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Il vaccino contro la febbre gialla: più domande che risposte

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Renovatio 21 pubblica la traduzione di questo articolo di Children’s Health Defense

 

 

Nel gennaio 2019, i mezzi di informazione hanno riportato la notizia della morte di un importante ricercatore in campo oncologico del Regno Unito, che ha subito il collasso totale degli organi non molto tempo dopo aver ricevuto un vaccino contro la febbre gialla (Yellow Fever, o YF). Sia il Regno Unito che gli Stati Uniti raccomandano la vaccinazione da febbre gialla per chiunque a partire dai nove mesi di età stia progettando di recarsi in un paese in cui la febbre gialla è endemica nell’Africa sub-sahariana o in Sud America.

 

«Deliri ed allucinazioni dopo aver fatto la vaccinazione»

Le autorità sanitarie pubbliche ammettono che il vaccino YF (un vaccino a virus vivo attenuato), può, in casi «rari», “avere effetti collaterali gravi e talvolta fatali” e che i rischi sono circa quattro volte superiori in individui a partire dai 60 anni, ma molti viaggiatori più anziani continuano comunque a ricevere il vaccino.

 

Lo scienziato deceduto nell’evento fatale di gennaio aveva 67 anni; dopo la sua morte, l’istituto di ricerca medica presso cui lavorava ha incaricato The Guardian di modificare il suo articolo e di affermare che la morte è avvenuta «successivamente», piuttosto che «come risultato di», la vaccinazione contro la febbre gialla.

 

All’inizio degli anni 2000, i giornalisti avevano evidentemente un po’ più di margine di discrezionalità nel divulgare i rischi del vaccino. Una cronaca del 2001 sui decessi legati al vaccino YF in tre paesi ha concluso che le morti «hanno evidenziato ancora una volta che non esiste un vaccino completamente sicuro».

 

Una recente ricerca di «reazioni avverse da vaccino contro la febbre gialla» in PubMed (il motore di ricerca gratuito della National Library of Medicine) ha raccolto 168 risultati di ricerca di studi pubblicati negli ultimi due decenni. Considerando che circa il 99% degli eventi avversi legati al vaccino non viene mai segnalato, forse è giunto il momento di riesaminare i rischi del vaccino contro la febbre gialla.

 

E’ difficile immaginare che un’inoculazione comunemente somministrata contro una malattia… possa avere un effetto così terribilmente devastante su un essere umano. Eppure eccola qui, registrata in tutto il dolore, la miseria e l’angoscia che tutti noi possiamo vedere.

 

Morte, follia e insufficienza multiorgano

Il Regno Unito non è estraneo a storie drammatiche sulla vaccinazione contro la febbre gialla andata male.

 

Un ex corrispondente estero della BBC ha recentemente descritto il suo viaggio nella psicosi dopo la vaccinazione YF, sottolineando che anche altre persone lo hanno contattato riferendo di aver sofferto di «deliri e allucinazioni dopo aver fatto la vaccinazione». Egli aveva effettuato la vaccinazione in Grecia, dove, in modo piuttosto insolito, «i medici… gli avevano detto di credere che avesse avuto una reazione avversa al vaccino». Dopo un periodo difficile di trattamento e di guarigione finale, il giornalista della BBC ha scritto un libro e realizzato un film sull’esperienza «kafkiana» e sta cercando di far sì che il produttore del vaccino, Sanofi Pasteur, «ammetta la responsabilità per quello che gli è successo». Commentando il film, una persona ha dichiarato: «E’ difficile immaginare che un’inoculazione [comunemente somministrata] contro una malattia….possa avere un effetto così terribilmente devastante su un essere umano. Eppure eccola qui, registrata in tutto il dolore, la miseria e l’angoscia che tutti noi possiamo vedere».

 

Secondo un rapporto del 2012 redatto da ricercatori del CDC e altri, YEL-AVD è fatale in oltre il 60% dei casi segnalati, con una mediana di 10 giorni dalla vaccinazione al momento della morte…

 

Quando gli scienziati sono giunti ad ammettere che i moderni vaccini contro la febbre gialla possono causare «malattie invasive e disseminate in… individui altrimenti sani, con elevata letalità», essi hanno coniato diversi termini per descrivere il fenomeno.

