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Geopolitica

Il ritorno di Trump metterebbe fine alla NATO già nel 2025: parla il politologo O’Brien

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Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbe segnare la fine degli aiuti militari statunitensi all’Ucraina, lasciando un’Europa divisa a pagare i conti di Kiev e, infine, ponendo fine al patto NATO, ha affermato sabato l’accademico Phillips Payson O’Brien sulla rivista statunitense The Atlantic.

 

L’opposizione all’armamento dell’Ucraina è ora la posizione della base dei sostenitori di Trump, che O’Brien – storico e professore di studi strategici presso l’Università di Saint Andrews in Iscozia – stima rappresenti i tre quarti dell’elettorato del Partito Repubblicano.

 

Trump ha ripetutamente promesso di utilizzare gli aiuti militari come leva per costringere l’Ucraina a colloqui di pace con la Russia «entro 24 ore» dal suo insediamento, mentre i suoi due rivali più vicini per la nomina repubblicana – Ron DeSantis e Vivek Ramaswamy – hanno pure loro discusso di limitare il sostegno a Kiev.

 

Dei tre potenziali candidati, Ramaswamy è andato più lontano, suggerendo che gli Stati Uniti riconoscano le rivendicazioni territoriali della Russia in Ucraina in cambio del distacco di Mosca da Pechino. Il Ramaswamy nel dibattito televisivo delle primarie ha poi insultato i rivali canzonando le visite al «loro papa Zelens’kyj», avvertendo che l’Ucraina potrebbe dirigersi verso un futuro post-Zelens’kyj dominato da un «signore della guerra».

 

«Se Trump o uno dei suoi imitatori vincesse la presidenza nel novembre 2024, l’Europa potrebbe trovarsi di fronte a una nuova amministrazione americana che interromperà ogni sostegno all’Ucraina», ha avvertito il professor O’Brien.

In questo scenario, ha continuato il politologo, i Paesi europei non sarebbero in grado di compensare la perdita degli aiuti militari statunitensi, con la conseguente sconfitta militare dell’Ucraina. Con gli Stati Uniti fuori dai giochi, anche l’Europa sarebbe divisa sulla questione, ha aggiunto, con le Nazioni dell’Est e del Baltico desiderose ma incapaci di mantenere il flusso di armi a Kiev, e le Nazioni occidentali come Francia e Germania più propense a cercare la pace tra Kiev e Mosca.

 

«Il risultato potrebbe essere, nella migliore delle ipotesi, un’eredità di amarezza e sfiducia, e nel peggiore dei casi una frattura permanente della cooperazione europea», ha affermato.

 

Fervente sostenitore dell’Ucraina, O’Brien ha sostenuto che i Paesi europei devono aumentare immediatamente la produzione militare per prepararsi a questa possibilità. Tuttavia, con l’Eurozona che entrerà in recessione nei primi tre mesi del 2023 e la produzione industriale in calo in Germania, è improbabile che gli stati europei siano in grado di sostenere da soli l’esercito ucraino.

 

Le previsioni di O’Brien si basano sul presupposto che l’Ucraina sarà ancora in grado di combattere entro il 2025. Secondo i dati russi, Kiev ha perso 43.000 uomini nei primi due mesi di controffensiva in corso, senza riuscire a penetrare nei molteplici strati di trincee e fortificazioni poste dalla Russia lungo l’intera linea del fronte Kherson-Donetsk, scrive RT.

 

Prima che l’operazione iniziasse all’inizio di giugno, diversi resoconti dei media occidentali suggerivano che la continuazione degli aiuti militari degli Stati Uniti e della NATO a Kiev dipendesse dal successo dell’offensiva. Ora, a quasi tre mesi di distanza, la controffensiva è ampiamente considerata un fallimento.

 

Trump, NATO-scettico della prima ora, da presidente è arrivato ad avere incontri anche rudi con il segretario Stoltenberg.

 

Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso il falco neocon John Bolton aveva dichiarato che Trump lascierà la NATO se rieletto nel 2024. Bolton era consigliere per la difesa dell’amministrazione Trump, ma fu licenziato dopo la reazione di stizza avuta dopo che il presidente, a seguito di una telefonata con il giornalista Tucker Carlson, ritirò i caccia che stavano per colpire obiettivi in Iran come rappresaglia per un drone americano abbattuto.

 

Da allora Bolton, una delle vette del «partito della guerra» sempre e comunque è divenuto nemico acerrimo del presidente Trump, in linea con tutti i suoi «soci» neocon come Victoria Nuland, la grande pupara del disastro in corso.

 

Come riportato da Renovatio 21, Trump ha promesso di cancellare i Deep State e i neocon (e Victoria Nuland in particolare, citata per nome) una volta rieletto.

 

 

 

 

Immagine di pubblico dominio CC0 da Flickr

 

 

 

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Geopolitica

Per gli USA ora la normalizzazione delle relazioni con la Russia è un «interesse fondamentale»

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Gli Stati Uniti hanno indicato il rilancio dei rapporti normali con la Russia e l’interruzione rapida della guerra in Ucraina come priorità assolute nella loro nuova Strategia per la sicurezza nazionale, diffusa venerdì dalla Casa Bianca, ponendoli tra gli obiettivi cardine per gli interessi americani.

