Geopolitica
Il ministro degli Esteri ungherese: l’UE prevede di finanziare la guerra in Ucraina per altri quattro anni

Il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha affermato che i paesi membri dell’Unione europea prevedono di finanziare la guerra in Ucraina per almeno altri quattro anni con un costo di 5 miliardi di euro all’anno.
In un video pubblicato online, Szijjártó afferma: «L’Unione Europea pensa che ci sarà guerra in Ucraina per altri quattro anni. Quante persone moriranno in quattro anni? Quanti ungheresi moriranno in quattro anni? E quante altre devastazioni si creeranno in quattro anni che poi qualcuno dovrà riparare?»
❗️FM Szijjártó: The European Union thinks that there will be war in Ukraine for another four years. How many people will die in four years? How many Hungarians will die in four years? And how much more devastation will be created in four years that someone will then have to… pic.twitter.com/QLCmt6ATB8
— Zoltan Kovacs (@zoltanspox) July 29, 2023
I commenti hanno spinto il ministro degli Esteri slovacco Miroslav Wlachovský a rispondere «Caro Péter, per favore non dire cosa pensano gli altri prima di chiedere loro. L’UE è composta da 27 paesi. Non ricordo alcun dibattito quando abbiamo detto che la guerra continuerà per 4 anni. La guerra può finire domani. L’UE non è un problema, la Russia è un problema».
Wlachovský ha aggiunto «Russi, andate a casa! Sia la pace! 1956», riferendosi all’anno in cui ci fu una rivolta antisovietica in Ungheria.
Dear Péter, please don’t tell what other people think before you ask them. EU consists of 27 countries. I don’t recall any debate when we said the war will continue for 4 years. War can stop tomorrow. EU is not a problem, Russia is a problem. Ruszkik haza! Legyen béke! 1956 https://t.co/RGPxVbxGaF
— Miroslav Wlachovsky (@MWlachovsky) July 30, 2023
Il post di Wlachovský ha poi spinto il segretario di Stato e parlamentare ungherese Tamás Menczer a rispondere: «Il ministro Wlachovsky o ha una cattiva memoria a breve termine – e questo è un presupposto benigno – o sta mentendo».
Menczer ha quindi osservato che i ministri degli esteri dell’UE hanno concordato nella loro ultima riunione di proporre il finanziamento di spedizioni di armi all’Ucraina per i prossimi quattro anni per un costo combinato di 20 miliardi di euro.
State Secretary Tamás Menczer responds to @MWlachovsky:
Minister Wlachovsky either has a poor short-term memory or he is lying. Because at the last meeting of EU foreign ministers, they discussed a proposal to spend €5 billion a year for the next 4 years to finance arms… https://t.co/4ycOonhA4s
— Zoltan Kovacs (@zoltanspox) July 30, 2023
«Il ministro degli Esteri slovacco non si è opposto alla proposta», ha continuato Menczer, ponendo poi la domanda: «se non ci sarà la guerra nei prossimi quattro anni, perché dovrebbero esserci finanziamenti per le forniture di armi?»
«La posizione ungherese è immutata: vogliamo un immediato cessate il fuoco e la pace», ha concluso Menczer.
Il teatrino mitteleuropeo è arrivato nelle ore in cui il presidente ucraino Zelens’kyj dichiara che «finché la guerra continua, nulla può essere sufficiente», nonostante l’Ucraina abbia ricevuto circa 165 miliardi di euro e un numero impressionante di armamenti dalle Nazioni occidentali.
Come riportato da Renovatio 21, la guerra ucraina ha di fatto esaurito il budget dell’UE.
Tre mesi fa il candidato a premier slovacco Robert Fico ha dichiarato di non voler fornire armi mortali all’Ucraina. Budapest, parimenti, ha confermato l’intenzione di non inviare armi al Paese limitrofo, che peraltro sta forzando molti ungheresi etnici residenti nella parte occidentale dell’Ucraina ad andare in guerra contro i russi.