 

La disfunzione acuta multipla degli organi subita dal ricercatore britannico in campo oncologico è chiamata malattia viscerotropica associata al vaccino contro la febbre gialla (YEL-AVD). Studi pubblicati riportano anche gravi effetti collaterali come la malattia neurotropica associata al vaccino contro la febbre gialla (YEL-AND), per esempio meningite o encefalomielite acuta disseminata, così come «ipersensibilità immediata o reazioni anafilattiche».

 

Secondo un rapporto del 2012 redatto da ricercatori del CDC e altri, YEL-AVD è fatale in oltre il 60% dei casi segnalati, con una mediana di 10 giorni dalla vaccinazione al momento della morte; YEL-AVD grave è caratterizzato da bassa pressione sanguigna, «emorragia, insufficienza renale acuta e insufficienza respiratoria acuta». Nel 2015 una donna dell’Oregon di 60 anni è morta entro nove giorni dal vaccino contro la febbre gialla dopo aver subito una grave reazione che ha comportato danni al cuore e insufficienza renale.

 

Il rapporto del CDC afferma che YEL-AVD è il risultato di «diffusione e replicazione» fuori controllo del virus del ceppo vaccinale, con studi che hanno documentato il virus vaccinale «in un certo numero di tessuti post mortem ottenuti da pazienti con YEL-AVD». I ricercatori sostengono inoltre che YEL-AND è il risultato di «un’invasione virale indotta direttamente dal virus del vaccino nel sistema nervoso centrale» o, in alcuni casi, di una reazione autoimmune.

Gavi (l’alleanza internazionale per il vaccino guidata dalla Bill & Melinda Gates Foundation, dall’OMS, dall’UNICEF e dalla Banca Mondiale) sta spingendo per una maggiore copertura del vaccino YF in Africa dal 2011.

 

Quanti casi? Chi lo sa?

A partire dal 2010, un gruppo di lavoro internazionale ha identificato 60 rapporti di YEL-AVD (pubblicati e non pubblicati) provenienti da Asia, Australia, Europa, Nord e Sud America. Stime prudenziali basate su questi rapporti suggeriscono che ci possono essere 3-4 casi di YEL-AVD per milione di dosi distribuite, con 14-18 casi per milione di dosi in individui con più di 60 anni e ben 117 per milione riportati in uno studio che coinvolge un singolo lotto di vaccino.

 

Tuttavia, molti fattori ostacolano l’identificazione e la segnalazione di eventi avversi in seguito a vaccini contro la febbre gialla (e altri), tra cui «differenze nelle definizioni, organizzazione del sistema di sorveglianza, metodi di segnalazione dei casi, somministrazione di [vaccino YF] insieme con altri vaccini, informazioni incomplete sui denominatori, intervalli di tempo per la segnalazione degli eventi, il tasso di segnalazione passiva, accesso alle risorse diagnostiche e differenze nei termini di segnalazione».

 

In una revisione sistematica degli studi pubblicati fino al 2016, concentrandosi sui casi di YEL-AVD nei paesi sviluppati, i revisori hanno identificato 62 casi, ma non avevano prove sufficienti per fornire «certezza diagnostica» per altri 70 casi ed hanno escluso altre tre dozzine di casi a causa di una classificazione «imprecisa».

 

I revisori hanno poi riferito di non essere in grado di calcolare un tasso complessivo a causa dell’incompletezza delle informazioni. In combinazione con il noto problema delle sottonotificazioni degli eventi avversi del vaccino, le statistiche ufficiali potrebbero sottostimare significativamente l’incidenza reale delle reazioni avverse dopo la vaccinazione YF.

 

Un vaccino contro la febbre gialla di precedente generazione, che era ampiamente somministrato nell’Africa francofona, fu interrotto nel 1982 a causa di “instabilità genetica” e “alti tassi di encefalite post-vaccinazione nei bambini.