 

Il documento di 33 pagine delinea la prospettiva di politica estera delineata dal presidente Donald Trump, affermando che «è un interesse essenziale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina», al fine di «stabilizzare le economie europee, scongiurare un’escalation o un allargamento imprevisto del conflitto e ricostruire la stabilità strategica con la Russia».

 

Si evidenzia come il conflitto ucraino abbia «profondamente indebolito le relazioni europee con la Russia», minando l’equilibrio regionale.

 

Il testo rimprovera i dirigenti europei per le «aspettative irrealistiche» sull’evoluzione della guerra, precisando che «la maggioranza degli europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle politiche adottate».

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Washington, prosegue il rapporto, è disposta a un «impegno diplomatico sostanziale» per «supportare l’Europa nel correggere la sua rotta attuale», reinstaurare l’equilibrio e «ridurre il pericolo di scontri tra la Russia e gli Stati europei».

 

A differenza della strategia del primo mandato di Trump, che accentuava la rivalità con Russia e Cina, la versione attuale sposta l’asse sull’emisfero occidentale e sulla tutela del suolo patrio, dei confini e delle priorità regionali. Esorta a riallocare le risorse dai fronti remoti verso minacce più immediate e invita la NATO e i Paesi europei a farsi carico in prima persona della propria sicurezza.

 

Il documento invoca inoltre l’arresto dell’espansione della NATO, una pretesa a lungo avanzata da Mosca, che la indica come una delle ragioni principali del conflitto ucraino, interpretato come una guerra per interposta persona orchestrata dall’Occidente.

 

In sintesi, la strategia segna un passaggio dall’interventismo universale a un approccio estero più pragmatico e contrattuale, sostenendo che gli Stati Uniti debbano intervenire oltre i propri confini solo quando gli interessi nazionali sono direttamente coinvolti.

 

Si tratta del primo di una sequenza di rilevanti atti su difesa e politica estera che l’amministrazione Trump si accinge a emanare, tra cui una Strategia di Difesa Nazionale rivista, la Revisione della Difesa Missilistica e la Revisione della Postura Nucleare, tutti attesi in linea con l’impostazione del documento.

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Geopolitica

Israele potrebbe iniziare a deportare gli ucraini

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Decine di migliaia di rifugiati ucraini in Israele rischiano la deportazione entro la fine del prossimo mese, a causa del protrarsi del ritardo governativo nel rinnovare il loro status legale. Lo riporta il quotidiano dello Stato Giudaico Haaretz.   La tutela collettiva offerta a circa 25.000 ucraini in seguito all’aggravarsi del conflitto in Ucraina nel 2022 necessita di un’estensione annuale, ma gli attuali permessi di soggiorno scadono a dicembre.   Tuttavia, Israele non si è dimostrato particolarmente ospitale verso molti di questi migranti, in particolare quelli non eleggibili alla «Legge del Ritorno», una legge fondamentale dello Stato di Israele implementata dal 1950che garantisce a ogni ebreo del mondo il diritto di immigrare in Israele e ottenere la cittadinanza, basandosi sul legame storico e religioso del popolo ebraico con la Terra Promessa. Secondo i resoconti dei media locali, gli ucraini non ebrei ottengono spesso solo una protezione provvisoria, devono fare i conti con norme d’ingresso stringenti e sono esclusi dalla residenza permanente o dagli aiuti sociali, finendo intrappolati in un limbo legale ed economico.

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In carenza di un ministro dell’Interno ad interim, la competenza su tale dossier è passata al premier Benjamino Netanyahu, ma una pronuncia non è ancora arrivata, ha precisato Haaretz.   L’Autorità israeliana per la Popolazione e l’Immigrazione ha indicato che la pratica è in esame e che una determinazione verrà comunicata a giorni, ha aggiunto il giornale.   Anche nell’Unione Europea, l’assistenza ai profughi ucraini è messa alla prova, con vari esecutivi che stanno tagliando i piani di supporto per via di vincoli di bilancio. Dati Eurostat mostrano un recente incremento degli arrivi di maschi ucraini in età da leva nell’UE, in scia alla scelta del presidente Volodymyr Zelens’kyj di allentare i divieti di espatrio per la fascia 18-22 anni. Tale emigrazione continua di uomini abili al reclutamento sta acutizzando le già critiche carenze di forza lavoro in Ucraina.   Germania e Polonia, i due Stati membri che accolgono il maggior numero di ucraini, hanno di recente varato restrizioni sui sussidi, malgrado un calo del consenso popolare.   Il presidente polacco Karol Nawrocki ha annunciato il mese scorso che non rinnoverà gli aiuti sociali per i rifugiati ucraini oltre il 2026. A quanto pare, l’opinione pubblica polacca sui profughi ucraini si è inasprita dal 2022, per via di frizioni sociali e del diffondersi dell’idea che rappresentino un peso o una minaccia criminale.   Quest’anno, i giovani ucraini hanno provocato quasi 1.000 interventi delle forze dell’ordine per scontri, intossicazione alcolica e possesso di armi non letali in un parco del centro di Varsavia, ha rivelato all’inizio della settimana Gazeta Wyborcza.   Una sorta di cecità selettiva, o di compiacenza, di Tel Aviv nei confronti del neonazismo ucraino pare emergere anche da dichiarazioni dell’ambasciatore dello Stato Ebraico a Kiev, che ha detto di non essere d’accordo con il fatto che Kiev onori autori dell’Olocausto della Seconda Guerra Mondiale come eroi nazionali, tuttavia rassicurando sul fatto che tale disputa non dovrebbe rappresentare una minaccia per il sostegno israeliano al governo ucraino.