L’Ungheria, che con la Polonia sta rifiutando le importazioni di cibo ucraino, ha appena avuto uno prestito dal governo russo per la costruzione di due centrali atomiche, mentre ha rimandato la ratifica parlamentare per l’ingresso della Svezia nella NATO.
Immagine di IAEA Imagebank via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Geopolitica
Otto Paesi arabi accolgono con favore il piano di Trump per Gaza

Il «Piano globale per porre fine al conflitto di Gaza» in 20 punti, reso pubblico dalla Casa Bianca il 29 settembre a seguito dell’incontro tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, è stato accolto positivamente dai ministri degli Esteri di Qatar, Egitto, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Indonesia, Turchia e Pakistan. Questi ultimi avevano partecipato a una riunione con Trump e il suo inviato speciale Steve Witkoff il 23 settembre, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, contribuendo significativamente alla stesura del piano, secondo quanto annunciato da Trump.
La dichiarazione congiunta dei ministri degli Esteri recita: «I ministri accolgono con favore l’annuncio del presidente Trump in merito alla sua proposta di porre fine alla guerra, ricostruire Gaza, impedire lo sfollamento del popolo palestinese e promuovere una pace globale, nonché il suo annuncio che non consentirà l’annessione della Cisgiordania». I ministri si sono detti pronti a «impegnarsi in modo positivo e costruttivo» con gli Stati Uniti e altre parti per finalizzare e attuare l’accordo, riaffermando il loro impegno a collaborare con gli Stati Uniti per porre fine al conflitto a Gaza.
L’obiettivo è un accordo che garantisca «la fornitura illimitata di aiuti umanitari sufficienti a Gaza, nessun sfollamento di palestinesi, il rilascio degli ostaggi, un meccanismo di sicurezza che garantisca la sicurezza di tutte le parti, il completo ritiro israeliano, la ricostruzione di Gaza e la creazione di un percorso per una pace giusta sulla base della soluzione dei due Stati, in base alla quale Gaza sarà pienamente integrata con la Cisgiordania in uno Stato palestinese, in conformità con il diritto internazionale, come chiave per il raggiungimento della stabilità e della sicurezza regionale».
Nell’annuncio odierno, Trump ha confermato l’approvazione di Netanyahu al piano, lodando i leader dei paesi coinvolti come «molto capaci e intelligenti» e indicando che il «Consiglio per la Pace», da lui presieduto, includerà questi leader. Il piano è ora nelle mani dei negoziatori di Hamas per ottenere il loro consenso.
Secondo l’emittente statunitense ABC News, un funzionario ha riferito che, subito dopo l’annuncio di Trump, il primo ministro del Qatar e il capo dell’Intelligence egiziana hanno incontrato i negoziatori di Hamas, presentando loro il piano per la prima volta. I negoziatori di Hamas avrebbero dichiarato di volerlo esaminare «in buona fede» e di essere pronti a fornire una risposta.
Nel suo discorso pomeridiano, Trump ha espresso fiducia nell’impegno di Qatar, Egitto e altri paesi per ottenere l’approvazione di Hamas.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Ecco il piano di Trump per Gaza

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Geopolitica
La flottiglia Sumudda sequestrata dalla marina Israeliana. Greta arrestata, Vespa dice parolacce contro un rappresentante della protesta marittima

La marina israeliana ha fermato una flottiglia che trasportava attivisti e aiuti umanitari diretti a Gaza.
La Global Sumud Flotilla, salpata dalla Spagna un mese fa, trasportava persone di 44 nazionalità intenzionate a sfidare il blocco navale imposto da Israele sull’enclave palestinese.
Giovedì, le forze navali israeliane hanno abbordato diverse imbarcazioni dopo che gli attivisti hanno rifiutato di cambiare rotta come ordinato. I passeggeri hanno riferito di essere stati colpiti con idranti.
Il ministero degli Esteri israeliano ha comunicato che gli attivisti, tra cui l’attivista svedese per il clima Greta Thunberg (ora in versione He-Man pro-pal), sono stati arrestati e condotti in un porto israeliano. «Greta e i suoi amici sono sani e salvi», ha scritto il Ministero su X.