 

A seguito delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), oltre due dozzine di Paesi in Africa e molti dell’America Latina e dei Caraibi includono la vaccinazione YF nei loro programmi di vaccinazione infantile, raccomandando generalmente un vaccino iniziale a 9-12 mesi di età e un richiamo ogni 10 anni.

 

Gavi (l’alleanza internazionale per il vaccino guidata dalla Bill & Melinda Gates Foundation, dall’OMS, dall’UNICEF e dalla Banca Mondiale) sta spingendo per una maggiore copertura del vaccino YF in Africa dal 2011.

 

Il tasso di vaccinazione contro la febbre gialla in Africa è irregolare, tuttavia, un vaccino YF di precedente generazione, che era ampiamente somministrato nell’Africa francofona, fu interrotto nel 1982 a causa di «instabilità genetica» e «alti tassi di encefalite post-vaccinazione nei bambini».

 

Attualmente, il verificarsi di gravi eventi avversi in Africa è un dato che nessuno conosce, perché l’individuazione di eventi avversi nei paesi a basso reddito è particolarmente dispendiosa in termini di tempo e di risorse. Le persone che soffrono di reazioni avverse potrebbero anche avere scarse possibilità di ricevere cure sanitarie, rendendo ancora meno probabile che gli eventi avversi siano studiati e pubblicati.

 

Ricercatori del CDC hanno accertato che le reazioni si sono verificate in individui di età compresa tra 5 e 88 anni. Il 9% degli eventi avversi sono stati classificati come «gravi», tra cui morte, anafilassi, sindrome di Guillain-Barré e insufficienza multiorgano

 

 

Rischi per fasce d’età

Sebbene paesi come il Regno Unito e gli Stati Uniti avvertano dei rischi del vaccino YF solo per gli anziani o altri gruppi vulnerabili come gli individui immunocompromessi, la letteratura pubblicata dimostra il rischio di eventi avversi in individui sani in tutte le fasce di età. Per esempio:

 

 

  • Uno studio del 2017 di ricercatori polacchi ha riportato un caso di meningite associata al vaccino YF in un maschio di 39 anni “senza evidenza di fattori di rischio significativi”.

Il tasso di vaccinazione contro la febbre gialla in Africa è irregolare, tuttavia, un vaccino YF di precedente generazione, che era ampiamente somministrato nell’Africa francofona, fu interrotto nel 1982 a causa di «instabilità genetica» e «alti tassi di encefalite post-vaccinazione nei bambini».

  • Ricercatori del CDC che hanno analizzato gli eventi avversi segnalati al Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS) a seguito della vaccinazione primaria o secondaria contro la febbre gialla (N=938) dal 2007 al 2013 hanno accertato che le reazioni si sono verificate in individui di età compresa tra 5 e 88 anni. Il 9% degli eventi avversi sono stati classificati come “gravi”, tra cui morte, anafilassi, sindrome di Guillain-Barré e insufficienza multiorgano.

 

  • Nel 2017, ricercatori di Singapore hanno riportato eventi avversi sistemici in oltre il 63% degli adulti di età compresa tra i 21 e i 50 anni che avevano ricevuto il vaccino YF; hanno notato una correlazione significativa tra la stimolazione da parte del vaccino di una potente risposta immunitaria e la probabilità di un evento avverso.

 

 

Dai polli alla coltivazione del tabacco

Alcuni dei primi tentativi di sviluppare vaccini si sono concentrati sulla febbre gialla (anche se un vaccino sviluppato nel 1901 uccise il 7% dei volontari su cui fu testato e fece ammalare un altro 19%).

 

Negli anni ’30, gli scienziati del settore iniziarono a fare esperimenti con vaccini contro la febbre gialla preparati a partire da colture di cervelli di topo ed embrioni di pollo. I vaccini YF sono ancora preparati coltivando il virus della febbre gialla negli embrioni di pollo e aggiungendo sostanze come sorbitolo e gelatina come stabilizzanti. Anche se ci sono state alcune modifiche successive al processo di produzione, le due materie prime utilizzate per produrre i vaccini contro la febbre gialla oggi risalgono entrambe al lavoro svolto dal Rockefeller Institute durante la seconda guerra mondiale.

