Nucleare
Il ministro sionista ha confermato che Israele possiede armi nucleari?

Dopo le dichiarazioni recenti di un membro del governo Netanyahu sulla possibilità di nuclearizzare la Striscia di Gaza si sono registrate molte reazioni in ambito internazionale.
La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, durante un’apparizione televisiva al popolare programma Solovev Live, ha affermato che il commento del ministro israeliano per il patrimonio culturale, Amichai Eliyahu, secondo cui sganciare una bomba atomica su Gaza «è un’opzione», solleva «un enorme» numero di domande.
«La domanda numero uno è: abbiamo sentito una dichiarazione ufficiale secondo cui [Israele] possiede armi nucleari? Di conseguenza, le domande successive che tutti si pongono sarebbero: dove sono le organizzazioni internazionali, dov’è l’AIEA, dove sono gli ispettori?» ha detto la Zakharova, come riferito dall’agenzia russa TASS.
La portavoce ha quindi affermato che tali dichiarazioni dei funzionari israeliani fanno luce sulle vere ragioni per cui Tel Aviv si oppone alla creazione di una zona libera da armi nucleari in Medio Oriente, sostenendo che gli Stati Uniti avrebbero fatto ogni sforzo per aiutare Israele ad acquisire le armi nucleari, dandogli pieno sostegno in questa materia.
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«Se questo programma esiste ed è esistito, dove sono stati condotti i test, in quali campi di prova? Ovviamente non nella regione, e allora dove? E non ci sono gli Stati Uniti dietro tutto questo?».
Nel tumulto seguito alla proposta del ministro Eliyahu di nuclearizzazione dei palestinesi, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato di aver «sospeso» il membro del partito sionista Otzma Yehudit dalle riunioni di gabinetto.
Interrogato sulla terrificante dichiarazione di Eliyahu nella conferenza stampa di lunedì 6 novembre, il vice portavoce del Dipartimento di Stato USA Vedant Patel ha assicurato che «il primo ministro Netanyahu e il governo israeliano hanno ripudiato quei commenti, che abbiamo anche trovato del tutto inaccettabili» e «entrambi parti» dovrebbero «astenersi da una retorica piena di odio».
Tuttavia, è stato notato che quello stesso giorno il Times of Israel riferiva del fatto che l’Eliyahu aveva «preso parte a una votazione telefonica per il gabinetto», cosa avvenuta dopo essere stato presumibilmente «sospeso». «Secondo quanto riferito, il premier ha cercato di licenziare Eliyahu, ma ha fatto marcia indietro a causa del rifiuto del ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, che guida il partito Otzma Yehudit di Eliyahu», ha riferito il quotidiano israeliano.
I leader del mondo arabo stanno prendendo nota di come le nazioni di tutto il mondo rispondono.
Il ministero degli Esteri giordano ha condannato queste «dichiarazioni razziste, incendiarie e provocatorie rilasciate da un ministro del governo israeliano riguardo al lancio di una bomba nucleare sulla Striscia di Gaza, come un appello al genocidio e un crimine d’odio che non può essere tollerato, e un condannabile incitamento all’omicidio e al commettere crimini di guerra».
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Il portavoce ufficiale del ministero degli Esteri della Giordania, l’ambasciatore Sufyan Al-Qudah, ha avvertito che «tali dichiarazioni rappresentano una violazione flagrante e inaccettabile del diritto internazionale e del diritto umanitario internazionale e una pericolosa escalation che richiede alla comunità internazionale di agire immediatamente per affrontarla».
Il ministero degli Esteri dell’Arabia Saudita, denunciando queste dichiarazioni «che mostrano la pervasività dell’estremismo e della brutalità tra i membri del governo israeliano», ha dichiarato che «non licenziare immediatamente il ministro dal governo e limitarsi a congelarne l’adesione riflette il massimo disprezzo per tutti gli esseri umani, standard e valori morali, religiosi e legali del governo israeliano».
Queste dichiarazioni rivelano il vero volto non solo del governo israeliano, ha avvertito il segretario generale della Lega Araba Ahmed Aboul-Gheit, ma di «tutti coloro che lo difendono in Occidente».
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa era emerso che Israele stava edificando nuovi impianti (circa 140 per 50 metri) all’interno della centrale nucleare militare di Dimona, il Centro per la ricerca nucleare nel deserto del Negev. Dimona è da sempre sospettata di essere luogo di importanza del programma nucleare israeliano. I lavori per i nuovi impianti sarebbero cominciati a inizio 2019.
I commenti di Eliyahu non rappresentavano tuttavia la prima volta che funzionari israeliani evocano distruzioni di massa sulla scia dell’escalation della crisi israelo-palestinese del mese scorso, con parlamentari israeliani che hanno evocato il bombardamento di Dresda, Hiroshima e Nagasaki per giustificare potenziali vittime civili su larga scala a Gaza, nonché lo stesso premier Netanyahu, il quale ha ripetutamente citato il bombardamento della Royal Air Force del 1944 sul quartier generale della Gestapo a Copenhagen, in Danimarca, che mancò il suo obiettivo e colpì una scuola, uccidendo decine di bambini.
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Nucleare
«Non c’è vittoria nella guerra nucleare»: parla l’esperto in armamenti del MIT

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Nucleare
Trump reagisce all’offerta di trattato nucleare di Putin

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha accolto favorevolmente la proposta del presidente russo Vladimir Putin di estendere di un ulteriore anno l’ultimo trattato di controllo degli armamenti tra i due Paesi.
Domenica, mentre conversava con i giornalisti fuori dalla Casa Bianca, a Trump è stato chiesto cosa pensasse dell’offerta di Putin riguardo al New START. «Mi sembra una buona idea», ha risposto.
Le parole di Trump sono state apprezzate da Kirill Dmitriev, consigliere economico di Putin e figura centrale negli sforzi per migliorare le relazioni con Washington.
Dmitriev ha scritto su Telegram che la posizione del presidente statunitense indica che Washington e Mosca sono «abbastanza propense» a prorogare l’accordo.
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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso Putin aveva espresso la disponibilità di Mosca a estendere di un anno il Trattato sulla riduzione delle armi strategiche del 2010 (New START), a patto che gli Stati Uniti rispondano positivamente e si astengano da azioni che potrebbero alterare l’equilibrio nucleare.
All’inizio di questa settimana, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dichiarato che Washington non ha ancora fornito una risposta ufficiale alla proposta.
L’ultimo trattato di riduzione degli armamenti tra Stati Uniti e Russia, che limita ciascuna parte a un massimo di 1.550 testate nucleari strategiche e 700 sistemi di lancio schierati, scadrà a febbraio, salvo un’eventuale proroga.
Come riportato da Renovatio 21, tre anni fa, all’apice delle tensioni per la guerra ucraina, il ministero degli Esteri russo aveva accusato la «flagrante» violazione del trattato Start da parte di Washingtone. Nell’agosto 2022 la Russia aveva quindi annunciato la sospensione delle ispezioni nucleari con il nuovo trattato START.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Nucleare
La Russia resta il principale fornitore di combustibile all’uranio per gli Stati Uniti

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