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Secondo un articolo del Washington Post, circa la metà dei 300.000 ebrei ucraini sarebbero fuggiti dal Paese dall’inizio del conflitto con la Russia.   Come riportato da Renovatio 21le pressioni dell’amministrazione Biden su Tel Aviv per la fornitura di armi a Kiev risale ad inizio conflitto.   Tre anni fa l’ex presidente russo e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitrij Medvedev aveva messo in guardia Israele dal fornire armi all’Ucraina in risposta alle affermazioni secondo cui l’Iran sta vendendo missili balistici e droni da combattimento alla Russia.   Israele a inizio 2022 aveva rifiutato la vendita di armi cibernetiche all’Ucraina o a Stati, come l’Estonia, che potrebbero poi rivenderle al regime Zelens’kyj.  

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Quattro Stati UE boicotteranno l’Eurovision 2026 a causa della partecipazione di Israele

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Spagna, Irlanda, Slovenia e Paesi Bassi hanno annunciato il boicottaggio del prossimo Eurovision Song Contest in seguito alla conferma della partecipazione di Israele. All’inizio del 2025 diverse emittenti avevano chiesto all’Unione Europea di Radiodiffusione (EBU), organizzatrice dell’evento, di escludere Israele accusandolo di brogli nel voto e per il conflitto in corso a Gaza.

 

L’ultima tregua, mediata dagli Stati Uniti, avrebbe dovuto porre fine ai combattimenti e permettere l’arrivo di aiuti umanitari nell’enclave, ma da quando è entrata in vigore gli attacchi israeliani hanno causato 366 morti, secondo il ministero della Salute di Gaza.

 

Il tutto si inserisce in un anno di escalation iniziato con l’offensiva israeliana lanciata in risposta all’attacco di Hamas dell’ottobre 2023, che provocò 1.200 morti e il rapimento di 250 ostaggi. Da allora, secondo le autorità sanitarie locali, l’operazione militare israeliana ha ucciso oltre 70.000 palestinesi.

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Le decisioni di ritiro sono arrivate giovedì, subito dopo l’approvazione da parte dell’EBU di nuove regole di voto più rigide, varate in risposta alle accuse di diverse emittenti europee secondo cui l’edizione 2025 era stata manipolata a favore del concorrente israeliano.

 

Poche ore più tardi l’emittente olandese AVROTROS ha comunicato l’addio al concorso: «La violazione di valori universali come l’umanità, la libertà di stampa e l’interferenza politica registrata nella precedente edizione dell’Eurovision Song Contest ha oltrepassato un limite per noi».

 

L’emittente irlandese RTÉ ha giustificato la propria scelta con «la terribile perdita di vite umane a Gaza», la crisi umanitaria in corso e la repressione della libertà di stampa da parte di Israele, annunciando anche che non trasmetterà l’evento.

 

Anche la televisione pubblica slovena RTVSLO ha confermato il ritiro: «Non possiamo condividere il palco con il rappresentante di un Paese che ha causato il genocidio dei palestinesi a Gaza», ha dichiarato la direttrice Ksenija Horvat.

 

Successivamente è arrivata la decisione della spagnola RTVE, che insieme ad altre sette emittenti aveva chiesto un voto segreto sull’ammissione di Israele. Respinta la proposta dall’EBU, RTVE ha commentato: «Questa decisione accresce la nostra sfiducia nell’organizzazione del concorso e conferma la pressione politica che lo circonda».

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Per far fronte alle polemiche, gli organizzatori dell’Eurovision hanno introdotto nuove misure anti-interferenza: limiti al televoto del pubblico, regole più severe sulla promozione dei brani, rafforzamento della sicurezza e ripristino delle giurie nazionali già nelle semifinali.

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa arrivò in finale all’Eurovisione una sedicente «strega» non binaria che dichiarò di aver come scopo il «far aderire tutti alla stregoneria».

 

Vi furono polemiche quattro anni fa quando la Romania accusò che l’organizzazione ha cambiato il voto per far vincere l’Ucraina.

 

Due anni fa un’altra vincitrice ucraina dell’Eurovision fu inserita nella lista dei ricercati di Mosca.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Russia ha lanciato un’«alternativa morale» all’Eurovision, che secondo il ministro degli Esteri di Mosca Sergej Lavrov sarà «senza perversioni».

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