 

Negli Stati Uniti, l’unico vaccino YF autorizzato dalla FDA è YF-Vax di Sanofi Pasteur. Tuttavia, YF-Vax è attualmente esaurito, quindi la FDA ha temporaneamente approvato l’uso dell’altro vaccino YF di Sanofi, Stamaril, quello che ha provocato la psicosi nel giornalista della BBC. Quando al responsabile dell’innovazione vaccinale di Sanofi sono state chieste informazioni sugli eventi avversi, ha «ammesso… che il vaccino non era stato controllato per molti anni».

F-Vax è attualmente esaurito, quindi la FDA ha temporaneamente approvato l’uso dell’altro vaccino YF di Sanofi, Stamaril, quello che ha provocato la psicosi nel giornalista della BBC. Quando al responsabile dell’innovazione vaccinale di Sanofi sono state chieste informazioni sugli eventi avversi, ha «ammesso… che il vaccino non era stato controllato per molti anni»

 

I rapporti sui decessi a seguito della vaccinazione YF, che attirano l’attenzione, «hanno suscitato l’interesse a sviluppare un vaccino contro la febbre gialla più sicuro, che può essere facilmente incrementato per soddisfare… l’aumento della domanda globale».

 

I ricercatori negli Stati Uniti e in Brasile pensano di aver trovato la risposta, proponendo un vaccino geneticamente modificato (ricombinante) prodotto utilizzando «agricoltura molecolare» basato sul tabacco.

 

Finora, le sperimentazioni di tali vaccini hanno dimostrato un’efficacia inferiore rispetto ai vaccini vivi attenuati, spingendo i ricercatori a interrogarsi sulla necessità di includere potenti adiuvanti. Resta da vedere se un vaccino coltivato in tabacco con potenti adiuvanti, che potrebbero provocare una serie di altri problemi, si rivelerà un miglioramento rispetto ai pericolosi vaccini vivi attualmente in uso.

 

 

 

© 21 febbraio 2019, Children’s Health Defense, Inc. Questo lavoro è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.

 

 

 

 

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Il comitato consultivo del CDC vota per porre fine alla raccomandazione di vaccinare i neonati contro l’epatite B

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Il Comitato consultivo sulle pratiche di immunizzazione (ACIP) ha deliberato per revocare la raccomandazione storica che imponeva la vaccinazione contro l’epatite B a tutti i neonati subito dopo la nascita. Questa decisione rappresenta un trionfo significativo per la campagna «Make America Healthy Again» promossa dal segretario alla Salute Robert F. Kennedy Jr., mirata a una revisione del calendario vaccinale pediatrico, in un’epoca di crescenti interrogativi sull’impennata dei casi di autismo tra i bambini.

 

Con 8 voti a favore e 3 contrari, l’ACIP ha indicato che le madri risultate negative al test per l’epatite B possano concordare con il proprio pediatra «quando o se» somministrare il vaccino ai loro neonati. Le direttive per i piccoli nati da madri positive o con status ignoto al virus restano immutate.

 

Si prevedono ulteriori revisioni alla politica vaccinale nei mesi a venire, mentre il panel valuta l’intero protocollo di immunizzazioni infantili. Diversi oratori intervenuti all’assemblea, e almeno parte degli esperti consultati, sono noti per le loro riserve sul tema dei vaccini.

 

Kennedy si definisce «pro-sicurezza», non «anti-vaccini», ma i media mainstream – pesantemente influenzati dai contributi pubblicitari delle multinazionali farmaceutiche – hanno ritratto il titolare dell’HHS come un «anti-vaccinista». Tale immagine è lontana dalla realtà, come ha ribadito di recente lo stesso Kennedy: «Credo che i vaccini abbiano salvato milioni di vite e svolgano un ruolo fondamentale nell’assistenza sanitaria».

