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Politica

Il sindaco massone di Nuova York accusato anche di molestie sessuali

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Il sindaco di New York Eric Adams è stato accusato da una donna che, in una causa da 5 milioni di dollari, sostiene di averla aggredita sessualmente quando lavorava come capitano di polizia nel 1993. Si tratta di un’ulteriore tegola contro il maestro massone primo cittadino neoeboraceno, già accusato negli scorsi giorni di aver ricevuto danari dal governo della Turchia.

 

La donna non identificata ha presentato le sue accuse in una citazione depositata mercoledì sera presso la Corte Suprema dello Stato di New York a Manhattan, affermando di essere stata una collega di Adams al momento del presunto incidente. La citazione nominava Adams, il Dipartimento di Polizia di New York e la NYPD Guardians Association come imputati nel caso.

 

Adams ha detto giovedì ai giornalisti di non ricordare di aver mai incontrato la sua accusatrice. «Non farei mai del male a nessuno in una misura del genere», ha detto il sindaco della Grande Mela. «Non è successo».

 

«Non è quello che sono. Non è mai stato quello che sono stato nella mia vita professionale» ha aggiunto l’Adams.

 

La querelante, che chiede 5 milioni di dollari di risarcimento danni, ha presentato il suo caso ai sensi di una legge statale del 2022 che consente alle presunte vittime di reati sessuali per i quali è scaduto il termine di prescrizione di avviare azioni civili contro i loro presunti aggressori. Il termine ultimo per presentare tali azioni legali riguardanti accuse obsolete è venerdì.

 

L’avvocato della donna, Megan Goddard, ha elogiato la sua cliente per aver avuto il coraggio di citare in giudizio il sindaco neoeboraceno. «Farsi avanti non è una cosa facile da fare, soprattutto contro una persona potente, e sono ammirata dalla forza delle donne che hanno il coraggio di farlo», ha detto al sito Daily Beast.

 

La citazione non ha offerto dettagli sulla presunta aggressione né identificare quale lavoro svolgesse l’accusatore nel governo della città. La NYPD Guardians Association è un’organizzazione fraterna per i dipendenti della polizia neri. Adams aveva 33 anni al momento del presunto incidente.

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Non si tratta dell’unica associazione «fraterna» nera i cui fa parte il sindaco.

 

Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa Adams fu innalzato al grado di «Maestro massone» durante una cerimonia massonica alla Gracie Mansion, che funge da residenza ufficiale dei sindaci della città. La loggia in questione è la Prince Hall Masonic Temple, che fa parte della «Prince Hall Freemasonry», una versione afro-americana della massoneria. I riti massonici di alto livello prevedono riti costruiti sull’odio contro il papato e contro il cattolicesimo

 

Le accuse di molestie sessuali creano un ulteriore strato di problemi legali per Adams in un momento in cui l’FBI sta indagando se la sua campagna per le elezioni a sindaco del 2021 abbia cospirato per ricevere donazioni illegali dal governo turco. Secondo quanto riferito, la scorsa settimana gli investigatori federali hanno fatto irruzione nelle case di due assistenti di Adams all’inizio di questo mese e hanno sequestrato cellulari e iPad.

 

Adams si è scontrato con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, un collega democratico, sulla gestione da parte del governo federale di una crisi di immigrazione clandestina. Con gli attraversamenti dei migranti al confine meridionale degli Stati Uniti in aumento ai massimi storici, Adams ha avvertito che un continuo afflusso di stranieri illegali «distruggerà la città di Nuova York».

 

«Dove diavolo è il presidente degli Stati Uniti?» ha chiesto Adams in un’intervista televisiva di maggio. «Questa è una buona domanda, e penso che tutti dovremmo chiederci perché questo sta accadendo a una città che si stava cambiando e continuerà a farlo».

 

Il New York Post ha ipotizzato in un editoriale all’inizio di questo mese che l’amministrazione Biden stia cercando di «infliggere il massimo imbarazzo» ad Adams come punizione per aver criticato le politiche di immigrazione del presidente democratico.

