immigrati somali negli Usa, invitandoli a rimpatriare nella loro terra d’origine – l’Africa orientale, «a stento una nazione» – e a «mettere ordine laggiù».
Le sue parole si inseriscono in un più ampio affondo contro la comunità somalo-americana, in particolare nel Minnesota, sede della più numerosa diaspora somala negli Stati Uniti. L’uscita segue la determinazione di Washington di sospendere le procedure di asilo, in replica alla sparatoria di due militari della Guardia Nazionale nei pressi della Casa Bianca la settimana scorsa.
Nel corso di una sessione governativa martedì, Trump ha bacchettato gli immigrati somali, tra cui la deputata democratica Ilhan Omar, accusandoli di «non recare alcun beneficio» alla società americana.
«Se proseguiamo a importare rifiuti nella nostra Patria, imboccheremo la strada del declino. Ilhan Omar è immondizia, è immondizia. I suoi amici sono immondizia», ha tuonato, aggiungendo che la Somalia «è un fallimento per un valido motivo».
TRUMP: “Our country’s at a tipping point. We could go bad.. We’re going to go the wrong way if we keep taking in garbage into our country.”
“Ilhan Omar is garbage. She’s garbage. Her friends are garbage. These aren’t people that work. These aren’t people that say, ‘let’s go,… pic.twitter.com/fmH2t3Q2gp
— Fox News (@FoxNews) December 2, 2025
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«Queste non sono persone che lavorano. Non sono persone che dicono: “Andiamo, forza. Rendiamo questo posto fantastico”. Queste sono persone che non fanno altro che lamentarsi» ha tuonato il presidente USA. «Quando vengono dall’inferno e si lamentano e non fanno altro che lagnarsi non li vogliamo nel nostro Paese. Lasciamo che tornino da dove sono venuti e risolvano la situazione».
Omar, nata in Somalia e naturalizzata statunitense, è la prima donna di origini africane a sedere al Congresso, eletta nel quinto distretto del Minnesota e membro della «squad» progressista democratica, spesso in rotta di collisione con i repubblicani.
Come riportato da Renovatio 21, Trump l’aveva già bollata come «feccia» a settembre, dopo che era scampata per un soffio a una mozione di censura alla Camera per commenti sprezzanti sull’attivista conservatore Charlie Kirk, assassinato. Aveva pure rilanciato illazioni su un presunto matrimonio con il fratello per ottenere «illecitamente» la cittadinanza americana.
In un messaggio su X diramato martedì, Omar ha tacciato di «inquietante» l’«ossessione» del presidente \nei suoi confronti. «Spero ottenga l’assistenza di cui abbisogna urgentemente», ha commentato.
His obsession with me is creepy. I hope he gets the help he desperately needs. https://t.co/pxOpAChHse
— Ilhan Omar (@IlhanMN) December 2, 2025
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La Somalia versa in una cronica instabilità e minaccia terroristica da decenni, alimentata dal gruppo qaidista Al-Shabaab e da altre frange estremiste. Molti somali approdarono negli USA negli anni Novanta, in piena guerra civile. Altri ancora arrivarono con Obama.
La scorsa settimana, Trump ha annunciato l’intenzione di estromettere i somali dal programma di Temporary Protected Status (TPS), che autorizza immigrati da nazioni in crisi a soggiornare e lavorare negli USA, denunziando «brigate» di rifugiati somali che «hanno invaso» il Minnesota, «un tempo uno Stato magnifico», seminando terrore e facendo evaporare miliardi di dollari.
Il governatore del Minnesota Tim Walz – da Trump etichettato come un capo «ritardato» per non aver «mosso un dito» contro il fenomeno – ha stigmatizzato la revoca del TPS come «discriminatoria e lesiva».
La comunità somala negli Stati Uniti, stimata tra 150.000 e 200.000 persone, è una delle più grandi diaspore somale al mondo. Lo Stato del Minnesota ospita la popolazione più numerosa, con circa 86.000 Somali, concentrati a Minneapolis, soprannominata «Little Mogadishu», o Piccola Mogadiscio. Altre comunità significative si trovano a Columbus (Ohio), Seattle (Washington) e San Diego (California). La migrazione, iniziata negli anni Novanta per la guerra civile in Somalia, è stata guidata da opportunità lavorative e supporto di agenzie di reinsediamento.
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Immagine di pubblico dominio Cc0 via Flickr
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