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Il Ssegretario sta esaminando un potenziale nesso tra il vaccino e l’aumento dei disturbi autistici, evidenziando come il piano vaccinale per l’infanzia sia passato da poche somministrazioni a un ventaglio di decine di dosi.

 

Il vaccino contro l’epatite B ha provocato danni così estesi nella popolazione americana che nel 1999 ABC News gli dedicò un’inchiesta e il Congresso indisse un’audizione. Eppure, gli specialisti allineati alla narrazione ufficiale hanno negato l’esistenza di legami provati. È sufficiente rammentare che le contestazioni più accese alla riforma vaccinale di RFK Jr. proverranno dai media corporate e dai parlamentari, che dipendono in misura preponderante dai finanziamenti dell’industria farmaceutica.

 

L’Italia è stata il primo Paese europeo a rendere obbligatoria la vaccinazione per i nuovi nati e per gli adolescenti di 12 anni con la legge 27 maggio 1991, n. 165, entrata in vigore dal 1992.

 

I giornali riportano che la decisione fu presa dal ministero dove direttore generale e ministro della Sanità stesso ricevettero una tangente di 600 milioni di lire da GlaxoSmihKline, produttrice del vaccino Engerix B contro l’epatite B per i neonati.

 

In Italia l’obbligo è rimasto per i nati dal 1992 in poi (coorti 1981-2000 anche per la dose adolescenti) fino al 2017, quando la legge Lorenzin (119/2017) lo ha confermato estendendolo a 10 vaccinazioni. Oggi resta obbligatorio 0-15 anni.

 

Va ricordato che l’epatite B si trasmette per via sessuale o scambio di siringhe tra tossicodipendenti: perché, quindi, vaccinare un neonato per tale morbo?

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Uno studio minimizza il rischio di miocardite nei bambini a causa del vaccino COVID

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Questo mese, 22 scienziati britannici hanno pubblicato uno studio volto a tranquillizzare i genitori sui rischi del vaccino contro il COVID-19 e a spaventarli sui pericoli di contrarre il virus. Ma il modello di studio era imperfetto perché poneva la domanda sbagliata. E gli autori hanno nascosto nell’appendice prove che dimostravano che il rischio del vaccino superava quello del virus, pur affermando il contrario nel loro riassunto ampiamente pubblicizzato.   I lettori di The Defender sanno bene che i vaccini a mRNA contro il COVID-19 comportano un rischio di miocardite, soprattutto nei bambini. Ma potrebbero non sapere che la miocardite è solitamente invalidante in modo permanente e, negli adulti, spesso fatale entro cinque anni.   Purtroppo, ora stiamo anche scoprendo qual è l’evoluzione della miocardite nei bambini vaccinati.   Ciò ha rappresentato una battuta d’arresto nelle relazioni pubbliche per l’industria e i governi che hanno sostenuto, e talvolta imposto, che i bambini di età pari a 6 mesi ricevano i vaccini, nonostante il COVID-19 sia quasi sempre lieve o asintomatico nei giovani.   Questo mese, 22 scienziati britannici provenienti da prestigiose università hanno pubblicato uno studio volto a tranquillizzare i genitori sui rischi del vaccino e, allo stesso tempo, a spaventarli sui pericoli di contrarre il COVID-19.   Il messaggio è che sì, ci sono casi rari – usano sempre la parola «rari» – in cui i bambini contraggono la miocardite dopo la vaccinazione, ma ehi, nessun prodotto può essere perfetto. Ed è meglio rischiare con il vaccino che rischiare di contrarre il COVID-19. Inoltre, sostengono, i bambini hanno maggiori probabilità di contrarre la miocardite se contraggono il virus rispetto a quando contraggono la miocardite con il vaccino.   Questo è il messaggio, e gli autori e l’editore hanno l’autorità per diffonderlo ampiamente tramite comunicati stampa e titoli di giornale in Gran Bretagna e in America.   Ma cosa dice realmente lo studio? In breve, pone la domanda sbagliata e, nonostante ciò, la risposta che ottengono deve essere sepolta in appendice, perché incoerente con il messaggio che vogliono promuovere.