 

Resta il fatto, innegabile, che a Nuova York qualsiasi incarico sia estremamente pericoloso, perché abbondano, anche nella storia recente, detronizzazioni e cospirazioni a tutti i livelli, compresa la carica di governatore dello Stato, come è stato evidente nel caso di Andrew Cuomo, il governatore defenestrato con un colpo di palazzo dopo un anno in cui era stato dichiarato dai media «eroe della pandemia». Il motivo, sempre lo stesso: molestie sessuali, fioccate improvvisamente dal nulla contro l’uomo più popolare del momento.

 

Adams potrebbe essere finito nel medesimo, ciclico gioco di troni del potere neoeboraceno, un po’ come visibile nella serie Billions, dove sindaci, governatori e procuratori vengono rimossi con cospirazioni fulminee di grandi interessi economici e politici.

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Elezioni in Bolivia, il Paese si sposta a destra

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Domenica si è svolto in Bolivia il ballottaggio per le elezioni presidenziali, che ha visto contrapporsi due candidati di destra: il senatore centrista Rodrigo Paz Pereira e l’ex presidente conservatore Jorge Quiroga.   I risultati preliminari indicano che Paz ha ottenuto il 54,6% dei voti, mentre Quiroga si è fermato al 45,4%. Sebbene sia prevista un’analisi manuale delle schede, è improbabile che il risultato definitivo differisca significativamente dal conteggio iniziale, basato sul 97% delle schede scrutinate.   Le elezioni segnano la fine del ventennale dominio del partito di sinistra Movimiento al Socialismo (MAS), che ha subito una pesante sconfitta nelle elezioni di fine agosto. Il presidente uscente Luis Arce – che ha recentemente accusato gli USA di controllare l’America latina sotto la maschera della «guerra alla droga» – non si è ricandidato, e il candidato del MAS, il ministro degli Interni Eduardo del Castillo, ha raccolto solo il 3,16% dei voti, superando di poco la soglia necessaria per mantenere lo status legale del partito.

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Nel primo turno, la destra ha dominato: Paz ha ottenuto il 32,1% dei voti e Quiroga il 26,8%. Il magnate di centro-destra Samuel Doria Medina, a lungo favorito nei sondaggi, si è classificato terzo con il 19,9% e ha subito appoggiato Paz per il ballottaggio.   Entrambi i candidati hanno basato la loro campagna sullo smantellamento dell’eredità del MAS, differendo però nei metodi. Paz ha promesso riforme graduali, mentre Quiroga ha sostenuto cambiamenti rapidi, proponendo severe misure di austerità per affrontare la crisi.   Il MAS non si è mai ripreso dai disordini del 2019, quando l’ex presidente Evo Morales fu deposto da un colpo di Stato subito dopo aver ottenuto un controverso quarto mandato. In precedenza, Morales aveva perso di misura un referendum per modificare la norma costituzionale che limita a due i mandati presidenziali e vicepresidenziali. Più di recente, Morales ha accusato tentativi di assassinarlo ed è entrato in sciopero della fame, mentre i suoi sostenitori hanno dato vita ad una ribellione. Il Morales, recentemente accusato anche di stupro (accuse che lui definisce «politiche»), in una lunga intervista aveva detto che dietro il suo rovesciamento nel 2019 vi erano «la politica dell’impero, la cultura della morte» degli angloamericani.   Il colpo di Stato portò al potere la politica di destra Jeanine Áñez, seconda vicepresidente del Senato. Tuttavia, il MAS riconquistò terreno nelle elezioni anticipate dell’ottobre 2020, mentre Áñez fu incarcerata per i crimini commessi durante la repressione delle proteste seguite al golpe.

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Il passaggio storico è stato definito da alcuni come la prima «guerra del litio», essendo il Paese ricco, come gli altri Stati limitrofi, della sostanza che rende possibile la tecnologia di computer, telefonini ed auto elettriche.   Come riportato da Renovatio 21, un tentato colpo di Stato vi fu anche l’anno scorso quando la polizia militare e veicoli blindati hanno circondato il palazzo del governo nella capitale La Paz.   Sotto il presidente Arce la Bolivia si era avvicinata ai BRICS e aveva iniziato a commerciare in yuan allontanandosi dal dollaro.

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Politica

Sarkozy sarà messo in cella di isolamento

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L’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, riconosciuto colpevole di associazione a delinquere per ottenere fondi illeciti per la sua campagna elettorale del 2007, sconterà la pena in isolamento, secondo quanto riportato dall’AFP.