Already several vessels of the Hamas-Sumud flotilla have been safely stopped and their passengers are being transferred to an Israeli port.
Greta and her friends are safe and healthy. pic.twitter.com/PA1ezier9s— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 1, 2025
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In precedenza, il ministero aveva definito la missione della Sumudda una «provocazione» anziché un’iniziativa umanitaria, sottolineando che agli attivisti era stata proposta un’opzione per consegnare aiuti a Gaza in modo «pacifico». Tuttavia, secondo il ministero, essi avrebbero scelto di dirigersi verso «una zona di combattimento attiva», violando un «legittimo blocco navale».
Israeli naval forces have illegally intercepted and boarded the Global Sumud Flotilla’s vessel Alma (and other boats) in international waters.
Live streams and communications have been cut. The status of the unarmed participants and crew is unconfirmed. pic.twitter.com/EDHeGGzeYB— Global Sumud Flotilla Commentary (@GlobalSumudF) October 1, 2025
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Saif Abukeshek, portavoce della flottiglia, ha dichiarato che 13 imbarcazioni sono state intercettate e oltre 200 persone arrestate. Ha aggiunto che circa 30 imbarcazioni stanno ancora navigando verso Gaza, cercando di sfuggire alle pattuglie israeliane. Israele aveva già bloccato tentativi simili di violare il blocco navale a giugno e luglio.
Sul fronte mediatico italiano si segnala invece la curiosa scena in cui il giornalista e conduttore TV 81enne Bruno Vespa, già alfiere dell’informazione dell’era democristiana, ha detto una parolaccia parlando con un rappresentante italiano della flottiglia Sumudda.
BRUNO VESPA
“Posso dire che non ve ne fotte niente di aiutare le persone?”
Dal signor Vespa uno sdeng così non me lo aspettavo.
D’altronde l’interlocutore sti stava arrampicano di brutto sugli specchi⬇️ pic.twitter.com/ATkCaKWmqv— Virna (@Virna25marzo) October 1, 2025
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«Farci dare degli irresponsabili da chi in questo momento sta al governo ed è alleato di Israele e non si è mosso neanche per proporre un embargo, per fermare l’invio di armi, di tecnologie militari, di accordi commerciali con un paese che muove un genocidio da due anni, non ho proprio voglia di accettarlo e di sentirlo» aveva detto il rappresentante della Sumudda.
Il Vespa quindi incalza con una domanda riguardante la proposta del cardinale Pizzaballa di portare gli aiuti a Cipro e poi lasciare che ad occuparsene sia il Patriarcato Latino di Gerusalemme: «mi scusi, posso chiederle: voi vi fidate di Pizzaballa o no? E allora, se vi fidate, perché non gli avete dato gli aiuti?!».
«Era una proposta non conforme alla natura della missione» dice il rappresentante della flottiglia. La natura della missione è l’apertura di un canale umanitario diretto, senza mediatori…»
«Non ve ne fotte niente di dare gli aiuti ai palestinesi» interrompe Vespa. «Voi volete stabilire un canale diretto che, come sapevate già, Israele non vi permetterà mai di aprire» sbotta indomabile il decano del giornalismo RAI, che una improbabile quanto bonaria leggenda metropolitana sostiene essere figlio biologico di Benito Mussolini. Sentire Vespa che dice parolacce è uno spettacolo non piacevole per lo spettatore sincero-democratico, post-democristiano italiano.
«Contavamo sul rispetto del diritto internazionale e sull’intervento degli Stati che si dicono civili» ribatte il marinaio della Flottilla.
«Certo, va bene, perfetto. Grazie, sappiamo che lei ha altri impegni, buona navigazione» taglia corto quello che Dagospia chiama cattivamente Bruneo.
Si tratta di un siparietto eccezionale, rivelatore su ambo le parti, possibile solo nell’era terminale della questione israeliana, dove tutti coloro che non hanno mai affrontato il tema secondo la sua vera cifra – che è, come sa il governo Netanyahu, metafisica, messianica – vivono in istato di disperante confusione.
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Immagine screenshot da Twitter
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