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Il riassunto dell’articolo ometteva prove del rischio del vaccino

Il disegno dello studio è profondamente compromesso perché i 22 autori hanno costruito un modello complicato per evitare di effettuare un confronto diretto (solo vaccino contro solo malattia).   E anche dopo aver falsificato i conti, anche dopo aver preso i dati di quasi 14 milioni di bambini e adolescenti sotto i 18 anni in Inghilterra, hanno ottenuto un risultato che è appena statisticamente significativo, con barre di errore sovrapposte per il rischio da COVID-19 e il rischio da vaccinazione.   La situazione peggiora. I risultati, che favorivano marginalmente la vaccinazione, furono annunciati in un riassunto in cima al documento e annunciati alla stampa.   Ma nascosta nell’appendice, pubblicata separatamente online, c’è una tabella che mostra una versione più pertinente del confronto.   La versione riportata nel riassunto si riferisce a un periodo iniziale in cui il vaccino non era disponibile. L’appendice mostra dati comparabili per il periodo in cui il vaccino era disponibile, limitatamente alle fasce d’età per le quali il vaccino era offerto.   Nell’appendice, il rischio di miocardite dovuto alla malattia è la metà di quello associato al vaccino. Ciò contraddice palesemente il riassunto e i titoli dell’articolo – e questa era una risposta alla versione ingannevole della domanda, non a quella più diretta a cui i ricercatori hanno scelto di non rispondere.

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Gli autori dello studio hanno posto la domanda sbagliata

La domanda più pertinente è semplice: i bambini vaccinati hanno avuto un’incidenza di miocardite più alta rispetto ai bambini non vaccinati?   È una domanda a cui è facile rispondere, dati i dati a cui questi autori (ma non il pubblico) avevano accesso. In pochi minuti, avrebbero potuto calcolare il tasso di miocardite tra i bambini vaccinati e non vaccinati.   Tuttavia, se hanno fatto il calcolo, non ne hanno riportato i risultati. Immagino che abbiano fatto il calcolo, ma non gli sia piaciuto quello che hanno visto, quindi non l’abbiano incluso nell’articolo pubblicato.   Come ho affermato sopra, credo che gli autori dello studio abbiano «posto la domanda sbagliata». Ciò che intendo dire è che l’articolo confronta il rischio di miocardite da COVID con il rischio derivante dalla vaccinazione.   Ma questa non è la domanda più rilevante. Perché?   Poiché molte persone si sono vaccinate e poi hanno comunque contratto il COVID, sono state inutilmente esposte a entrambi i rischi.   Al contrario, molti bambini che non hanno ricevuto il vaccino non hanno contratto il COVID. Oppure, la loro forma è così lieve che non se ne accorgono nemmeno. Questi bambini hanno evitato entrambi i rischi.   Ecco perché confrontare il rischio di miocardite da COVID con il rischio derivante dal vaccino COVID non è la questione pertinente. Non è una questione di «o l’uno o l’altro».