 

Il 25 settembre, un tribunale parigino ha condannato Sarkozy, 70 anni, a cinque anni di carcere per un complotto del 2005 volto a ottenere finanziamenti segreti dal leader libico Muammar Gheddafi. Il tribunale ha stabilito che, in cambio dei fondi, Sarkozy si sarebbe impegnato a migliorare la reputazione internazionale della Libia. Il giudice, sottolineando la «gravità eccezionale» del crimine, ha disposto l’incarcerazione immediata, anche in caso di appello.

 

Presidente della Francia dal 2007 al 2012, Sarkozy è il primo ex capo di Stato di un Paese membro dell’UE a essere incarcerato. La sua detenzione inizierà martedì.

 

Domenica, l’AFP ha riferito fonti del carcere parigino di La Santé, secondo cui Sarkozy sarà probabilmente confinato in una cella di nove metri quadrati nell’ala di isolamento, per limitare i contatti con altri detenuti.

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Sarkozy ha definito il verdetto un’«ingiustizia», ribadendo la propria innocenza. I suoi legali hanno presentato ricorso e intendono richiedere la conversione della pena in arresti domiciliari una volta iniziata la detenzione.

 

L’inchiesta è partita nel 2013, dopo le dichiarazioni del 2011 di Saif al-Islam, figlio di Gheddafi, secondo cui il padre avrebbe versato circa 50 milioni di euro (54,3 milioni di dollari) per la campagna di Sarkozy.

 

Sarkozy ha avuto un ruolo chiave nell’intervento NATO che ha portato alla caduta e all’uccisione di Gheddafi nell’ottobre 2011 da parte di gruppi armati antigovernativi.

 

In precedenza, l’ex presidente era stato condannato in due casi separati per corruzione, traffico di influenze e finanziamento illecito di campagne elettorali, scontando in entrambi i casi gli arresti domiciliari.

 

Sarkozy è stato privato pure della Legion d’Onore, la più alta onorificenza statale di Francia. Nelle accuse era finita, ad un certo punto, anche la moglie Carla Bruni.

 

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Immagine di UMP via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0

 

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Netanyahu intende candidarsi per un altro mandato

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Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano con il mandato più lungo, ha annunciato che si candiderà nuovamente alle elezioni parlamentari di novembre 2026. Durante il suo recente incarico, ha affrontato critiche e apprezzamenti per la controversa riforma giudiziaria, la gestione della crisi degli ostaggi di Hamas e la guerra a Gaza.   In un’intervista rilasciata sabato a Channel 14, Netanyahu ha confermato la sua intenzione di correre per un nuovo mandato, dichiarandosi fiducioso nella vittoria. Leader del partito di destra Likud, ha guidato il governo dal 1996 al 1999 e dal 2009 al 2021, tornando al potere nel dicembre 2022 dopo il collasso della coalizione di governo.   Netanyahu ha rivendicato di essere «l’unico in grado di garantire la sicurezza di Israele», sottolineando i suoi legami con il presidente USA Donald Trump. Ha adottato una linea dura contro Hamas e ha condotto una guerra aerea di 12 giorni contro l’Iran a giugno.

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Attualmente sotto processo per tre accuse di corruzione, dalle quali si difende negando ogni addebito, Netanyahu ha anche promosso una riforma per limitare i poteri della Corte Suprema, suscitando proteste di massa.   Come noto, le proteste contro Netanyahu, che si sospettava fossero organizzate con spinte dei servizi e pure dell’amministrazione Biden erano arrivate persino a circondare casa sua, sono immediatamente cessate dopo il 7 ottobre. Tuttavia, altre proteste si sono susseguite a partire dai famigliari degli ostaggi, la gestione dei quali da parte del governo USA è stata duramente criticata.   Come riportato da Renovatio 21, ad un evento di piazza per il rilascio degli ostaggi la folla ha fischiato il nome di Netanyahu inneggiando poi a Donald Trump.   Un recente sondaggio di Channel 12 indica che, se le elezioni si tenessero oggi, il Likud conquisterebbe 72 seggi, confermandosi il partito più forte nella Knesset. La sua popolarità è cresciuta dopo il cessate il fuoco con Hamas, mediato a livello internazionale, e il rilascio degli ostaggi.  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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