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Gli autori hanno «confuso le acque» analizzando la miocardite nei bambini vaccinati e il virus Il messaggio che gli autori volevano trasmettere era che, sebbene il vaccino aumentasse il rischio di miocardite, diminuiva il rischio di COVID e, poiché il COVID stesso può causare miocardite, il rischio totale è in realtà inferiore con la vaccinazione rispetto a senza.   Se questa è la loro affermazione, è facile stabilirne la veridicità. Il calcolo più semplice che avrebbero potuto fare con i dati a loro disposizione era anche il calcolo più pertinente a ciò che i genitori vogliono sapere: mio figlio sta meglio con o senza vaccino?   Gli autori hanno scelto di non fornirci una risposta semplice a questa domanda semplice.   Ma, dato che avevano posto la domanda sbagliata, avrebbero potuto ottenere una risposta chiara semplicemente confrontando il sottoinsieme di bambini che erano stati vaccinati ma non avevano mai contratto il COVID con il sottoinsieme che aveva contratto il COVID ma non era mai stato vaccinato.   Poiché lo studio ha incluso dati relativi a due anni di ricerche in tutto il Regno Unito, in queste sottocategorie sono stati inclusi centinaia di migliaia di bambini, più che sufficienti per effettuare un confronto statistico preciso.   Ma ancora una volta, gli autori hanno scelto di non farlo. O, secondo me, hanno fatto il confronto e non hanno gradito il risultato, quindi non l’hanno incluso nella pubblicazione.   Gli autori hanno invece analizzato la miocardite nell’ampio gruppo di bambini che avevano ricevuto sia il vaccino che la malattia. Questo ha reso le acque confuse perché non esiste un modo chiaro per determinare se sia stata la malattia o il vaccino a danneggiare il cuore del bambino.   Da qui il modello complicato, basato sulla tempistica.   La possibilità più plausibile è che i bambini che hanno contratto il COVID dopo la vaccinazione abbiano avuto il rischio cardiaco più elevato di tutti. Naturalmente, esiste la possibilità logica che i bambini che hanno contratto il COVID dopo la vaccinazione abbiano avuto una forma più lieve, con un rischio inferiore di miocardite.   Tuttavia, se questo fosse stato il risultato, credo che gli autori non solo lo avrebbero incluso, ma gli avrebbero anche dato un titolo.   Un’altra cosa: lo studio ha preso in considerazione solo il vaccino Pfizer. Si stima che il rischio di miocardite associato al vaccino Moderna sia tre volte superiore rispetto a quello Pfizer. Avevano i dati di Moderna e hanno scelto di non analizzarli.   Oppure l’hanno guardato, hanno deciso che non gli piaceva quello che avevano visto e hanno deciso di non segnalarlo.

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«Si tratta di pubbliche relazioni mascherate da scienza» Quindi, riassumendo:
  • Gli autori hanno posto una domanda complicata quando una semplice era più pertinente.
  • Data questa domanda errata, non hanno effettuato l’analisi più diretta per rispondere.
  • Ciononostante, hanno scoperto che il vaccino presentava un rischio di miocardite quasi doppio rispetto alla malattia. Questo risultato era riportato solo nella Tabella S16 dell’Appendice Supplementare, ma non era menzionato da nessuna parte nel corpo dell’articolo, né tantomeno nel riassunto in cima.
  • E nonostante ciò hanno fatto annunci importanti al pubblico, sostenendo che il loro studio conferma che i bambini stanno meglio con il vaccino che senza.
  Questa è solo una forma di pubbliche relazioni mascherata da scienza. Il fatto che un articolo come questo sia stato sottoposto a revisione paritaria e pubblicato in modo prominente sulla rivista medica più prestigiosa della Gran Bretagna ci dice quanto profondamente sia corrotto l’ecosistema della ricerca medica.   Ed è questa la «scienza» su cui si basa la Food and Drug Administration statunitense quando approva vaccini pericolosi per bambini sani che non corrono quasi alcun rischio a causa della malattia stessa.   Nella maggior parte degli articoli statistici, i dati grezzi utilizzati per uno studio sono pubblicati online e collegati in un’appendice all’articolo. Tuttavia, in questo caso, il Servizio Sanitario Nazionale (NHS) del Regno Unito ha concesso l’accesso ai dati esclusivamente a questo prestigioso gruppo di scienziati.   Personalmente, vorrei vedere i dati grezzi ed eseguire l’analisi che i 22 scienziati avrebbero dovuto fare fin dall’inizio. Children’s Health Defense sta richiedendo l’accesso al Servizio Sanitario Nazionale. Restate sintonizzati…   Dott. Josh Mitteldorf   © 3 dicembre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Il vaccino antinfluenzale a mRNA di Pfizer associato a gravi effetti collaterali, soprattutto negli anziani

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I recenti titoli che decantano la superiore efficacia del vaccino antinfluenzale a mRNA della Pfizer ignorano le scoperte della stessa Pfizer secondo cui, per le persone con più di 65 anni, il loro prodotto a mRNA è più pericoloso dei vaccini antinfluenzali standard, che sono già inefficaci e dannosi. Lo riporta LifeSite.

 

Il motivo della falsa informazione da parte dei media tradizionali e del prestigioso New England Journal of Medicine (NEJM) è che Pfizer ha occultato i risultati dei test del suo prodotto sugli anziani, che hanno evidenziato effetti avversi più accentuati del farmaco.

 

«I risultati sono così pessimi che non è chiaro se la Food and Drug Administration potrebbe o vorrebbe approvare un vaccino a mRNA sulla base di questi dati», ha scritto il giornalista Alex Berenson, noto per le sue inchieste durante la pandemia. «Pfizer sembra sapere benissimo che questi risultati sono disastrosi».

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«Pfizer non ha mai annunciato i risultati, tenendoli nascosti per anni», ha scritto Berenson sul suo Substack. «Dimostrano che gli anziani che hanno ricevuto l’mRNA hanno avuto PIÙ infezioni influenzali, decessi ed effetti collaterali rispetto a coloro che hanno ricevuto il vaccino antinfluenzale standard».

 

Pertanto, è improbabile che il vaccino antinfluenzale a mRNA della Pfizer venga approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) di Trump.

 

«Un vaccino antinfluenzale a mRNA non ha funzionato negli anziani», ha dichiarato il commissario della FDA, il dottor Marty Makary, a Fox News nel fine settimana. «La sperimentazione non ha mostrato alcun beneficio».

 

«Non ci limiteremo ad approvare automaticamente nuovi prodotti che non funzionano, che falliscono in una sperimentazione clinica. Sarebbe una presa in giro della scienza se approvassimo automaticamente prodotti senza dati», ha affermato Makary. «Questo era il modus operandi dell’amministrazione Biden», ha aggiunto.

 

I risultati nascosti sono oltremodo sconvolgenti per gli anziani. Secondo Berenson:

 

«Gli anziani sottoposti a vaccinazione con mRNA avevano circa il 6% di probabilità in più di contrarre l’influenza rispetto a quelli sottoposti a vaccinazione standard. E 49 anziani sottoposti a vaccinazione con mRNA sono deceduti, rispetto ai 46 sottoposti a vaccinazione antinfluenzale».

 

«Lo studio ha anche rivelato un significativo segnale di sicurezza per gli mRNA sul danno renale. A ventidue pazienti anziani che hanno ricevuto l’iniezione di mRNA è stata diagnosticata una lesione renale acuta, una malattia renale cronica o una malattia renale allo stadio terminale, rispetto ai nove che hanno ricevuto l’iniezione standard».

 

«Un altro dato preoccupante è che 17 anziani a cui è stato somministrato mRNA hanno sofferto di “insufficienza respiratoria acuta”, rispetto ai soli sei che hanno ricevuto il vaccino antinfluenzale standard».

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«Anche i pazienti trattati con mRNA avevano una probabilità molto maggiore di manifestare effetti collaterali meno gravi. Ad esempio, circa il 69% ha segnalato gonfiore nel sito di iniezione o altri effetti collaterali locali dopo la vaccinazione, rispetto al 26% di coloro che hanno ricevuto il vaccino antinfluenzale».

 

«Ritengo che questo rappresenti una grave mancanza di integrità nel processo di revisione paritaria. Il comitato editoriale del NEJM dovrebbe fornire una spiegazione chiara di come si sia verificato questo errore e… richiedere agli autori di correggere gli articoli attuali e di riferire sui risultati completi dello studio», ha dichiarato alla testata Epoch Times Retsef Levi, professore al Massachusetts Institute of Technology (MIT) .

 

«Ancora una volta, quando vengono condotti studi adeguati, si scopre che i vaccini a base di mRNA per persone sane non sono ancora pronti per il grande pubblico e probabilmente non lo saranno mai», conclude il Berensone.

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